RIFORMA DELLO STATO SOCIALE
 
LA SANITA'
IDEE E PROPOSTE PER L'AFFERMAZIONE DI UN DIRITTO UNIVERSALE
 
ALTERNATIVA SINDACALE
area programmatica della CGIL
 
Giugno 1997
 

 

 

Premessa.

 

 

Questo documento è stato predisposto sulla base del lavoro svolto dal gruppo di lavoro tematico dell'area programmatica di Alternativa Sindacale nazionale, coordinato dal compagno Enzo Sobrino del direttivo nazionale. Per questo lavoro ci si è anche avvalsi degli atti del Convegno "Servizi pubblici: chi paga, chi utilizza, chi gestisce" tenutosi a Roma il 15 marzo u.s.

Questo opuscolo si prefigge di offrire una base di discussione e avanzare proposte per contribuire al dibattito avviato all'interno della CGIL per affrontare i temi che riguardano lo Stato Sociale, con la consapevolezza che occorrerà sviluppare iniziative tra i lavoratori e le lavoratrici e più in generale nella società per costruire una possibilità di resistenza, ridefinire i caratteri dello stato sociale quale sistema attraverso cui garantire la sicurezza sociale, porre un argine all'accumulazione capitalista e allo sviluppo del libero mercato, per affermare politiche solidali, di giustizia e promozione sociale.

Filo conduttore della nostra proposta è quello di opporsi al tentativo di trasformare anche la salute in merce, e quindi di combattere un sistema che vede i centri regolatori del sistema sanitario solo guidati da parametri economici.

Come Alternativa Sindacale abbiamo però la presunzione di voler affrontare, a partire dall'ottica sopra esposta, anche la fase contingente, che, come si diceva, ci pone in una situazione di resistenza, avanzando anche proposte che vadano nell'immediato a difesa delle condizione di vita della popolazione.

Ovviamente questo lavoro si inserisce nell'analisi più complessiva sulla riforma dello Stato Sociale che come Alternativa Sindacale abbiamo da tempo avviato, e quindi si va ad aggiungere al materiale già prodotto sul Sistema previdenziale, ed a quella sulla Riforma del Sistema Scolastico proposto dal Ministro Berlinguer.

Un ringraziamento per il contributo datoci anche ai compagni (nonché dottori) Mario Rastrelli, Direttore Sanitario dell' Ospedale di Garbagnate e Gaetano Carobella, Direttore Sanitario dell'Ospedale di Casalmaggiore

 

 

 

Alternativa Sindacale

 

 

 

ALCUNE CONSIDERAZIONI GENERALI

 

 

Crisi del modello sociale ed economico.

Gli avvenimenti che tutti possiamo vedere, i continui tentativi da parte delle forze di destra e di parte della stessa compagine governativa, del Fondo Monetario Internazionale (FMI) che, per rispettare i parametri economici di Maastricht, chiede alle autorità di Governo di tagliare per ulteriori 14.000 Mld la spesa per sanità e previdenza, sono a testimoniare l'epilogo di un sistema di potere che ha caratterizzato i rapporti economici, sociali e culturali dal dopoguerra ad oggi deflagrato con la crisi della classe dirigente con Tangentopoli.

Assistiamo al compimento della crisi del patto sociale basato sul compromesso corporativo e assistenziale.

Quel modello di patto sociale è andato in crisi e oggi siamo al compimento della politica condotta negli anni '80 caratterizzata dall'esaltazione del liberismo economico, dalle riforme istituzionali in senso autoritario, assoggettando i sistemi di protezione sociale alle regole del mercato con l'obiettivo di favorire l'accumulazione capitalista, gli investimenti produttivi e la riduzione del deficit pubblico attraverso la drastica contrazione della spesa sociale.

La spesa sociale viene strumentalmente indicata come dissipatoria e di ostacolo agli investimenti produttivi, determinando così un decisivo arretramento dell'intervento dello Stato sia a tutela dei fondamentali diritti sociali che in settori strategici dell'economia del Paese. Ma le vere ragioni di questo attacco alla sanità pubblica, come vedremo, sono da ricercare negli interessi del capitale finanziario.

Quindi il mercato e i sui valori sconfinano dalla sfera della produzione di merci e dell'impresa per pervadere tutta la sfera della riproduzione sociale. La strategia economica del grande capitale internazionale richiede, come elemento indispensabile, di imporre il proprio dominio sulla condizione umana, sulle relazioni sociali e sui diritti collettivi.

Lo Stato sottoposto agli effetti del mercato e dei suoi valori arretra sempre più sul versante della protezione sociale e dalla funzione di regolatore del sistema delle garanzie, escludendo dai diritti di cittadinanza sociale milioni di persone.

In questo processo il sostegno all'impresa è centrale, così come il rilancio del processo di accumulazione capitalista.

Non essendo il lavoro tra le centralità di questa strategia, gli interventi per sostenere l'occupazione divengono nella finanza pubblica voci "assistenziali" attraverso le fiscalizzazioni degli oneri sociali a favore delle imprese o attraverso interventi straordinari (prepensionamenti, ecc.). In questo modo si attacca la spesa per lo stato sociale, aumentando le uscite "improprie". Sul versante delle entrate, invece, non si affrontano i nodi strutturali del debito pubblico (sempre più debito per interessi) e dell'ingente evasione fiscale e contributiva. In realtà le imprese hanno contribuito ad alimentare il debito pubblico e gli oneri finanziari a carico dello Stato per finanziare le proprie ristrutturazioni (trasformando il loro surplus in titoli pubblici, non pagando tasse e ottenendo cospicui interessi).

Crisi del Welfare State vuol dire essenzialmente crisi della funzione redistributiva e crisi fiscale dello Stato.

Si ripropone dunque la crisi del sistema fiscale dello Stato che rappresenta lo strumento di dominio politico e sociale degli interessi corporativi e dell'impresa che distrugge il tessuto solidaristico delle strutture sociali. Per questa ragione non è possibile affrontare la riforma del Welfare se contemporaneamente non si affronta il nodo dell'evasione fiscale e contributiva che ormai ha raggiunto più di 250.000 Mld, dimensioni tali da far saltare il patto sociale che regola il funzionamento dello Stato e delle sue istituzioni.

Crisi fiscale che è foriera di profonde ingiustizie sociali verso il lavoro dipendente, mentre rappresenta un enorme beneficio per la rendita finanziaria e speculativa. Quindi una scelta di classe nella redistribuzione della ricchezza.

Infatti i lavoratori dipendenti, che per l'80% sono sotto il reddito di 2 milioni al mese e che in questi ultimi anni sono stati i più penalizzati con il blocco dei salari al valore dell'inflazione e con la riduzione della protezione sociale, pagano il 75% dell'IRPEF, l'impresa il 6,7%, il lavoro autonomo il 6,2% e il capitale lo 0,85%.

Con le profonde trasformazioni sociali ed economiche in atto e il prossimo ingresso in Europa Si impone la definizione di quali sono le centralità dell'Europa che andiamo a costruire.

Non è più possibile lasciare, come è stato fino ad oggi, il controllo della spesa statuale alla Banca Centrale Europea sganciata da qualsiasi politica sociale e per il lavoro, perché ciò comporterà inevitabilmente l'aumento delle disuguaglianze sociali, nuove povertà e maggiore disoccupazione.

Pertanto le grandi trasformazioni economiche e sociali che stanno accompagnando questa transizione di modello sociale e di sviluppo, domandano una nuova teoria politica di critica a questa società mercantile che contrapponga una proposta di società alternativa fondata sui valori di redistribuzione del lavoro, della ricchezza e di rafforzamento dei diritti di cittadinanza.

 

Rottura del Patto Costituzionale.

Questo lungo processo economico e sociale è accompagnato dalle riforme istituzionali in senso autoritario, affinché i sistemi sociali e le grandi organizzazioni della rappresentanza sociale e politica vengano messe a regime con la necessità di governare queste ingenti trasformazioni sociali ed economiche.

Se è vero che la nostra Costituzione dà corpo a una forma di Stato sociale con l'introduzione del concetto dei diritti sociali (lavoro, salute, istruzione, ecc.), con l'arretramento dello Stato a tutela dei fondamentali diritti sociali si opera di fatto una vera e propria rottura del Patto Costituzionale nei punti cardine della legislazione sociale a presidio dei diritti di cittadinanza sociale. La crisi della previdenza e della sanità, che rappresentano anche la forma giuridica dello stato sociale e dei diritti costituzionalmente tutelati, è anche, nella sostanza, una crisi dello Stato di diritto e del decentramento politico amministrativo delle Autonomie Locali verso una democrazia autoritaria.

Questa scelta porta con sé un pericolo immane: la dissolvenza dei fondamenti della vita sociale e della convivenza civile, dei valori di solidarietà per affermare il libero mercato e i sui valori fondati sull'egoismo corporativo, l'individualismo e il soddisfacimento mercantile dei bisogni sociali con l'imbarbarimento dei rapporti sociali e la rottura del patto di solidarietà generazionale.

In questo contesto, al di là della volontà del suo Presidente, la Bicamerale può rappresentare la via attraverso cui modificare nei fatti anche la prima parte della Costituzione.

 

J-J-J-J-J-J

 

 

LA POLITICA DELLA SALUTE IN ITALIA

 

Rapporto tra salute e condizione sociale.

L'economia applicata alla sanità è cosa estremamente diversa dall'economia applicata al sistema industriale, in quanto si interviene sull'uomo, le sue aspettative di vita, le condizioni ambientali, ecc.; pertanto nell'affrontare politiche di riforma dello stato sociale e della sanità non si può prescindere dal modello di sviluppo della società, dal suo sistema socio-economico e produttivo.

Il rapporto tra salute e condizione sociale è intimamente connesso alla qualità e all'incisività delle politiche economiche e sociali di questo ultimo quindicennio che hanno portato a modificare il modello produttivo e della società con:

  il superamento del modello produttivo industriale taylorista e fordista con l'esplosione della "disoccupazione tecnologica", che ha rotto il rapporto fra crescita e occupazione, dove gli aumenti di produttività si traducono in espulsione di lavoratori dal mercato del lavoro, in aumento di forme di lavoro precario, lavori atipici e lavoro autonomo;

  fattori demografici, stili di vita e condizioni igienico sanitarie che hanno portato al declino della mortalità, l'aumento della vita e l'invecchiamento della popolazione;

  la mutata composizione e ruolo della famiglia, nuclei familiari ridotti, aumentano i singles e sempre più cambia il ruolo del capofamiglia, non sempre il titolare del reddito da lavoro riesce a garantire anche ai propri familiari determinati livelli di protezione sociale;

  evoluzione degli atteggiamenti individuali (l'attenzione ai problemi della salute e la domanda di prestazioni sanitarie tendono a far crescere la spesa sanitaria vitale) e dei rapporti fra le generazioni, dall'istruzione alla cultura della popolazione;

  il quadro epidemiologico dominato dallo sviluppo delle malattie croniche e degenerative (patologie cardiovascolari, tumori, trasmissibili e infettive come l'AIDS, ecc.), aumento dei disagi per patologie sociali dello sviluppo.

  la qualità dell'ambiente con il crescere delle patologie dovute a questo modello di sviluppo ;

  l'evoluzione delle conoscenze medico scientifiche ;

  le condizioni di lavoro, ogni giorno ci sono 4 morti e 140 invalidi, in 40.000 ogni anno contraggono malattie professionali. La mancanza di sicurezza sul lavoro oltre agli immani costi sociali, determina un danno economico pari a 55.000 Mld ogni anno. In questa direzione il costo degli infortuni sul lavoro dovrebbe gravare sulle imprese e non sulla spesa sociale;

  le condizioni di reddito e sociali, il 12% della popolazione si trova nella soglia di povertà.

In Lombardia per esempio la salute è scarsa in quanto la vita media è di 72 anni (lievemente inferiore alla vita media nazionale), aumenta la mortalità fra i giovani per AIDS.

In testa alle cause di morte vi sono le malattie cardiovascolari, infarti, ischemie, ecc., con 366 morti su 100.000 abitanti ; mentre per tumore (seconda causa di morte) ci sono stati 302 morti su 100.000 abitanti.

A Milano (come descritto nel libro bianco sulla povertà) ci sono 300.000 persone che vivono con 800.000 lire pro capite, 30.000 nuclei familiari con un reddito mensile pro capite sotto le 600.000 lire, e questo a dimostrare che anche in questa metropoli l'area della povertà e del disagio sociale è ampia.

Tutti questi elementi di sviluppo e di modificazione della società hanno portato ad una evoluzione in generale dei sistemi socio sanitari che costano sempre di più.

Pertanto di fronte alle imponenti trasformazioni del tessuto produttivo e delle relazioni sociali c'è la necessità di connettere la riforma dello stato sociale e della sanità ad un nuovo modello di società, alla qualità del suo sviluppo e dell'ambiente, nella consapevolezza che siamo sempre più di fronte all'insorgere di malattie antropiche (relative all'uomo), dovute alle condizioni di vita e alle relazioni sociali. Ed insieme a questo riqualificare l'offerta del SSN per realizzare, come già detto, una maggiore corrispondenza tra prestazione e spesa, e riorganizzare la domanda attraverso un ruolo forte delle Autonomie locali e del Sindaco ed un ruolo partecipato (non solo il formale diritto di contestare) nell'ambito dell'organismo di gestione del Distretto socio sanitario.

 

Riforma sanitaria e diritti di cittadinanza.

La legge di riforma sanitaria (legge n. 833 del '78), insieme alle altre due fondamentali leggi sociali promulgate dal Parlamento sulla psichiatria (legge 180) e sulla maternità libera e consapevole (legge 194) furono il frutto di un decennio di lotte del movimento dei lavoratori, di tecnici e intellettuali, del mondo della scienza, per il diritto alla salute.

La legge 833 ispirata a principi solidaristici ed universali, che riconosceva la salute quale diritto per tutti i cittadini, l'integrità della persona attraverso l'integrazione degli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione, pur essendo stata applicata molto parzialmente, ha comunque dato risultati estremamente positivi, se raffrontiamo il sistema sanitario ed il livello di salute della popolazione prima e dopo la riforma stessa. Purtroppo, i governi che si sono sin qui succeduti invece di mantenere fermi i principi innovatori della riforma, correggendo gli errori di organizzazione, hanno fatto di tutto per affossarla.

Con il dlgs "De Lorenzo" n. 502/92 si sono trasformate le USL e gli Ospedali in aziende, non solo come modello organizzativo, ma introducendo una filosofia di gestione del "sistema sanità" mutuata dal modello privatistico americano: un modello fallito e foriero di immani ingiustizie sociali e contro il quale il Presidente Clinton vinse le elezioni.

Occorre ricordare che il dlgs. 502/92 non nasce da una legge di riordino del Servizio Sanitario Nazionale ma da una legge finanziaria, e di questo interesse originario, di vincolare il Fondo sanitario alla politica del Ministero del Tesoro di contenimento della spesa, è permeata tutta la legge.

L'offensiva neoliberista delle destre nel tentativo di smantellare lo stato sociale e di avviare il processo di aziendalizzazione delle USL e degli ospedali, ha trovato anche consensi tra gli utenti a fronte di una crisi evidente nel rapporto tra sanità pubblica e cittadini, dovuta all'inadeguatezza dei suoi servizi preposti alla tutela della salute e alla promozione del benessere, scarsa efficienza, pratiche burocratiche, liste d'attesa, ticket, un'organizzazione dei servizi autoreferenziale che subordina i cittadini ai propri ritmi, alle proprie esigenze, senza attenzione per l'informazione, le relazioni interpersonali, al comfort alberghiero. Vedremo però più avanti come il malcontento sia molto più amplificato dai mass media di quanto lo sia realmente, con lo scopo di screditare il servizio pubblico a favore delle privatizzazioni.

A tutto questo si sono aggiunti la malagestione e gli scandali nell'intreccio tra affari e gestione politica.

In questo quadro si è imposta l'ideologia forte del modello produttivo dell'impresa mentre la sinistra si è confinata dentro l'orizzonte della mera regolamentazione del liberismo, nel difficile tentativo di coniugare gli interessi dello stesso (la finanzializzazione della spesa sanitaria) con il modello di un S.S. pubblico efficiente ed efficace. In questo anche le responsabilità del Sindacato sono pesanti.

Il ruolo subalterno del sindacato confederale e della sinistra nelle sue rappresentanze maggioritarie nei confronti del modello aziendalistico resta la questione di fondo a cui non è possibile rispondere solo con argomenti ideologici, ma è necessario dotarsi di una politica, idee e nuove vie.

La sinistra e il sindacato con le proprie idee, i propri valori, con le proprie proposte devono influenzare maggiormente i comportamenti sociali (il consumismo, l'individualismo e la competizione), altrimenti se non vi sarà un sussulto delle coscienze degli offesi, un'iniziativa di massa tra i lavoratori e nella società da parte delle forze sociali e della sinistra politica, la sanità pubblica (così come la previdenza), diventerà sempre più la sanità dei poveri, sempre più povera perché sempre meno finanziata e il diritto alla salute sarà garantito (forse) a chi avrà una propria assicurazione privata.

Pertanto il primo obiettivo da perseguire è quello di una modifica dei decreti legislativi n. 502/92 e 517/93 per:

. la difesa del sistema universalistico del diritto alla salute attraverso la definizione degli strumenti di programmazione dei bisogni di salute;

. la ridefinizione dei criteri di determinazione del fondo sanitario nazionale (F.S.N.) e del suo finanziamento;

. la modifica della natura e l'assetto istituzionale delle USL e degli Ospedali in quanto amministrano diritti di cittadinanza (garantendo la territorialità delle USL, l'integrazione fra USL e Ospedale, escludendo l'ampliamento dei criteri di scorporo degli ospedali dalle USL, integrazione fra prevenzione, cura e riabilitazione a livello distrettuale);

. la definizione del rapporto tra sanità pubblica e privata, affermando il principio di sussidiarietà della sanità privata rispetto a quella pubblica;

· la definizione del ruolo complementare del privato sociale (no profit) nella gestione di attività e servizi;

· la ridefinizione del ruolo e delle funzioni nel rapporto tra Stato e Regioni (al ministero della sanità affidamento di compiti generali d'indirizzo - autority -), la funzione e il potere delle Autonomie Locali nel rapporto con le aziende USSL e ospedali;

· la modalità di rappresentanza e di partecipazione con poteri reali dei cittadini nell'organo tecnico di gestione del Distretto sanitario;

· la definizione delle modalità e dei criteri attraverso il CCNL, per definire forme d'integrazione per la copertura delle prestazioni non garantite dal SSN.

 

J-J-J-J-J-J

 

LA SPESA SANITARIA.

 

Premessa generale

Quando ci addentra nelle cifre della spesa sanitaria, trovare nelle diverse fonti cifre identiche è impresa praticamente impossibile. Per questo lavoro abbiamo quindi utilizzato dati il più omogenei possibili e comunque citandone la fonte. Comunque le lievi discrepanze tra le varie fonti non inficiano il ragionamento che qui vogliamo esporre.

 

I tagli alla sicurezza sociale: un fatto di classe.

La destra, il FMI e parte della compagine governativa attraverso la Commissione Onofri, dicono che la spesa sanitaria nel nostro Paese è elevata e quindi deve essere tagliata benché sia fra le più basse dei paesi industrializzati (in realtà spende poco e male).

 

I dati Europei

L'attuale livello di spesa sociale in rapporto al PIL è inferiore di oltre 3 punti rispetto alla media Europea e inferiore di 5 punti rispetto a Francia e Germania. Nuovi tagli determinerebbero nuove esclusioni sociali e nuove diseguaglianze.

Sulla sanità, come si vede dalla tabella, siamo dopo la Gran Bretagna il paese che spende meno.

 

 

 

 

 

 

Tab. 1

 
 
In % del PIL
Germania
Francia
Italia
G.Bretagna
Media UE
Pensioni di vecchiaia
12,1
12,7
15,4
10,8
11,9
Sanità
8,0
7,7
5,4
5,1
6,5
Pensioni d'invalidità
3,5
2,2
2,2
3,1
2,4
Disoccupazione
2,0
2,0
0,5
1,6
1,9
Formazione
0,8
0,4
0,0
0,3
0,3
Casa
0,2
0,9
0,0
1,8
0,5
Famiglia
2,2
2,4
0,8
2,6
1,8
Maternità
0,2
0,4
0,1
0,3
0,3
Altre
0,0
0,4
0,0
0,4
1,1
Spese Ammin.ve
1,3
1,7
1,3
1,1
1,3
Totale 

spesa sociale

30,3
30,9
25,8
27,3
28,5
nb:

Abbiamo usato questa tabella di fonte CEE per evidenziare un raffronto omogeneo da una fonte autorevole. Però, come vedremo più avanti, i dati relativi all'Italia sono addirittura inferiori a quelli qui riportati

 

 

 

 

 

In allegato riportiamo anche una scheda sintetica esplicativa dei vari sistemi sanitari in Europa.

 

 

La spesa sanitaria in Italia

 

Dal 1992 ad oggi il fondo sanitario rapportato al PIL (Prodotto Interno Lordo) ha subito un brusco rallentamento, riducendosi, come si vede dalla tabella n. 4 riportata più avanti, dal 5.5 % al 4,9 %, cioè di mezzo punto in percentuale.

In valore assoluto questo significa più di 500 miliardi di riduzione della spesa (a ricchezza costante). Va inoltre aggiunto un aumento del gettito contributivo che dal '93 al '96 è stato di 4.292 miliardi, il che dimostra come la spesa sanitaria effettivamente a carico dello Stato, non solo non è aumentata come si vuol far credere, ma anzi è diminuità di quasi 5.000 miliardi che è, in percentuale, quasi il 15% del totale dell'integrazione effettuata con i fondi della fiscalità generale da parte dello Stato a sostegno del Servizio Sanitario Nazionale.

Tale riduzione da sola basterebbe a giustificare l'abolizione di tutti i tickets il cui gettito ammonta a poco più di 5.000 miliardi.

Mentre le campagne di stampa parlavano di "voraggini" nei conti della sanità si accumulava, al contrario, un risparmio di notevoli proporzioni.

Prima di illustrare le cifre, vogliamo fare una precisazione sui dati che utilizzeremo. Infatti molte falsificazioni ruotano su letture strumentali della spesa sanitaria, che vengono attuate comparando cifre non omogenee.

E' bene perciò distinguere la spesa sanitaria nel suo complesso (che analizzeremo) dal fondo sanitario nazionale al quale, materialmente e concretamente, concorre lo Stato con proprie risorse.

Questo è il parametro che dovrebbe essere utilizzato quando si parla di sanità in funzione della finanza pubblica.

Ma occorre una ulteriore specificazione: il fondo è a sua volta composto da due voci, la prima il contributo di malattia pagato da chi lavora, la seconda è appunto l'integrazione dello Stato. Si veda quindi la tabella che segue:

 

 

 

Tab. 2

 
 
 

 

1992
1993
1994
1995
Fondo Sanitario
82.806
82.162
81.710
 
85.418
a) contributi malattia
-
46.192
47.675
48.405
b) integrazioni dello Stato
-
35.970
34.035
37.013
Fonte: anni 92/94 dati dai rendiconti delle USL - dato 95 riparto regionale ministero della Sanità

 

 

Altra cosa ancora è la Spesa Sanitaria complessiva, a cui concorrono in parte altre istituzioni pubbliche, e per la maggior parte cittadini con risorse proprie.

 

Al riguardo è esemplificativa la tabella completa relativa agli anni '92/'96

 

 

 

Tab. 3

 

Spesa ed entrate correnti del Servizio sanitario nazionale e calcolo del disavanzo per il periodo 1992-98 (miliardi di lire). Consuntivo per il periodo 1992-94, stima per l'anno 1995 e proiezioni per gli anni 1996-98

 
 
 
1993
1994
1995
1996
     
SPESA CORRENTE (1+2)  
96.321
95.006
95.176
97.050
100.770
1. Regioni (Az.Usl,Ospedali)  
95.735
94.614
94.776
96.640
100.350
Personale  
38.316
38.775
39.054
39.850
41.500
Beni e servizi  
17.708
17.748
18.642
19.500
20.500
Medicina generale conv.  
5.433 
5.422
5.549
5.640
5.800
Farmaceutiva conv.  
14.209
12.483
11.028
10.600
10.800
Ospedaliera conv.  
9.914
10.207
10.493
10.700
11.050
- Ospedali pubblici  
5.323
5.765
5.898
6.050
6.300
- Case di cura private  
4.102
3.997
4.196
4.250
4.350
- Ricoveri Italia ed estero  
489
445
399
400
400
Specialistica interna  
1.158
1.143
1.096
1.100
1.100
Specialistica esterna  
2.030
1.495
1.375
1.300
1.300
Altre prestazioni sanitarie  
5.173
5.406
5.885
6.200
6.500
Obiettivi di piano  
494
599
597
600
600
Interessi passivi  
1.069
1.115
839
900
900
Compartecipazione sanit.  
231
222
218
250
300
2. Altri Enti  
586
392
400
410
420
Spesa corrente: elaborazione su dati del Ministero della Sanità

 

Sulle pubblicazioni e sulla stampa si trovano spesso cifre abbastanza diverse riferite alla "spesa sanitaria" e alla sua incidenza percentuale sul PIL.

Il calcolo di quanto si spende per la sanità in percentuale al PIL può avere 3 riferimenti diversi.

1) LA SPESA CORRENTE, che contiene tutte le voci di spesa sostenute da tutti i soggetti pubblici, non solo lo Stato

2) IL FONDO SANITARIO, che comprende le risorse ricavate dal contributo per malattia e dalla integrazione dello Stato

3) IL SOLO CONTRIBUTO DELLO STATO,

Vi proponiamo i tre calcoli in riferimento alla percentuale sul PIL

 

 

 

 

 

Tab 4.

 
1992
1993
1994
Spesa corrente
96.321
95.006
95.176
% sul PIL
6,40
6,1
5,7
Fondo Sanitario
82.806
82.162
81.710
% sul PIL
5.5
5.3
4.97
Contributo dello Stato
-
35.970
34.035
% sul PIL
-
2,3
2,07
 

Come si vede la differenza non è poca cosa, trattandosi di migliaia di miliardi.

Molto spesso i dati vengono usati impropriamente a fini strumentali.

 

Ora dalla tab. n. 4 sopra riportatata dovrebbe essere chiaro che il dato più significativo è quanto viene messo a bilancio dallo Stato. La restante parte della spesa è infatti sostenuta da altri soggeti che integrano con proprie risorse.

Per questo i due dati significativi sono quelli riferiti al Fondo Sanitario (che contiene sia il contributo dello Stato sia il gettito contributivo), e al contributo dello Stato ( che rappresentano le risorse che provengono dalla fiscalità generale).

Quest'ultimo dato, che nel 1994 è stato del 2,07 % del PIL, la dice lunga su quanto siano strumentali gli attacchi alla sanità pubblica che adducono come motivazione la non sostenibilità delle risorse economiche richieste da questa voce di bilancio.

 

Il dato che si presenta come il più omogeneo per essere confrontato con gli altri paesi europei è quello del Fondo Sanitario, perchè rappresenta la dimensione reale della voce di bilancio dello Stato relativa alla sanità. Infatti come si è detto gli altri soggetti che concorrono a coprire la spesa corrente hanno una propria autonomia finaziaria, diversa da quella dello Stato (cittadini,Regioni), e che pertanto non incidono di questo.

 

La stessa commissione Onofri utilizza correttamente questo parametro, indicando per il 1995 nel 4,88% del PIL la spesa sanitaria riferita al bilancio dello Stato.

 

 

ENTRATE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

 

Sul versante delle entrate, invece, rispetto al fondo vanno aggiunti i tickets ospedalieri, il contributo delle Regioni a statuto speciale, il disavanzo a carico delle Regioni, ecc., come evidenziato dalla sottostante tabella.

 

Tab. 5

 
 
 

 

1991
1992
1993
1994
1995
1996
Entrate correnti *  
87.156
87.085
87.592
90.896
94.627
Fondo sanitario  
82.806
82162
81.710
85.418
89.167
Contributi di malattia  
-
46.192
47675
48.405
50.484
Integrazione dello Stato  
35.970
34.035
37.013
38.683
di cui:vincolate,contributi,ecc.  
785
583
559
2.227
3.665
Entrate proprie delle USL  
2.382
2.639
3.281
2.318
1.850
Part. Regioni statuto special.  
1.968
2.284
2.601
3.160
3.610
Disavanzo *
43.374
9.165
7.921
7.584
6.154
6.143
Integraz. al disavanzo
39.001
6.130
3.480
3.480
0
0
Disavanzo residuo
6.373
3.035
4.441
4.104
6.154
6.143
 

* Spesa corrente: elaborazione degli Autori su dati dei ministeri della Sanità e del Tesoro. I dati relativi agli anni 1992-94 sono desunti dai rendiconti del Sistema informativo sanitario (Sis).

* Entrate: 1992-1994 dati di rendiconto delle USL. 1995: riparto regionale del ministero della Sanità. 1996: elaborazioni operate in base alle assegnazioni della legge Finanziaria 1996.

* Disavanzo: le integrazioni al disavanzo sono state approvate con legge fino al 1993. In sostanza: il dato "1. Regioni" è la somma di tutte le voci del punto. Mentre ospedaliera convenzionata è la somma delle tre voci sottostanti; per il 1994 è stato valutato un ripiano di dimensione identica al 1993 in quanto la legge finanziaria 1996 ha previsto un accantonamento di 700 miliardi a partire dal 1997 per l’accensione di circa 6.000 miliardi di mutui a valere sia per i ripiani dei debiti USL, sia per gli investimenti di edilizia sanitaria.

Fonte: Asi (1996, n.2)

 

 

Già da questa tabella si evidenzia come il costo del Servizio Sanitario Nazionale sia pesantemente a carico del mondo del lavoro. Ma il tema del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale e dei suoi squilibri lo affronteremo in un capitolo specifico.

 

 

 

 

LA SPESA SANITARIA COMPLESSIVA:

I 36.000 MILIARDI AGGIUNTIVI DELLE FAMIGLIE

 

Il dato relativo alla spesa sanitaria che siamo abituati a considerare è quello relativo alla spesa corrente o al massimo al Fondo Sanitario.

Ma sulla collettività grava un ulteriore costo di circa 36/37 mila miliardi di lire , pari a 641.000 lire procapite. Pertanto la spesa complessiva per prestazioni e prodotti a carattere sanitario si aggira intorno ai 131 mila miliardi.

Secondo un dato fornito dalla Funzione Pubblica CGIL su elaborazione di dati del Ministero della Sanità, la cifra precisa relativa alle spese sostenute direttamente dai cittadini , è di 36.671 Mld, è così composta (fonte Ministero della Sanità. rendiconto 1994):

- 23,6 %per cure in cliniche private

- 34,8 % per farmaci

- 34,5 % per servizi medici

- 6,9 % per materiale terapeutico

 

Di fronte al contributo che i cittadini portano alla spesa sanitaria di 131.000 mld diventano risibili le "invocazioni" ad una ulteriore partecipazione alla spesa da parte della popolazione. Ma vediamo la percentuale di partecipazione alla spesa dello Stato e dei cittadini

Dalla tab n. 5 si evidenzia chiaramente la partecipazione alla spesa per l'anno 1994.

Su 87.592 mld relative alle sole entrate correnti, i dati sono così composti:

 

 

 

Tab. 6
 
 
miliardi
% sul totale
Contributi malattia
47.675
54,43
integrazione dello Stato 
34.035
38,85
Entrate proprie delle USL

(tickets, prestazioni a pagamento)

3281
 
3,74
Contributo Regioni Statuto speciale
2601
2,98
TOTALE
87.592
100
 

Come si vede anche solo nel raffronto con le entrate correnti, il contributo dei lavoratori è consistente, pari al 54,43 %

Se il raffronto lo si effettua solo sul fondo sanitario il dato è ancor più consistente: la percentuale dei contributi malattia è del 58,55 %

Ma il dato diviene ancor più eclatante, se consideriamo la spesa complessiva di 131.151 mld..

che è così composta:

 

 

 

 

Tab. 7

 
 
 
miliardi
% sul totale
Contributi malattia
47.675
36,15
integrazione dello Stato 
34.035
25,81
Entrate proprie delle USL

(tickets, prestazioni a pagamento)

3.281
 
2,49
Contributo Regioni Statuto speciale
2.601
1,94
Ripiano disavanzi
7.584
5,69
Spesa sostenuta dai cittadini
36.671
27,82
TOTALE
131.847
100
 

Come si può vedere tra: contributi di malattia, tickets, e spese sostenute direttamente, i cittadini pagano ben il 66,46 % del totale della spesa sanitaria del nostro paese

 

 

I farmaci

Ma a dimostrazione di quanto la politica dei "tagli" sia di classe e non come si vuol far credere, un fatto ineluttabile, è bene anche effettuare un minimo di analisi anche sulla composizione della spesa.

Nella tabella 8 sotto riportata è analizzabile l'andamento della spesa per i farmaci.

 

Tab 8
 
ANNO
1985
1990
1992
1994
1995
spesa per farmaci
6.940
12.941
13.123
9.772
9.520
Fonte: ISTAT

 

Dall''85 al '92 la spesa ha una escalation, con un vero e proprio raddoppio: da 6.940 miliardi a 13.123 miliardi. E' bene rammentare che questi sono gli anni dell'aumento indiscriminato dei tickets, che penalizzano i cittadini, ma non hanno alcun effetto di deterrenza nel contenimento dell'uso dei farmaci, al contrario di quanto si suppone generalmente.

Dal '92 al '95 abbiamo un vero e proprio crollo: dai 13.123 miliardi del 1992 si arriva nel '95 a 9.520 miliardi (-3.603 mld). Su questo dato ha certamente pesato l'introduzione del nuovo prontuario farmaceutico e la politica della CUF (Commissione Unica del Farmaco).

Ma anche qui non è oro tutto ciò che luccica. Infatti dai dati Istat (Rapporto sull'Italia 1996) si vede come dall'85 al '91 aumenti fortemente la spesa pubblica mentre rimane invariata la spesa privata per l'acquisto di farmaci; dal '92 ad oggi la spesa privata è cresciuta di ben 22 % rispetto alla spesa totale per l'acquisto dei farmaci. Un aggravio non indifferente nelle tasche dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati.

 

Tab. 9

 

TABELLA CURVA %

 

 

 

 

 

 

 

E' inoltre significativo il cambiamento che si è avuto nel numero di pezzi venduti esenti da tickets e di quelli venduti con tickets.

 

Tab. 10

 
 
 
pezzi venduti esenti da tickets
pezzi venduti con tickets
1992
72.035
1.082.963
1993
74.760
849.008
1994
638.338*
100.681*
i dati sono espressi in migliaia di unità

*dati aggiornati al maggio 94

Fonte: Sifo

 

Questi dati dimostrano che una selezione preventiva dei farmaci fondata sulla qualità ha prodotto due fattori positivi, il contenimento della spesa e l'allargamento dell'area dell'esenzione. Purtroppo, l'ampio uso consumistico e "pubblicitario" del farmaco produce un costo indotto per le famiglie.

 

 

I Tickets

Come si è visto i tickets non sono un deterrente al contenimento della spesa.

Ma quanto incidono i tickets sulla spesa complessiva? Sono realmente così indispensabili per il bilancio dello Stato?

Ora, prima di rispondere a questa domanda, vogliamo evidenziare tre punti riferiti al costo sociale che il ticket porta con sè, che non lo giustificherebbe neppure a fronte di un consistente introito.

Primo il tickets colpisce indistintamente a prescindere dal reddito. Secondo, colpisce nel momento del bisogno, per cui allo stato di malattia si va ad aggiungere un aggravio di spesa, spesso considerevole per un normale budget familiare. Terzo, impone odiosi disagi prodotti dall'iter burocratico per il suo pagamento.

Ma i dati dimostrano che oltre a penalizzare i cittadini, non è neppure un buon affare per lo Stato

 

 

Entrate per tickets farmaceutici

 

Tab. 11

 
 
  1992 1993 1994 1995
tickets 2.833 2.433 1.333 1.522
in miliardi di lire

fonte: Farmindustria

 

In totale nel 1994 le entrate per tickets sono state 5.882 mld, di cui 3.281mld. per prestazioni ambulatoriali, ospedaliere ecc. e 1.333 mld. per i farmaci. In totale il 6,2% della spesa corrente.

Sui farmaci si è già detto. Per i tickets ospedalieri, se analizziamo i costi che i tickets producono con:

a) la defiscalizzazione dei tickets per prestazioni diagnostiche (22%);

b) il costo burocratico-amministrativo per la riscossione e per l'ammistrazione finanziaria (personale, informatizzazione, ecc.);

ci si accorge della scarsa convenienza a perseguire la strada dei tickets, che da un lato sono una delle cause più rilevati del malcontento tra la cittadinanza, e dall'altra incentivano il ricorso alle strutture private, senza essere una quota significativa delle entrate del Servizio Sanitario Nazionale.

Con l'introduzione dell'IREP e di un sistema di controllo per l'appropriatezza degli interventi sugli ordinatori di spesa (medici di base e specialisti) con premi e penalizzazioni, si dovrà prevedere un totale superamento dei tickets quale forma di tassa iniqua e vessatoria sulla malattia.

Da subito comunque, per il periodo di transizione sino alla piena applicazione dell'IREP, si dovrà realizzare un unico ticket per profilo diagnostico e terapeutico.

Ipotozzare quindi l'abolizione dei tickets, recuperando questa quota attraverso un incremento sia dalla fiscalità generale (recuperando evasione contributiva e redistribuendo la ricchezza prodotta), sia nel calcolo delle aliquote dell'IREP è un obiettivo realistico, di largo consenso popolare e di ritrovata fiducia verso il Servizio Sanitario Pubblico.

 

 

 

L'iniquità del sistema di finanziamento della spesa sanitaria:

il sistema contributivo.

 

Come abbiamo visto il sistema di finanziamento del Fondo sanitario Nazionale ha sostanzialmente due grandi voci di entrata: la parte a carico dello Stato (c.a il 47%) determinato sulla base di una quota capitaria pari a 1.532.400 per abitante (stima per il 1996) , e la parte dei contributi di malattia (c.a il 51%) attribuiti alle Regioni. La restante parte sono entrate proprie delle Regioni (c.a il 2%) rappresentate principalmente da tickets, da proventi derivanti da attività a pagamento e da gestioni patrimoniali e finanziarie.

Del Fondo Sanitario Nazionale assegnato per 1995 i contributi per malattia dei lavoratori dipendenti ed autonomi ammontavano a 48.405 Mld.. Mentre per il 1996 i contributi per malattia dovrebbero ammontare a 50.611 Mld rispetto al Fondo assegnato di 86.736 Mld.

 

 

 

Il sistema contributivo

 

L'attuale sistema di finanziamento attraverso i contributi di malattia e imposte è socialmente iniquo e regressivo in quanto grava principalmente sui redditi da lavoro dipendente.

 

Tab. 12
 
 
miliardi
% su spesa tot.
%su malattia
CONTRIBUTI MALATTIA
44.855
47,0
100
- lavoratori dipendenti
38.391
41,4
85,6
- lavoratori autonomi
5.033
5,4
11,2
- pensioni e rendite
1.431
1,5
3,2
 

Come si può vedere dalla tab. n.12 i contributi di malattia versati alle Regioni per l'anno 1994 sono risultati pari a 44.855 mld. La loro composizione è la seguente: 38.391 mld., pari all' 85,6% (e sarebbe ben oltre l’86% se non ci fosse la fiscalizzazione degli oneri sociali) del gettito contributivo proviene dal lavoro dipendente, mentre solo l'11,2 % pari a 5.033 mld. sono versati dal lavoro autonomo. 1.431 mld, pari al 3,2% sono contributi dei pensionati e redditieri (l'ironia di questa voce così aggregata la lasciamo ai lettori). I 14,7 milioni di lavoratori dipendenti che risultano al fisco hanno pagato nel 1994 ciascuno, mediamente, 2,6 milioni di contributi di malattia. I 4,5 milioni di lavoratori autonomi hanno pagato ciascuno, in media, 1,1 milioni di contributi al S.S.N. I 9,5 milioni di pensionati e redditieri hanno pagato ciascuno, in media, 150 mila lire di contributi di malattia.

Oltre a questa evidente diseguaglianza, questo sistema si è caratterizzato in questi anni come una vera e propria "tassa sulla occupazione", in quanto penalizzava l'impresa a maggior tasso di occupati, a prescindere dal profitto realizzato.

Questo sistema così squilibrato ha le sue ragioni nell'attuale sistema contributivo per le seguenti ragioni:

  le norme costitutive del prelievo;

  le modalità del prelievo;

Quest'ultimo è squilibrato dal fatto che, per i lavoratori dipendenti, il prelievo viene effettuato alla fonte, con l'impossibilità quindi di evadere, cosa che invece è possibile per i lavoratori autonomi e per le imprese, dove si stima una evasione contributiva di 40.000 mld.

 

 

Il sistema normativo attuale

 

Il meccanismo contributivo è regressivo, in modo estremamente marcato per il lavoro dipendente, in modo più moderato per gli altri redditi.

Gli scaglioni sono suddivisi in tre fasce: redditi da lavoro dipendente, altri redditi (liberi professionisti, commercianti ecc.), redditi da pensione.

 

Tab. 14

 

Aliquote contributive per il Ssn (1995)
 
 
 

 

Aliquota su reddito fino a 40 milioni (contributo di malattia) Aliquota su reddito tra 40 e 150 milioni (contri-

buto di solidarietò)

Redditi da lavoro dipendente *

di cui:

a carico lavoratore

a carico datore lavoro

10,60%
 
1,00%
9,60%
4,60%
 
0,80%
3,80%
Altri redditi *

(liberi professionisti, commercianti,

artigiani, coltivatori direttivi, mezzadri

e coloni)

 
 
 
6,60%
 
 
 
4,60%
Redditi da pensione *
0,90%
0,40%
 

Per il lavoro dipendente sono tre le aliquote: fino a 40 milioni contribuzione del 10,60% della retribuzione (contributo di malattia), per la parte eccedente, da 40 fino a 150 milioni contribuzione del 4,60% (contributo di solidarietà), per redditi superiori ai 150 milioni esenzione.

Per gli altri redditi (liberi professionisti, ecc.) le aliquote sono: 6,60% fino a 40 milioni, 4,60% fino a 150 milioni, esenzione per redditi superiori.

Per i redditi da pensione le aliquote sono: 0,90% fino a 40 milioni e 0,40% fino a 150 milioni.

Questo sistema, come appare evidente, contraddice l'universalità del diritto alla salute e il principio di solidarietà generale per il finanziamento della spesa in quanto, dal lato della spesa tutti i cittadini hanno diritto alle prestazioni, mentre il suo finanziamento non è a carico dell'intera collettività.

Un ulteriore elemento negativo interno al sistema contributivo, è la temporalità del versamento dei contributi, in quanto il lavoratore dipendente subisce il prelievo alla fonte su base mensile, mentre per il lavoratore autonomo il prelievo è posticipato.

Inoltre i lavoratori dipendenti, nella determinazione del reddito imponibile ai fini della contribuzione, sono sottoposti ad un maggior onere contributivo, se si considera l'evasione fiscale laddove vi sono categorie di lavoro autonomo e liberi professionisti che denunciano un reddito ai fini fiscali inferiori al lavoro dipendente.

Risulta ancora una volta evidente come in questo paese il potere politico abbia tutelato in maniera smaccata il blocco sociale da cui traeva il consenso elettorale. Così come per le pensioni anche per la sanità, al lavoro dipendente è toccato sostenere lo Stato Sociale, mentre il lavoro autonomo e il capitale finanziario hanno potuto usufruire, di fatto, di un sostegno alreddito ed al profitto dai settori più deboli.

Risulta da ciò come siano perdenti le politiche anche sindacali, che hanno teso a rappresentare una unicità di interessi. Ciò ha prodotto, come si è visto una politica dei redditi, anche attraverso il salario sociale, di redistribuzione della ricchezza dal lavoro dipendente al lavoro autonomo.

Da questa analisi storica ne dovrebbe conseguire chiaramente come il sindacato nella discussione sulla riforma del Welfare State, debba partire dalla tutela chiara e definita dei soggetti sociali che rappresenta.

Nessun progetto che voglia risultare vincente da questo scontro/confronto può prescindere da questo.

Affinché si affermino una politica di equità e di giustizia sociale, il principio costituzionale del diritto universale alla salute e contemporaneamente si diano risposte ai mutati bisogni di salute in relazione alle profonde trasformazioni sociali ed economiche in corso, pensiamo sia positivo un sistema che introduca un meccanismo di finanziamento del S.S.N. attraverso forme di prelievo dalla fiscalità generale.

In questo quadro, occorre guardare con attenzione la decisione del Parlamento di sostituire il sistema a prelievo contributivo con la nuova imposta IREP (imposta regionale sulle attività produttive).

 

L'imposta regionale sulle attività produttive (IREP).

Il Governo con un provvedimento collegato alla legge finanziaria 1997 ha ottenuto la delega per introdurre un'imposta regionale che, tra l'altro, è destinata a sostituire integralmente il gettito dei contributi per il Servizio Sanitario Nazionale, chiamata imposta regionale sulle attività produttive (IREP).

La base imponibile dell'IREP sarà costituita dal valore aggiunto della produzione (differenza tra il valore della produzione e quello dei consumi intermedi) con una base imponibile ampia (pari a 1.212.443 miliardi per il 1996), che garantirebbe alle Regioni oltre 12.000 miliardi per ogni punto percentuale di prelievo.

L'aliquota prevista del 4% potrebbe compensare il gettito dei contributi per il finanziamento della sanità. Quindi, l'aliquota dell'IREP dovrà partire da questa base per poi decidere quanto verrà compensato per le altre imposte, come l'ILOR, l'ICIAP, la tassa sulla partita IVA e l'imposta patrimoniale sulle imprese che l'IREP sostituisce.

La novità dell'IREP è rappresentata non solo dal fatto che sarà versata da tutte le imprese sulla base del valore aggiunto prodotto, ma che contribuiranno al gettito della stessa anche le imprese esportatrici, i servizi finanziari ed assicurativi, l'agricoltura, la pubblica amministrazione.

In questo modo il prelievo fiscale non graverà quasi esclusivamente sul lavoro dipendente, ma su tutti i contribuenti con un effetto perequativo.

Ciò nonostante permangono due problemi irrisolti.

Il primo, derivante ancora dall'elevata evasione fiscale di oltre 250.000 mld che influiranno negativamente sull'equità del gettito IREP.

Il secondo è il rischio di una redistribuzione fiscale perversa del prelievo IREP a livello territoriale a seconda delle Regioni, in relazione al loro maggior o minor reddito determinato da un diverso tasso di industrializzazione (dati Commissione Gallo).

 

 

 

Tab. 15

 
 
Aliquote IREP e finanziamento Sanità

 

Regione

 

Gettito

contributi SSN

 

IREP

aliquota 4,1%

 

Differenza

 

Aliquota

di equilibrio

 

Val d 'Aosta

Piemonte

Lombardia

Friuli

Trentino-A. Adige

Veneto

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Marche

Umbria

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Basilicata

Puglia

Calabria

Sicilia

Sardegna

Totale

 
87
3.869
9.363
1.086
742
3.943
1.541
3.786
3.282
1.149
657
4.769
728
169
2.805
297
1.947
980
2.672
983
44.854
 
139
4.518
12.180
1.326
579
5.298
1.519
4.987
3.391
1.166
637
3.626
821
122
1.271
231
1.414
509
1.568
770
46.069
 
52
649
2.818
240
-163
1.355
-22
1.201
109
17
-20
-1.143
93
-47
-1.535
-66
-534
-471
-1.105
-213
1.215
 
2,6
3,6
3,2
3,4
5,4
3,1
4,3
3,2
4,1
4,1
4,3
5,5
3,7
5,8
9,3
5,4
5,8
8,1
7,2
5,4
4,1
Fonte : elaborazione dati Commissione di studio per il decentramento fiscale, 1996

 

 

Quasi tutte le Regioni del nord potrebbero avere un gettito sufficiente a compensare le entrate oggi garantite dai contributi malattia, adottando una aliquota IREP pari a c.a il 3%. Molto diversa la situazione del Mezzogiorno: la Sardegna e la Basilicata dovrebbero applicare una aliquota IREP del 5,4%, la Puglia ed il Molise del 5,8%, la Sicilia del 7,2%, la Calabria dell'8,1%. La Campania, per compensare il venir meno del gettito dei contributi, dovrebbe adottare una aliquota pari al 9,3%, il triplo di quella della Lombardia. Per ovviare a questo inconveniente la delega richiesta nel provvedimento collegato prevede una addizionale IRPEF compresa tra lo 0,5% e l'1%. La distribuzione territoriale degli imponibili IRPEF è infatti più omogenea rispetto a quella del valore aggiunto di impresa e dovrebbe consentire di compensare la sperequazione del tributo IREP.

Ma il condizionale è d'obbligo.

Vista la situazione politica attuale, dove le spinte egoistiche localistiche sono molto forti, occorre che su questo argomento non si faccia nessuna politica dei due tempi. L'avvio dell'IREP, prevista per il 1 gennaio 1998, deve avere preventivamente, ed in maniera molto chiara e precisa, definito questa redistribuzione solidaristica, tra le regioni, del gettito di questa imposta.

Un riflesso invece positivo potrebbe derivare dalla possibilità di utilizzare, con una certa flessibilità nella definizione delle aliquote, questa imposta anche per finanziare direttamente parte dei servizi socio assistenziali che oggi gravano sui Comuni e sui cittadini quali l'area dell'handicap, degli anziani, della lungodegenza e della riabilitazione.

 

 

 

Le proposte di Alternativa Sindacale in merito al finanziamento del SSN

 

Occorre oggi, più di prima, che il sindacato si doti di una politica, proponga obiettivi per riprogettare la società, ricercare alleanze per ricomporre un nuovo blocco sociale per un rinnovato patto di solidarietà sociale per contrastare l'offensiva delle destre e del padronato tese a smantellare il sistema di sicurezza sociale, ridurre la salute a semplice fattore di spesa e, con esso, il patto costituzionale e le regole democratiche della convivenza civile.

La lotta per la sicurezza sociale può rappresentare un vincolo allo strapotere del "libero mercato" ed uno ostacolo all'applicazione dei rigidi parametri di Maastricht, favorendo nel contempo un processo di riunificazione sociale spostando il baricentro sociale dall'impresa e dal profitto alla centralità del lavoro e della condizione umana.

Quindi oggi di fronte alla crisi dell'inadeguatezza del sistema sanitario nazionale, al convivere di disomogeneità dell'offerta, di sacche di inerzia, di obsolescenza, di rigidità burocratica ed incapacità amministrativa verso i nuovi bisogni di salute delle persone si pone il problema di riformare lo stato sociale per allargarne diritti e tutele a partire dall'incremento della spesa sociale al livello degli altri Paesi europei favorendo investimenti per il rilancio della sanità, della sua qualificazione all'interno di un ammodernamento generale della pubblica amministrazione.

Per affermare il sistema universalistico,e contrastare il processo di privatizzazione della sanità, occorre istituzionalizzare un finanziamento del servizio sanitario pubblico che sappia coniugare l'esigenza di rispondere al bisogno - diritto alla salute dei cittadini, con le politiche di bilancio, attraverso una programmazione socio - sanitaria vincolante.

Per questo come Altrenativa Sindacale, proponiamo che il Fondo Sanitario nazionale non sia più vincolato alle esigenze di cassa della legge Finanziaria, ma venga finanziato attraverso la definizione di una percentuale legata al Prodotto Interno Lordo (PIL).

Tale percentuale dovrà scaturire da un Piano Pluriennale di fabbisogno,che dovra essere collegato al Documento di Programmazione Economica e finanziaria (DPEF).

Questa proposta riteniamo abbia il pregio di legare il finanziamento del SSN a due elementi basilari:

 

1) All'andamento della ricchezza prodotta.

troppe volte in questi anni un bene primario come la salute ha visto diminuire le proprie risorse a fronte di un aumento della ricchezza.

Questo metodo per il meccanismo innescato, avrebbe anche l'effetto di controllo della spesa

 

2) L'obbligo di elaborare una programmazione sanitaria.

Ciò non è mai avvenuto in Italia, anche se era indicato nella legge 833/78

Solo attraverso questa programmazione si può dare risposte soddisfacenti al fabbisogno dei cittadini

 

 

 

Nuovo sistema di finanziamento degli Ospedali sulla base dei raggruppamenti omogenei di diagnosi (DRG).

Dopo il dlgs 502/92 del Ministro De Lorenzo modificato con il dlgs 517/93 che ha introdotto l'aziendalizzazione delle USL e degli Ospedali con l'obbligo della parità di bilancio, dal 1 gennaio 1995, tutti gli ospedali pubblici e privati già convenzionati e oggi accreditati con il SSN, per la loro attività sono finanziati in base al numero e alla complessità dei ricoveri effettuati secondo un sistema di tariffe massime decise a livello regionale.

I DRG rappresentano dunque uno strumento di misurazione e controllo dell'attività in regime di ricovero negli ospedali per acuti.

A differenza del precedente sistema di finanziamento delle USL e degli ospedali sulla base della spesa storica laddove non vi era alcun sistema di controllo sulla qualità ed il volume della spesa (la struttura che spendeva meglio e conteneva i costi era penalizzata rispetto a chi sperperava), il rischio per il finanziatore (lo Stato) era elevato, con il sistema di finanziamento a tariffa l'obiettivo dichiarato è quello di tendere ad una maggiore appropriatezza delle prestazioni rivolte al paziente e tendere verso il pareggio fra costi e ricavi.

In realtà si è già potuto evidenziare che i Direttori generali e sanitari delle USL e degli Ospedali hanno perseguito la strada di aumentare i ricavi riducendo i posti letto, le giornate di degenza e aumentando il numero dei ricoveri anche inutili e impropri, non avvedendosi del fatto che, se si aumenta il livello di attività, i costi per i ricoveri superano i ricavi garantiti dalle tariffe, determinando così una perdita.

Se l'attuale sistema di finanziamento a tariffa viene considerato come elemento per la determinazione delle risorse disponibili, invece di uno strumento (seppur criticabile) di misurazione delle prestazioni effettuate, la spesa sanitaria è destinata a dilatarsi per ricoveri e indagini diagnostiche e strumentali impropri o inutili, per il solo fatto che determinano un maggior guadagno per l'azienda e quindi un maggior rimborso dalla Regione.

Basti pensare che da una sintetica analisi dei DRG effettuata sui dati di attività della Regione Lombardia il numero dei ricoveri ha subito un incremento del 6,9% ma non in modo omogeneo, infatti negli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) privati è stato del 31,9% mentre negli altri ospedali del 10%.

La percentuale dei ricoveri di 2/3 giorni (pagati a tariffa piena) è aumentata del 23,4% ma negli IRCCS privati del 170,4% e nelle Case di Cura private del 53,3%.

Peraltro giova ricordare che i bilanci regionali per la sanità sono determinati sulla base della quota capitaria che ne determina il Fondo disponibile quale vincolo di spesa, pertanto, se le USL e gli ospedali dilatano la spesa, la Regione è costretta a diminuire il valore delle tariffe delle singole prestazioni erogate - non garantendo più la copertura economica dei servizi erogati - oppure se si vorranno mantenere gli stessi livelli di prestazioni e servizi a spesa invariata, potranno essere introdotti tickets regionali sulle prestazioni sanitarie fornite, o prefigurare il ricorso alle assicurazioni private per potersi garantire il diritto di essere curati.

Inoltre il finanziamento a tariffa, con l'accreditamento indifferenziato di tutte le strutture sanitarie private senza la definizione a livello regionale dei tetti spesa e di attività farà lievitare oltre modo la spesa sanitaria. La Regione Lombardia ad esempio per il 1997 avrà un disavanzo di circa 3.000 miliardi come denunciato dal Presidente dell'ANCI regionale.

A seguito di queste brevi considerazioni i DRG possono essere, con l'introduzione di opportuni correttivi, utili strumenti di valutazione dell'attività e di controllo della spesa solo in presenza di un forte ruolo politico di programmazione e di controllo della Regione e del sistema delle Autonomie locali nei confronti dei Direttori Generali delle USSL e degli ospedali.

Per quanto riguarda il finanziamento per le prestazioni effettuate (DRG) occorre introdurre un meccanismo sulla base del modello CUF (commissione unica per il farmaco) per la classificazione dei farmaci.

Si tratta quindi di introdurre un meccanismo negoziale per contrattare le tariffe delle prestazioni con un sistema di parametri quali : rilievo sociale della prestazione, appropriatezza, efficacia, qualità della prestazione, tempo di attesa.

Definire un sistema che qualifichi l'intervento e che disincentivi ricoveri, visite, interventi diagnostici di non provata efficacia ed inutili ai fini della promozione della salute, incentivando interventi e prestazioni di provata efficacia e appropriatezza (protocolli diagnostici e terapeutici).

 

 

 

Gli Ospedali : un punto critico nevralgico.

 

Nel nostro Paese la rete ospedaliera pubblica e privata convenzionata (oggi accreditata), è costituita da 1.723 ospedali per un numero complessivo di 363.581 posti letto.

In questo sistema lavorano più di 600.000 dipendenti.

Con il dlgs 502/92 non solo viene modificato il sistema di finanziamento del SSN e avviato il processo di aziendalizzazione delle USL e degli ospedali ma anche fissati i criteri generali per il riordino della rete ospedaliera.

Vengono definiti lo standard medio di 4,5 p.l./1000 ab. (per acuti) e 1,0 p.l./1000 ab. (lungo degenza) stimando un eccesso di c.a 70.000 posti letto rispetto agli standards.

Contemporaneamente viene deciso di chiudere e/o riconvertire in strutture di lungo degenza (RSA) gli ospedali con meno di 120 posti letto, pari a c.a 360 ospedali per un numero complessivo di 26.000 posti letto. Processo rispetto al quale sono coinvolti c.a 40.000 dipendenti.

Nel processo di riordino della rete ospedaliera viene inoltre indicato un indice medio di riferimento pari al 75% del tasso di saturazione dei posti letto, sotto il quale gli stessi devono essere ridotti o convertiti.

Questo dato ha fatto emergere che oggi vi sono 96.000 p.l. sotto il 75% e 16.000 p.l. sotto il 50% pari a 112.000 p.l. sotto occupati.

Inoltre con la legge finanziaria per il 1997, il governo ha introdotto una norma, in continuità con le scelte dei suoi predecessori, per riconvertire in day-hospital e lungo degenza i posti letto ospedalieri che nel 1996 sono stati utilizzati sotto l'indice di saturazione del 75%, per una riduzione prevista pari a 20.800 posti letto e coinvolgendo c.a 36.400 dipendenti con un possibile risparmio pari a 2.200 miliardi.

Se a questi dati si aggiungono i residui 25.000 posti letto degli istituti manicomiali, oggi chiusi, si ha il quadro di quanto rappresenti una vera priorità politica intervenire per riorganizzare la rete ospedaliera pubblica e privata per favorire risposte alternative al ricovero quali l'assistenza domiciliare integrata (ADI), l'ospedalizzazione a domicilio, il day-hospital e day-surgery, le dimissioni protette, altrimenti, a breve termine, il mancato riordino si ripercuoterà unicamente a scapito dei lavoratori in termini di aumento della produttività e dei carichi di lavoro e di disoccupazione ed anche dei pazienti in termini di scadimento della qualità dell'assistenza e dell'intero sistema.

Sempre più urgente si rende necessario un intervento per riorganizzare e riqualificare l'offerta e i più importanti centri di spesa degli ospedali con interventi e ricoveri più appropriati, a tutt'oggi circa il 35% dei ricoveri ospedalieri sono considerati impropri o inutili, una parte consistente delle prestazioni ambulatoriali ed ospedaliere ( visite, esami di laboratorio, radiografie, esami strumentali) hanno esiti di normalità e quindi inutili.

E' necessario impedire che l'inefficienza del sistema non si traduca in un aumento delle prestazioni inutili e in un aumento dei costi per mancato riordino, perché si scaricherebbe tutto sui cittadini in termini di maggiori costi sociali e maggior partecipazione alla spesa ; per questo diviene decisivo introdurre sistemi di gestione orientati al cittadino e capaci di migliorare la qualità dei servizi sanitari.

Dobbiamo superare una gestione di tipo ragionieristico dell'Ospedale (e della USL) che ha come unico fine la parità di bilancio, improntata dalla mancanza di trasparenza degli obiettivi, da una politica del personale caratterizzata dalla logica del comando unilaterale.

 

Occorre fondare un nuovo modello organizzativo sia nelle gestione dei servizi che nel lavoro, attraverso anche una valorizzazione del personale.

 

Per fare ciò occorre :

- mettere al centro dell'azione socio sanitaria, il malato nella sua complessità di bisogni,

- definire obiettivi e programmazione del lavoro certi sulla base di dati epidemiologici,

- riqualificare i servizi e integrare le attività in dipartimenti,

- introdurre criteri e metodologie di gestione per passare da un bilancio finanziario ad un sistema di bilancio economico per centri di costo e budget di spesa,

- definire modalità di raggiungimento degli obiettivi attraverso processi e sistemi di programmazione annuali attraverso i quali sia chiaro non solo l'obiettivo ma soprattutto chi e in quale modo deve operare per il suo raggiungimento attraverso una maggiore autonomia e responsabilità dei dirigenti (che devono rispondere del loro operato) e semplificando i meccanismi di controllo regionali.

- valutazione e verifica dei risultati,

Secondo ordine d'intervento riguarda la riorganizzazione del lavoro burocratica e gerarchica che separa ed espropria il lavoro dalla sua funzione sociale.

Un sistema coercitivo della divisione del lavoro che determina perdita di identità e di saperi che dequalifica le competenze professionali e le capacità tecniche dei lavoratori.

Per questa ragione occorre promuovere una nuova razionalità dell'organizzazione del lavoro che sappia ricomporre etica, agire sociale e i bisogni del malato attraverso un ruolo partecipato dei lavoratori che ne sappia valorizzare competenze e professionalità.

 

Un'organizzazione del lavoro integrata per funzioni a livello dipartimentale per organizzare le varianze del sistema, nel soddisfacimento dei bisogni, attraverso la formazione per determinare maggiori occasioni di sviluppo professionale, delle conoscenze e allargamento dei saperi ed una maggior responsabilizzazione dei lavoratori quali soggetti attivi che partecipano all'organizzazione sociale, protagonisti del proprio cambiamento.

 

 

 

 

Rapporto tra SSN pubblico e sanità privata.

 

In questo paragrafo del nostro documento vogliamo affrontare il problema del "privato convenzionato", cioè di quel settore che pur avendo gestioni private, anche a fine di lucro, ma che gestioni servizi per conto del S.S.N.

Nella tabella che segue trovate un raffronto della situazione ospedaliera nei vari paesi europei nel 1993.

 

TAB. 16

 

Ospedalità pubblica e privata in Europa (1993)
(Istituti di cura e posti letto pubblici e privati)
 
 
PAESI
Pubblici
Istituti a convez.
Obbligatoria (1)
Privati
Totali
Rapporti %
Privati/Totale
  Istituti Posti letto Istituti Posti letto Istituti Posti letto Istituti Posti letto Istituti Posti letto
Austria
283
78.711
-
-
49
2.871
332
81.582
14,8
3,5
Belgio
148
30.579
-
-
231
50.015
374
80.594
60,9
62,1
Danimarca
114
32.325
-
-
1
75
115
32.400
0,9
0,2
Francia
1.068
363.115
915
87.958
1.476
107.620
3.459
558.693
42,7
19,3
Germania
1.073
339.365
1.044
235.671
954
98.651
3.071
773.687
31,1
14,6
Grecia
128
40.377
-
-
225
15.515
353
55.889
63,7
27,8
Irlanda
92
13.700
17
1.701
2
196
111
15.597
1,8
1,3
Italia
1.024
289.207
90
29.659
747
69.285
1.861
388.151
40,1
17,9
Lussemburgo
7
1.571
10
1.061
1
77
18
2.709
5,6
2,9
Olanda
390
90.902
-
-
-
-
390
90.902
-
-
Portogallo
107
27.938
-
-
45
1.667
152
29.605
29,6
5,6
Regno Unito
2.170
356.743
90
5.516
162
7.676 
2.422
369.935
6,7
2,1
Spagna
387
128.721
146
26.005
366
31.325
899
186.051
40,7
16,8
Svizzera
323
65.738
-
-
152
10.772
475
76.510
32,0
14,1
 

(1) Tra gli istituti a convenzione obbligatoria sono compresi per l’Italia le cliniche universitarie, gli istituti a carattere scientifico e gli ospedali classificati, per gli altri Paesi gli istituti privati senza fine di lucro.

 

Fonte: C.E.H.P. (Comitato Europeo Ospedalità Privata)

 

 

Come si vede la presenza della spedalità privata è pari al 17,9 % del totale dei posti letto.

Non tragga in inganno il termine "privato" in quanto questo settore è quasi completamente convenzionato, quindi a rischio zero. Sarebbe inoltre interessante anche un approfondimento della tipologia delle prestazioni erogate da queste strutture.

Si noti comunque gia un primo dato interessante sulle dimensioni ( che suppone la complessità) di queste strutture.

1.024 Istituti pubblici garantiscono ben 289.207 posti letto. 747 invece solo 69.285.

In termini di spesa le proporzioni tra quella sostenuta per prestazioni erogate da strutture a gestioni diretta dalla P.A. nel 1994 e quella per prestazioni erogate da privati convenzionati si può rilevare dalla tabella che riportiamo di seguito.

 

 

Tab.17

 

Spesa corrente del Servizio Sanitario Nazionale. Italia 1994

 
 
Voci

 

miliardi
%
%
A – Prestazioni erogate da strutture a gestione diretta dalla P.A. - Ospedaliere Ospedali a gestione diretta delle USL

Osped. Pubblici in conv. Obbligat. (scientifici ed Università)

- Extra-Ospedaliere Supporto amministrativo

Interessi passivi, trasferimenti

Profilassi e prevenzione

60.530
 
47.529
44.600
2.929
13.001
6.993
907
5.101
63,6
 
49,9
46,9
3,1
13,7
7,3
1,0
5,4
 
100,0
 
78,5
73,7
4,8
21,5
11,6
1,5
8,4
 
B – Prestazioni erogate da privati convenzionati - Ospedaliere Osp. Privati in conv. obblig.(istituti religiosi classificati) 

Case di cura

Rimborsi per ricoveri in Italia ed all’estero

- Extra Ospedaliere Farmaceutica convenzionata

Materiale terapeutico (assistenza protesica)

Medico

Medicina di base

Specialistica interna ed esterna

Riabilitazione ed altre prestazioni

Altre voci residuali

34.646
7.564
2.969
4.196
399
27.082
11.028
706
15.348
5.549
2.471
5.179
2.149
36,4
7,9
3,1
4,4
0,4
28,5
11,6
0,7
16,1
5,8
2,6
5,4
2,3
100,0
21,8
8,6
12,1
1,2
78,2
31,8
2,0
44,3
16,0
7,1
14,9
6,2
 
C – Spesa Sanitaria corrente del SSN (A+B)

 

95.176
100,0
 
 

Fonte: Elaborazione degli autori su "Rendiconti trimestrali delle USL – IV Trimestre 1994" – SCPS, Ministero della Sanità, Roma novembre 1995.

 

 

Come si pùo notare la spesa per prestazioni da "privati" è pari al 36,4 % del totale. Una cifra che farebbe riflettere qualsiasi serio amministratore che avesse a cuore la "propria" azienda, in quanto sta a dimostrare che in presenza di una domanda reale, la struttura che si dirige non è in grado di dargli risposta.

Anche la composizione della spesa presenta elementi interessanti.

Infatti sul settore strettamento ospedaliero, che ricordiamo ha un costo di gestione rilevante, rappresenta solo il 7,9 % del totale della spesa corrente del SSN, mentre la parte relativa alle prestazioni mediche, balza al 16,1 % ( si noti che la medicina di base su questa percentuale incide solo per poco più di un terzo)

Ma ciò che qui ci interessa analizzare sono i cambiamenti in atto in questo settore del SSN (l'esempio della Lombardia è significativo, ma non isolato), e definire le nostre proposte.

Occorre però una premessa.

L'offensiva che le destre stanno conducendo per privatizzare la sanità pubblica si basa sulla tanto declamata libertà da parte dei cittadini di poter scegliere la struttura sanitaria pubblica/privata alla quale rivolgersi.

In realtà, il sistema sanitario deve mantenere la sua caratteristica universale e garantire il diritto alla salute a tutti nell'ambito di risorse definite, mentre la " libertà di scelta" sbandierata dalle destre, si fonda sull'equivoco di una presunta equivalenza dei fini istituzionali delle strutture sanitarie pubbliche e private.

Questo non è assolutamente vero in quanto il principale obiettivo del servizio sanitario pubblico è quello di garantire a tutti il diritto alla salute (dalla prevenzione, alla cura e riabilitazione), mentre le strutture sanitarie private perseguono l'obiettivo del profitto.

Questo vuol dire che mentre la sanità pubblica deve comunque garantire servizi e prestazioni anche estremamente costose o che non producono guadagno, la sanità privata potrà scegliere le prestazioni e l'erogazione dei servizi più redditizi, determinando, in questo modo una doppia sanità, basata sulla capacità di reddito di chi ha bisogno di accedere ai servizi e alle strutture sanitarie o socio assistenziali.

Peraltro con il nuovo sistema di finanziamento dell'attività di ricovero fondato sul pagamento della prestazione si pone in modo cogente un problema etico relativamente alla scelta da parte delle direzioni sanitarie e dei medici di favorire processi assistenziali e ricoveri tesi a massimizzare i ricavi (anche con interventi impropri e inutili) a scapito della qualità delle prestazioni e dell'intero sistema.

- Occorre una chiara modalità di accreditamento delle strutture sanitarie private ( cioè la registrazione di quelle che possono offrire servizi che poi saranno pagati dalla USL) sulla base di precisi standard tecnico organizzativi, di personale e parametri di qualità. Questo, insieme alla programmazione del soddisfacimento della domanda da parte del Servizio Sanitario Pubblico, dovrà ricondurre ad un ruolo sussidiario, rispetto alla sanità pubblica.

Senza di ciò, e senza vincoli di spesa,vi sarà una dilatazione abnorme della spesa.

- E' decisivo che il sistema delle Autonomie Locali e le stesse Regioni giochino un ruolo centrale nell'organizzazione della domanda, quindi dei bisogni di salute sulla base di indicatori epidemiologici a livello locale,

- sulle base di ciò si dovranno indicare obiettivi sulla base dei quali definire qualità e quantità di servizi e prestazioni erogate in proprio dalle strutture pubbliche,

- solo successivamente stabilire il rapporto tra strutture sanitarie pubbliche e private.

- la regolazione tra pubblico e privato deve avvenire sulla definizione di veri e propri contratti locali tra aziende USL, ospedali e strutture private dove i Sindaci quali autorità sanitarie locali, i direttori generali delle USL e i cittadini attraverso le loro rappresentanze sociali possono interagire per un reale controllo sia della domanda che dell'offerta.

 

 

 

SANITA' INTEGRATIVA

 

Abbiamo nella prima parte di questo documento ampiamente dimostrato come il collegamento Sanità-deficit pubblico sia palesemente falso.

La campagna di stampa, da anni ben orchestrata sul nostro paese, non nasce però dal nulla, ma risponde ad interessi ben precisi.

Come abbiamo visto in tabella n. 5 i contributi arrivano alla considerevole cifra di 50.000 miliardi e altri 36.000 sono i miliardi che i cittadini spendono di tasca propria per l'acquisto di prodotti e servizi del sistema sanitario.

 

 

Ora è volontà dichiarata da parte del sistema finanziario di trasformare questa risorsa economica in un finanziamento al capitale, in parte per il finanziamento alle imprese ed in parte a capitale speculativo.

Finchè esisterà un Sistema Sanitario pubblico come quello che abbiamo conosciuto in Italia sino ad ora , non esistono le condizioni per uno sviluppo dell'assistenza integrativa.

Si pensi che il sistema assicurativo italiano ipotizzava, se non fosse stato modificato il dlsg 502 di Di Lorenzo sulla parte relativa al sistema sanitario sostitutivo, un giro di affari intorno ai 20.000 miliardi.

 

La modifica effettuata dalla Ministra Garavaglia con il dlsg 517 ne ha bloccato lo sviluppo.

 

La tabella che riportiamo è evidente

 

Tab. 18

 
 
  1990 1991 1992 1993 1994 1995
premi 918 1.106 1314 1512 1669 1832
fonte: ANIA (in miliardi di lire)

 

Ma l'obiettivo di uno sviluppo esponenziale dell'assistenza integrativa è ancora al centro dell'attacco al S.S. pubblico.

Si badi che i presupposti per una espansione di questo settore sono ancora tutt’oggi presenti se non si interviene nelle storture del servizio pubblico, e nelle politiche sanitarie.

Nel 1994 gli accertamenti diagnostici effettuati furono 11 milioni. Di questi il 30 % è stato a carico delle famiglie. Lo stesso discorso vale per le visite mediche: su 25 milioni di prestazioni, il 30 % è stato pagato direttamente. In generale, tutte le prestazioni a totale carico delle famiglie sono in forte aumento, mentre quelle a totale o parziale carico del SSN sono leggermente in crescita per la specialistica, ma in calo (- 26 % ) per la diagnostica strumentale e di laboratorio.

 

Nella tabella n. 19 riportiamo il rapporto tra i vari settori assistenziali eseguiti nel "privato" e nel pubblico.

 

Tab. 19

 
 
settori assistenziali produttore

pubblico

produttore

privato

acquirente

pubblico

acquirente

privato

medicina di base 0 100 93 7
-generico 0 100 96 4
-pediatrico 0 100 69 31
ass. farmaceutica 0 100 40 60
specialistica 40 60 43 57
assistenza ospedaliera 87 13 97 3
accertamenti diagnostica 67 33 73 27
Fonte ISTAT rapporto annuale 1994

 

Come si vede sono già presenti voci dove l'acquirente privato è preponderante o molto significativo.

Non sono però ancora sufficenti a giustificare una polizza assicurativa.

Ma se il trend continua, e dovessero entrare in gioco le prestazioni ospedaliere (che ricordiamo sono il 57,7 % della spesa corrente e oggi sono solo per il 3% a "pagamento"), il mercato per coperture assicurative potrebbe crescere in maniera esponenziale.

 

Ora dovrebbe essere abbastanza chiaro che lo sviluppo di un sistema di assistenza sanitaria integrativa passa attraverso un forte abbassamento delle garanzie e delle prestazioni garantite dal S.S.N. pubblico.

Stante l'attuale copertura del Servizio Pubblico il mercato per un sistema assicurativo privato è estremamente limitato.

Si badi a questo proposito un dato riportato (seppur marginalmente) dallo stesso Cazzola nel libro "La salute liberata".

A tutt'oggi il giudizio dei cittadini sull'assistenza privata (ovvero sulle polizze malattia) è negativo. Verso questa forma di assistenza è orientato positivamente solo il 21% mentre lo giudica negativamente il 79%.

Come si vede non c'è un mercato spontaneo. Va costruito.

Come Alternativa Sindacale ci esprimiamo in forma chiara e netta contro qualsiasi forma di assistenza sanitaria integrativa.

L’introduzione di queste forme, anche limitate, di assistenza innestandosi nelle inefficienze del Servizio Pubblico, di fatto aprono un varco al mercato "sostitutivo" che, anziché migliorare il Servizio, ne incentiva il trasferimento al settore privato.

Dobbiamo però sgombrare il campo da equivoci presenti nel dibattito nel sindacato e della sinistra.

Molte categorie già stanno introducendo quelle che "volgarmente" chiamamo "mutue integrative", e che negli accordi vengono definite " Assistenze Integrative".

Abbiamo svolto una piccola indagine tra i chimici, categoria tra le più "avanzate" in questo campo per capire quali coperture garantissero questi accordi integrativi.

Nel caso dell'ENI, impresa che riteniamo essere certamente non "avara" su queste voci contrattuali, le prestazioni garantite sono le spese odontoiatriche, il paio d'occhiali all'anno, 50.000 lire per ogni giornata di ricovero ospedaliero, contributo per operazioni all'estero nel caso di esigenze di solidarietà, e poco altro. Il contributo totale per queste prestazioni è di 700.000 lire annue di cui 300.000 a carico del lavoratore e 400.000 a carico dell'azienda.

 

Se quando parliamo di "Assistenza integrativa" parliamo di queste cifre e di queste prestazioni, non si mette certo in discussione il S.S. pubblico. Ma sia chiaro che non è questa l'Assistenza integrativa a cui pensa il capitale finanziario.

Occore darsi quindi una terminologia che faccia chiarezza.

L' Assistenza integrativa è quella che era prevista dal DL 502 di De Lorenzo che ipotizzava fondi separati per l'acquisto di prestazioni sanitarie. E questa è il progetto di Confindustria, che è stato più volte illustrato dal "Sole 24 ore" e che ultimamente è stato esposto nel libro di Giuliano Cazzola " La sanità Liberata" che per brevità non possiamo riportare.

Pertanto la costituzione di "Casse di solidarietà di sostegno ai rischi" possono essere accettabili con le caratteristiche che si illustravano sopra. Forse queste potrebbero avere anche un effetto positivo di sviluppare solidarietà, anche se all’interno di un determinato gruppo.

Non è invece accettabile qualsiasi fondo che vada a coprire prestazioni che oggi vengono garantite dal S.S. pubblico . Anche quando questo potrebbe dire minor attese o migliore attenzione alla persona. Si sappia, che se si accetta ciò, nel giro di meno di un decennio si destruttura alla radice il servizio universalistico e quindi il diritto alla salute.

Questo principio deve essere a nostro avviso sancito pregiudizialmente nelle regole costitutive delle "Casse di Solidarietà", in alternativa dovrà esserci la più ferma opposizione.

 

 

 

La democratizzazione del Servizio Sanitario Pubblico:

il ruolo del sistema delle Autonomie Locali e aziende sanitarie.

 

Uno dei punti di crisi nevralgici dopo la precedente esperienza dei comitati di gestione delle USSL (organismo di gestione politico amministrativo composto da consiglieri comunali) e l'introduzione della 502/92 con la separazione delle funzioni di gestione (ora affidata ai direttori generali nominati dal Presidente della Regione) da quelle d'indirizzo affidate invece alla Conferenza dei Sindaci, è rappresentato dalla sostanziale incapacità di governo della domanda dei bisogni di salute e di controllo del sistema.

Mentre i Sindaci rimangono l'autorità sanitaria del rispettivo territorio comunale e sono responsabili della salute dei propri cittadini oltre che titolari della rappresentanza per il mandato elettivo ricevuto, i direttori generali nominati dal Presidente della Regione sono espressione di una gestione monocratica della USL e dell'ospedale senza alcun vincolo rispetto ai reali bisogni di salute che si esprimono nel territorio, coerente con la scelta di semplificazione della rappresentanza politica e sociale presente anche nei lavori della Bicamerale.

Il processo di aziendalizzazione delle USL sta determinando un processo di espropriazione del sistema delle Autonomie Locali sia nella fase di programmazione regionale che a livello locale della singola USL nella fase di organizzazione della domanda di salute che nella fase di controllo nel perseguimento degli obiettivi che nell'offerta dei servizi per la mancanza di strumenti concreti per esercitarlo.

Come Alternativa Sindacale riteniamo che:

una buona politica socio sanitaria, economica e gestionale non risiede nella esclusiva regolamentazione economica dei bisogni delle persone e di governo della USSL ma questa, anzi, può esprimersi in una concreta democrazia partecipativa dove i Comuni e le altre forme della rappresentanza sociale dei lavoratori, dei cittadini e del volontariato, possano avere un ruolo fondamentale nell'espressione dei bisogni e dei valori dell'esistenza individuale e collettiva delle persone, nella definizione degli obiettivi e negli indirizzi di programma della USL. Pertanto é necessario che i Comuni possano esercitare effettivamente il loro ruolo attraverso strumenti concreti come: l'obbligo del Direttore generale della USL di gestire l'attività sulla base del fabbisogno di salute indicato nel programma di indirizzi (piano socio sanitario locale) definito dalla Conferenza dei Sindaci su mandato dei rispettivi consigli comunali;

· la sottoscrizione da parte del Presidente della Conferenza dei Sindaci del bilancio della USSL;

· esercizio del potere di revoca motivato del Direttore Generale della USSL o dell'ospedale da parte della Conferenza dei Sindaci.

Per quanto attiene invece il rapporto tra Stato e Regioni: nell'ambito della Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato e Regioni, si ritiene che il Ministero della Sanità debba essere superato e mantenere un ruolo di Autority con il compito di indirizzo generale affidando alle Regioni un maggior potere in merito alla programmazione dei bisogni e la gestione dei servizi. Per quanto riguarda le forme di partecipazione degli utenti, oltre a quanto è già previsto dalla legge (carta dei servi, ufficio di pubblica tutela - UPT - il comitato di partecipazione - in Lombardia -, ecc.), dovrà esercitarsi a pieno titolo all'interno del Distretto socio sanitario, nell'organo di gestione del Distretto stesso, una propria rappresentanza, anche attraverso l’elezione diretta.

 

 

 

 

Ruolo della Medicina di base

 

Nella scelta di riordino della rete ospedaliera e nella riorganizzazione ed integrazione delle funzioni e dei servizi tra Ospedale e territorio nell'ambito del Distretto anche attraverso forme alternative al ricovero (respingendo le ipotesi di scorporo degli Ospedali dalle USL ed affermando l'unicità degli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione tesi a raggiungere e preservare la condizione di salute delle persone) e di responsabilizzazione di un importante ordinatore di spesa, il ruolo del medico di base può trovare una nuova dimensione e ruolo.

Troppo spesso ancora oggi il medico di base svolge prevalentemente funzioni burocratiche, di diagnosi e cura ed è culturalmente e professionalmente "isolato" rispetto ai medici specialistici e ai servizi distrettuali.

In questo quadro si ritiene che occorre favorire un processo di reale integrazione fra medico di base, i servizi distrettuali e lo stesso ospedale, affinché diventi parte integrante dell'attività del distretto sanitario e partecipi all'individuazione dei bisogni, alla definizione degli obiettivi, alla regolazione della domanda, partecipazione ai processi formativi.

Considerata altresì la loro funzione di regolazione della domanda ed essendo loro ordinatori di spesa, l'attività dei medici di base deve essere regolata da strumenti certi di verifica introducendo, tra l'altro, dei meccanismi di incentivo e/o penalizzazione economica, attraverso un controllo da parte della USL e di verifica dello stesso Comune nel quale insiste il Distretto socio sanitario, con il monitoraggio dell'attività (presenza, soddisfazione del cittadino, ecc.).

 

 

 

 

Attività libero professionale.

 

Rispetto a questo tema non si può che ribadire quanto già in altre circostanze abbiamo detto, ovvero che avversiamo questo istituto, che deve essere superato sancendo definitivamente la esclusività del rapporto di lavoro in coerenza con quanto previsto dall'art. 2105 del codice civile per il palese conflitto di interessi che questo istituto genera in quanto si stabilisce il paradosso che un dirigente del Servizio Sanitario Pubblico può lavorare anche per la concorrenza privata (come dire che un dirigente della Fiat lavora pagato e con strutture della Fiat per una casa automobilistica concorrente).

Si verrebbe a determinare quello che peraltro già accade, che gli accessi ai servizi e alle prestazioni per coloro che pagano privatamente sono agevolati e con tempi di attesa quasi nulli, mentre coloro che seguono l'iter normale hanno tempi d'attesa a volte insopportabili.

La libera professione anche come è stata regolata con la legge finanziaria per il 1997 (la quale diventa una attività propria dell'azienda ospedale/USL) è una chiara testimonianza di sconfitta della sanità pubblica nell'offrire servizi qualificati, efficaci ed in tempi socialmente accettabili ; scoraggia qualsiasi iniziativa tesa a riorientare i servizi, la loro organizzazione per garantirne efficacia ed efficienza per il raggiungimento dell'obiettivo fondamentale del benessere delle persone.

 

Per queste ragioni riteniamo che:

  in tempi brevi si debba andare al suo completo superamento;

  in una fase di transizione verso il suo completo superamento, la libera professione deve essere regolata (come nel privato) da "patti anticompetition";

  deve essere separata dalla normale attività;

  devono essere introdotti strumenti di controllo certi delle ore prestate e dell'attività svolta;

  i tempi di svolgimento delle prestazioni devono essere uguali a quelli del servizio pubblico resi nella normale attività d'istituto;

  le liste d’attesa del servizio pubblico non devono supearare un limite fissato nazionalmente (7/10 giorni).

 

 

 

 

 

IL GRADO DI SODDISFAZIONE DEGLI UTENTI

 

Contrariamente ai luoghi comune il grado di soddisfazione degli utenti italiani verso il nostro sistema ospedaliero è soddifacente.

I dati che riportiamo provengono da una indagine dell'ISTAT (Rapporto sull'Italia, Mulino 1996).

Le informazioni si riferiscono a strutture pubbliche (86,9%) e private (11,6%) e in molti casi provengono da degenti in età adulta o avanzata: il 60-65% dei maschi interpellati ha più di 45% una quota analoga di femmine ha superato i 35 anni.

Il risultato dell'indagine è molto interessante. Il 90% degli intervistati ha valutato molto (37,7%) o abbastanza (52,3%) buona l'assistenza medica, mentre una percentuale inferiore (86%) ha espresso opinioni analoghe sull'assistenza infermieristica.

Solo il 9,5% giudica inadeguata l' assistenza medica, il 13,3% esprime la stessa opinione sulle cure infermieristiche.

I giudizi non sono altrettanto positivi sulle prestazioni di tipo "alberghiero" collegate al ricovero (vitto, servizi igienici).

Questi dati confermano, tra l'altro, una analoga indagine dell'ISTAT pubblicata dal Sole-24ore il 13.5.1994.

A margine di ciò, riferiamo che invece per Giuliano Cazzola, noto nell'ambiente sindacale, nel suo libro già citato ben l'82% degli italiani esprimerebbe un grado di insoddisfazione per i servizi sanitari italiani.

A dimostrazione della "neutralità" dell'indagine si riporta la domanda che è stata posta ai cittadini: "I servizi sanitari a disposizione del cittadino sono inefficienti ed i pazienti non sono trattati bene."....!!!

Il commento lo lasciamo ai dati ISTAT che riportiamo nella tabella che segue.

 

Tab. 20

 

Grado di soddisfazione per tipo di servizio ospedaliero – anno 1995 (composizione percentuale per 100 ricoveri)

 
 
Servizi
Grado di soddisafazione
  molto abbastanza poco per niente non so/non indicato
Assistenza medica
37,7
52,3
6,9
2,6
0,4
Assistenza infermieristica
36,0
50,0
9,9
3,4
0,2
Vitto
23,9
49,4
16,7
7,5
1,9
Servizi igienici
27,6
46,4
15,3
9,3
0,9
 

 

Grado di soddisfazione per tipo di servizio ospedaliero e ripartizione geografica – Anno 1995 (composizione percentuale per 100 ricoveri)

 
 
Servizi
Grado di soddisafazione
  Molto abbastanza poco per niente non so/non indicato
Assistenza medica

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud

Isole

 
 
44,9
49,6
37,7
21,9
26,0
 
 
46,2
42,6
52,9
63,8
58,6
 
 
5,0
5,2
5,9
10,2
9,5
 
 
2,4
1,6
2,8
3,5
3,6
 
 
 
1,5
1,0
0,6
0,7
2,3
 

Assistenza infermieristica 

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud

Isole

 
 
43,7
49,4
36,1
18,3
24,4
 
 
46,7
42,9
49,6
57,9
52,8
 
 
 
6,0
4,8
9,7
17,2
15,6
 
 
1,9
1,9
3,8
5,9
4,9
 
 
1,8
1,0
0,8
0,7
2,5
 

Vitto

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud

Isole

 

 
 
28,1
33,7
24,1
12,8
15,2
 
 
50,6
49,1
49,0
47,2
48,0
 
 
12,0
9,9
17,0
25,6
22,6
 
 
5,4
4,6
7,1
11,8
10,4
 
 
4,0
2,7
2,8
2,5
3,8
 

Servizi Igienici

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud

Isole

 

 
 
32,1
42,8
25,6
14,1
16,7
 
 
50,3
43,6
50,8
42,2
40,4
 
 
10,4
8,0
14,6
23,7
25,0
 
 
4,6
4,2
7,2
18,9
15,2
 
 
2,6
1,4
1,8
1,1
2,9
 

 

Breve scheda conclusiva:

 

· Modifica della Legge 502/92 e 517/93

Salvaguardia del sistema universalistico,

criterio di determinazione del Fondo Sanitario Nazionale,

mantenimento della natura delle aziende sanitarie;

 

· Mantenimento dell'integrazione tra prevenzione, cura e riabilitazione nei Distretti Socio Sanitari.

 

· Il sistema di finanziamento

Occorre riformare lo stato sociale per allargarne diritti e tutele a partire dall'incremento della spesa sociale al livello degli altri Paesi europei favorendo investimenti per il rilancio della sanità, della sua qualificazione all'interno di un ammodernamento generale della pubblica amministrazione.

Affinché si affermino una politica di equità e di giustizia sociale, il principio costituzionale del diritto universale alla salute e contemporaneamente si diano risposte ai mutati bisogni di salute in relazione alle profonde trasformazioni sociali ed economiche in corso, pensiamo sia positivo un sistema che introduca un meccanismo di finanziamanto del S.S.N. attraverso forme di prelievo dalla fiscalità generale.

Per deve passare progressivamente alla fiscalità generale occorre una seria politica di rientro dell'evasione fiscale e di rilancio dell'occupazione.

 

 

Introduzione della IREP.

In questo quadro, occorre guardare con attenzione la decisione del Parlamento di sostituire il sistema a prelievo contributivo con la nuova imposta IREP (imposta regionale sulle attività produttive).

Oltre agli aspetti positivi, questa imposta porta con se il rischio grave di una diseguagliaza territoriale dovuta alla differente distribuzione della ricchiezza

Vista la situazione politica attuale, dove le spinte egoistiche localistiche sono molto forti, occorre che su questo argomento non si faccia nessuna politica dei due tempi. L'avvio dell'IREP deve avere preventivamente, ed in maniera molto chiara e precisa, definito questa redistribuzione solidaristica, tra le regioni, del gettito di questa imposta.

Un riflesso invece positivo potrebbe derivare dalla possibilità di utilizzare, con una certa flessibilità nella definizione delle aliquote, questa imposta anche per finanziare direttamente parte dei servizi socio assistenziali che oggi gravano sui Comuni e sui cittadini quali l'area dell'handicap, degli anziani, della lungodegenza e della riabilitazione.

 

 

· Il Fondo Sanitario Nazionale

Come Altrenativa Sindacale, proponiamo che il Fondo Sanitario nazionale non sia più vincolato alle esigenze di cassa della legge Finanziaria, ma venga finanziato attraverso la definizione di una percentuale legata al Prodotto Interno Lordo (PIL).

Tale percentuale dovrà scaturire da un Piano Pluriennale di fabbisogno,che dovra essere collegato al Documento di Programmazione Economica e finanziaria (DPEF).

Questa proposta riteniamo abbia il pregio di legare il finanziamento del SSN a due elementi basilari:

1) All'andamento della ricchezza prodotta.

troppe volte in questi anni un bene primario come la salute ha visto diminuire le proprie risorse a fronte di un aumento della ricchezza.

Questo metodo per il meccanismo innescato, avrebbe anche l'effetto di controllo della spesa

2) L'obbligo di elaborare una programmazione sanitaria.

Ciò non è mai avvenuto in Italia, anche se era indicato nella legge 833/78

Solo attraverso questa programmazione si può dare risposte soddisfacenti al fabbisogno dei cittadini

 

  I DRG

 

I DRG possono essere, con l'introduzione di opportuni correttivi, utili strumenti di valutazione dell'attività e di controllo della spesa solo in presenza di un forte ruolo politico di programmazione e di controllo della Regione e del sistema delle Autonomie locali nei confronti dei Direttori Generali delle USSL e degli ospedali.

Per quanto riguarda il finanziamento per le prestazioni effettuate (DRG) occorre introdurre un meccanismo sulla base del modello CUF (commissione unica per il farmaco) per la classificazione dei farmaci.

Si tratta quindi di introdurre un meccanismo negoziale per contrattare le tariffe delle prestazioni con un sistema di parametri quali : rilievo sociale della prestazione, appropriatezza, efficacia, qualità della prestazione, tempo di attesa.

Definire un sistema che qualifichi l'intervento e che disincentivi ricoveri, visite, interventi diagnostici di non provata efficacia ed inutili ai fini della promozione della salute, incentivando interventi e prestazioni di provata efficacia e appropriatezza (protocolli diagnostici e terapeutici).

 

 

 

· Abolizione dei ticket

Ipotozzare quindi l'abolizione dei tickets, recuperando questa quota attraverso un incremento sia dalla fiscalità generale (recuperando evasione contributiva e redistribuendo la ricchezza prodotta), sia nel calcolo delle aliquote dell'IREP è un obiettivo realistico, di largo consenso popolare e di ritrovata fiducia verso il Servizio Sanitario Pubblico..

Nella fase transitoria si può ipotizzare un ticket unico per profilo diagnostico e terapeutico, ciò avrebbe un effetto calmierante sui ticket e indurrebbe l'istituzione dei protocolli diagnostico e terapeutici per patologia.

 

· Rapporto Pubblico/Privato

 

Separare sanità privata da quella pubblica con il ripristino del ruolo sussidiario della Sanità Privata rispetto a quella Pubblica

- Occorre una chiara modalità di accreditamento delle strutture sanitarie private ( cioè la registrazione di quelle che possono offrire servizi che poi saranno pagati dalla USL) sulla base di precisi standard tecnico organizzativi, di personale e parametri di qualità. Questo, insieme alla programmazione del soddisfacimento della domanda da parte del Servizio Sanitario Pubblico, dovrà ricondurre ad un ruolo sussidiario, rispetto alla sanità pubblica.

Senza di ciò, e senza vincoli di spesa,vi sarà una dilatazione abnorme della spesa.

- E' decisivo che il sistema delle Autonomie Locali e le stesse Regioni giochino un ruolo centrale nell'organizzazione della domanda, quindi dei bisogni di salute sulla base di indicatori epidemiologici a livello locale,

- sulle base di ciò si dovrà indicare obiettivi sulla base dei quali definire qualità e quantità di servizi e prestazioni erogate in proprio dalle strutture pubbliche,

- solo successivamente stabilire il rapporto tra strutture sanitarie pubbliche e private.

- la regolazione tra pubblico e privato deve avvenire sulla definizione di veri e propri contratti locali tra aziende USL, ospedali e strutture private dove i Sindaci quali autorità sanitarie locali, i direttori generali delle USL e i cittadini attraverso le loro rappresentante sociali possono interagire per un reale controllo sia della domanda che dell'offerta.

 

 

 

  Assistenza Sanitaria Integrativa

 

Rifiuto di qualsiasi Assistenza Sanitaria Integrativa che copra prestazioni gestite oggi dal Servizio Sanitario Pubblico.

Costituzione attraverso la contrattazione di "Casse di Solidarietà di sostegno ai rischi", con vincoli statutari che escudano la copertura di presatazioni santarie garantite dal sistema universalistico.

· Favorire risposte alternative al ricovero.

Es .ass. domiciliare integrata,ospedalizzazione a domicilio,dimissioni protette,Day Ho\spital

 

· Modifica dei criteri di gestione delle USSL e degli Ospedali

 

- mettere al centro dell'azione socio sanitaria, il malato nella sua complessità di bisogni,

- definire obiettivi e programmazione del lavoro certi sulla base di dati epidemiologici,

- riqualificare i servizi e integrare le attività in dipartimenti,

- introdurre criteri e metodologie di gestione per passare da un bilancio finanziario ad un sistema di bilancio economico per centri di costo e budget di spesa,

- definire modalità di raggiungimento degli obiettivi attraverso processi e sistemi di programmazione annuali attraverso i quali sia chiaro non solo l'obiettivo ma soprattutto che e in quale modo deve operare per il suo raggiungimento attraverso una maggiore autonomia e responsabilità dei dirigenti (che devono rispondere del loro operato) e semplificando i meccanismi di controllo regionali. - valutazione e verifica dei risultati,

Secondo ordine d'intervento riguarda la riorganizzazione del lavoro burocratica e gerarchica che separa ed espropria il lavoro dalla sua funzione sociale.

Un sistema coercitivo della divisione del lavoro che determina perdita di identità e di saperi che dequalifica le competenze professionali e le capacità tecniche dei lavoratori.

Per questa ragione occorre promuovere una nuova razionalità dell'organizzazione del lavoro che sappia ricomporre etica, agire sociale e i bisogni del malato attraverso un ruolo partecipato dei lavoratori che ne sappia valorizzare competenze e professionalità.

 

· Ruolo degli Enti Locali

 

Come Alternativa Sindacale riteniamo che: 1) una buona politica socio sanitaria, economica e gestionale non risiede nella esclusiva regolamentazione economica dei bisogni delle persone e di governo della USSL ma questa, anzi, può esprimersi in una concreta democrazia partecipativa dove i Comuni e le altre forme della rappresentanza sociale dei lavoratori, dei cittadini e del volontariato, possano avere un ruolo fondamentale nell'espressione dei bisogni e dei valori dell'esistenza individuale e collettiva delle persone, nella definizione degli obiettivi e negli indirizzi di programma della USL.

 

2) E’ necessario che i Comuni possano effettivamente esercitare il loro ruolo attraverso strumenti concreti come:

l'obbligo del Direttore generale della USL di gestire l'attività sulla base del fabbisogno di salute indicato nel programma di indirizzi (piano socio sanitario locale) definito dalla Conferenza dei Sindaci su mandato dei rispettivi consigli comunali;

la sottoscrizione da parte del Presidente della Conferenza dei Sindaci del bilancio della USSL;

esercizio del potere di revoca motivato del Direttore Generale della USSL o dell'ospedale da parte della Conferenza dei Sindaci.

 

3) Per quanto attiene invece il rapporto tra Stato e Regioni:

nell'ambito della Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato e Regioni, si ritiene che il Ministero della Sanità debba essere superato e mantenere un ruolo di Autority con il compito di indirizzo generale affidando alle Regioni un maggior potere in merito alla programmazione dei bisogni e la gestione dei servizi

.

4) Per quanto riguarda le forme di partecipazione degli utenti,

oltre a quanto è già previsto dalla legge (carta dei servi, ufficio di pubblica tutela - UPT - il comitato di partecipazione - in Lombardia -, ecc.), dovrà esercitarsi a pieno titolo all'interno del Distretto socio sanitario, nell'organo di gestione del Distretto stesso, una propria rappresentanza, anche attraverso l’elezione diretta.

 

· Libera professione all'interno del Servizio Sanitario Nazionale

 

Suo completo superamento con l'affermazione dell'esclusività del rapporto di lavoro.

2. in una fase di transizione verso il suo completo superamento, la libera professione deve essere regolata (come nel privato) da "patti anticompetition"

3. deve essere separata dalla normale attività,

4. devono essere introdotti strumenti di controllo certi delle ore prestate e dell'attività svolta

5. i tempi di svolgimento delle prestazioni devono essere uguali a quelli del servizio pubblico resi nella normale attività d'istituto,

6. le liste d’attesa del servizio pubblico non devono supearare un limite fissato nazionalmente ( 7/10 giorni)

 

 

· Medicina di base

 

Favorire un processo di reale integrazione fra medico di base, i servizi distrettuali e lo stesso ospedale, affinché diventi parte integrante dell'attività del distretto sanitario e partecipi all'individuazione dei bisogni, alla definizione degli obiettivi, alla regolazione della domanda, partecipazione ai processi formativi.

L'attività dei medici di base deve essere regolata da strumenti certi di verifica introducendo, tra l'altro, dei meccanismi di incentivo e/o penalizzazione economica, attraverso un controllo da parte della USSL e di verifica dello stesso Comune nel quale insiste il Distretto socio sanitario, con il monitoraggio dell'attività (presenza, soddisfazione del cittadino, ecc.).