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DESAPARECIDOS

Violenza e salute mentale nelle carceri dei colonnelli argentini

di Maria Gabriella Sartori

ASSOCIAZIONE NOVA CULTURA EDITRICE
190 PAGINE L. 20.000


INDICE
PROLOGO
Sono trascorsi tanti anni dall'epoca del Terrore, vissuta sotto la Dittatura Militare che imperò in Argentina, una strategia imposta alla stragrande parte dei paesi dell'America Latina dalla Dottrina di Sicurezza Nazionale. Si istaurò così un modello di società dominante con un alto costo sociale di vite per il popolo e un sistema di ingiustizie che continua ad imperare al giorno d'oggi, nonostante il ritorno a regimi democratici, più formali che reali.

In questo senso possiamo vedere come si sforza di nascondere e far dimenticare i fatti accaduti, rinviare i problemi non risolti, trascurare ferite non rimarginate, indugiare con claudicazioni di dirigenti politici che hanno preferito la convivenza con i responsabili del genocidio contro il popolo, piuttosto che adottare una condotta e un impegno etico, politico e sociale nella ricerca della verità e della giustizia per far sì che il popolo possa realmente ritrovarsi e costruire una democrazia autentica e partecipe.

Il popolo si ritrova oggi in uno stato di stallo giuridico. Durante il governo presieduto da Raúl Alfonsin, se, da una parte, si ottiene l'incriminazione delle tre prime Giunte Militari e la loro condanna, dall'altra, sotto pressione militare, vengono sanzionate le leggi del "Punto Finale" e quella aberrazione giuridica chiamata "Legge di Ubbidienza Dovuta". L'attuale governo del Presidente Carlos Menem, sanzionò per decreto gli indulti, liberando tutti i criminali e interrompendo così i processi.

Attraverso i mass media si è cercato che tutto restasse offuscato e lasciato nell'oblio. Le giustificazioni sono varie, come : "Bisogna dimenticare il passato e guardare il futuro, la vita continua". Al contrario sappiamo bene che i popoli che dimenticano perdono le loro radici e nuovamente cadono negli stessi mali già patiti. Dobbiamo tenere presente che è impossibile, a partire dall'impunità, costruire qualsiasi processo democratico autentico.

Nonostante tutto ciò che segnalo brevemente riguardo l'attuale situazione del paese, esiste l'azione di riscatto, positiva, di quelli che non hanno ceduto, e che nel loro impegno accanto al popolo, conservano la memoria, non per rimanere nel passato, ma per illuminare le coscienze e costruire un presente che possa proiettare nuove alternative sociali, politiche e economiche, impostate sulle necessità del popolo.

Maria Gabriella Sartori è stata una delle tante vittime della dittatura militare che ha devastato il nostro paese. Il suo impegno e responsabilità professionale gli hanno permesso, in base alle sue esperienze vissute nei carceri, di analizzare le conseguenze psicologiche sulle persone e sul popolo in generale. Il suo lavoro ci dà la possibilità di chiarire e recuperare una coscienza critica che ci permette di avanzare nel processo di Liberazione; processo che non inizia nel 1976 me è la continuazione di una lunga storia di incontri e separazioni, di scontri, evoluzioni e involuzioni nella vita del popolo.

Tupac Amaru diceva: "Di sconfitta in sconfitta stiamo costruendo la vittoria", siamo in marcia e i contributi a quel procedere sono diversi.

Ho già sottolineato che la Sartori, in questo libro che presenta, denota gli effetti della prigione sulla personalità delle detenute e le sue conseguenze psicologiche, ebbene voglio riferirmi ai metodi di studio utilizzati nell'indagine. Questi sono particolarmente accentrati sull'osservazione diretta, giacché fu partecipe, ma sono presenti anche l'osservazione indiretta e l'utilizzazione del metodo clinico, attraverso i colloqui e la psicoterapia.

Altri argomenti sviluppati sono: la legittimazione della violenza pianificata e sistematica; le giustificazioni del torturatore per esercitare la violenza; e il livello di consapevolezza, le alterazioni, il deterioramento psichico e le sue conseguenze individuali e sociali.

Tutta questa analisi evidenzia come il regime militare non soltanto mette in atto l'eliminazione fisica degli oppositori, come nel caso dei 'desaparecidos', ma che la metodologia repressiva era mirata alla paralisi sociale, all'irresolutezza, all'annichilimento psichico, fisico e ideologico delle masse.

Un altro degli aspetti che tratta la Sartori è la capacità di resistenza e di coscienza dei militanti nelle situazioni limite delle prigioni; così come della coscienza e distruzione in quelli che non hanno potuto resistere e hanno ceduto. Nel punto 8 della sua introduzione, analizzando un esempio proprio di questa situazione, esprime: "Possiamo supporre che la psicopatologia è conseguenza della sconfitta. Ci si "ammala" quando si è sconfitto. Non si è sconfitto quando si cade ma quando si fa ciò che vuole il nemico. E ciò che il nemico vuole è che il prigioniero politico abbandoni il suo progetto di vita per la liberazione, scegliendo quello che il nemico pretende".

La dittatura militare valutò le forme di violenza da applicare, in diversi livelli e condizioni, dall'annichilimento della persona alla sottomissione del popolo attraverso la politica del terrore. Perciò oggi è necessario riflettere e capirne le conseguenze, e capire ciò che sta accadendo nel campo popolare.

Siccome il presente è frutto di quel passato, non possiamo ignorare e tanto meno dimenticare, come alcuni pretenderebbero. Sottoscrivendo quest'idea, la Sartori va analizzando con sistematico rigore i significati del comportamento umano, i livelli di coscienza individuale e sociale, e la conformazione della coscienza come la comprensione integrale del significato della realtà obiettiva e soggettiva. Ciò implica il proposito attivo di trasformarla, dando facoltà alla creatività, identificandosi e integrandosi con progetto di vita superiore.

Il popolo argentino si trova oggi davanti ad un crocevia della coscienza collettiva, la dittatura militare ha lasciato profonde ferite non ancora rimarginate, una generazione che è stata eliminata dalla repressione e le devastanti conseguenze della Guerra delle Malvinas sulla gioventù. Dal potere s'implementano le giustificazioni ideologiche impiegate dalla dittatura militare e che, ancora oggi, prendono vigore dal modello neoliberista delle politiche economiche di "adeguamento", di capitalizzazione e di privatizzazioni. Tutto ciò per distruggere e sottomettere il popolo in nome dell'erroneamente denominata Civiltà Occidentale e Cristiana.

Gabriella Sartori esamina la condizione umana sottoposta alla violenza e al carcere, i suoi comportamenti. Come terapeuta si rivolge in modo particolare ad un settore della popolazione che ha subito direttamente la repressione e la violenza perpetrata dalla politica di terrore contro il campo popolare. Ma, oltre alle vittime che hanno patito la prigione, dobbiamo considerare, dice, che tutto il popolo, a diversi livelli, visse sommerso nel Terrorismo di Stato.

Nel libro segnala la necessità di unificare criteri riguardo a ciò che si considera e s'intende per Salute Mentale e per Malattia Mentale, e propone vie alternative e una metodologia di lavoro possibile con il paziente ex detenuto, liberato, comprendendo come ha vissuto e vive oggi, dopo le conseguenze subite, quel progetto integrale di vita che lo avevano portato alla militanza e all'impegno sociale. Quali sono i suoi conflitti, le sue difficoltà e le sue aspettative oggi? In quale modo il suo passato si ripercuote e segna oggi la vita dei figli di questi genitori prigionieri, 'desaparecidos'?

In questo senso l'autrice mette in evidenza uno dei fatti più commoventi: il significato dell'assenza. Rivela come un bambino con i suoi genitori prigionieri o 'desaparecidos' non è un bambino abbandonato, ma un bambino che subisce l'ingiustizia ai livelli più profondi con i quali si può far violenza ad un essere umano. Questo dramma lo possiamo vedere e vivere ogni giorno: il 'desaparecido' è assente per sempre.

Alcuni di noi che abbiamo sofferto in passato l'esperienza del carcere e della tortura, dell'isolamento prolungato, che siamo stati sottoposti a pressioni psicologiche, abbiamo imparato le facoltà e i limiti della condizione umana sottoposta alla violenza organizzata del sistema di oppressione, e anche la capacità di resistenza e di lotta per rimanere uomini e donne liberi, nella coscienza e nello spirito, anche dietro le sbarre. Per questo dobbiamo avvicinarci con molto rispetto e solidarietà a tutti quelli che si sono impegnati e hanno lottato insieme al popolo.

Gabriella Sartori apporta con questo spirito la sua esperienza personale e professionale e ci fa capire che nonostante tutto è ancora possibile costruire la speranza e l'utopia di un popolo.

Adolfo Perez Esquivel
Buenos Aires, 19 marzo 1993


INTRODUZIONE
Gli avvenimenti politici e repressivi che si verificarono nel 1976 e seguenti, presero di sorpresa tutto il campo popolare.

Fino ad oggi, anno 1984, molti sono i lavori e le pubblicazioni realizzate sia in Argentina che all'estero, scritti da persone direttamente colpite dal regime o da Organismi di Difesa dei Diritti Umani, che cercano di descrivere e di spiegare quanto accaduto.

La giusta bandiera della ricomparsa in vita dei detenuti scomparsi non invalida oggi le accuse di genocidio rivolte ai responsabili del golpe di stato del 24 marzo 1976. L'evidenza del ritrovamento di numerose tombe collettive e la scoperta di cadaveri con palesi segni di tortura e atroci mutilazioni, stanno a confermare che sono responsabili di crimini di lesa umanità.

Dall'evidenza delle carceri e dei campi di concentramento, che si scoprono soltanto oggi alla pubblica opinione argentina (però noti e denunciati da anni a livello internazionale), si percepisce l'esistenza di un fenomeno repressivo, qualitativamente diverso per la pianificazione scientifica dello stesso, ma affatto nuovo nella storia del nostro paese per quanto riguarda le metodologie utilizzate.

La contraddizione storica "POPOLO OLIGARCHIA" raggiunge il suo apice con il golpe del 1976.

Nel 1976 si confrontano due progetti di stato, due filosofie politico sociali, e di conseguenza, sul piano individuale, due progetti di vita, uno dei quali è rappresentato dalla Coscienza Oligarchica, sorta e consolidata nel corso dello scorso secolo sulla base della violenza, dello sfruttamento e dell'annichilimento di ogni forma di resistenza popolare. Questo progetto si basa sull'alleanza con l'imperialismo di turno inglese o statunitense e che, nonostante la sua conformazione nazionale, risulta antinazionale nei suoi interessi, progetti e obiettivi.

In contrapposizione alla stessa si sviluppò nello scorso secolo la Coscienza Nazionale che acquisì progressivamente maggiori livelli di comprensione e di espressione.

La 'picana eléctrica' venne già utilizzata contro il popolo argentino nel 1930, durante il golpe oligarchico che destituì il governo popolare di Yrigoyen, dando inizio al periodo denominato 'Década Infame', periodo nel quale, secondo lo storico J.J. Hernàndez Arregui, la Coscienza Storica degli argentini si trasformò in Coscienza Nazionale.

Comunque la repressione contro il popolo non comincia nel 1930 e non finisce, secondo noi, nel 1983.

Per riuscire a prevedere il futuro è necessario capire il presente e analizzare il passato, non come un mero esercizio sterile o esclusivamente intellettuale, ma per intendere quali sono state le forze in campo e sostanzialmente, quali erano i loro progetti storici.

Il popolo argentino ambisce la Pace e la Giustizia, ma nella coscienza oligarchica pace significa sottomissione, da ottenere, se è il caso, per mezzo della forza e del terrore. Questo metodo di "pacificazione" non è stato soltanto sperimentato e perpetrato nei campi di concentramento e nelle carceri argentine durante la dittatura militare appena spodestata, ma su tutto il territorio nazionale, che divenne un immenso lager, nel quale si utilizzarono diverse tecniche e metodologie di repressione, scientificamente pianificate, per colpire in modo diversificato i diversi settori della popolazione;

Per le più alte espressioni della Coscienza Nazionale, quelli definiti "incorruttibili" e "irriducibili"; il carcere, il lager, la morte.

Per l'insieme della classe operaia: la minaccia della perdita del posto di lavoro, la fame, la disoccupazione, la costrizione a canalizzare ogni energia nella lotta quotidiana per la sopravvivenza.

Per il ceto medio: l'alternanza del terrore con "favori", (quali i "dollari falsi" e la possibilità di speculazione finanziaria stimolata dal Ministro dell'Economia Martinez de Hoz), come metodo per ottenere il consenso, assieme alla minaccia della perdita dei loro scarsi privilegi.

Per gli imprenditori nazionali: una politica dichiaratamente contraria allo sviluppo industriale, che portò al fallimento un alto numero di aziende.

Per i piccoli e medi produttori agricoli: il soffocamento economico, la perdita delle proprietà, l'estinzione di questo settore produttivo.

Il progetto oligarchico del 1976 significò l'eliminazione del settore più significativo di una generazione di argentini; una generazione di operai, di studenti, d'impiegati, d'intellettuali e di professionisti che sintetizzavano il progetto di Liberazione Nazionale e Sociale.

Questo progetto di annichilimento e di distruzione nazionale, venne studiato ed eseguito con una chiara visione del futuro, e i suoi effetti non si manifestano tutt'oggi completamente. Le nuove forme di dipendenza dall'imperialismo e la sovversione dei valori si manifestano a lungo termine.

Una generazione di ragazzini argentini, figli della classe operaia, nati mentre si attuava il piano economico del ministro Martinez de Hoz, hanno patito la fame dalla nascita. Sono già 300.000 i bambini che sono stati "annientati" dalla politica della fame, morti per denutrizione. Ci sono inoltre migliaia di bambini dai 5 ai 7 anni con ritardi mentali dovuti alla carenza o all'insufficienza proteica dell'alimentazione nei primi anni di vita. Questa generazioni di argentini, con problemi di apprendimento riuscirà a malapena a concludere la scuola dell'obbligo, e in prospettiva, quando s'inseriranno sul mercato del lavoro potranno aspirare soltanto a mansioni di "operai non qualificati". Questa è la generazione che dovrebbe essere protagonista nell'Argentina del 2000.

Ovviamente, in un progetto prevalentemente agricolo esportatore, si verifica un eccedente di popolazione e non ha bisogno di manodopera qualificata.

Argentina, un paese che presenta le ferite e le umiliazioni dovute alle migliaia di detenuti scomparsi, ai prigionieri che transitarono per tutte le carceri della dittatura, ai familiari delle vittime della repressione, ai reduci della guerra delle isole Malvinas, potrà rimarginare le sue ferite soltanto attraverso la Giustizia.

Il problema della Giustizia non si risolve con la condanna alla prigione dei nove capi delle Forze Armate e dei principali esecutori della repressione terrorista, ma nella possibilità per un popolo con autentica vocazione nazionale di realizzare il suo destino storico.

Quindi Giustizia significa Liberazione Nazionale e Sociale.

Maria Gabriella Sartori

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