17-Agosto-1996 Bologna spegne il Pratello Sono arrivati all'alba, come da copione. In tanti cellulari, con telecamere, manganelli e guanti neri. Carabinieri e polizia, appoggiati da vigili e pompieri DANIELE BARBIERI MARCO MORRI - BOLOGNA LO SGOMBERO di via del Pratello (ai numeri 76 e 78) era annunciato. Ma ieri, gia che c'erano, le "forze dell'ordine" hanno dis-occupato anche via Mascarella 18, uno stabile in cui abitavano alcuni ragazzi senza casa. In via del Pratello i caschi azzurri sono arrivati alle 6. Gli occupanti li aspettano da tempo con barricate, cancelli sbarrati e scale sui tetti. La tensione e’ subito altissima perche’ si sente il pianto disperato di un bambino. Lo hanno picchiato? No, al brusco risveglio ha battuto la testa contro il letto. Una ventina di "pratellari" scendono in strada, gli altri vanno sui tetti e da li’ resistono con musica, lancio di piume, slogan e persino una "pipi’ area" su qualche carabiniere che s'avvicina troppo. Da sopra e da sotto si chiede a gran voce che vengano li’ gli assessori per trattare. E verso le 8,30 ecco Gianfranco Parenti (responsabile del traffico) e Laura Grassi (casa). Si discute freneticamente per un paio d'ore. Alla fine si raggiunge un compromesso: nella casa colonica di via del Lazzaretto, un'ex comunita’ di recupero, non andranno solo i nuclei con bambini (come voleva il Comune) ma saranno ospitati - temporaneamente, si dice - anche tutti gli altri occupanti. Una concessione oppure solo un espediente per far scendere la tensione? Si vedra’: finora la giunta bolognese ha mostrato di avere al riguardo poche idee e ben confuse. Come del resto conferma quest'ultima concessione. "Da una decina di giorni chiedevamo di poter andare tutti in via del Lazzaretto e il Comune rispondeva no, no, no", spiega Maddalena, una delle occupanti: "Poi oggi, dopo due,tre ore di tensione, ci hanno detto si’. Ma che senso ha?". L'occupazione del Pratello durava ormai da 5 anni. Fra alti e bassi, ma con interessanti progetti culturali, laboratori, mostre, serate nelle cantine e concerti nel cortile: tutte iniziative che avevano rivitalizzato la strada nonostante l'ostilita’ dichiarata di alcuni bottegai della zona. Una situazione tranquilla, con bellissime esperienze (di lotta e di festa) vissute insieme agli abitanti del quartiere, su cui pero’ le destre hanno sempre gettato benzina e formulato ricatti verso la giunta. Nelle ultime settimane Il resto del Carlino prima e l'edizione locale di Repubblica poi, avevano lanciato una inverosimile campagna contro gli occupanti accusati, senza alcun riscontro, degli attentati piu’ vari. Lo sgombero era nell'aria e a fine luglio Valerio Monteventi, consigliere comunale di Rifondazione, aveva denunciato il ritrovamento di un documento anonimo (ma con ogni evidenza attribuibile a qualche esponente di primo piano della giunta o del Pds) che spiegava, passo per passo, la strategia dello sgombero. Il Pds ne ha subito negato la paternita’ ma rileggere oggi quegli appunti e’ impressionante: tutto cio’ che l'anonimo (o anonima) scriveva si e’ puntualmente verificato, compreso il tentativo - del tutto fallimentare - di separare gli occupanti con figli dagli altri. Ora in citta’ la tensione resta alta. In particolare intorno a piazza Verdi dove, all'ora di pranzo, ci sono altri cellulari e poliziotti in assetto anti-sommossa. Si teme che la "giornata degli sgomberi" si concluda con l'attacco al 36 occupato, una sala studio autogestita dagli studenti (in via Zamboni) e da sempre nel mirino del rettore Fabio Roversi Monaco che aveva gia’ tentato di riportare la "legalita’" con un'incursione fallita. Purtroppo pero’ gli sgomberi di meta’ agosto stanno diventando una "tradizione" bolognese, quasi come le Torri e i tortellini. Nella storia piu’ recente l'Isola nel Kantiere, la Fabbrica e una serie ininterrotta di blitz fino allo sgombero del Pellerossa nel '93: dieci centri sociali nascenti cancellati nel giro di quattro anni. E ieri l'ennesima quanto inutile dimostrazione di forza: una parata nel giorno piu’ loffio dell'anno - a ferragostro no, c'erano troppi turisti in giro. E per nulla, dato che gli occupanti hanno ottenuto quanto chiedevano. Sia pure attraverso un accordo un po' fumoso nel quale, a quanto si e’ capito ieri mattina nella improvvisata conferenza stampa, il comune affida l'immobile di via del Lazzaretto ai nuclei con minori. Ma solo fino al 31 dicembre 1996, poi dovranno andarsene. Lo scontro e’ rimandato di quattro mesi? Di sicuro da ieri Bologna non e’ piu’ la stessa. 17-Agosto-1996 PRATELLO Cosi’ la citta’ si normalizza. Parla Benni "Sono rattristato. L'episodio di oggi mi conferma cio’ che Bologna e’ diventata: un laboratorio di normalizzazione. E penso che sara’ sempre peggio". La reazione di Stefano Benni all'intervento della polizia in via del Pratello fa trasparire tanta amarezza: "Con i ragazzi dei due casegggiati avevo organizzato uno spettacolo di solidarieta’ per il 23 e 24 di agosto, due serate dedicate alla lettura di poesie. Adesso non so se riusciremo a tenerle e dove. Speravo molto in questo spettaccolo, perche’ non volevo credere e non accettavo l'idea che il comune di Bologna sarebbe arrivato a tanto. Invece". Ma secondo te perche’ il comune ha deciso di sloggiare i ragazzi degli stabili 76 e 78, nonostante la solidarieta’ piu’ volte manifestata loro dagli abitanti del Pratello? "E' ormai da un po' di tempo che a Bologna e’ cambiato il clima. Giorno dopo giorno, piccoli episodi mettono in evidenza che ormai chi conta in questa citta’ non e’ piu’ la gente o il sindaco o la giunta comunale. Ma altri. Societa’ immobiliari o che ne so io. Quello che sempre piu’ emerge con evidenza e’ che questa citta’ disprezza la diversita’. Non accetta piu’ che vi siano espressioni di creativita’, si vuole la piatta normalita’. E i ragazzi che avevano occupato i due stabili rappresentano una anomalia non gestibile". E' dall'inizio dell'anno che gli occupanti del Pratello cercavano di arrivare a un compromesso con il comune, ma l'assessorato alla casa si e’ sempre mostrato irremovibile perche’, come affermava l'assessore Grassi lo scorso febbraio: "le occupazioni vanno eliminate, non e’ possibile accettare soluzioni che scavalchino la normativa. Ai fini dell'assegnazione di alloggi ci sono i bandi di concorso", ricordando che e’ stata la regione a stanziare un miliardo e mezzo per ristrutturare, entro il '96, la zona del Pratello. Il comune ha deciso di non cercare alcuna soluzione per far rimanere nella via in cui sono nati i laboratori musicali, le realta’ culturali e le iniziative sociali messe in piedi dagli occupanti dei due stabili. Per esempio e’ qui che ha preso vita il telefono viola, contro i metodi della psichiatria classica. Ed e’ proprio questo atteggiamento burocratico del comune di Bologna che lascia l'amoro in bocca a uno dei suoi cittadini piu’ famosi: "Speravo che la citta’ conoscesse ancora il significato delle parole "politica" e "rispetto delle minoranze" - riflette Stefano Benni - invece constato solo burocrazia, incapacita’ a capire che dando valore solo agli interessi economici si arrivera’ al disastro". Ma non c'e’ proprio niente da fare? "Spero ancora che ci sia un margine di ragionevolezza, che si riesca a trovare una soluzione, ma queste cose che avvengono quasi nell'indifferenza totale parlano piu’ di 100 proclami o dibattiti sulla cultura. Invece, credo che si debba riflettere molto su questi piccoli episodi emblematici". 17-Agosto-1996 PRATELLO Dalle osterie anni '60 ai capelli tinti Al Pratello ci sono passati proprio tutti. Fin dagli anni '60, quando questa via era sempre affollata per le osterie e le riunioni fiume nelle case dei compagni. Poi c'e’ stato il "Pavese", cabaret e musica. Piu’ tardi eroina e occhi spenti. Si sono affollati studenti nelle vecchie case: compagni e dolci vecchiette, malavita e vecchi comunisti. Come secoli fa, quando era zeppo di furfanti e manigoldi, pur essendo una zona con forti tradizioni di mutuo soccorso, dove si fermavano viandanti e vagabondi. Per molti e’ come un piccolo borgo ritagliato nella citta’. A due passi il "Roncati", l'ex ospedale psichiatrico: "e i matti qui sono di tutti" come ripetono gli abitanti. Chi ci sta poi racconta immediatamente della gioia di poter parlare con il vicino, litigare dalle finestre, contare su chi ti sta attorno. In tutto questo erano inserite le case occupate - "quelli con i capelli colorati" per i vecchietti sempre presenti - che da cinque anni avevano riportato un po' di allegria fra la tristezza di locali tutti uguali. Il 76 e il 78: due palazzine, un cortile e tanti appartamenti distrutti dove poter abitare. Erano abbandonate da anni, con il tetto pericolante, e subito sono diventate un punto di riferimento per tutta la citta’. Fra queste mura sono nati gruppi musicali, nelle cantine funzionava un baretto e si esponevano opere d'arte, si facevano tatuaggi e opere con materiale riciclato, teatro e musica. Hanno lavorato realta’ diverse fra loro, sempre accomunate dalla stessa voglia di fare "in assenza di spazio". Laboratori artistici, di improvvisazione musicale, gruppi comici e teatrali. Ma anche il "Telefono Viola", associazione che combatte da vicino gli abusi della psichiatria tradizionale: il primo che appena le acque si sono agitate ha dovuto chiedere ospitalita’ altrove. Ora e’ tutto finito, murato e cancellato per fare posto a una via pulita, con ciottoli di fiume e granito che presto sara’ piena di boutique e gallerie d'arte fighette. Ma che non avra’ piu’ quell'occasione per capire le differenze, accettare il confronto: che piano piano muore. Mentre rimane una profonda amarezza, soprattutto riguardando ora i titoli dei giornali o riascoltando le parole vomitate per anni dalla destra del quartiere: non avranno piu’ i loro "zombi" che girano per strada o la puzza di urina sotto il naso, ma per ottenere questo hanno rotto un altro anello di socialita’. Anche se chi ha abitato alle case occupate giura che da domani si troveranno ogni sera per ricordare con l'allegria che loro sopravvivono.