Seminario nazionale di Alternativa Sindacale Filcea - 26/27 marzo 1997 Breve storia dello Stato sociale Lo schema interpretativo utilizzato e' basato sull'individua- zione dei cicli lunghi che demarcano le diverse fasi di svi- luppo e crisi del modo di produzione capitalistico, cioe': il modo di produzione caratterizzato dalla Manifattura (fino alla meta' del secolo scorso), dalla Fabbrica organica (in crisi dal 1870 circa), dal Taylorismo (sviluppo dalla fine del seco- lo scorso, crisi tra le due guerre), dal Fordismo (sviluppo dalla fine della seconda guerra mondiale, crisi dal 1968-73). Le variazioni del salario (piu' esattamente del salario relati- vo, cioe' della quota della ricchezza prodotta di cui beneficia la classe lavoratrice) hanno un andamento ciclico corri- spondente (anche se un po' sfalsato in ritardo): nelle fasi di sviluppo il salario tende ad aumentare, in quelle di crisi ten- de a ridursi. Cio' vale per tutte le forme del salario (globale), quindi anche per il salario sociale. L'attuale fase di crisi del Fordismo presenta anche elementi di mutamento verso un nuovo, ancora indeterminato, modo di produzione capitalistico e quindi, a maggior ragione, an- che le forme salariali corrispondenti sono indeterminate (sovrapposizione di processi di distruzione e mutamento del salario globale fordista-keynesiano). Con questa breve storia del salario sociale (comunemente denominato Stato sociale o Welfare State) vogliamo descri- vere sommariamente tale andamento, sia nei suoi aspetti materiali che ideologici, anche per poter meglio operare la necessaria difesa che, per essere efficace, deve essere orientata anche dall'esigenza di una riprogettazione ade- guata ai processi di mutamento in corso delle sue forme. 1) DAL FEUDALESIMO ALLA NASCITA DELLA MANIFATTURA: L'ASSISTENZA AI POVERI Nel medioevo la poverta' era considerata o un destino inevi- tabile come le catastrofi naturali o un'espressione di vici- nanza a Dio. Grazie ai movimenti laici e agli ordini religiosi sorti nel XIII secolo si affermo' la pratica dell'assistenza da parte dei signori, che in tal modo avrebbero potuto salvare la propria anima assicurandosi l'intercessione dei poveri da- vanti a Dio. Nel tardo medioevo e nel XVI secolo, con la fuga dalle campagne determinata dalla maggiore divisione del lavoro, si formarono schiere di mendicanti girovaghi che rappresen- tarono un pericolo sociale e un problema di ordine e sicu- rezza. Furono costituiti ordini per poveri e mendicanti cer- cando di rendere piu' efficiente l'assistenza ai bisognosi. Scrive Marx nel Capitale: "Nuovo e terribile impulso ebbe il processo d'espropriazione forzosa della massa della popo- lazione nel secolo XVI, dalla Riforma e al seguito a questa, dal colossale furto dei beni ecclesiastici. Al momento della Riforma la Chiesa cattolica era proprietaria feudale d'una gran parte del suolo inglese. La soppressione dei conventi ecc. ne getto' gli abitanti nel proletariato." L'accentramento dell'assistenza in fondi cittadini per i biso- gnosi rappresento' una prima risposta politica a un problema sociale, non piu' solo individuale, e la prima formazione di una economia politica statale. Si differenziarono i poveri "immeritevoli" abili al lavoro dai bisognosi meritevoli finiti in miseria: anziani, invalidi, storpi, malati, vedove con bambini. In generale la poverta' fu considerata conseguenza di ozio, prodigalita' o imprevidenza, difetto morale del singolo da correggere: da cio' la diffusione del lavoro coatto (dei bam- bini poveri) come punizione o educazione all'indipendenza economica. Nel periodo del mercantilismo la politica statale e comunale per i poveri (con l'istituzione di penitenziari e case di correzione) servi anche a procurare coattivamente alle nuove manifatture forza lavoro assolutamente necessa- ria e a buon mercato. Secondo gli illuministi, invece, Il problema della poverta' do- veva essere risolto (fede nel progresso verso una umanita' razionale) incrementando le possibilita' produttive ed educa- tive, non con una politica repressiva, con la punizione e il lavoro coatto, ma con una politica filantropica e con la soli- darieta'; ma il peggioramento della situazione economica, la conseguente limitazione dei mezzi finanziari, e il nuovo rile- vante aumento della mendicita' alla fine del XVIII secolo, ri- cacciarono indietro questi tentativi di riforma dell'assistenza ai poveri. Queste idee comunque furono alla base della Ri- voluzione francese che, con la Dichiarazione dei diritti del- l'uomo nella Costituzione del settembre 1791, si dichiaro' di voler "creare ed organizzare un'istituzione generale per l'assistenza pubblica, per allevare i bambini abbandonati, aiutare i malati poveri e procurare lavoro alle persone sane povere, che non riescono a procurarselo autonomamente", nonche' un'istruzione elementare pubblica e gratuita. Per i Giacobini poi (Costituzione del 1793) la societa' doveva mantenere i suoi cittadini sfortunati, "sia procurando loro un lavoro, sia garantendo i mezzi di sussistenza a chi non e' in grado di lavorare". Ma la politica dei governi rivoluzionari sull'attenuazione del bisogno fu tuttavia poco concreta. 2) DALLA CRISI DELLA MANIFATTURA ALLO SVILUPPO DELLA FABBRICA ORGANICA: LA PREISTORIA DELLO STATO SOCIALE All'inizio dell'800 le condizioni dei poveri peggiorarono (soprattutto in Francia a causa della quasi totale elimina- zione dell'assistenza religiosa) e la soluzione al pauperismo nei centri industriali fu cercata (come in Inghilterra) nel libe- rismo economico riducendo l'assistenza pubblica. Negli Stati tedeschi si affermo' invece l'idea che lo Stato dovesse porsi l'obiettivo di guidare lo sviluppo sociale e di migliorare il benessere dei cittadini mediante la politica e l'amministrazione sociale. Questa attivita' statale doveva prevedere l'attivita' complementare di organizzazioni religio- se, libere associazioni e fondazioni sociali. La Gran Bretagna fu il primo paese, tra il 1833 e il 1850, a porre dei limiti legali al lavoro minorile e femminile, e alla du- rata dell'orario di lavoro, e in cui si svilupparono sindacati degli operai specializzati con efficienti istituzioni mutualisti- che (le Friendly Societies) con funzionari retribuiti e fondi fi- nanziari abbastanza buoni. Cio' rappresento' esempi che vennero seguiti dalle altre nazioni industrializzate (l'Italia ebbe con un certo ritardo la sua legge sul lavoro dei fanciul- li, sulla durata massima della giornata lavorativa, sull'istitu- zione di speciali organi consultivi e di controllo dal 1886 al primo ventennio del '900; le Societa' di mutuo soccorso ven- nero riconosciute nel 1886). La legge sui poveri del 1834 in Gran Bretagna, pur restan- do espressione della crescente repressione dei poveri e del complessivo peggioramento del vigente sistema di sicurez- za sociale, appartiene comunque alla preistoria dello Stato sociale, avendo indirettamente sollecitato la costituzione di organizzazioni di autotutela collettiva e le casse di assisten- za delle Friendly Societies, che pero' inizialmente tutelavano soltanto e'lite degli operai specializzati. Inoltre la creazione di una autorita' centrale di controllo sulla poverta', insieme ai primi ispettori di fabbrica istituiti nel 1833 per il controllo delle disposizioni di tutela dei lavoratori, costitui il nucleo di una amministrazione sociale volta a garantire l'applicazione uniforme della legge grazie ad un corpo di funzionari fissi specializzati. Accanto al controllo statale della sanita' e all'assunzione di alcune funzioni regolatrici nell'edilizia, si sviluppo' infine un sistema di assistenza medica gratuita per i piu' bisognosi. Con una legge del 1870 lo Stato si assunse inoltre anche la responsabilita' totale dell'istruzione primaria, creando cosi il presupposto per l'introduzione dell'obbligo scolastico gene- rale, realizzato pero' solo nel 1880, cioe' molto in ritardo ri- spetto alla Germania ed ad altri Stati europei nell'istituzione dell'istruzione pubblica statale. Solo nell'ultimo decennio del secolo i sindacati organizzaro- no anche gli operai non qualificati, come il movimento sin- dacale dei paesi europei continentali (che si sviluppo' dopo il 1860 ed era inizialmente molto piu' debole). 3) DALLA CRISI DELLA FABBRICA ORGANICA ALLO SVILUPPO DEL TAYLORISMO: LA NASCITA DELLO STATO SOCIALE La Germania istitui il primo sistema moderno di sicurezza sociale del mondo sulla tutela dei lavoratori contro malattia (1883), infortunio (1884), invalidita' e vecchiaia (1889). Con l'assicurazione sociale si riconobbe implicitamente che esistevano cause sociali di bisogno di cui il singolo non era responsabile, e che il perseguimento del benessere indivi- duale, rispettoso della liberta' e della dignita' del singolo, era compito della societa'. L'assicurazione sociale tedesca si baso' sui contributi dei datori di lavoro, la partecipazione degli assicurati e il soste- gno finanziario dello Stato, l'obbligo assicurativo per gruppi abbastanza ampi di lavoratori, l'esclusione in linea di mas- sima delle assicurazioni commerciali e la possibilita' di scelta fra casse diverse solo per l'assicurazione di malattia. Ripre- se gli elementi fondamentali delle prime forme di previdenza collettiva non religiosa (soccorso mutualistico di gilde, cor- porazioni e leghe artigiane) ma con una base piu' ampia. Di- versamente dall'assistenza ai poveri, la concessione di prestazioni e la loro entita' non era a discrezione delle istitu- zioni locali e, a differenza delle assicurazioni private, i con- tributi e le prestazioni tenevano conto di aspetti sociali ed erano assicurati alle stesse condizioni sia i rischi "cattivi" che quelli "buoni". Le "casse di mutuo soccorso" e le varie organizzazioni di autotutela che si riallacciavano alla tradizione delle corpo- razioni e delle leghe artigiane (qui come altrove) finirono per essere via via integrate nelle assicurazioni statali perche' erano troppo polverizzate, quindi ripartivano il rischio tra po- che persone: non erano in grado di fornire una tutela ade- guata contro grosse epidemie; la poverta' legata all'eta'; l'invalidita' permanente; la disoccupazione di lunga durata; tranne poche eccezioni non offrivano tutela per la vecchiaia; erano socialmente chiuse (artigiani, impiegati, e'lite operaia stabile e relativamente ben retribuita, non operai mobili, non qualificati, donne lavoratrici con retribuzioni basse ed occu- pazione instabile). Comunque le prestazioni statali erano limitate a gruppi ri- stretti della popolazione ed erano molto scarse; ad esempio, le pensioni di invalidita' e vecchiaia ammontavano solo ad un sesto del guadagno medio annuo di un lavoratore dell'industria e l'assistenza ai poveri restava diffusa come il gradino piu' basso del sistema di sicurezza sociale. Con il passaggio graduale dalla vecchia assistenza repres- siva dei poveri alla moderna sicurezza sociale emerse an- che la sempre maggiore differenziazione e professionaliz- zazione dei servizi sociali: assistenza materna e all'infanzia, tutela medica per gli scolari, mense scolastiche per i bam- bini bisognosi, lotta alla tubercolosi, alle malattie veneree, all'alcolismo, cure agli invalidi e ai malati psichici, assistenza agli orfani e agli anziani soli, assistenza sanitaria, edilizia sociale, istruzione obbligatoria (Prussia 1878), assistenza sociale per i giovani. Le cause che hanno portato alla nascita dell'assicurazione sociale e di altre forme moderne di previdenza proprio in Germania non possono essere individuate solo nel rapido mutamento economico e sociale dell'epoca (relativamente meno sviluppato che in altre nazioni), ne' nella mobilitazione diretta delle masse (anche qui i sindacati inizialmente teme- vano che l'introduzione dell'assicurazione statale indebolis- se le proprie numerose istituzioni assicurative). La spiegazione va ricercata anche nella maggiore debolez- za della monarchia in Germania rispetto a Francia e Gran Bretagna. Inoltre, l'immagine sociale dei liberali tedeschi era orientata principalmente all'utopia di una `societa' civile sen- za classi', fondata sui ceti medi, articolata secondo le pro- fessioni, radicata su basi patriarcali: l'industrializzazione, l'urbanizzazione e la nascita di un proletariato di massa dif- ficilmente controllabile e potenzialmente rivoluzionario ven- nero considerati in modo sostanzialmente negativo. Tutto cio' spinse Bismarck ad una "riforma dall'alto", orientata ad indebolire la socialdemocrazia e i sindacati socialisti e ad ottenere l'adesione della classe operaia allo Stato monar- chico tramite la concessione dell'assicurazione sociale, mentre negli altri paesi la tradizione liberale fondata sul principio del laissez-faire ne ritardo' lo sviluppo. L'introduzione in Germania del principio assicurativo (con versamento di contributi) per le pensioni di invalidita' e vec- chiaia (a 70 anni) fu un fatto assolutamente straordinario. Nei trent'anni successivi si affermarono nella maggior parte degli Stati dell'Europa occidentale l'assicurazione contro gli infortuni e l'assicurazione di malattia, mentre le pensioni di invalidita' e di vecchiaia basata sul principio assicurativo trovarono piu' ampia diffusione dopo il 1910 e soprattutto nel periodo tra le due guerre. Nel decennio precedente la prima guerra mondiale, anche le assicurazioni volontarie per gruppi sociali limitati furono sostituite sempre piu' da assicu- razioni obbligatorie, che stavolta pero' includevano anche la massa degli operai non qualificati. Nel 1908 la Gran Bretagna introdusse le pensioni di vec- chiaia per ultrasettantenni (in Nuova Zelanda dal 1898, in Australia dal 1900/1901 per ultrasessantacinquenni), svi- luppo della tradizionale assistenza ai poveri che distingueva ancora bisognosi meritevoli e immeritevoli (la corresponsio- ne dipendeva da un esame attestante lo Stato di bisogno e la moralita' e il carattere della persona). In Danimarca senza versamento di contributi (come in Gran Bretagna) ma a par- tire da 60 anni. In Svezia l'assicurazione pensionistica del 1913 fu per tutti i cittadini, finanziata dal prelievo fiscale e dai contributi degli assicurati, ma rivolta soprattutto ai biso- gnosi. In Italia dal 1898 comincio' ad operare l'assicurazione socia- le sugli infortuni (che pero' si applicava solo ai lavoratori delle fabbriche industriali medio-grandi del Nord) e fu istitui- ta la Cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e l'in- validita' degli operai; dal 1919 divenne assicurazione obbli- gatoria e finanziata anche dallo Stato e fu resa obbligatoria anche l'assicurazione contro la disoccupazione. Sebbene non possa essere rilevata una distinzione netta, ma integrazioni e convergenze, emersero due modelli basati sui principi: assicurativo (in Germania e Svezia) che presuppone che gli assicurati non appartengano a fasce particolar- mente bisognose e che si propone la conservazione del- l'abituale tenore di vita; assistenziale (in Gran Bretagna e Danimarca) piu' egualitario ma dalle prestazioni minime. Incomincio' a prendere forma anche la differenziazione del modello europeo (basato sull'assicurazione obbligatoria statale) rispetto a quello degli Stati Uniti (tutela privata) e del Giappone (prestazioni sociali delle grandi imprese). 4) DALLA CRISI DEL TAYLORISMO ALLO SVILUPPO DEL FORDISMO: CRISI E SVILUPPO DELLO STATO SOCIALE Durante la fase di crisi del Taylorismo (tra le due guerre mondiali) emersero spinte contraddittorie che, da un lato, provocarono un contenimento (talvolta addirittura una ridu- zione) delle prestazioni sociali a causa della mancanza di ri- sorse determinata dalla crisi e, dall'altro, uno sviluppo che pero' si dispieghera' pienamente solo nel secondo dopoguer- ra con l'avvio della fase di sviluppo del Fordismo e con la correlata affermazione del Keynesismo. Lo sviluppo dello Stato sociale fordista (che divento' elemen- to centrale del "patto sociale") venne favorito anche dal fatto che ormai i partiti di sinistra, i sindacati ed i movimenti di massa lo avevano pienamente assunto come obiettivo pri- mario. 4.1) LA CRISI DEL TAYLORISMO (TRA LE DUE GUERRE MONDIALI) L'evoluzione generale dei sistemi di sicurezza sociale nel periodo tra le due guerre si manifesto' nella quota crescente di PIL destinato alle assicurazioni sociali; nel forte aumento dei beneficiari; nel passaggio dall'aiuto ai bisognosi all'assistenza ed alla tutela del benessere; nell'integrazione delle prestazioni sociali con sussidi familiari; nell'edilizia so- ciale e, soprattutto, nelle assicurazioni contro il rischio della disoccupazione, introdotte soltanto ora in misura massiccia. La Gran Bretagna nel 1920 anticipo' la maggior parte degli altri paesi europei nell'estendere il suo sistema di assicura- zione obbligatoria contro la disoccupazione; ma ovunque, dopo il "crollo" del 1929-30, le assicurazioni volontarie o obbligatorie contro la disoccupazione riuscirono a salvarsi dalla bancarotta solo grazie al forte sostegno statale. In Germania gli avanzati programmi della Repubblica di Weimar (distinzione tra diversi livelli di assistenza, unifica- zione organizzativa dell'assistenza a livello comunale, co- struzione di uffici di assistenza sociale, sanitaria e giovanile) crollarono sotto il peso della crisi economica e dei milioni di disoccupati stabili. La Germania perse la sua posizione di punta anche per l'esplicito attacco padronale che, gia' alla fine del 1928, esprimeva una strategia organica contro i sindacati, per ab- bassare i salari e per abolire lo Stato sociale. Il regime nazista, basato sull'ideologia "sociale" della co- munita' aziendale e di popolo, espresse un progetto tenden- te all'universalizzazione e all'unificazione della sicurezza sociale, in questo coincidente con i piani quasi contempora- nei di William Beveridge per la riforma del sistema britanni- co di sicurezza sociale. Una differenza fondamentale stava comunque nell'effetto disciplinante, centrale per il sistema nazista ed assente nei piani di Beveridge. Infatti, diversamente dalla tradizionale assicurazione socia- le, non esisteva un diritto all'assistenza, la quale anzi non veniva accordata ai cosiddetti "elementi antisociali" ed era- no esclusi i non ariani e gli altri "esseri inferiori". La sanita' pubblica assunse i principi dell'igiene razziale e dell'"eugenetica negativa", della sterilizzazione obbligatoria degli elementi inutili alla societa' "affetti da malattie eredita- rie" e dell'annientamento di "vite che non meritano di essere vissute". L'infiltrazione nella politica sociale di principi di darwinismo sociale e di igiene razziale fu accelerata dal risparmio forza- to, causato dalla crisi economica mondiale, per il finanzia- mento di un sistema avanzato di sicurezza sociale. Ma i capitali accumulati in questo modo dall'assicurazione socia- le finirono per finanziare la guerra. In pratica nell'assistenza pubblica le prestazioni furono mantenute dai nazionalsocialisti fino al 1941 al livello piu' basso dalla fine della repubblica di Weimar. Analogamente in Italia il regime fascista proclamo' molti principi "sociali" (nel 1927 istitui l'INFPS e l'INFAIL) ma in pratica la crisi economica fu affrontata con una politica del "salario familiare" che porto' all'espulsione della manodopera femminile e alla parziale compensazione della riduzione del salario in busta paga con assegni familiari. Inoltre il fasci- smo fu influenzato dal nazismo nell'esclusione dei non ariani (1937 abissini, 1939 ebrei) da alcuni benefici della politica sociale. Nell'Unione Sovietica tra le due guerre, la tutela dei lavora- tori dipendenti in caso di vecchiaia, invalidita' e malattia fu finanziata solo dallo Stato, senza contributi dei lavoratori, e fu notevolmente migliorata rispetto a prima della guerra; es- sa venne considerata una conquista del socialismo. La con- cessione delle prestazioni era strettamente legata all'obbligo lavorativo e determinata dai variabili obiettivi della politica economica. Negli Stati Uniti la prima guerra mondiale e l'immediato do- poguerra causarono nuovi ritardi. L'assicurazione sociale e l'intervento dello Stato in economia venivano bollati come "tedeschi", "antiamericani", "socialisti". La spiegazione del ritardo puo' essere trovata nelle specifici- ta' nordamericane relative: alla storia (assenza di una tradizione assolutistica o feu- dale dell'assistenza, disomogeneita' razziale ed etnica del paese che rese piu' difficile la creazione di comunita' soli- dali favorevoli alle assicurazioni sociali); all'ideologia dominante (individualismo americano, diffu- sione delle idee del darwinismo sociale con l'opinione che la poverta' e' un male importato); alla politica economica e sociale (sviluppo del capitalismo assistenziale che porto' alcune grandi imprese ad intra- prendere una politica sociale aziendale, ostilita' dei sin- dacati fino alla fine degli anni '20 che temevano la con- correnza per i loro enti assicurativi e intromissioni statali nell'autonomia della classe operaia). Solo dopo il crollo del "capitalismo assistenziale" degli anni '20 (che in ogni caso aveva interessato solo una minoranza di operai qualificati ed aveva avuto forti tendenze antisinda- cali), durante la crisi dei primi anni '30 e sotto la spinta della disoccupazione e della miseria di massa, si affermo' lenta- mente (con il New Deal del presidente Franklin D. Roosvelt) l'idea di una responsabilita' generale dello Stato per l'eco- nomia e la sicurezza sociale dei suoi cittadini. Nel 1935 furono gettale le fondamenta dell'attuale sistema di sicurezza sociale statunitense. Accanto ad un sistema nazionale di assicurazione di vecchiaia, invalidita' e ai su- perstiti per un numero ristretto di persone, in seguito amplia- to, e accanto a pressanti indicazioni per l'istituzione di assi- curazioni contro la disoccupazione nei singoli Stati, il gover- no centrale mise a disposizione fondi per i programmi assi- stenziali dei singoli Stati a favore di anziani bisognosi, ciechi ed orfani. Rispetto ai sistemi classici di assicurazione socia- le mancava pero' l'assistenza sanitaria pubblica o il servizio sanitario statale (solo dopo la vittoria elettorale dei demo- cratici alle presidenziali del 1964 furono avviati programmi statali di assistenza medica almeno per poveri ed anziani e, nonostante l'espansione dei sistemi di sicurezza sociale do- po il New Deal, la quota delle spese sociali rispetto al PIL resta bassa rispetto alle nazioni industrializzate, soprattutto per la resistenza delle lobbies dei medici e delle assicura- zioni private). In Svezia le prestazioni offerte ai cittadini dall'assicurazione popolare del 1913 erano poco piu' che simboliche. Nel 1937 furono introdotte pensioni integrative di diversa entita', indi- cizzate al costo della vita. Le "pensioni popolari" introdotte nel 1946 erano invece molto piu' elevate delle precedenti e dovevano garantire in vecchiaia un minimo esistenziale adeguato (al pari degli assegni familiari, del risarcimento danni per infortuni e dell'assicurazione di malattia, goduti durante l'attivita' lavorativa) e ne beneficiavano tutte le classi sociali, anche i lavoratori autonomi, gli impiegati meglio re- tribuiti e gli abitanti delle zone rurali; erano finanziate per il 70% dal prelievo fiscale ed ebbero anche un forte effetto redistributivo. L'universalismo egualitario delle prestazioni sociali dei primi anni del dopoguerra fu integrato, gia' negli anni '50, da pre- stazioni specifiche per gruppi sociali determinati con le quali si mirava non alla garanzia di minimi esistenziali ma al mantenimento di un buon tenore di vita. Una nuova legge sull'assicurazione di malattia del 1953 previde cosi, insieme a prestazioni uguali, diversi livelli di indennita' commisurati ai contributi versati. Alla fine degli anni '50 furono istituite pensioni integrative di anzianita' commisurate alla retribuzio- ne. 4.2) LO SVILUPPO DEL FORDISMO (IL SECONDO DOPOGUERRA) Nel 1942 fu elaborato in Gran Bretagna il piano Beveridge, considerato il documento fondamentale del moderno Stato sociale, che prevedeva l'estensione dell'assicurazione socia- le a quasi tutti i cittadini, unificando i diversi tipi di assicura- zione in un unico organismo e garantendo un reddito mini- mo unitario nazionale, sufficiente ad un'esistenza dignitosa. Le prestazioni dell'assistenza sociale erano previste solo per quei gruppi di cittadini, secondo Beveridge poco nume- rosi, che non potevano usufruire di un'assicurazione deri- vante dal lavoro salariato proprio o di altri familiari. Alla base del programma c'era lo stretto collegamento tra la politica sociale ed una politica economica nazionale tendente alla piena occupazione, il passaggio dall'assicurazione dei lavo- ratori a quella di tutti i cittadini (come nei paesi scandinavi), assegni familiari per famiglie numerose, la creazione di un servizio sanitario nazionale gratuito per tutti i cittadini, l'uni- versalita' e l'unitarieta' del sistema. Il piano ambiva a com- prendere tutti i rischi possibili e ad assicurare livelli minimi di vita civile, bandendo cosi "la miseria in tutte le sue forme". Anzi era parte di un programma piu' ampio che avrebbe do- vuto portare fino alla graduale abolizione della proprieta' pri- vata dei mezzi di produzione. Il piano Beveridge fu adottato e per molti versi realizzato dal governo laburista dopo la sua vittoria elettorale del 1945. Lo Stato estese inoltre il suo intervento all'edilizia, all'istruzione pubblica e, con controverse leggi di nazionalizzazione, an- che all'economia. Il piano Beveridge influenzo' Olanda, Belgio, Svizzera, e rafforzo' le tendenze presenti in Scandinavia. Dalla fine della seconda guerra mondiale i sistemi di sicu- rezza sociale furono continuamente ampliati, soprattutto nelle vecchie nazioni industrializzate. Si impose definitiva- mente l'opinione che la sicurezza sociale e' diritto fondamen- tale di ogni individuo. Le lacune dell'assicurazione sociale furono colmate, parificandola tendenzialmente all'assicura- zione popolare. Il principio del dinamismo delle prestazioni, portato avanti nella riforma pensionistica tedesca, si affermo' alla fine nelle nazioni industrializzate. Un sistema di presta- zioni sociali che mirasse alla conservazione del tenore di vita e non solo alla mera garanzia dei minimi vitali divenne un postulato centrale del moderno Stato industrializzato oc- cidentale. L'ampliamento dei sistemi di sicurezza sociale dopo il 1945 non riguardo' solo le nazioni industrializzate capitalistiche europee, ma anche gli Stati ad economia socialista dell'Eu- ropa dell'Est, gli Stati Uniti e il Giappone, ed infine, sem- pre piu', i cosiddetti paesi in via di sviluppo (dove, comun- que, i sistemi assicurativi hanno riguardato per lo piu' solo singole zone, le aziende maggiori o singole fasce della po- polazione attiva, come accadeva in Europa alle origini). Lo sviluppo dello Stato sociale in Europa si oriento' verso due modelli (in Italia vige un sistema misto): quello continentale (Germania, Francia, Belgio), di origi- ne assicurativa e di derivazione bismarckiana, che si propone di garantire al lavoratore il mantenimento dello status e del livello di reddito raggiunto durante la sua vita lavorativa, finanziato prevalentemente attraverso i contri- buti dei lavoratori e dei datori di lavoro; le prestazioni so- no commisurate alla retribuzione percepita ad eccezione degli assegni familiari e dell'assistenza sanitaria (a carat- tere universalistico); quello atlantico (Gran Bretagna, Danimarca), di origine assistenziale e di derivazione beveridgiana, che si pro- pone di garantire a tutti i cittadini che si trovino in condi- zioni di bisogno un livello minimo di sussistenza, con un importo indipendente dal reddito di lavoro percepito, fi- nanziato prevalentemente tramite imposizione fiscale (anche la Svezia rientra in questo modello per il carattere universalistico e per la forma del finanziamento prevalen- temente fiscale ma si differenzia per le prestazioni net- tamente piu' elevate). Si puo' rilevare una convergenza: La tendenza generale all'universalismo, perseguita dopo il 1945 in Gran Bretagna, Svezia e Danimarca con pre- stazioni uniche per tutti i cittadini, si e' manifestata anche in Francia e in Germania. I principi dell'universalismo egualitario hanno trovato espressione anche nel diritto all'assistenza medica per tutti gli iscritti alle casse di ma- lattia. L'idea che l'assicurazione sociale non dovesse assicura- re solo un tenore di vita minimo, ma anche mantenere il tenore di vita abituale in vecchiaia e durante crisi sociali, tipico del sistema tedesco di sicurezza sociale fondato su contributi e prestazioni differenziati, e' stata ripresa in Svezia e - per quanto in forma incompleta - anche in Gran Bretagna, che sono partite da prestazioni sociali uniche per tutti gli appartenenti ai sistemi di sicurezza sociale. Nonostante la tendenza alla convergenza le differenze tra le singole nazioni sono ancora notevoli (in Italia i principi so- ciali sono fissati nell'art. 38 della Costituzione, ma, ad esempio, il sistema di assistenza sociale, gestito dagli enti locali, non e' uniforme in tutto il paese; mentre e' piu' svilup- pato il sistema pensionistico). D'altra parte sono emersi anche limiti e nuove contraddizio- ni: In Gran Bretagna nel 1971 le pensioni base coprivano solo il 35,1% del guadagno netto di una famiglia di sala- riati (rispetto al 60% della Germania) e per la tutela di vecchiaia vennero formandosi (vedi riforma pensionistica del 1975) forti differenziazioni tra chi disponeva o meno di una pensione integrativa. In Svezia si riusci molto meglio che in Gran Bretagna ad evitare una divisione tra anziani poveri e ricchi perche' fu collegato il sistema tradizionale delle pensioni base con pensioni integrative pubbliche basate sul reddito, ma at- tribuendo scarso valore alle assicurazioni private e alle pensioni aziendali, peraltro fuse con il sistema statale. Con la riforma del 1959 il finanziamento delle pensioni avvenne esclusivamente col prelievo fiscale e i contributi dei datori di lavoro, senza contributi dei lavoratori. I capi- tali accumulati nei fondi pensione furono utilizzati per edilizia sociale ed altri provvedimenti occupazionali. Ma anche il sistema svedese e' entrato in crisi dagli anni '70. In Germania furono considerate maggiori fasce di citta- dini e di rischi sociali, con l'allineamento delle prestazioni sociali per operai, impiegati e lavoratori autonomi, l'intro- duzione di nuove prestazioni (assegni familiari, sussidi per l'istruzione, in caso di fallimento, maltempo, ecc. ecc.), la retribuzione del periodo di malattia (1969). Ma anche qui sono emerse nuove disparita' tra chi dispone solo di pensioni statali e chi di pensioni aziendali, ecc. e, dalla meta' degli anni '70, la tutela sociale per una parte considerevole della popolazione e' tornata ai minimi esi- stenziali. 5) LA CRISI ATTUALE DEL FORDISMO: DISTRUZIONE E MUTAMENTO DELLO STATO SOCIALE FORDISTA La crisi del modo di produzione fordista-keynesiano inizia nel 1968-73 ma la precedente tendenza generale all'aumento della spesa per la sicurezza sociale dura fino alla seconda meta' degli anni `70; poi si riscontra una dina- mica piu' ridotta o addirittura una regressione. Emerge quindi una tendenza generale alla riduzione e de- formazione del salario sociale e alla ricerca nei sistemi di welfare delle risorse necessarie per rilanciare l'economia, ma non e' ancora riscontrabile la direzione che il mutamento dello Stato sociale potra' assumere alla fine della crisi del Fordismo, anche in relazione a questioni quali l'aumento della disoccupazione e della precarizzazione del lavoro, l'allungamento della vita media e l'aumento delle malattie cronico-degenerative, ecc. ecc. Attualmente la deformazione critica dello Stato sociale for- dista-keynesiano in Europa (con forme ed intensita' diverse, a seconda delle caratteristiche dell'economia, dei governi, dei sindacati, ecc.) sembra esprimersi con: il rafforzamento nel sistema pensionistico del criterio della capitalizzazione in modo che l'esigenza di restringe- re il divario tra ultima retribuzione percepita e trattamento pensionistico orienti il risparmio privato verso i fondi pensione; il sostegno alla famiglia come surrogato/integrazione delle prestazioni sociali "tagliate" (con le relative conse- guenze sulla condizione femminile); lo sviluppo del "terzo settore" in quanto strumento di pri- vatizzazione strisciante e per il suo ruolo surrogato- rio/integrativo nei confronti dell'intervento statale. Ma con queste note siamo gia' passati dalla storia alla cro- naca e siamo usciti dalla dimensione dichiaratamente schematica e sommaria di questa breve storia del salario sociale. Dimensione che, tra l'altro, non ci ha consentito di descrivere adeguatamente l'elaborazione teorica, le con- quiste materiali realizzate, le lotte del movimento sindacale e dei lavoratori che le hanno direttamente o indirettamente determinate, le forme organizzative che ne sono consegui- te: la soggettivita' operaia come criterio scientifico di giudi- zio, l'istituzione delle USSL, la vertenzialita' territoriale dei CUZ, ecc. ecc. L'enorme compito che abbiamo di fronte e' contribuire a ri- prendere e sviluppare la riflessione teorica e la prassi ver- tenziale. Mini-bibliografia: Marx - Il Capitale - Einaudi; Ritter - Storia dello Stato sociale - Laterza; Bartocci ed altri - Lo Stato so- ciale in Italia - Iridiss/Donzelli