Lettera ad un consumatore del NordEditrice Missionaria Italiana 178 pagine L. 18.000 |
I soprusi, le ingiustizie, lo sfruttamento, sono fatti troppo gravi e dolorosi per farli oggetto di puro approfondimento culturale, lo spettacolo televisivo o di discussioni accademiche. L'ingiustizia va affrontata per risolverla. Perciò questo libro parte da te, dagli ingiusti meccanismi economici che ti coinvolgono, dalle complicità che tuo malgrado hai con gli speculatori, dalle responsabilità che puoi assumerti a fianco degli oppressi.
IIa edizione, IIIa ristampa 1996. 198 PAGINE L. 18.000
Presentazioni
- Con la fionda di Davide (P. Alex Zanotelli)
Cap. I: IL TUO CONSUMO, LA NOSTRA EMARGINAZIONE
Un invito che ti disorienta - Le disparità sociali - I poveri assoluti - La povertà organizzata - Poveri perché inutili - Cambiare è possibile.
Cap. II: IL TUO CONSUMO, IL NOSTRO DEFICIT ALIMENTARE
Dagli schiavi...-... ai prodotti agricoli «Offro caffè, acquisto grano» - Il peso delle colture per le esportazioni - Trattate in guanti bianchi - Le due facce della medaglia - Un'inversione calcolata - La necessità dell'autoproduzione - La macchina della fame.
Cap. III: IL TUO CONSUMO, IL NOSTRO AMBIENTE
Il Sahel - L'equilibrio tradizionale - Deserti e noccioline - Il disastro del Sahel - L'assalto alle foreste - Il suolo delle foreste tropicali - Da foresta a deserto - L'effetto sui corsi d'acqua - Il legno duro per l'esportazione - Tagli dieci, distruggi cento - L'assalto degli emarginati - Nella catena dell'allevamento Sovvenzioni alla distruzione - La foresta negli hamburger - La situazione nel Sud-Est asiatico - Il destino degli indios - Ripercussioni a livello planetario - L'effetto serra - Medicinali perduti.
Cap. IV: IL TUO CONSUMO, IL NOSTRO SFRUTTAMENTO ...
Alla mercé dei mercanti - I conti in tasca al contadino - Dall'autoproduzione al mercato - All'insegna del debito - Nelle maglie degli speculatori - La concentrazione della terra - Espulsi con la forza - Forzati ... . ... ed ingannati - Espropriati senza risarcimento - Privati dei pascoli - Un popolo ignorato - Il trionfo dell'economia d'esportazione - Onnipresenza delle piantagioni - Misure incomparabili - La presenza straniera - La proprietà locale - Classismo residenziale - Paghe ed orari - Ridotti in catene - I lavoratori stagionali - Un paternalismo feudale Nell'inferno della città - I boias frias - Il lavoro minorile - Cenerentole del sud - Nessun rispetto per la vita umana.
Cap. V: IL TUO CONSUMO, IL LORO GUADAGNO
I guadagni degli intermediari locali - La cassa di stabilizzazione - Prelievi per fini antisociali - Esclusi dalle importazioni - L'onda lunga dei prezzi internazionali - Le vendite a termine - La speculazione Due esempi di speculazione - Il controllo del mercato internazionale - Le strategie dell'onnipresenza Forme tradizionali in declino - Come essere sempre garantiti - A loro i guadagni, agli agricoltori i rischi Controllo a valle - Conquistare i consumatori, spezzare i concorrenti - Il 90% del denaro si ferma a Nord.
Cap. VI: DAL CONSUMO ALLA SOLIDARIETÀ ...
Tre proposte concrete: Boicottaggio, acquisti alternativi, solidarietà.
APPENDICE: Il commercio equo e solidale in Italia: cos'è e come si è sviluppato - Le botteghe Terzo Mondo in Italia - Le responsabilità che puoi assumerti - L'apertura di un «angolo Terzo Mondo» - L'apertura di uno «spaccio Terzo Mondo» - L'apertura di un negozio Terzo Mondo - L'informazione oltre la vendita.
APPELLO
UN PICCOLO POTERE DA PRENDERE SUL SERIO
È un caffè davvero amaro per i poveri!
E proprio vivendo accanto a mamma Njeri, nei bassi fondi della storia nei gironi infernali delle baraccopoli del Terzo Mondo e sentendo sulla mia pelle la sofferenza degli impoveriti che ho colto l'importanza di questa «Lettera» indirizzata ai consumatori del Nord del mondo.
Perché essa fa propria la condizione di mamma Njeri, dei miei baraccati e propone delle azioni per andare tutti insieme verso la giustizia.
Questa Lettera fa piazza pulita di alcuni luoghi comuni che servono solo a mettere a posto le coscienze e denuncia con forza e chiarezza i meccanismi che impoveriscono tutte le mamme Njeri del Sud del mondo.
È chiaro che la mia gente, i baraccati e i contadini poveri del Terzo mondo sono le vittime di Das Kapital (non quello di Marx), delle leggi del mercato, delle multinazionali che qui approdano perché trovano mano d'opera a basso prezzo e non pagano i costi sociali. In una parola, sono le vittime di un meccanismo economico che rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Oggi il potere del denaro è totale e totalizzante: domina il mondo come un piccolo villaggio. Mai come oggi (dopo il crollo del muro di Berlino) si può parlare del trionfo dell'impero del denaro. Ci troviamo di fronte al Golia imperiale.
«Questo Golia imperiale, questo gigante militare armato fino ai denti che brandisce con una mano l'arma più potente della storia, si erge oggi sulla montagna della storia insultando il popolo di Dio (I Sam. 17, 4-1 1). Eppure l'impero delle armi è tale e le esigenze del Vangelo tali, che non possiamo più fronteggiare questo Golia con le sue stesse armi: l'armatura di Saul non «serve» (1 Sam. 17, 39). La nostra sola arma è la fionda di Davide».
Così in maniera molto plastica, l'americano Ched Myers scrive nel suo libro Binding the strong man (Immobilizzando l'uomo forte), che è una splendida «lettura politica» del Vangelo di Marco. E prosegue: «Noi nordamericani (e italiani!) dobbiamo cominciare dove Marco inizia: con la chiamata a conversione.
Tutto il resto dipende dalla nostra risposta a quest'invito che chiaramente sottintende la presa di coscienza del proprio peccato inteso come partecipazione all'ingiustizia storica. Soltanto ripudiando il "sogno americano" e incontrando il mondo reale «fuori dalle mura», noi potremo vedere il lato tenebroso del nostro sogno che i poveri vivono come un incubo. Per i due terzi dell'umanità, infatti, non si prospetta un futuro migliore, ma un amaro ciclo di violenza e povertà. Noi siamo i beneficiari di un sistema che quotidianamente infligge croci ai poveri del mondo. Dobbiamo riconoscere che la nostra prosperità è la conseguenza di un sistema di latrocinio e di sfruttamento».
Se convertirsi significa dire di no a questa logica economica, allora dobbiamo avere il coraggio di dire di no all'imperium.. Questa è oggi la nostra responsabilità storica: la conversione che Dio richiede.
È chiaro che questo comporta un cambiamento radicale del nostro stile di vita, ma anche qualcosa di più. «Noi dobbiamo volgerci verso coloro che sono stati estromessi "fuori dalle mura della città" del culto metropolitano della modernità - conclude Ched Myers - perché è lì con loro "fuori le mura" che Gesù vive e muore ed è lì dove dobbiamo peregrinare anche noi se vogliamo incontrare Gesù».
Ecco perché ho scelto di «scendere agli inferi» e di vivere nelle baraccopoli. Perché qui sento di incontrare per davvero Cristo di nuovo crocifisso nella carne dei poveri. Perché qui sento di capire fino in fondo il Vangelo di quel povero Cristo.
Come missionario sono chiamato a convertirmi a essere rimesso in discussione da questo Cristo crocifisso oggi nella carne dei baraccati di Korogocho. Siamo tutti chiamati a convertirci ai «poveri», a ritrovare il soffio di speranza che è il loro più grande dono. Sono essi, infatti, la turbinosa profezia contro il Golia imperiale, sono essi la «fionda di Davide». Nella misura in cui tu decidi di intraprendere il cammino di conversione e di assumerti la responsabilità di dire no all'impero, tu potrai dare forza alla «fionda di Davide». Questa «Lettera» ti dice come, proponendoti delle azioni non violente nel campo dei consumi, un ambito di vitale importanza per il gigante economico.
Se saprai usare intelligentemente l'«arma» del boicottaggio, oltre che alla liberazione dei poveri, contribuirai alla creazione di un mondo più giusto. Ma devi saper organizzare la resistenza! Non si tratta, infatti, di un'azione individuale, ma di un'azione collettiva. Non servono don Chisciotte che vanno all'attacco dei mulini a vento: occorre un movimento. Ecco perché in questo volume si insiste sulla necessità di organizzare la resistenza. «t ovvio - vi si legge - che il boicottaggio può diventare uno strumento di rivendicazione internazionale solo se attorno ad esso nasce un grande movimento... Tuttavia non sprecare le energie per creare dal niente una rete organizzativa». Esiste, infatti, una serie di organismi di volontariato, di gruppi impegnati, di movimenti ecologisti e nonviolenti che possono costituire un'ottima rete per far partire e rendere efficace tale boicottaggio.
È chiaro che tutto questo non è facile, perché si tratta di scuotere un colosso mondiale, il Golia imperiale. Ma non temere: la Bestia si può vincere! «L'atteggiamento più pericoloso - si afferma giustamente in questa Lettera - che va allontanato come una tentazione è il pessimismo. Non dire che contro i colossi della terra non ce la faremo mai e che quella mondiale è una dimensione troppo vasta per essere gestita dal basso. Sui sensi di impotenza i padroni e i governanti costruiscono i loro imperi».
Ricordati sempre che il colosso economico mondiale, al pari della statua di Nabucodonosor (Daniele 2) ha i piedi di argilla. Sono convinto che il boicottaggio è uno dei mezzi più efficaci per colpire il Golia imperiale e sgretolare i suoi piedi.
Questa convinzione mi ha spinto a prendere la penna in mano, nonostante la mia riluttanza. Da quando mi trovo a Nairobi infatti, provo sempre più difficoltà a scrivere ed anche la decisione di preparare questa presentazione è stata sofferta.
A farmi rompere gli indugi è stata anche la semplicità del contenuto e del metodo di questa Lettera che ritengo degna della miglior tradizione della Scuola di Barbiana.
Questo riferimento non è casuale. So, infatti, che il responsabile del Centro che ha preparato questa Lettera è Franco Gesualdi, un allievo di don Milani, un prete che è stato anche per me un autentico maestro.
Mi auguro che questa Lettera, come le altre di don Milani, venga utilizzata non solo da gruppi impegnati, ma diventi parte integrante della scuola italiana.
Don Milani aveva usato parole di fuoco per la cecità della scuola del suo tempo e l'aveva definita «questa scuola vile». Se fosse vivo oggi, il Priore di Barbiana non direbbe lo stesso? Ricordo la Lettera ai giudici: «Ci presentavano l'impero come la gloria della patria. Avevo tredici anni, mi pare oggi... - scrive don Milani - saltavo di gioia per l'impero. I nostri maestri si erano dimenticati di dirci che gli etiopi erano migliori di noi. Che andavamo a bruciare le loro capanne con dentro le loro donne e i loro bambini, mentre loro non ci avevano fatto proprio nulla. Quella scuola vile, consciamente o inconsciamente, non so, preparava gli orrori di tre anni dopo. Preparava milioni di soldati obbedienti. Obbedienti agli ordini di Mussolini. Anzi, per essere più precisi obbedienti agli ordini di Hitler. Cinquanta milioni di morti.
E dopo essere stato così volgarmente mistificato dai miei maestri quando avevo tredici anni, ora che sono maestro io (... ) vorreste che non sentissi l'obbligo, non solo morale, ma anche civico di demistificare tutto? (... ) Perseguite i maestri che dicono ancora le bugie di allora, quelli che da allora ad oggi non hanno più studiato, né pensato, non me!»
Oggi la scuola si fa bella. Può dimostrare, libri di testo alla mano, che più nessuno difende Mussolini o Hitler. Ma proprio per questo è ancora più «vile», perché nasconde ai ragazzi che oggi le guerre si combattono su un altro piano: quello economico. Nel Sud del mondo il taglio dei salari, la disoccupazione, il rincaro del prezzo del pane sono conseguenze di un'impostazione economica che fa gli interessi del Nord e mietono milioni di vittime specie tra i bambini, le donne gravide, i deboli.
Questa Lettera è un'occasione offerta alla scuola per abbandonare il piano della viltà: che la adotti come strumento per aiutare le nuove generazioni a capire che il sistema economico in cui vivono e di cui godono i benefici è responsabile di crimini ben maggiori di quelli perpetrati dai nazisti. Il risultato di questo nostro sistema è «l'olocausto degli empobrecidos», come padre
Fausto Marinetti lo definisce in quel suo sconvolgente libro dagli inferi del Nord-Est del Brasile.
Per tornare a te, consumatore del Nord, sento la necessità di dirti un'ultima cosa: prendere coscienza della realtà, boicottare, è molto, ma non è ancora sufficiente. Devi anche cominciare a cambiare, a modificare il tuo stile di vita, a consumare di meno. Devi imparare a diventare più povero, ad accontentarti di avere di meno... per essere di più!
Mi sembra che questo aspetto non sia stato abbastanza sottolineato in questa Lettera, mentre lo ritengo più fondamentale del boicottare. Ciò che ti invito a fare è in profonda sintonia con quel povero Cristo e con tutta la tradizione dei grandi Padri della Chiesa (Agostino, Ambrogio, Crisostomo) i quali affermano che se alcuni sono poveri è perché altri hanno accumulato o ereditato di «più». Ora questo di «più» - essi affermano rimane proprietà rubata finché non è condivisa con i poveri.
Si scopre allora la verità di quanto va affermando L. Boff: «La povertà può essere guarita, curata dalla povertà stessa». In questo sta anche la tua salvezza, la salvezza di questa unica terra che è stata messa nelle nostre mani. Te lo posso dire e scrivere solo perché sono sceso in questa allucinante baraccopoli di Korogocho. Qui nei bassifondi della storia, nei sotterranei dell'impero, sto ritrovando la speranza, quella dipinta sui volti degli impoveriti del sistema, sul volto di questi baraccati crocifissi, sul volto del Crocifisso oggi, ma che ci precede in Galilea, nelle Korogocho d'Africa, in tutte le Korogocho del mondo.
Questi baraccati danno a me e anche a te il coraggio di continuare a resistere alla Bestia, al Golia imperiale con la «fionda di Davide».
P. ALEX ZANOTELLI
Dalla baraccopoli di Korogocho