Avvio del confronto sulla Riforma dello stato sociale Roma, Palazzo Chigi, 18 giugno 1997 Discorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Romano Prodi Introduzione e Europa Apriamo oggi un confronto molto importante, forse decisivo, per il futuro del paese. Iniziamo una discussione il cui obiettivo finale e' la riscrittura del patto che lega lo Stato ai cittadini sui grandi temi del lavoro, dell'assistenza, della formazione, della previdenza, della tutela della salute. Sono questioni che riguardano la qualita' della vita dei cittadini e che, piu' di altre, sono in grado di definire il senso di appartenenza di un individuo a una collettivita', di garantire una reale cittadinanza. La riforma dello stato sociale che abbiamo il dovere di attuare costituisce un traguardo per l'intero Paese. Essa sara' uno degli elementi essenziali della nostra nuova costituzione economica. Sono soprattutto le generazioni piu' giovani ad essere interessate al cambiamento del nostro stato sociale. Anzi, se vi e' una stella polare che ci dovra' guidare nelle prossime settimane nel percorso di riforma, questa dovra' essere la garanzia da offrire ai nostri giovani che le nuove regole saranno in grado di assicurare una protezione adeguata, una formazione professionale in grado di rispondere efficacemente alle nuove esigenze del mercato del lavoro, una pensione sicura. Il rinnovamento del sistema di sicurezza sociale vuole mettere in grado il nostro paese di partecipare da protagonista in Europa. Il nostro obiettivo comune deve essere un paese solido, socialmente coeso, la cui stabilita' e le cui straordinarie capacita' di lavoro e imprenditoriali possono rendere ancora piu' forte e competitiva la nuova Europa che sta nascendo. L'Europa che ci aspettiamo - e che vogliamo contribuire in prima persona a far crescere - e' l'Europa dello sviluppo, dell'occupazione, della stabilita'. Un'Europa compatta al suo interno, piu' vicina ai cittadini. Un'Europa in cui rigore e crescita non sono due termini antitetici ma, al contrario, i due pilastri su cui si regge l'intero edificio comunitario. Il processo di convergenza per l'ingresso nella moneta unica non riguarda infatti solo i parametri monetari e di finanza pubblica, ma coinvolge anche gli assetti sociali. L'euro sara' quindi uno strumento formidabile di unificazione del mercato e di incentivo agli investimenti e all'occupazione. E al perseguimento degli stessi fini sara' ispirata la necessita' di dotare il continente di grandi reti di trasporto e di comunicazione, di infrastrutture adeguate al mutamento delle dimensioni e dei compiti dell'Unione. L'occupazione. Occupazione e stato sociale sono due termini inscindibili . In primo luogo, la crescita degli occupati costituisce la premessa affinche' lo stato sociale si possa sviluppare in maniera robusta e finanziariamente equilibrata In secondo luogo, il nostro sistema di protezione sociale non puo' limitarsi a una funzione meramente difensiva. Esso deve avere tra le sue priorita' la promozione dell'occupazione e il rafforzamento - o la creazione ex novo - di istituti capaci di porre un disoccupato in condizioni piu' adeguate nella ricerca di un impiego. Questi concetti erano a noi gia' presenti un anno fa, nel momento in cui avviammo il confronto per il lavoro. Oggi possiamo dire che - pur tra molte difficolta' - con la prevista approvazione definitiva in tempi ormai ravvicinati del "pacchetto Treu", quell'accordo ha trovato piena attuazione nei suoi strumenti amministrativi e normativi. Tali strumenti, accompagnati da una volonta' forte del Governo e delle parti sociali, dovranno dare risultati concreti sotto il profilo della crescita dell'occupazione e della riduzione degli squilibri territoriali. Potremo cosi dimostrare che le scelte operate insieme nel settembre del 1996 andavano nella giusta direzione. Le aree di intervento sulle spese pubbliche. Anche dopo il raggiungimento dei parametri finanziari previsti dal trattato di Maastricht, l'Italia dovra' vigilare con attenzione sui propri conti pubblici. Lo richiedono i principi del rigore e della trasparenza nella gestione del danaro dei contribuenti, principi fin troppo disattesi nel nostro passato. Lo richiedono i necessari comportamenti che gli Stati partecipanti all'Unione monetaria si sono impegnati ad osservare con il "patto di stabilita' e crescita". Lo richiedono gli interessi dell'intero passe per il consolidamento di una situazione di bassa inflazione, e quindi di "naturale" difesa del potere d'acquisto dei redditi, e per un bilancio dello Stato in equilibrio, fonte di tassi d'interesse piu' bassi e di rispetto per i cittadini di domani. Per il 1997 il Governo, come e' noto, prevede di contenere l'indebitamento netto della Pubblica Amministrazione entro il 3% del PIL, in modo da rispettare gli impegni presi con il trattato di Maastricht. La recente approvazione da parte del Parlamento della misure di riequilibrio disposte dal Governo alla fine di marzo e' volta ad assicurare il rispetto di tale previsione. Per il triennio 1998-2000 l'obiettivo che si intende perseguire e' ancora piu' ambizioso. Si tratta di giungere al riequilibrio strutturale dei nostri conti pubblici lungo un percorso che il DPEF indica, per quanto riguarda l'indebitamento netto della P.A., nei seguenti obiettivi: 2,8% del PIL nel 1998, 2,4% nel 1999 e 1,8% nel 2000. Il rispetto del piano di stabilizzazione, proposto dal Governo con il DPEF, prevede che lo sforzo piu' consistente debba essere sopportato nel 1998, anche per effetto del venir meno di alcuni interventi di carattere temporaneo adottati nel 1997. Interventi correttivi molto piu' lievi dovranno invece essere apportati nei due anni seguenti. Per il prossimo anno infatti occorrera' adottare una manovra di contenimento di indebitamento della P.A. di 25.000 miliardi (pari all'1,2% del PIL), dei quali 10.000 miliardi attraverso misure di adeguamento delle entrate e 15.000 miliardi di riduzione di spese. Il programma di contenimento delle spese si realizzera' prevalentemente attraverso i seguenti interventi: razionalizzazione delle procedure e del funzionamento delle pubbliche amministrazioni; riordino di trasferimenti alle aziende di servizio pubblico e agli enti esterni al settore statale, avanzamento nel processo di riforma dello stato sociale. Le misure di riordino dello stato sociale si rendono ancor piu' necessarie se si considera che per le spese relative alle prestazioni sociali e' prevista, per il periodo 1997-2000, una crescita media annua in termini reali del 2,99%, contro il 2,04% dalle spese correnti al netto degli interessi. A sua volta, all'interno di tale aggregato, gli oneri per i trattamenti di pensione sono stimati in aumento del 3,6% sempre in termini reali. L'obiettivo che ci si prefigge e' quello di stabilizzare l'incidenza delle prestazioni sociali sul PIL al valore medio del biennio 1996-1997. Lo stato sociale. Il nostro sistema sociale appare oggi inadeguato sia rispetto ai compiti tradizionali di difesa dalla poverta' e dalla disoccupazione che rispetto alle necessita' di promozione del lavoro. Esso richiede inoltre che si proceda piu' speditamente nella razionalizzazione e riorganizzazione del sistema sanitario nazionale e che si rafforzino le condizioni di equita' del sistema previdenziale e della stabilizzazione della sua spesa in rapporto al PIL. Il lavoro e il dibattito di questi mesi seguiti alla pubblicazione del rapporto della Commissione Onofri hanno evidenziato in modo trasparente quanto l'attuale assetto dello stato sociale italiano non garantisca nella giusta misura i giovani disoccupati, le famiglie, gli anziani bisognosi di cure a domicilio, le nuove figure dell'emarginazione. E un sistema nel quale mancano canali chiari ed efficienti di promozione del lavoro. E un sistema squilibrato - per giunta in modo assai confuso e iniquo - verso la tutela della vecchiaia. E un sistema che non e' ancora predisposto per il radicale cambiamento dei trend demografici, della vita lavorativa sempre piu' divisa e frantumata, per i problemi inediti di assistenza sanitaria derivanti dall'allungamento della vita media. La stato sociale che dovremo costruire dovra' pertanto tenere conto in modo visibile proprio di queste necessita': sostegno piu' forte alle famiglie, politiche attive del lavoro - a cominciare dalla formazione - ridefinizione degli ammortizzatori sociali, riequilibrio intergenerazionale - anche in relazione alle regole del sistema pensionistico -, sostenibilita' nel tempo di quest'ultimo. E importante e giusto ricordare come i risparmi sul piano della spesa previdenziale dovranno contribuire fin dal 1998 al complessivo contenimento delle spese correnti. Saranno proprio questi risparmi unicamente alla riduzione della spesa per interessi, derivante dall'adesione alla moneta unica, a consentire il graduale e presente finanziamento delle riforme dell'assistenza, degli ammortizzatori sociali, delle politiche del lavoro che verranno messe in essere. Ammortizzatori sociali. Con l'Accordo per il lavoro del 24 settembre 1996 abbiamo insieme condiviso l'esigenza che una vasta e coordinata azione per favorire l'occupazione non potesse prescindere da un'ampia riforma del mercato del lavoro. Alcuni provvedimenti in tal senso sono stati assunti con il "pacchetto Treu", altri saranno adottati nell'ambito delle deleghe previste dalla legge Bassanini. Il tema del riordino degli ammortizzatori sociali si inquadra in tale logica e diviene parte integrante degli strumenti di promozione dell'occupazione. Si potra' cosi costruire un assetto piu' organico e coordinato delle politiche per il lavoro. Al riguardo dobbiamo porci una serie di obiettivi: qualificare, modernizzare e rendere piu' efficienti gli attuali istituti; raccordare il sistema degli ammortizzatori sociali con gli istituti del sistema previdenziale al fine di evitare di caricare su quest'ultimo l'impropria funzione del sostegno del reddito dei lavoratori adulti espulsi dal ciclo produttivo; affiancare il nuovo sistema degli ammortizzatori sociali al potenziamento delle azioni tese a valorizzare e riqualificare l'offerta di lavoro; non aumentare il costo del lavoro e correlare piu' direttamente agli effettivi utilizzatori l'onere dei differenti istituti. Il nuovo sistema dovra' rivolgersi essenzialmente agli individui che hanno gia' maturato esperienze di lavoro e ai soggetti deboli o svantaggiati, mentre strumenti diversi, non orientati alla garanzia del reddito, dovranno essere previsti per l'inserimento nell'attivita' lavorativa dei giovani ai quali dovranno essere offerte maggiori e piu' diversificate opportunita' d'impiego. Il Governo, nel rispetto delle compatibilita' di finanza pubblica, individua quale possibile modello di razionalizzazione degli attuali strumenti: un primo istituto avente ad oggetto la temporanea contrazione dell'attivita' produttiva dovuta essenzialmente a eventi congiunturali e finalizzato al mantenimento del rapporto di lavoro. Tale strumento dovra' servire a salvaguardare il capitale umano e le professionalita' presenti in azienda. Il modello dovra' essere di tipo assicurativo e l'utilizzo dello strumento sara' limitato nel tempo. In caso di aumento nella durata dell'istituto o di estensione dello stesso a settori che oggi non ne beneficiano si dovra' ricorrere a forme autonome di contribuzione; un sistema di sostegno al reddito, limitato nel tempo, accompagnato da attivita' di gestione delle eccedenze in caso di crisi strutturali o di processi di riorganizzazione di impresa. Nei casi in cui le attivita' di gestione delle eccedenze non diano i risultati attesi, si risolve il rapporto di lavoro e si attiva il trattamento di disoccupazione per un tempo limitato, accompagnato da una intensa attivita' di ricerca di nuova occupazione. Il suo finanziamento puo' essere di tipo assicurativo e di contribuzione diretta da parte delle imprese utilizzatrici; un terzo strumento di assistenza alla disoccupazione di lunga durata sia attraverso forme flessibili di ritiro graduale che attraverso l'ingresso in un circuito di assistenza ai disoccupati. Tale circuito dovra' essere coordinato con i nuovi istituti dell'assistenza (reddito minimo d'inserimento) e la sua attivazione subordinata alle medesime condizioni operative e finanziarie. Ai beneficiari di tale trattamento saranno comunque offerte opportunita' formative di reinserimento parziale o periodico in attivita' di lavoro, all'accettazione di tali offerte sara' subordinato il mantenimento del trattamento. Assistenza. Il sistema assistenziale necessita dei piu' significativi interventi. Delle condizioni finanziarie alle quali e' sottoposta questa riforma abbiamo gia' parlato. La ricomposizione della spesa sociale sottintende anche la liberazione di risorse oggi impegnate nella previdenza e la loro parziale disponibilita' al rafforzamento delle funzioni assistenziali. Ma presupposto indispensabile per una completa riforma e' la capacita' da parte delle amministrazioni pubbliche dell'accertamento dei mezzi economici di cui dispone ciascun cittadino che abbia richiesto le prestazioni assistenziali. Bisognera' poter contare su nuove modalita' di accertamento che tengano conto delle condizioni familiari dell'individuo sia dal punto di vista economico-reddituale e patrimoniale che sotto il profilo della composizione numerica e tipologica (presenza di minori, inabili, anziani). In questa logica la riforma dell'assistenza potra' essere realizzata in due fasi: la prima, orientata a razionalizzare l'impiego delle risorse esistenti, rivedendo con gradualita' gli istituti correnti, ricollocando parte delle risorse verso l'erogazione di servizi alla persona, attivando un sistema di protezione attiva incentrato su interventi flessibili e integrati, riordinando le competenze di governo oggi largamente frammentate. In questa prima fase potranno essere avviati a sperimentazione alcuni istituti innovativi; la seconda, nella quale saranno pienamente impiegate risorse aggiuntive rese disponibili dall'avvenuta stabilizzazione dell'equilibrio di finanza pubblica, dalla stabile riduzione dei tassi d'interesse per effetto dell'ingresso nella moneta unica, dalla riforma del sistema previdenziale e dalla eliminazione delle iniquita' e delle inefficienze del sistema di sicurezza sociale. In tale fase saranno introdotti a regime i nuovi istituti gia' sperimentati nella prima. Il nuovo assetto degli istituti dell'assistenza dovra' essere ispirato ad un maggior decentramento della gestione delle funzioni in modo coordinato con l'attuazione della nuova disciplina sull'autonomia impositiva delle regioni e degli enti locali. A tal fine il Governo prevede l'istituzione di un fondo sociale nazionale coordinato dal Ministero per gli affari sociali, le cui funzioni saranno adeguate a tali nuovi compiti nell'ambito dell'esercizio delle deleghe previste dalla legge 59/97. Al finanziamento del fondo dovranno concorrere i trasferimenti statali provenienti da leggi di intervento sociale e dai fondi inseriti nei capitoli delle differenti amministrazioni per l'intervento sociale: le risorse che si renderanno disponibili per effetto del riordino degli istituti di protezione sociale, nuove risorse che saranno reperite successivamente all'azione di risanamento dei conti pubblici e di riequilibrio degli istituti previdenziali. Per quanto riguarda la riorganizzazione e razionalizzazione degli istituti a favore dei cittadini non autosufficienti si propone l'istituzione di un apposito fondo che dovra' incrementare l'efficacia delle prestazioni di invalidita' ed inabilita' e dovra' essere gestito per allineare i criteri per il riconoscimento dello stato invalidante eliminando le iniquita' e le illegalita'. Ma al centro della riforma del sistema dell'assistenza c'e' la questione delle famiglie. Su questo punto il DPEF e' molto incisivo e indica gia' importanti linee di intervento. In questa sede si vuole ribadire, valutando la modulazione di istituti tra di loro complementari: la necessita' di verificare le disponibilita' finanziarie per il rafforzamento dell'istituto degli assegni familiari; la prospettiva della revisione del trattamento dei carichi familiari a favore delle famiglie con figli nell'ambito della revisione delle aliquote e detrazioni IRPEF; la volonta' di rendere piu' incisivi gli interventi a favore dell'infanzia e dell'adolescenza, l'introduzione dei congedi familiari, misure di sostegno a chi si avvale di lavori di cura a pagamento. La sanita' Il sistema sanitario nazionale deve affrontare il problema cruciale della sua riqualificazione e riorganizzazione al fine di far fronte ad una domanda strutturalmente crescente a causa dell'invecchiamento della popolazione e dell'innovazione delle tecnologie sanitarie in atto, con un volume di risorse disponibili che non potranno crescere piu' del PIL. Il rapporto tra spesa sanitaria (pubblica e privata) e PIL e' sostanzialmente in linea con quello dei paesi europei ad analogo livello di sviluppo; nonostante cio' nel corso degli ultimi anni si e' assistito ad una riduzione consistente della quota di risorse nazionali destinate alla sanita' pubblica: dal 6,6 % del PIL nel 1991 al 5,4 % nel 1996. Ne consegue che l'incidenza della spesa sanitaria pubblica rispetto al PIL e' inferiore alla media europea. Pertanto l'azione dovra' concentrarsi soprattutto sul miglioramento della qualita' dei servizi e sul controllo dei costi. D'altra parte, nella sanita' italiana e' in atto un processo di riforma, avviato con i decreti legislativi del 1992 e del 1993, che sta dando risultati da non sottovalutare: la spesa e' stata tenuta sotto controllo senza compromettere la qualita' complessiva dei servizi, pur permanendo degli squilibri regionali. Si tratta di una conferma della validita' dei criteri e dei principi a cui risponde il Servizio sanitario nazionale. La riforma va quindi completata, con i necessari correttivi, ma senza stravolgerne l'impianto generale. Si tratta di agire in piu' direzioni: migliorando la domanda, qualificando l'offerta, riorganizzando la gestione del sistema, individuando nuovi meccanismi di finanziamento, ridefinendo gli attuali equilibri istituzionali. Obiettivi di efficienza e di equita' distributiva richiedono di affrontare in modo piu' esplicito il tema delle priorita' di intervento all'interno del Servizio sanitario nazionale. Si trattera' percio' di rendere piu' efficace la individuazione di standard essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale; di passare da una valutazione basata sul volume delle prestazioni ad una incentrata sulla loro qualita' ed appropriatezza; di ridimensionare l'offerta ospedaliera a vantaggio di settori quali la riabilitazione, la lungodegenza, l'assistenza territoriale. Il pareggio dei bilanci aziendali dovra' avvenire senza compromettere qualita' ed efficacia delle prestazioni. Anche per questo, appare opportuno dotare le aziende di strumenti privatistici di gestione, correggendo le rigidita' del sistema in funzione di un'effettiva riduzione degli sprechi e delle inefficienze. E necessario perfezionare il sistema di pagamento a prestazione che nei suoi attuali meccanismi concorre troppo spesso a moltiplicazione delle prestazioni e, quindi, dei costi. Si dovra' anche ipotizzare un vincolo di bilancio per i vari centri di costo, vincolo funzionale alla appropriatezza delle prestazioni. Alla razionalizzazione della gestione aziendale dovrebbe contribuire anche la necessaria revisione delle piante organiche e un riequilibrio nella distribuzione e l'utilizzo delle professionalita' oggi operanti. Occorre governare il passaggio dall'attuale sistema contributivo alla fiscalita' generale. Appare quindi necessario proseguire il processo di attuazione della normativa in materia di autofinanziamento delle regioni. Cio' potra' realizzarsi con l'effettiva assegnazione del potere di stabilire un uso piu' generale della compartecipazione alla spesa, da effettuarsi in relazione alla qualita' dei servizi erogati e alla necessita' di rendere invalicabili i vincoli posti dall'assegnazione di fondi dal bilancio dello Stato, in modo da evitare il formarsi di disavanzi sommersi da ripianare a posteriori. Al tempo stesso, e in funzione dell'individuazione dei livelli uniformi, efficaci e appropriati di prestazioni, potrebbe essere rivisto il sistema della compartecipazione lungo tutto l'arco dell'assistenza. Cosi come andra' riformato l'attuale sistema di esenzioni, fissando criteri di maggiore equita' distributiva. Il fattore eta' va corretto con una attenta valutazione della capacita' di reddito del nucleo familiare dell'assistito: si trattera' di introdurre un sistema di sostegno per le nuove fasce deboli accanto a quello di una effettiva protezione delle patologie a piu' alto impatto sociale. Anche da parte delle regioni si fa strada la consapevolezza di una modifica dei decreti legislativi del 1992 e del 1993. Si tratta di adeguare l'attuale normativa anche alla luce delle esperienze di questi ultimi anni. Occorre rivedere gli attuali equilibri istituzionali. Manca il necessario raccordo con il sistema delle Autonomie locali, che devono contare di piu' mentre per Regioni e Ministeri, ad una maggiore autonomia delle prime, deve corrispondere un piu' stringente esercizio del controllo e della programmazione nazionale da parte del secondo. Sistema Previdenziale La spesa pensionistica e' rapidamente cresciuta in termini di PIL nei Paesi dell'UE negli ultimi quindici anni. Questa dinamica della spesa e' vista con preoccupazione in tutti i Paesi.. Se fosse lasciata a se stessa, nell'arco dei prossimi 10/15 anni, questa dinamica porterebbe a disavanzi nelle gestioni dei fondi pensionistici pubblici; tali disavanzi costringerebbero ad aumentare le aliquote contributive sia sul lavoro dipendente che autonomo, riducendo cosi le potenzialita' di lavoro per le generazioni piu' giovani e mettendo, allo stesso tempo, a repentaglio le promesse pensionistiche fatte alle generazioni anziane. Il nostro Paese, in particolare, ha manifestato, unitamente ad un forte sbilanciamento della spesa sociale a favore della spesa pensionistica, una crescita della medesima tra le piu' accentuate. E per questa ragione che uno degli obiettivi prioritari della riforma del 1995 e', come recita la legge stessa, "la stabilizzazione della spesa pensionistica nel rapporto con il PIL". L'accordo concluso due anni fa tra il Governo Dini e le parti sociali per una trasformazione del sistema pensionistico italiano costituisce una importante correzione delle tendenze di lungo periodo che altri Paesi non hanno ancora effettuato. Attraverso questa trasformazione, alle generazioni che hanno cominciato a lavorare in questi anni vengono formulate promesse pensionistiche maggiormente sostenibili, anche alla luce della transizione demografica che ci portera' dalla situazione attuale in cui per un anziano ci sono 4 potenziali lavoratori a quella, tra cinquant'anni, in cui per due anziani ci saranno 3 potenziali lavoratori. Rimane pero' una rilevante anomalia nel nostro sistema pensionistico. Le nostre gestioni dei principali fondi pensionistici pubblici, anche se accuratamente ripulite dagli oneri delle prestazioni di natura assistenziale, sono gia' in disavanzo, pur in corrispondenza della situazione favorevole di questi anni, in cui le generazioni piu' numerose, nate nel seconda dopoguerra, sono ancora al lavoro e la platea dei pensionati e' ancora relativamente ristretta. Il peggioramento dei conti previdenziali prosegue man mano che generazioni sempre piu' numerose e con carriere lavorative piene si avvieranno alla pensione. In particolare, questo fenomeno trova gia' riscontro nel periodo 1997/2000 quando la spesa pensionistica, in assenza di interventi correttivi, crescera' di circa 1,5 punti annui percentuali in piu' rispetto al previsto aumento in termini reali del PIL. Da un altro punto di vista il DPEF attualmente in discussione in Parlamento, stima che nel corso del quadriennio menzionato il rapporto spesa pensionistica/PIL si scosti di circa 0.5 punti percentuali dal livello medio del biennio 1996/'97. In presenza di tale scostamento e' urgente quindi approntare strumenti di controllo della spesa pensionistica per i prossimi 10/15 anni. Cio' richiede di verificare la opportunita' di accelerazione della andata a regime del metodo di calcolo contributivo delle pensioni. Dovremo, in altre parole, verificare se il Paese puo' permettersi di mantenere ancora cosi a lungo un metodo di calcolo che garantisce prestazioni pensionistiche indipendentemente da quanto e' stato contribuito. Cio' richiede di verificare se le condizioni di accesso alla pensione di anzianita' e/o il suo metodo di calcolo siano appropriati. Ma, proprio in questa fase di rapido mutamento delle condizioni di lavoro e delle opportunita' che la crescita economica presentera', appare utile disporre di uno strumento di flessibilita' che consenta, per chi lo desiderasse, un passaggio graduale tra vita lavorativa e pensionamento passaggio che potra' contemperare fasi di cumulo tra pensione anticipata, adeguatamente ricalcolata, e lavoro a tempo parziale. Perche' questo strumento di flessibilita' e opportunita' sia finanziariamente compatibile, dobbiamo riportarlo al rispetto dei principi di equivalenza attuariale. Infine, ma non da ultimo, si dovra' verificare se il paese puo' ancora permettersi trattamenti pensionistici che garantiscano prestazioni e rendimenti molto diversi tra i pensionati. In questo ambito la verifica dovra' prendere in considerazione la possibilita' che si metta in atto un processo di tendenziale unificazione dei regimi pensionistici. In ogni caso, la verifica dovra' coinvolgere anche le misure volte a favorire lo sviluppo della previdenza complementare nel settore privato e la ricerca di strumenti finanziari idonei ad agevolare la formazione dei fondi complementari anche per i dipendenti pubblici. Non dimenticando l'assoluta necessita' di rafforzare gli strumenti di contrasto dell'evasione contributiva e di miglioramento degli standard di efficienza degli Enti previdenziali. Giunti a questo punto della verifica, sara' legittimo porsi il quesito se agli attuali pensionati di piu' giovane eta' o di piu' alta rendita, i quali stanno godendo di promesse che per gli altri invece saranno riviste, potrebbe essere chiesto di condividere l'onere dell'aggiustamento in corso per salvare le opportunita' di lavoro e di progresso per le generazioni piu' giovani. Metodo Sulla base delle linee sopra indicate il confronto con le parti sociali entrera' nel vivo sin dai prossimi giorni. Non sfugge a nessuno l'esigenza di rendere operativi i principali strumenti di intervento sin dall'avvio del prossimo esercizio finanziario. In autunno l'opinione pubblica nazionale e internazionale e i mercati finanziari ci giudicheranno sulla base di quanto saremo riusciti a realizzare. Il tempo e' sufficiente per approfondire tutte le questioni fra di noi e per verificare nel Paese la sussistenza del necessario consenso sulle misure che avremo individuato. Nei prossimi giorni la Presidenza del Consiglio stabilira' gli ulteriori incontri e le relative modalita'. E comunque opportuno sin d'ora programmare un primo incontro formale di verifica e di coordinamento tra i vari temi in tempi brevi. Tale incontro servira' anche a fare il punto della situazione e a definire con maggior precisione le modalita' di raccordo con i tempi di approvazione dei provvedimenti di bilancio.