PREMESSA
Il Piano Industriale di un’Azienda solitamente rappresenta un fatto molto importante della sua vita. Ne traccia gli obiettivi, esprime previsioni, indica le strategie che l’Azienda intende attuare per il suo futuro.
Tenendo presente questo presupposto, e senza dimenticare lo scenario presentato nella precedente comunicazione. punteremo ora l’attenzione sul Business Plant 1997/2000 dal quale si potrà cogliere quali impegni , quali scelte intende effettuare nel prossimo quadriennio l'Enichem e dal quale dipendono a maggior ragione le sorti di una realtà complessa e industrialmente importante come il petrolchimico di P. Marghera.
IL PERCORSO DI ENICHEM
Dopo la disastrosa fine di Enimont, Enichem eredita un carico pesantissimo di debiti ed inefficienze.
Inefficienze così riassumibili:
Eppure nonostante quest'ultimo elemento risulti decisivo per comprendere le scelte compiute da Enichem, non si deve dimenticare che esso ha comunque rappresentato l'effetto e non la causa della grave crisi.
Nel 1993 ENI predispone un piano di salvataggio e di risanamento dell'Enichem improntato all'emergenza finanziaria operando fondamentalmente sulla riduzione dei costi fissi, sul disimpegno e la cessione di attività.
Nel suo complesso questo orientamento dell’Eni/Enichem ha trovato pochi ostacoli: Esso è stato valutato da molti come la conseguenza di inevitabile di una situazione oggettiva e di insuperabile difficoltà.
Enichem procede alla ridefinizione del core business con la cessione di molteplici attività ritenute marginali ai suoi obiettivi . Cessioni che sono state prima ricordate.
Ma è bene ricordare che vi sono stati inoltre massicci interventi sui costi fissi (leggi personale), scesi dal 30% del 1992 al 24% del 1996, ed un aumento dell’indice di produzione per addetto del 36% nel 1996 rispetto al 1992 con quello che ciò ha comportato dal punto di vista dell'aumentata intensità di lavoro e della sicurezza.
La riduzione degli organici è stata imponente. Da circa 50.000 dipendenti del 1991 si è scesi ai 16.000 del 1996 , impoverendo a dismisura il patrimonio professionale dell'azienda.
E' doveroso segnalare che dei 34.000 addetti persi, 11.000 riguardano attività dismesse e che il processo si risanamento si è compiuto in un clima di sostanziale consenso, a parte alcuni punti critici (per esempio Crotone), e senza traumi sociali di particolare rilevanza.
Si osserverà a ragione che Enichem non è stata la sola a compiere riorganizzazioni così estese e profonde. Molte aziende chimiche dal 1991 al 1995, come Basf, Dow, Union Carbide, Dupont, hanno operato in tal senso.
Ma non è tanto il processo di dismissioni che caratterizza Enichem, quanto il carattere disorganico e disperato di questo processo, così marcatamente segnato dall'emergenza finanziaria e poco rivolta agli asset industriali.
Infatti, altri grandi gruppi che hanno abbandonato segmenti ritenuti marginali non lo hanno fatto in una logica di semplice mantenimento o disimpegno, quanto con la chiara propensione a svilupparsi in altri settori (con investimenti ed acquisizioni) e di rafforzarsi.
Nel caso di Enichem non è accaduto nulla di questo.
L'azienda non ha migliorato la propria posizione nelle attività rimanenti, che erano e restano precarie, né ha compiuto apprezzabili sforzi innovativi (le spese in R&S sono rimaste a livelli risibili, meno del 2% sul fatturato), n'è tanto meno si è orientata verso politiche di sviluppo ed investimento.
Ha solo progressivamente modificato il proprio impegno spostandosi a monte anziché a valle lungo l'albero delle petrolchimica, introducendo così preoccupanti interruzioni al ciclo chimico, fino a ridurre il proprio ruolo principale in quello di semplice fornitore, cioè garantendo ai compratori dei rami di azienda ceduti la fornitura di materie prime ed intermedi rimasti in sua mano e servizi industriali di supporto.
Per quanto appena detto risulta preoccupante non solo l'impoverimento del paniere dei prodotti Enichem , ma anche l'elevato grado di rischio derivante da una mancata protezione del suo upstream che è completamente dipendente dagli utilizzatori sia sotto l'aspetto del volume che sotto l'aspetto del prezzo (l'abbandono di un sito produttivo da parte di uno di questi costituirebbe una minaccia mortale).
Il ragionamento portato avanti dall'Azienda a sostegno di questa strategia, basato sul martellante leitmotiv della necessità di concentrarsi sul core business si dimostra assolutamente fuorviante.
Pertanto, per il futuro, ci si può attendere che ciò che adesso viene considerato core business divenga prima o poi oggetto di cessione.
GLI ASSETTI RAGGIUNTI
Il precedenti piani industriali hanno percorso quindi le strade dell'emergenza.
Chiusure, cessioni e dismissioni, taglio dei costi fissi e del personale, blocco degli investimenti, consentendo all'azienda di uscire dal drammatico tunnel dell'indebitamento , ma come è evidente agli occhi di tutti, a discapito della propria prospettiva e solidità industriale.
Si è anche riassaporato il raggiungimento di un conto economico positivo.
Nel 1995, anno considerato congiunturalmente eccezionale dai commentatori, Enichem presenta un risultato netto positivo di 1063 miliardi. Nel '96 un utile di circa 200 miliardi. Ma, come cita il rapporto Federchimica 1997, questi risultati sono stati favoriti da una congiuntura favorevole dei consumi che ha portato i produttori a valle a ricostituire le proprie scorte, e, per l'Italia, da una favorevole posizione nei rapporti di cambio, con una moneta, la Lira, fuori dallo SME.
Comunque, venendo agli assetti attuali, notiamo che la chimica rimasta nelle mani di Enichem è il primo "down stream" del sistema petrolifero: Grandi intermedi petroliferi, loro derivati monomero-polimerici, integrati dal sistema cloro con alcuni suoi derivati.
Le attività su cui è oggi attestata Enichem sono concentrate quindi nella chimica primaria, nelle olefine, in vari intermedi, nei poliuretani, nei polistireni, in diversi tipi di gomme e nei politeni con una join venture al 50% con l'Union Carbide.
I principali siti produttivi sono allocati nell'area nord, a Porto Marghera, Mantova, Ravenna, Ferrara e, nell'area sud a Brindisi, Priolo, Gela, Cagliari, Porto Torres, con 16.305 (1.009 estero) addetti, ed un fatturato 1996 di 10.104 mld.
Se osserviamo quindi l’assetto industriale Enichem in Italia (compresa Polimeri Europa) possiamo notare come esso risulti a grandi linee suddiviso in due raggruppamenti. Il ciclo dell’etilene, concentrato su Brindisi ed il polo siciliano, ed il ciclo degli aromatici collocato principalmente sul polo padano.
IL PIANO ENICHEM
Dopo una serie di rinvii operati dell'Azienda, che hanno messo sotto tensione i rapporti sindacali, Enichem presenta ufficialmente nel novembre 1996 il proprio Piano Industriale per il periodo 1997-2000 alla Fulc nazionale
Dopo un difficile confronto fra le parti ed una serie di iniziativa di lotta tra cui la proclamazione di 16 ore di sciopero nazionale del Gruppo, è stato raggiunto il 15 maggio c.a. un’intesa sul Piano industriale tra Fulc nazionale ed Enichem.
COSE DICE L’ENICHEM
Per avere una base di discussione precisa su cui analizzare ed inquadrare meglio quanto sostiene Enichem, crediamo utile riportare stralci significativi del Business Plant 1997-2000 rivolti principalmente alle scelte industriali, agli aspetti ambientali, al dato occupazionale e l’impegno all’innovazione.
I principali obiettivi che Enichem dichiara come principi ispiratori del piano sono:
Enichem dichiara inoltre quali dovrebbero essere le azioni per perseguire questi obiettivi:
GLI INVESTIMENTI
Gli investimenti previsti ed indicati nel Piano Enichem sono suddivisi in aree di business che attualmente compongono Enichem:
Abbiamo focalizzato l’attenzione sul portafoglio delle attività e sugli investimenti, sfrondandoli da spese che possono assegnarsi alle diverse tipologie di gestione e che vengono equivocamente presentate come investimento.
Crediamo che questo dato possa essere utilizzato per la rilevazione del grado di sviluppo e di innovazione dei prodotti .
Si tratta in gran parte di attività totalmente o prevalentemente gestite al fine di soddisfare i fabbisogni captivi di Enichem e delle consociate.
| Cracker - P. Marghera | consolidamento di capacità a 460 kt/a - in corso |
| Metaxilolo - Cagliari | aumento capacità da kt/a 55 a kt/a 105 - in corso |
| Paraxilolo - Priolo | aumento capacità da kt/a 205 a kt/a 270 - in corso |
| Investimenti a capitalizzazione | 393 mld. |
Si tratta di business in gran parte orientati alla vendita.
| Fenolo - P. Torres | aumento capacità da kt/a 110 a kt/a 180 - in corso |
| Dimetilcarbonato - Ravenna | imp. da 50 kt/a - da realizzare |
| Caprolattame - P. Marghera | aumento capacità da 125 kt/a a 140 kt/a - da realizzare |
| Cianuri - Acetilene -AVM | Disimpegni: |
| Investimenti a capitalizzazione | 372 mld |
| PST cristallo - Mantova | imp. da 100 kt/a - da realizzare |
| SAN alfa/SAN - MANTOVA | imp. da 45 kt/a - da realizzare |
| Pibiter - Pibiflex | Disimpegno |
| Investimenti a capitalizzazione | 169 mld |
| PO - Priolo | aumento capacità da 58 kt/a a 105 kt/a - in corso |
| MDI - Brindisi | aumento capacità da 50 kt/a a 80 kt/a - in corso |
| TDI - P. Marghera | aum. capacità da 110 kt/a a 165 kt/a - da realizzare |
| Polioli - Priolo | aumento capacità da 50 kt/a a 75 kt/a - da realizzare |
| Investimenti a capitalizzazione | 528 mld |
| SBR soluzione - Ravenna | impianto da 28 kt/a - nuovo |
| TPR SEBS - USA | impianto da 20 kt/a - nuovo |
| Investimenti a capitalizzazione | 174 mld |
Nel piano è dichiarato l'interesse di Enichem a partecipare ad iniziative nel settore elettrico a livello di Gruppo ENI.
| Turbogas Frene - Ravenna | |
| Investimenti a capitalizzazione | 735 mld |
Si evidenzia in quanto citata nel piano anche la posizione di Polimeri Europa, joint fifty-fifty tra Enichem e Union Carbide, non direttamente gestita da Enichem.
| PE gas phase - Brindisi | impianto in costruzione di 400 kt/a - in corso |
| Investimenti a capitalizzazione | 345 mld |
PIANO DI INTERVENTO SUI COSTI OPERATIVI
Il piano di intervento considera i costi operativi, con l'esclusione di materie prime, chemicals e utilities e prevede nel quadriennio una riduzione complessiva di 308 mld.
Questi obiettivi verranno perseguiti con strumenti tradizionali quali:
Il recente accordo tra Fulc ed Enichem non quantifica i costi occupazionali del piano, ma ne rinvia la valutazione ad incontri decentrati sito per sito.
In sede di presentazione del Piano, Enichem li ha invece menzionati precisamente e sono:
| Al 31.12.1996 |
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| Razionalizzazioni |
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| Fermate |
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| Avviamenti |
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| Dismissioni |
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| Totale |
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| Al 31.12.2000 |
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RICERCA E TECNOLOGIA
L'attività che Enichem considera Ricerca e Tecnologia nel piano presentato impegna circa 1000 lavoratori di cui il 35% laureati.
Enichem in realtà considera attività di ricerca una struttura, sparsa nei vari siti e nelle varie divisioni, dedicata essenzialmente ad attività di Assistenza Tecnica, di Assistenza al prodotto ed, in minima parte di Assistenza al processo. Non è un caso che la stragrande maggioranza di queste strutture dipende direttamente dai servizi commerciali delle divisioni.
Gli investimenti ed i costi indicati nel piano presentato da Enichem in queste attività vanno quindi considerati in massima parte per quel che sono in realtà.
| Anno |
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| Costi |
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| Investimenti |
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| TOTALE |
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AMBIENTE
Nell'arco del Piano Enichem dichiara di stimare spese per 100 mld/anno, pari a 400 mld di lire per tutto il periodo, per fatti relativi a passate gestioni e riguardanti:
I più significativi interventi riguarderanno i siti di:
INTERNAZIONALIZZAZIONE
Per quanto riguarda l'internazionalizzazione, il piano Enichem dichiara come essenziale concentrare le risorse e gli investimenti sopratutto nell'area geografica definita come proprio mercato "naturale" (Europa e zone limitrofe).
Per le aree extraeuropee sono previste nell'arco del Piano le seguenti azioni:
| Divisione |
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| Olefine/aromatici |
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| Intermedi |
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| Stirenici |
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| Poliuretani-Cloro |
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| Elastomeri |
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| Servizi Industriali |
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| Altri |
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| TOTALE |
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| Investimenti |
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| R&S |
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| Informatica |
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| Ambiente |
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| TOTALE |
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| PCT investimenti sul fatturato |
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| PCT R&S spese/fatturati |
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Dal piano emerge che le attività che compongono Enichem risultano focalizzate nelle linee di business Olefine/Aromatici, Intermedi, Poliuretani e Cloro, Stirenici, Elastomeri, nel Polietilene una jont venture al 50% con Union Carbide (USA).
In sintesi le linee direttrici sulle quali dichiara di volersi muovere Enichem sono:
Per una valutazione attenta e approfondita del piano Enichem è necessario inquadrarlo nell’attuale scenario internazionale dell'industria chimica nell’ambito della vorticosa globalizzazione dei mercati in corso, ricordando quanto è stato già esaminato nella precedente comunicazione.
E' importante fare riferimento a quello scenario se non si vuole scadere in una semplicistica valutazione del piano Enichem solo dal punto di vista delle quantità di azioni che Enichem dichiara.
La tendenza alla globalizzazione ha investito pesantemente anche il settore chimico portando profonde riorganizzazioni e ristrutturazioni ed a una accesa concorrenza tra le imprese per consolidare le proprie posizioni e trovare nuovi sbocchi e nuovi mercati.
Le principali aree che attualmente compongono il mercati internazionale sono:
L ‘area europea, l’area del Far East, l’area dell’Est Europa e quella del Sud America. Ognuna di queste aree ha caratteristiche, condizioni, problematiche diverse .
L’Europa è un mercato ormai saturo che non permette nuovi investimenti, ed il consolidamento e l’espansione sul mercato viene effettuato quasi esclusivamente mediante politiche di acquisizioni e joint venture. In Europa la tendenza è alla riduzione del numero dei produttori.
I mercati del Far-East, Est-Europeo e Sud-America sono in una fase di sviluppo o incipiente sviluppo, dove la domanda ed il consumo di prodotti chimici è in aumento e dove diventa interessante investire .
Ma in questo mercato occorre rilevare la totale assenza di Enichem, che è presente solo in termini di commercializzazione e non di insediamento e produzione in loco e la presenza di un alto grado di attivismo ed iniziativa da parte dei competitori.
Dagli americani ai paesi del medio oriente ai nuovi produttori come Russia , Cina, India, Sud Corea, Tailandia che stanno realizzando joint venture con importanti concorrenti Europei di Enichem si sta andando velocemente alla saturazione di questo mercato. Ciò crea una situazione per cui l'entrarvi ed il posizionarsi diventa ogni giorno più difficile. Ed Enichem si sta giocando questa possibilità.
Nella petrolchimica in particolare, è stato rilevato che per consolidarsi e progredire con la presenza continua di processi di ottimizzazione e controllo costi di tutte le fasi del sistema di business e tecnologia eccellente a disposizione, è necessario posizionarsi ai primissimi posti del mercato. Nella petrolchimica, come negli intermedi sarà sempre più difficile sopravvivere per un'azienda che non accetta la sfida della globalizzazione.
Di fronte a questo scenario occorrono scelte strategiche di medio e lungo termine sia sulle attività che sulle innovazioni, ampi processi di internazionalizzazione delle produzioni e delle vendite con forti politiche di acquisizioni e di alleanze.
Solo in questo modo vi sono le possibilità di inserirsi rapidamente nei mercati e reggere il confronto competitivo con i grandi gruppi chimici internazionali.
Se quanto sopra esposto rappresenta la situazione del settore chimico internazionale, le linee di fondo del "consolidamento" che informano il piano Enichem risultano completamente inadeguate e indicano una scelta politica di non sviluppo con prospettive inquietanti.
Infatti le previsioni di del piano Enichem non prevedono un significativo sviluppo degli attuali livelli di produzione e di fatturato: da 10.080 mld dal 1996 a 10.600 mld nel 2000.
Su questa impostazione esprimiamo il nostro disaccordo, a partire dalla mancata internazionalizzazione dell’Enichem che porta il confronto competitivo in un mercato più ristretto (europeo) tradizionalmente vicino a lei ma anche pullulante di competitor multinazionali globalizzati, che impongono aggiornamento continuo e costante dei prodotti e delle tecnologie
In questa ottica i 2400 mld. previsti nel quadriennio sono assolutamente insufficienti a sostenere il consolidamento ed il rilancio delle attività. La situazione si presenta ancor più grave se si considera che a causa della precedente crisi finanziaria ed i risparmi realizzati per il risanamento del debito, Enichem deve recuperare anni di inattività, anche per quando riguarda la realizzazione di quegli investimenti necessari al semplice mantenimento dell'attuale parco impiantistico.
Il piano esprime inoltre una ambiguità e una debolezza strategica. Collegando gli impegni assunti per la realizzazione del consolidamento e del mantenimento ad una valutazione di compatibilità al momento congiunturale del mercato e della propria situazione finanziaria e non viceversa, noi ci troviamo di fronte al rischio che, al minimo mutare della congiuntura diventerà possibile di volta in volta cambiare in corso d’opera l’impegno sugli investimenti stabiliti e concordati.
L'esperienza del precedente piano Enichem del 1992, i continui rinvii, i tagli realizzati in corso d'opera agli investimenti previsti, il venir meno dei vari impegni assunti, è un precedente che non dovremmo dimenticare.
Il Piano di Enichem propone di fatto una prospettiva di breve termine e le operazioni di consolidamento e di aumento di alcune produzioni del core business appaiono per quanto e stato detto, interventi minimi, quasi dovuti, senza i quali Enichem entrerebbe velocemente in un processo di marginalizzazione dei mercati e di invecchiamento e depauperamento del suo parco industriale.
E' ben poca cosa se pensiamo al contesto concorrenziale in cui Enichem deve costruire le proprie prospettive per il futuro.
L’impegno verso lo sviluppo sono piuttosto insufficienti: Come dicevamo sopra gli investimenti rappresentano il 6% del fatturato e le spese per la ricerca rimangono ad un livello molto basso sia in percentuale sul fatturato 1,4% che in valore assoluto (da 125 mld. del ‘96 a 129 mld del 2000).
Da notare poi che su alcuni punti del piano esistono inoltre elementi di poca chiarezza.
Potremmo parlare del nuovo impianto di Polistirolo a Mantova, annunciato ma ancora tutto da verificare, ma visto che siamo a P. Marghera potremmo fare l'esempio sulla decisione di aumentare le capacità del TDI. Questo aumento di capacità porta ad un altrettanto aumento del coprodotto acido cloridrico, ma non ne viene indicato alcun sbocco. Come è noto questo prodotto viene utilizzato per la produzione del PVC, prodotto a P. Marghera da un’altra società, la EVC.
Per quanto si sa, non è ancora stato spiegato dove finirà questo aumento di produzione di acido cloridrico. Forse EVC intende aumentare la produzione di PVC ? Oppure cosa?
Non si può affrontare un aumento di capacità nell'impianto TDI senza prima aver risolto questo problema.
Bisogna inoltre ricordare che il piano prevede ancora riduzioni del personale di 2.150 unità nel quadriennio, questione che non appare nell’intesa Enichem-Fulc e che rappresenta un sorta di fantasma che nessuno vuole vedere ed affrontare.
Sono noti a tutti i lavoratori Enichem i numeri che circolano sui luoghi di lavoro. 400 esuberi nelle sedi direzionali, 700 esuberi per P. Marghera e via dicendo.
Il dramma è che tutti sanno quali sono gli obiettivi Enichem sull'occupazione.
L'aver dato un consenso, da parte della FULC, a questo piano senza far pesare anche gli impegni occupazionali sul tavolo della trattativa, l'aver diviso la discussione sulle strategie dalle sue ricadute occupazionali non concorre certo a dare credibilità alla qualità dell'accordo.
CONSIDERAZIONI FINALI.
Discutere oggi del Piano significa, per quanto finora detto, discutere delle prospettive e possibilità di esistenza dell’Enichem.
E’ bene dirlo che l’attuale assetto di business di Enichem è ad un punto cruciale.
Disimpegni sulle attività o addirittura ulteriori dismissioni di rami d’azienda portano il rischio di una fuoriuscita definitiva dal settore chimico.
Sulle attività rimaste in Enichem va operato un reale processo di consolidamento e di sviluppo. La sfida per accrescere concorrenzialità e redditività dei prodotti, nel medio e nel lungo periodo, attraversa i percorsi che consentono la riproduzione del ciclo.
Se questo non avviene si ha un lento disimpegno ,che può improvvisamente accelerarsi e porre seri problemi sindacali e sociali.
La questione pertanto sta nella scelta imprenditoriale e strategica che si vuole fare.
Qual è la scelta strategica dell'azionista ENI? E' giustificata questa concentrazione nella sola petrolchimica? Se l'ENI sceglie di essere soltanto un'impresa energetica e crede che il "core business" degli idrocarburi sia la sola ragione del suo successo, compromette molte opportunità non solo proprie ma anche della chimica e del sistema Italia.
Quanto espresso in questo Business Plant ci convince nell'idea di un disimpegno di Eni dalla chimica. Il piano non da risposte chiare a chi vuol sapere se la chimica sarà considerata un impegno a lungo termine dall'Enichem e dal suo azionista.
Ed a questo quesito non risponde neppure l'accordo Enichem-Fulc.
E sbaglieremmo se pensassimo che questo accordo, già insufficiente, sarà in grado di reggere.
Non si potrà pensare di rispondere adeguatamente all'attacco occupazionale, ognuno isolato sul suo impiantino ma sarà necessario riaprire il discorso delle strategie.
Anche il migliore accordo fatto a P. Marghera sarebbe insufficiente a dare prospettive allo stesso sito di Marghera, se prima non si ottiene una precisa virata di rotta della strategia Eni ed Enichem.
L'assenza di una vera vertenza generale sulla chimica e sull'Enichem, in grado di coinvolgere anche Eni e Governo, è stato ed è il vero anello debole di tutta la vicenda.
Se andiamo all'osso dell'interesse di Enichem per P. Marghera, questo si riduce essenzialmente al Cracker ed alla sua interconnessione in pipeline col triangolo Ferrara, Mantova e Ravenna.
Ma se il piano Enichem rimane quello presentato, se le produzioni di Mantova e Ravenna (visto che su Ferrara è già palese il disimpegno) dovessero uscire dall'orbita Enichem o diventarne marginali, quali prospettive potrebbe avere il Cracker di P. Marghera, isolato in un gruppo senza competitività e senza consistenti presenze e strategie sulle lavorazioni a valle?
Il problema principale, oggi all'ordine, non è la difesa sito per sito, magari in concorrenza tra i vari siti (cosa a cui siamo purtroppo abituati) ma è .... l'interesse di Eni a rimanere nella chimica e l'impegno politico, da parte del Governo, a sostenerne la strategicità.
A questo interesse sono legate anche le soluzioni relative all'ambiente ed alle compatibilità ecologiche. Manfredonia dimostra che se viene meno l'interesse aziendale ad investire, anche in termini di strategia nelle produzioni presenti e nella riqualificazione dei processi tecnologici addottati, anche gli accordi e gli impegni sui problemi ambientali, pregressi e no, vengono a meno.
D'altronde, una azienda chimica che abbia veramente intenzione di mantenere e sviluppare la propria presenza, oltre alle strategie industriali ed agli investimenti deve dimostrare la sua preoccupazione a compatibilizzare la propria presenza col territorio e le condizioni di lavoro.
Ciò, richiede una attenta considerazione dei problemi di impatto ambientale e di sicurezza, una disponibilità ad essere continuamente verificata ed a dare garanzie sull'efficacia delle tecnologie e dei processi.
Gli investimenti Enichem sull'ambiente e sull'impatto ambientale sono in gran parte dovuti e riguardano il pregresso. Discariche, aree dismesse da bonificare ecc.
Quello che manca in Enichem e nell'industria chimica in generale è la sensibilità di considerare gli interventi di miglioramento ambientale, la scelta di tecnologie compatibili ed al minore impatto possibile come un investimento necessario e non come un costo!
L'incontro odierno può essere utile per cominciare a sollevare un problema di non poco conto e riguarda l'atteggiamento che l'industria chimica sta assumendo riguardo a questi problemi.
Nel suo seminario nazionale, tenuto a Milano il 14 Aprile scorso, Federchimica, parlando dei problemi ambientali lasciava trasparire una certa insofferenza nei riguardi di una legislazione estremamente restrittiva a suo giudizio.
In modo particolare viene detto:
"Di particolare rilievo è il ruolo affidato al miglioramento legislativo e normativo. Così si fa politica industriale per la chimica e si da competitività alle imprese. In modo particolare si sottolinea che la politica ambientale deve fare leva sulla prevenzione e sulle iniziative volontarie delle imprese e del settore....Qualora si decida una nuova iniziativa ..(legge).. per l'ambiente questa deve essere la più semplice e la meno costosa...possibile"
Detto da Federchimica tutto questo non è una novità.
Tutto va piegato all'interesse del profitto ed alle necessità del mercato e della produzione. Così, è stata condotta la battaglia di Confindustria per la riduzione e la flessibilizzazione del salario, la battaglia per la flessibilizzazione e la precarizzazione della prestazione.
Dal punto di vista della Confindustria era chiaro che prima o poi alle tante compatibilità rivendicate si aggiungesse anche quella relativa all'ambiente.
La cosa che più dà da pensare è che questa filosofia comincia a farsi strada anche nelle elaborazioni sindacali.
Se si legge l'accordo nazionale Enichem-Fulc sul piano Enichem, notiamo che questa filosofia viene assunta nel testo dell'accordo dove si prevede che sindacato ed azienda, in modo concertativo ed unitario intervengano presso le amministrazioni e gli enti preposti al controllo per risolvere e rimuovere eventuali problemi.
Ma, per quanto ne sappiamo noi, l'unico modo per risolvere i problemi è, come minimo, almeno applicare e rispettare le leggi esistenti. O forse si sta pensando a modificare le leggi per ridurre i problemi ed i vincoli per le imprese?
Anche nella discussione per il rinnovo del contratto nazionale dei chimici ricompare la medesima questione.
Certo si dice che il problema dell'ambiente è un problema importante, ma la questione si gira poi in qualcosa di diverso quando qualcuno comincia a pensare che il problema vero sia di "evitare che le attività industriali dei nostri settori vengano sottoposte ad iniziative di interdizione da parte delle istituzioni, anche su sollecitazione dei movimenti ambientalisti".
Come fare per evitare tutto questo se non rivendicando che le aziende rispettino come minimo gli obblighi, i limiti ed i vincoli previsti dalle normative attuali o che verranno?.
O forse si vuole dire che i cattivi sono i comuni, le popolazioni, i movimenti ambientalisti ed i lavoratori che lottano per la salute, che non permettono alle aziende di condurre le proprie attività al minimo costo possibile, così come cattivi sono già diventati i lavoratori che lottano contro la flessibilità selvaggia e la riduzione delle loro condizioni di vita facendo così chiudere le aziende?
Oltre che di chimica e di investimenti, oltre che di scelte strategiche necessarie a garantire al paese un'industria chimica efficiente, oltre che a lottare per l'occupazione e le sue prospettive, dovremo ancor più di prima essere attenti che anche il nostro diritto alla salute non venga attaccato e subordinato al punto di vista del mercato.
Noi crediamo nella necessità di una industria chimica, ma crediamo altrettanto fortemente nella possibilità di una chimica e di uno sviluppo compatibile. Ma questo non è dato da solo. Per questo bisogna lottare.