Seminario nazionale di Alternativa Sindacale Filcea - 26/27 marzo 1997 La contrattazione collettiva in Europa Negli ultimi venti anni si sono verificati profondi cambiamenti nelle economie di tutte le societa' occidentali avanzate. Questi cambiamenti : la globalizzazione della produzione e dei mercati finanziari; la tecnologia dell'informazione e la specializzazione flessibile della produzione; la destabilizza- zione dei mercati del lavoro e la disoccupazione strutturale; il cambiamento della classe e le strutture dell'occupazione; gli attacchi allo stato sociale e la ripresa delle politiche neo- liberiste, sfidano le principali istituzioni e la pratica delle re- lazioni industriali. Tale situazione mette in difficolta' soprattutto i sindacati, perche' il loro potere nel mercato del lavoro e' stato eroso, la loro capacita' di analisi e proposta e' stata messa in discus- sione e il loro ruolo nella contrattazione e' stato emarginato. Aspetti rilevanti del modello di relazioni industriali in Europa del dopoguerra - contrattazione centralizzata, accordi collet- tivi di categoria, concertazione nazionale, salari minimi legali e regole di protezione del lavoro - sono minacciati o ridi- scussi. I cambiamenti vengono dall'"alto" (internazionalizzazione, integrazione europea, cambiamento del ruolo dello stato e degli interessi organizzati) e dal "basso" (tecnologia, cam- biamento delle pratiche di lavoro). L'avvento delle compagnie europee e multinazionali, la loro ristrutturazione interna in "unita' di affari" e l'intensificazione dei rapporti con l'estero avranno conseguenze distruttive per quanto riguarda i modelli nazionali della contrattazione collettiva. Recenti indagini comparative sulle relazioni industriali in Eu- ropa hanno dimostrato che c'e' una spinta considerevole ad assumere decisioni su questioni occupazionali in modo sempre piu' decentrato; a modificare regole e risultati della contrattazione collettiva; a legare i contratti d'impiego alla capacita' e disponibilita' dei dipendenti ; a collegare la retri- buzione alle ore lavorate e al risultato richiesto. Il fatto che tutte le aziende, sotto la pressione dell'aumentata competizione globale, cercano di ridurre i costi ha aggiunto urgenza a questa "sfida della flessibilita'". Il decentramento della contrattazione collettiva, la flessibilita' delle relazioni d'impiego e la liberalizzazione dei mercati so- no diventati uno dei temi comuni nel discorso sulle relazioni industriali europee. La contrattazione collettiva e' stata il principale strumento per regolare le relazioni di lavoro nell'Europa occidentale durante gli ultimi 50 anni. Molti sostengono che non sara' sempre cosi e che siamo alla vigilia di una transizione tra "Capitalismo organizzato" e "Capitalismo Disorganizzato" essendo questo un mondo in cui i compromessi centralizzati tra aziende, lavoratori e stati hanno meno importanza. Il calo degli iscritti al sindacato, il declino dei sindacati con- federali e l'aumento della contrattazione individuale, oppo- sto a quella collettiva tra lavoratori e imprenditori, e' visto come segnale significativo di questa transizione in Europa. Ma, al di la' dal soffermarci sulle tendenze che sta assu- mendo lo sviluppo della contrattazione tra capitale e lavoro, dobbiamo innanzitutto analizzare le forme con cui questa contrattazione si esprime oggi. IL MODELLO DI RELAZIONI INDUSTRIALI Nel corso degli anni '70 e '80 le maggiori compagnie statuni- tensi hanno deciso, per contrastare l'aumentata competizio- ne internazionale proveniente dal Giappone, dall'Asia dal Sud Est (e in seguito dal Messico), di abbandonare il model- lo postbellico di contrattazione collettiva e cooperazione con le organizzazioni dei lavoratori. Compiendo questa scelta strategica le compagnie america- ne agirono in modo svincolato dalle politiche governative, dalle leggi e dall'opinione pubblica. Il contesto per le scelte strategiche degli imprenditori in Eu- ropa e', o per lo meno era, differente per il ruolo preminente dei governi nelle relazioni industriali, per la dimensione del settore pubblico, per l'istituzionalizzazione delle intese sulla sicurezza sociale, per l'esistenza di imprenditori e di asso- ciazioni forti in molti paesi e per l'influenza molto piu' grande della tutela pubblica dei sindacati (anche nei paesi dove essi hanno pochi iscritti). Sotto simili pressioni economiche internazionali ma, di con- tro, in un ambiente istituzionalmente piu' ricco, la direzione strategica delle imprese in Europa non fu solo piu' vincolata dai sindacati e dai governi, ma anche condizionata da una incertezza fondamentale circa quello che avrebbe dovuto essere la migliore strategia competitiva, sia a livello delle societa' che degli stati. L'Europa Occidentale non puo' essere vista tuttavia come unica. Nonostante molte pressioni congiunte e ripetuti tentativi di integrare le politiche e le istituzioni, le relazioni industriali europee sono caratterizzate da una diversita' persistente. Si puo' fare la distinzione tra 4 modelli di relazioni industriali (figura 1): MODELLI DI RELAZIONI INDUSTRIALI NELL'EUROPA OCCIDENTALE Corporativo Forte Settentrionale | Corporativo Debole Centrale | | Di mestiere Anglosassone | | | Conflittuale Latino | | | | ------------|-------------|------------|-------------|-------------------- interessi |coesivo |segmentato |frammentato |concorrenziale organizzati |disciplinato |disciplinato|incostante |incostante sindacati e |comprensivo |parzialmente|variabile |variabile datori di | | stabile | | lavoro | | | | ------------|-------------|------------|-------------|-------------------- rapporti |conduzione |equilibrati |alternati |debolezza ambedue | sindacale |conduzione |instabili | le parti/grosso |equilibrati |padronale | | ruolo per lo stato | | | | ------------|-------------|------------|-------------|-------------------- contratta- | | | | ione | | | | collettiva. | | | | livello | | | | dominante: |categoriale |categoriale |azienda/ |non chiaro | | | profess. | copertura: |alta |medio - alta|bassa - | | | | moderata |medio - alta intensita': |significativa|moderata |significativa|limitata stile: |integrativo |integrativo |antagonista |contestativo modello: |stabile |stabile |instabile |instabile ------------|-------------|------------|-------------|-------------------- concerta- |forte (a |forte (ambe-|assente |variabile zione | dominanza | due o a | | | sindacale) | dominanza | | | | padronale)| | ------------|-------------|------------|-------------|-------------------- conflitto |basso |basso |medio |alto |altamente |altamente |sparso |discontinuo | organizzato| organizzato| | ------------|-------------|------------|-------------|-------------------- ruolo dello |agevola |agevola |si astiene |interviene, Stato | diritti | diritti |non regola- |diritti | collettivi | individuali| mentato | individuali/ | | /collettivi| | collettivi ------------|-------------|------------|-------------|-------------------- stato |pervasivo |frammentato |residuale |elementare sociale |diritto al |diritto alla| |diritto del | lavoro | rendita | | lavoro e | | | | benessere |stato/elargi-|stato/inte- |stato | proclamati | tore risorse| gratore | sostiene | | elementari | risorse | il lavoro | | | elementari | | ------------|-------------|------------|-------------|-------------------- nazioni |Svezia |Austria |Regno Unito |Francia |Finlandia |Germania |Irlanda |Italia |Danimarca |Svizzera | |Spagna |Norvegia |Belgio | |Portogallo | |Olanda | |Grecia ------------|-------------|------------|-------------|-------------------- casi ibridi (Italia) (Svizzera) (Belgio) (Irlanda) (Irlanda) (figura 1) 1) Nel modello conflittuale capitale e lavoro sono alterna- tivi, le loro relazioni non sono regolamentate. Le parti discutono sui reciproci diritti, spesso attuano forme di conflittualita' e frequentemente richiedono l'intervento dello stato. In questo modello il diritto del lavoro ha un ruolo importante per definire i diritti individuali in termini reali piu' che proce- durali, tuttavia molte di queste leggi restano solo sulla carta visto che la capacita' dello stato di farle rispettare e' debole o contestata. Il diritto al lavoro e al benessere sono proclamati piu' che resi effettivi, l'esclusione sociale e' un fenomeno molto diffu- so e lo stato sociale e' solo rudimentale. In questo gruppo collochiamo i paesi dell'Europa del Sud, come Grecia, Italia, Spagna e Portogallo. Va notato che, soprattutto negli ultimi anni, le scelte di tipo concertativo attuate in Italia tendono a modificarne l'appartenenza a questo modello di relazioni industriali. 2) Nel modello di mestiere capitale e lavoro hanno svilup- pato relazioni contrattuali, ambedue hanno un sistema di valori antagonista, tuttavia possono essere d'accordo sulle procedure e accettare gli insuccessi, sempre che il vincitore rispetti le regole. La struttura delle organizzazioni e' frammentata e c'e' poco o nessun coordinamento centralizzato. Lo stato tende ad astenersi e a dipendere dalla capacita' di autoregolazione dei mercati di produrre contratti. Le relazioni industriali non sono regolamentate; l'azione sindacale non e' protetta da un sistema di diritti o ancorata a leggi costituzionali, ma e' concessa dal parlamento tramite le cosiddette immunita'; accordi collettivi tipo patti d'onore non possono essere fatti rispettare attraverso le corti di giustizia. Lo stato sociale assume un ruolo residuale, come elargitore di risorse non elementari e assicura una limitata protezione del lavoro nel mercato. Questo e' anche chiamato modello anglosassone che in Eu- ropa e' applicato in Inghilterra e, per l'influenza storica, alla sua prima colonia, l'Irlanda. 3) e 4) Nel modello corporativo la contrattazione collettiva tende a essere condotta o supervisionata dalle organizza- zioni di capitale e lavoro altamente organizzati, e ad essere basata su sistemi di valori integrati o parzialmente sovrap- posti. La contrattazione tende a essere sostituita dalla consulta- zione nelle istituzioni politiche nazionali e, alla base, nei comitati del lavoro e nei comitati misti. In questo caso lo stato tende ad agevolare questo sistema di relazioni, per esempio riconoscendo le confederazioni sindacali generali, concedendo accesso privilegiato ai forum politici e scoraggiando le organizzazioni rivali e i sindacati aziendali. Noi possiamo distinguere ulteriormente tra un gruppo Set- tentrionale (Svezia, Finlandia, Danimarca e Norvegia) e uno Centrale (Germania, Austria, Svizzera, Belgio e Olan- da). La posizione delle organizzazioni del lavoro (partiti e sinda- cati) e' piu' forte nel gruppo settentrionale e le leggi del lavo- ro tendono a stabilire i diritti collettivi piuttosto che quelli in- dividuali. Nel gruppo settentrionale (o del corporativismo forte) lo stato sostiene il diritto al lavoro tramite un concetto di citta- dinanza sociale e si comporta come un elargitore delle ri- sorse elementari e integratore delle risorse non primarie. L'entrata delle donne nel sistema lavorativo e' stata sostenu- ta con un vasto sviluppo dei servizi statali collettivi di sup- porto, specialmente nell'educazione, nella salute e nei ser- vizi sociali. Nel gruppo centrale "Bismarckiano" (o del corporativismo debole) lo stato si comporta come un elargitore di risorse non primarie e integratore di risorse elementari ed i diritti sociali sono istituzionalizzati in differenti regimi e categorie. Qui lo stato ha sostenuto l'uscita di vari gruppi - storicamen- te di donne lavoratrici sposate e negli anni recenti di lavora- tori piu' vecchi e non specializzati - dal mercato del lavoro. Nel gruppo settentrionale il movimento dei lavoratori e' ri- masto unito e ha avuto un ruolo dominante nello sviluppare uno stato sociale universale. Nel gruppo centrale le idee di economia sociale di mercato e di stato sociale sono stati creati dalla competizione tra for- ze cristiane e socialdemocratiche in una politica consociati- va e/o in una democrazia federale. La struttura delle relazioni di classe, l'organizzazione degli interessi, l'espressione politica e industriale del conflitto, la relazione tra stato e cambiamento della societa' si modifica- no solo lentamente e sono profondamente inseriti nei valori sociali e culturali. Le forme delle relazioni industriali istituzionalizzate mostra- no una "affinita' speciale" con i modelli dell'organizzazione e con la rappresentazione del capitale e del lavoro. Le spaccature politiche e sociali, i legami storici tra partiti e sindacati e il ruolo della Democrazia Sociale e Cristiana nella storia europea, rivela corrispondenti disegni. L'applicazione di questi modelli alle singole nazioni non e' semplice. Noi dobbiamo premunirci contro l'idea di disegna- re un quadro troppo statico e monolitico di realta' che, inve- ce, sono fluide e spesso eterogenee. Le relazioni industriali variano tra settori e regioni. Alcune nazioni mostrano piuttosto casi ibridi e mostrano due o piu' modelli allo stesso tempo. L'Irlanda, per esempio, ha le caratteristiche di uno stato so- ciale rudimentale con un settore agricolo tradizionalmente esteso, ma e' anche una base manifatturiera per molte com- pagnie straniere ed e' indirizzata in modo significativo ad implementare politiche nazionali di controllo dei salari in ac- cordo con le organizzazioni centrali dei datori di lavoro e dei sindacati. Come molte nazioni nel gruppo del Sud, il sistema delle re- lazioni industriali irlandese puo' sembrare un caso di "aspirazione al corporativismo". Pero' in Irlanda non esiste una associazione degli imprendi- tori istituzionalizzata che e' cosi tipica per il modello corpora- tivo e condivide con quello britannico una struttura molto frammentata delle associazioni di mestiere. Italia e Belgio possono essere chiamate casi misti a causa delle loro variazioni interne tra le regioni del Nord e del Sud, che li colloca tra il modello del corporativismo centrale e quello conflittuale. STRUTTURA DELL'OCCUPAZIONE NEL 1993 Nazioni |dipen- |% del |indice |quota di|quota di |denti |totale |di parte-|occupa- |occupati nelle |occupati|occupa-|cipazione|zione |piccole imprese | |zione |della |indus- |e settori** | | |forza |tria* |manufatturiero | | |lavoro | |servizi -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- SVEZIA | 3.535 | 89.1 | 78.5 | 25.4 | | -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- FINLANDIA | 1.718 | 83.1 | 74.0 | 27.0 | 17.0 | 34.4 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- DANIMARCA | 2.274 | 87.9 | 84.4 | 26.3 | | -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- NORVEGIA | 1.765 | 88.1 | 76.8 | 23.1 | | -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- BELGIO | 3.073a| 79.9a | 63.8a | 27.7a | 13.0 | 45.0 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- AUSTRIA | 3.072 | 86.1 | 69.2 | 35.0 | | -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- GERMANIA | 31.286 | 88.7 | 68.4 | 30.1 | 11.0 | 47.0 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- SVIZZERA | 2.930b| 86.5b | 75.5 | 33.2 | ... | -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- OLANDA | 5.805 | 87.3 | 69.9 | 24.6 | 14.0 | 38.0 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- IRLANDA | 873c| 75.8c | 62.7 | 28.9c | ... | -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- INGHILTERRA| 21.554 | 85.1 | 73.9 | 26.2 | 11.0 | 42.0 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- FRANCIA | 19.242 | 86.3 | 66.7 | 27.7 | 12.0 | 38.0 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- ITALIA | 15.193 | 69.6 | 59.1 | 33.0 | 38.0 | 68.0 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- GRECIA | 1.981 | 53.3 | 58.9 | 24.2 | 23.0 | 61.0 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- SPAGNA | 8.634 | 71.5 | 58.6 | 30.7 | 32.0 | 56.0 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- PORTOGALLO | 3.310 | 73.5 | 71.4 | 33.0 | 28.0 | 60.0 -----------|--------|-------|---------|--------|-------|--------- (tabella 1) Note: * - ** = tabelle riferite alla proporzione degli addetti occupati in aziende di 0-19 dipendenti nelle industrie manifat- turiere e nei servizi commerciali nel 1991 o nel 1992 a) = 1992 b) = stime c) = 1991 Alcune delle variazioni della figura 1 si rispecchiano nei dati strutturali sull'occupazio-ne mostrati in tabella 1. Dalla fine degli anni '60, l'occupazione industriale sta dimi- nuendo in Europa sia in proporzione all'occupazione com- plessiva che, come si rileva in molti paesi, in numero assolu- to. Il centro industriale dell'Europa sembra essersi spostato a Sud (e all'Est se consideriamo anche i paesi ex comunisti). Negli stati marittimi dell'Europa occidentale e del Nord, piu' del 70% di tutta l'occupazione civile e' localizzata nei servizi, e in Scandinavia in una buona parte nei servizi pubblici e non commerciali. Questi sono anche i paesi con i piu' alti tassi di partecipazio- ne della forza lavoro, seguiti dall'Inghilterra e dalla Svizzera. Cio' riflette le differenze tra i vari regimi di stato sociale e valori del lavoro visti prima. Infine i settori con piccole aziende, con meno di 10 dipen- denti, sono piu' grandi nei paesi del Sud, eccetto la Francia. Le compagnie multinazionali e le aziende di grandi dimen- sioni d'altro canto sembrano essere predominanti in Inghil- terra, Germania, Francia, Olanda, Svezia e Svizzera. FRANCIA QUADRO GENERALE Anche in Francia si registrano negli ultimi anni i fenomeni della terziarizzazione e della ristrutturazione dell'industria. Nei servizi, commerciali e non, sono occupati nel 1993 i 2/3 dei lavoratori dipendenti (meno della meta' nel 1970). L'industria, che rappresenta non piu' di un quinto degli oc- cupati, ha conosciuto 3 importanti ristrutturazioni: declino e fusione della siderurgia; perdita di 400.000 posti di lavoro nel tessile in venti anni; processi di concentrazione e di- versificazione in numerosi ambiti. L'agricoltura, che occupava ancora all'incirca il 30% della popolazione attiva negli anni '50 e che rappresenta a tutt'oggi il 6% delle esportazioni, vede soltanto il 5% degli occupati. L'economia francese e', relativamente ad altri paesi europei, poco internazionalizzata: il commercio estero rappresenta solo il 18% del PIL. L'occupazione e' in rapida mutazione: crescita rapida del la- voro femminile, delle categorie socio-professionali e dei la- vori atipici sono state le costanti degli ultimi 20 anni; i lavoratori precari sono ormai il 10% della popolazione attiva. Il tempo parziale riguarda oggi piu' di 3 milioni di lavoratori, pari al 15% degli attivi e al 28% delle donne occupate. Il tasso di disoccupazione e' alto (11,3% secondo Eurostat - dati nov. 1995) e particolarmente elevato in alcune regioni (come la Languedoc-Roussillon). Il tasso d'inflazione e' dell'1,9% e il debito pubblico e' pari al 53,5% del PIL (1995). RELAZIONI SOCIALI La storia delle relazioni sociali francesi si e' svolta per un lungo periodo a livello confederale, parallelamente all'intervento dello Stato: basti pensare alle ferie retribuite e ai contratti collettivi di lavoro del Fronte Popolare del 1936, le disposizioni generali dopo la Liberazione nel 1946, gli "accordi di Grenelle" del maggio '68, le "Leggi Auroux" del 1982 dopo la vittoria della sinistra. Oggi la contrattazione interconfederale resta in piedi in materia di protezione socia- le e di formazione professionale, dove ha generalmente un carattere triangolare; mentre negli altri ambiti il livello inter- confederale si e' molto ridotto, assieme all'intervento dello Stato. LIVELLI DI CONTRATTAZIONE La Legge del 1982 (Legge Auroux) fissa l'obbligo di nego- ziazione annuale dei salari e dell'orario (durata reale e or- ganizzazione degli orari) a livello d'impresa. Dai negoziati possono scaturire contratti collettivi d'impresa di carattere generale o accordi aziendali riguardanti uno o piu' soggetti determinati. I firmatari degli accordi a livello di settore deb- bono discutere in materia salariale tutti gli anni, e ogni 5 anni di inquadramenti e qualifiche. Dopo 10 anni di forte crescita, la contrattazione d'impresa si e' modificata: il 70% degli accordi stipulati nel 1993 riguar- dano la gestione degli "esuberi" aziendali, la durata e la ri- organizzazione degli orari di lavoro e solo una minima parte gli aumenti retributivi. L'occupazione, che non rientra nei temi previsti dalla con- trattazione obbligatoria, e' invece l'oggetto di un numero crescente di accordi a scala d'impresa (+23% tra il 1992 e il 1993). Esistono inoltre, come si diceva prima, trattative e accordi confederali. La durata dei contratti e' indeterminata o determinata con un massimo di 5 anni. I contratti possono riguardare tutte le industrie e regioni, salvo le imprese pubbliche con regolamento apposito. La contrattazione e' applicabile a tutti i lavoratori di un'impresa, siano o non siano iscritti ai sindacati firmatari. Il Ministro del Lavoro puo' estendere un accordo di settore per i lavoratori di tutte le imprese dello stesso, a livello na- zionale o regionale, o di una specifica attivita'. DIRITTO ALLA CONTRATTAZIONE Le confederazioni sindacali rappresentative, o i sindacati ad esse affiliate o che dimostrano la loro rappresentativita' nel campo dell'applicazione dei contratti o degli accordi, hanno il diritto di concludere contratti o accordi collettivi. O per dirla meglio, i sindacati affiliati a una organizzazione rappresentativa sul piano nazionale sono a pieno diritto rappresentativi dell'impresa. Cio' deriva dai criteri stabiliti nel Codice del Lavoro e da quelli piu' recenti sviluppati dalla giurisprudenza. Un discorso a se' merita la questione della rappresentanza sindacale nell'impresa. La legge prevede a tale proposito piu' forme di rappresen- tanza: - i delegati del personale Sono eletti dai lavoratori dipendenti dell'impresa o dell'unita' produttiva con almeno 11 occupati. I loro compiti, previsti per legge, sono sostanzialmente quelli di presentare alla di- rezione le richieste individuali o collettive relative ai salari e all'applicazione del codice del lavoro, delle leggi e dei rego- lamenti riguardanti la protezione sociale, l'igiene e la sicu- rezza, dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro. Hanno inoltre il diritto di essere consultati in materia di li- cenziamenti collettivi nelle imprese con almeno 50 dipen- denti. - il comitato d'impresa (CE) E' costituito obbligatoriamente nelle imprese con almeno 50 dipendenti. E' composto da 3 a 15 delegati eletti dai lavora- tori, ai quali possono essere aggiunti rappresentanti sinda- cali con voto consultivo. La presidenza del CE e' del datore di lavoro. Dispone di attribuzioni negli ambiti economici e professionali riguardanti l'informazione. Inoltre gestisce o controlla le at- tivita' sociali e culturali dell'impresa. E' previsto, inoltre, il comitato di gruppo, struttura specifica di rappresentanza a livello di un gruppo di una societa', che riceve informazioni sull'attivita' e la situazione finanziaria del gruppo, sull'evoluzione dell'occupazione e sulle sue pro- spettive economiche dell'anno a venire. - i delegati sindacali La designazione dei delegati sindacali e' lasciata all'iniziativa delle organizzazioni sindacali rappresentative ed e' prevista nelle aziende o nelle unita' produttive con almeno 50 dipen- denti. I delegati rappresentano il sindacato nei confronti della direzione e nelle contrattazioni aziendali. - il comitato d'igiene, sicurezza e condizioni di lavoro (CHSCT) E' costituito da 3 a 9 rappresentanti, ai quali, se occorre, s'aggiungono il medico del lavoro e il tecnico della sicurezza a titolo consultivo. E' presieduto dal capo del personale e ha per compito il controllo dell'applicazione delle norme e rego- lamenti concernenti l'igiene e la sicurezza. - i rappresentanti dei dipendenti nel Consiglio di Ammi- nistrazione L'ordinanza 86/1135 offre la facolta' alle Societa' Anonime di prevedere nei loro statuti la presenza nei CdA di rappresen- tanti eletti dal personale. Il loro numero non puo' superare 4 presenze (5 nelle SA quotate in Borsa) e, in ogni modo, il terzo degli altri amministratori. Questi rappresentanti sono incompatibili con qualsiasi altro mandato di rappresentanza. GERMANIA QUADRO GENERALE Anche in Germania, nonostante la presenza di un tessuto industriale tra i piu' elevati in Europa, il terziario e' oggi il settore predominante. Le Piccole e Medie Imprese (meno di 500 dipendenti e piu' di 10) sono oggi il pilastro dell'economia: ma gia' nel 1989 costituivano il 49% del prodotto nazionale e occupavano il 66% dei lavoratori. La rete costituita dalle PMI ha contribuito non poco al successo dell'industria tedesca. Al contrario le piccolissime imprese (con meno di 10 dipen- denti), a differenza di quanto avviene nel sud d'Europa, oc- cupano solo il 16% dei lavoratori dipendenti. Un'altra caratteristica nota dell'economia tedesca e' la sua organizzazione regionale federativa strutturata in Lander. Si tratta di Stati federati con un proprio potere autonomo; ogni Lander e' dotato di una propria Costituzione che deve rispet- tare la Legge Fondamentale. Quest'organizzazione e' visibile costantemente nell'assieme della vita economica e sociale e i Lander differiscono note- volmente tra di loro. Dal 1990 si sono aggiunti i "nuovi Lan- der" nell'Est tedesco dell'ex DDR. La Germania ha attraversato nel periodo '92-'93 una forte crisi che ha messo a dura prova l'insieme del sistema eco- nomico e sociale. Una recessione evidente ha portato il PIL al 2% nel '93; il numero dei disoccupati ha superato i 3,5 milioni (va ricordato che a fine '96 il numero dei disoccupati ha superato i 4 milioni!); l'industria metallurgica ha perso quasi 500.000 occupati nel '93; la crisi non ha risparmiato ne' la grande ne' la media impresa; i costi dell'unificazione hanno comportato una forte crescita del deficit dei conti pubblici; la bilancia dei pagamenti ha segnato rosso. Di fronte a questa crisi si e' verificata in una prima fase una marcata disdetta dei contratti collettivi e una delocalizzazio- ne delle imprese, accompagnata da una messa in discus- sione, da parte padronale, dei costi del lavoro e dello stesso sistema contrattuale tedesco. Successivamente, nel 1994, si e' intrapreso, sia pur con non poche contraddizioni, uno sforzo diretto al miglioramento dell'organizza-zione indu- striale e alla conservazione della politica di cooperazione sociale; alla strada dei licenziamenti si e' preferita quella della riduzione solidale dei tempi di lavoro ed e' ripartita la contrattazione collettiva. Nonostante cio' il tasso di disoccupazione alla fine del 1995 e' stato del 9,6%. Il fronte dell'inflazione vede questa all'1,8%, mentre il debito pubblico ammonta al 58,4% del PIL e il rapporto deficit/PIL al 3,6% (superiore ai criteri di Maastricht). RELAZIONI SOCIALI Il sistema di relazioni sociali in Germania e' basato su due assi fondamentali: quello dell'"economia sociale di mercato", definita nel dopoguerra, basata sulla costruzione paritetica dell'"ordine sociale" e quello della forza organizzativa e dell'autonomia delle parti sociali (intesa come primazia sull'intervento dello Stato) e del principio di eguaglianza tra esse, fissato dalla Legge Fondamentale. La "codeterminazione alla tedesca", basata sul concetto di democrazia economica, e' oggi una delle tappe di un pro- cesso storico ancora non concluso. Gia' nel XIX secolo s'istituivano "comitati operai" e "comitati di impiegati". Nel 1920 con 44 manifestanti uccisi il giorno delle votazioni, si ha l'istituzione legale dei consigli o comi- tati di stabilimento. La Costituzione di Weimar conferisce al- cune attribuzioni di politica sociale ai consigli operai nati dalla rivoluzione del 1918. La crisi economica e politica della repubblica di Weimar non permettera' lo sviluppo di questi consigli. Il nazismo scioglie sindacati e consigli nel 1933-1934. Un'apposita legge del 1946 ammette nuovamente la crea- zione dei consigli di stabilimento, attraverso leggi proprie in materia, varate dai singoli Lander. Il partito SPD e il sindacato DGB continuano a chiedere una codecisione economica oltre il quadro della singola impresa. Un primo risultato si ha con la legge 21.5.51 sulla "codecisione dei lavoratori a livello dei consigli di ammini- strazione e degli organi di direzione delle imprese minerarie e siderurgiche", completata nel 1956, che istituisce una rap- presentanza paritetica nei Consigli di Sorveglianza delle societa' di questo settore. Una forte pressione sindacale, anche con forti scioperi, porta all'adozione nel 1952 della legge "sulle organizzazioni di stabilimento". Questa legge, che costituisce la base attua- le dei consigli, affida ai dipendenti una codeterminazione in materia sociale e una certa partecipazione alle decisioni economiche dell'impresa, senza prevedere alcun diritto di "cogestione" o "codirezione". La legge prevede anche una rappresentanza minoritaria dei dipendenti nei consigli di sorveglianza (1/3 dei membri). La rappresentanza dei lavo- ratori del settore pubblico e' istituita da un'apposita legge del 1955. E' la coalizione social-liberale del cancelliere Brandt che emenda il 15.1.72 la legge del 1952, con l'allargamento dei diritti dei lavoratori dipendenti nei consigli di stabilimento e nei consigli di sorveglianza, nonostante le proteste e le preoccupazioni manifestate dal padronato. La legge del 4.5.76 sulla codeterminazione prevede una "quasi parita'" della rappresentanza nei consigli di sorve- glianza delle societa' con piu' di 2.000 dipendenti; il ricorso presentato dai padronato davanti alla Corte Costituzionale non e' stato accolto. Il 23.12.88 viene effettuata una nuova redazione della legge che porta da 3 a 4 anni il mandato dei consigli di stabilimen- to, prevede un diritto piu' forte delle minoranze, una rappre- sentanza dei quadri dell'impresa, il diritto all'informazione e alla consultazione nel caso vengano introdotte nuove tecno- logie e un'estensione al settore minerario e siderurgico. I lavoratori sindacalizzati sono all'incirca 13 milioni nel '93, pari al 37% della manodopera. La DGB e' la Confederazione Sindacale principale. L'unificazione della Germania ha portato alla scomparsa del sindacato unico FDGB che contava 9,6 milioni di aderenti. La FDGB assicurava un insieme di servizi sociali (vacanze, formazione professionale, ecc.). Dopo un appello rivolto ai propri iscritti dalla FDGB al momento del suo scioglimento per l'adesione alla DGB, quasi tutti i lavoratori tedesco- orientali vi aderivano. La legge del 1949 sulla contrattazione collettiva - completa- ta nel 1952 - e' stata creata come base uniforme per la con- clusione dei contratti collettivi. Secondo questa legge, sol- tanto i sindacati di categoria e/o di settore sono abilitati a concludere contratti collettivi con le organizzazioni padronali o con singoli imprenditori. Si distinguono i contratti collettivi "pluriennali" sulle condi- zioni generali di lavoro da quelli "ordinari" annuali su retri- buzioni, congedi, orari, ecc. Si applicano alle parti firmatarie, ma possono essere estesi erga omnes. I Consigli di stabilimento anche se non possono negoziare contratti collettivi, possono tuttavia contrattare accordi aziendali con i singoli datori di lavoro, con l'esclusione "abbastanza teorica" di erogazioni salariali. Hanno inoltre diritti di codecisione in caso di inesistenza di disposizioni di legge o contratto collettivo su: ordinamento dell'azienda, orario, ferie, prevenzione, servizi sociali, criteri retributivi, cottimi, ecc. In caso di mancato accordo su queste materie tra datore di lavoro e Consiglio di stabilimento e' prevista la decisione di un apposito Collegio arbitrale e di conciliazione, costituito paritariamente da rappresentanti designati dall'imprenditore e dal Consiglio di stabilimento e da un Presidente super partes designato di comune accordo tra le parti o dal Presi- dente del Tribunale del Lavoro in caso di disaccordo, men- tre e' escluso il diritto al ricorso all'azione diretta, cioe' allo sciopero. Nelle imprese con piu' di 100 dipendenti e' obbligatoria la costituzione a livello d'impresa di un comitato economico che ha per compito "deliberare su questioni economiche ri- ferite all'impresa con il dirigente dell'impresa e d'informare il consiglio di stabilimento". Si riunisce una volta al mese con partecipazione obbligato- ria del Direttore dell'impresa o di un suo rappresentante. Il bilancio annuale dell'impresa deve essere presentato e illu- strato al Comitato economico con la partecipazione del Consiglio di stabilimento. Infine, il sistema tedesco prevede una rappresentanza dei dipendenti nei consigli di sorveglianza delle societa' di capi- tali, sia nel settore privato che in quello pubblico. La Confederazione Sindacale DGB non ha diritti in materia di trattative collettive e non puo' concludere contratti colletti- vi. Soltanto le Federazioni affiliate alla DGB competenti nei diversi settori possono farlo. Le Federazioni affiliate negoziano nel settore privato princi- palmente su scala regionale. Il settore delle costruzioni, con i suoi Contratti Collettivi Nazionali, costituisce un'eccezione. I contratti collettivi d'impresa nel settore privato (es. Volkswagen) sono rari. Nel settore pubblico (servizi pubblici, ferrovie, poste, impre- se di pulizia) i contratti collettivi si svolgono principalmente a livello nazionale e da parecchi anni nei servizi pubblici le ri- vendicazioni piu' importanti sono formulate in comune dai diversi sindacati rappresentativi. L'autonomia in materia di negoziazione collettiva include per i sindacati il diritto di organizzare scioperi per realizzare le rivendicazioni in materia di salari e condizioni di lavoro. Il diritto di sciopero dei lavoratori dipendenti e' sancito dalla Costituzione e, contrariamente alla serrata, questo diritto e' tradizionalmente protetto. Molto schematicamente gli scioperi si possono dividere in 2 grandi tipologie: - quelli di "preavviso", indetti dalle Federazioni di categoria nell'occasione dei rinnovi contrattuali e in caso di difficolta' insorte durante le trattative; - quelli "ad oltranza", in questo caso le Federazioni di cate- goria indicono appositi referendum tra gli iscritti anche su scala di singolo Lander; per l'indizione dello sciopero deve essere raggiunta una percentuale prevista dagli statuti dei sindacati di categoria (cosi come per approvare le ipotesi di accordo). REGNO UNITO QUADRO GENERALE L'economia del Regno Unito e' da tempo caratterizzata da profonde trasformazioni che hanno condotto il settore ter- ziario ad essere predominante. L'occupazione nell'industria e' passata dal 45% del 1970 al 27% nel 1991. Nonostante che ci sia stata negli ultimi anni una politica di privatizzazioni, il settore pubblico occupa ancora un quarto dei lavoratori dipendenti. Il paesaggio economico e produttivo e' caratterizzato da una convivenza di piccole e medie imprese accanto a multina- zionali, prevalentemente americane. Il PIL per abitante e' inferiore a quello dei paesi continentali del Nord Europa e dell'Italia e registra notevoli differenze regionali. L'inflazione e' pari al 3,5% con tendenza al ribasso e il debi- to pubblico e' del 52,5% del PIL (1995). Il tasso di disoccupazione (nov. 1995) e' dell'8,5% circa, con notevoli divari regionali e una notevole perdita nel settote manifatturiero (925.000 addetti in meno nel periodo 1989- 1993). Il lavoro femminile e', dopo la Danimarca, il piu' elevato dell'UE. RELAZIONI SOCIALI Non esistono leggi del lavoro nel Regno Unito, neanche per cio' che riguarda salari minimi, orari e ferie, formazione, ecc. E' la consuetudine che lascia alle parti sociali il compito di definire attraverso la contrattazione le condizioni d'impego e di lavoro dei dipendenti, lasciando grandi spazi ai contratti individuali. Lo stesso sistema di contrattazione collettiva e' connotato da un carattere "volontario". E' il diritto consuetudinario e la giurisprudenza che stabili- scono cio' che e' conforme alla buona condotta, all'equita' e alla lealta', alla ragione, senza alcuna norma scritta. Alcune direttive sociali europee hanno in qualche misura corretto questa scarsissima presenza legislativa, attraverso la creazione di alcune norme di garanzia di applicazione generale per i dipendenti sui temi della salute e sicurezza, sui licenziamenti collettivi, sui comportamenti discriminatori, ecc. Inoltre, dal 1979, con il reingresso dei conservatori al gover- no del paese, sono state attuate alcune misure tendenti a ridurre forza e potere contrattuale dei sindacati e in partico- lare: - e' stato abolito l'obbligo di riconoscere i sindacati per la contrattazione collettiva, favorendo nel contempo la possi- bilita' da parte padronale di disdettarla; - sono stati stabiliti limiti all'esercizio del diritto d'azione sindacale (proibizione degli scioperi di solidarieta'); - sono state ridotte le liberta' sindacali (tempo, distacchi, ga- ranzie, ecc. ). Attualmente, la contrattazione collettiva riguarda soltanto una minoranza di dipendenti. Gli stessi accordi collettivi non hanno forza obbligatoria, neanche tra le parti firmatarie, a meno che non siano richiamati espressamente nel contratto individuale di lavoro; non esiste procedura erga omnes; il contenuto dei contratti collettivi e' molto limitato. In questa situazione, accordi e contratti hanno un puro valore di rife- rimento. La struttura dei contratti collettivi in Gran Bretagna e', in ogni modo, molto complessa poiche' i suoi meccanismi si situano in certi settori su scala nazionale, d'impresa e di unita' pro- duttiva. Esiste, in certi casi, un sistema negoziale a 2 livelli; per esempio: mentre i minimi salariali sono contrattati a livello nazionale, i salari reali sono stabiliti in sede di contrattazio- ne d'impresa o distrettuale. La Centrale sindacale nazionale (T.U.C.) non interviene nei negoziati se non eccezionalmente, come nel caso del "contratto sociale" alla fine degli anni '70, negoziato con il governo laburista dell'epoca, che comporto' "accordi-quadro" in materia salariale. Generalmente, la partecipazione del T.U.C. ai contratti collettivi e' limitata a determinarne i grandi obiettivi e per assicurare un ruolo di coordinamento durante le partite sindacali riguardanti i temi come i bassi salari o la riduzione dell'orario. In numerose industrie del settore privato esiste un Consiglio settoriale prioritario composto da rappresentanti delle orga- nizzazioni sindacali e padronali, che costituisce l'organo nazionale di contrattazione. Tratta sia gli accordi procedurali (determinazione degli or- gani e dei partners del negoziato, procedure da seguire e, per esempio, circostanze che consentono il ricorso all'arbitrato), sia la stessa contrattazione riguardante i temi del salario, della durata e di altre condizioni di lavoro. Nella pratica, a determinare i salari reali dell'industria e del settore privato, sono i contratti integrativi a livello d'impresa. Per esempio, nel settore metallurgico, i salari base, l'orario e le ferie sono fissati a livello nazionale, mentre i salari reali e le condizioni di lavoro sono determinati a livello di fabbri- ca. Nel settore pubblico esiste una struttura piu' centralizzata dei contratti nazionali in tema salariale e di condizioni di la- voro, che il Governo tenta peraltro di decentralizzare. E' inoltre utile menzionare i Consigli Salariali che sono stati per molti anni organi incaricati di fissare salari e orari minimi legali nei settori dove i sindacati erano troppo deboli per contrattare, soppressi pero' da una legge del 1992, nono- stante le proteste sindacali con il coinvolgimento di piu' di 2 milioni di lavoratori dipendenti. Nell'ambito delle trattative a livello di fabbrica, i principali negoziatori sono i delegati sindacali (Shop Stewards). Non si tratta di responsabili sindacali a tempo pieno, ma di rappresentanti eletti sul luogo di lavoro, sulla base delle re- gole del loro sindacato. Quando vi sono piu' delegati sindacali in uno stesso luogo di lavoro puo' essere costituito un comitato di delegati sindaca- li, che spesso comprende piu' sindacati, ed eleggere un Presidente chiamato, a volte, delegato sindacale principale. I delegati sono incaricati delle relazioni quotidiane con gli imprenditori, trattative comprese. Possono chiedere l'assistenza di un responsabile sindacale a tempo pieno, se lo giudicano necessario. Nell'ambito dei negoziati nazionali, sia che si tratti di un settore industriale o di una singola impresa, la rappresen- tanza sindacale sara' generalmente assicurata da respon- sabili a tempo pieno e da delegati sindacali. Per le trattative a livello di fabbrica ci possono essere, come abbiamo visto, piu' sindacati rappresentativi che pero' nego- zieranno assieme, eleggendo un solo portavoce. In certi settori (come in quello delle costruzioni navali e della metallurgia) i sindacati formano una Confederazione o Fe- derazione ufficiale. Qualsiasi eventuale disaccordo tra i sin- dacati e' regolato al loro interno. Come e' ben noto , il governo britannico si e' duramente op- posto alle disposizioni comunitarie in materia di rappresen- tanza dei lavoratori nelle imprese europee ( CAE ), con le seguenti motivazioni : - la tradizione "volontaria" britannica - la rigidita' e i costi - la possibilita' di veto sulle decisioni manageriali - l'indebolimento della comunicazione diretta. La direttiva comunitaria quindi non e' obbligatoria per il Re- gno Unito, anche se non poche contraddizioni sorgono nel caso in cui si costituiscono Comitati Aziendali Europei in im- prese transnazionali che vedono una presenza britannica. SPAGNA QUADRO GENERALE Con la fine della dittatura franchista e la reinstaurazione della democrazia, la Spagna ha vissuto rapide e profonde trasformazioni politiche, sociali ed economiche che hanno portato allo stabilirsi di un sistema interessante di relazioni sociali. La Spagna, che e' entrata nella CEE nel 1986, mantiene an- cora oggi, nonostante una crescita economica incomparabi- le a quella avvenuta nel resto dell'Europa, fortissime dispari- ta' regionali e territoriali, e' ancora caratterizzata da un tasso di disoccupazione molto elevato ed un livello di vita basso, se comparato ad altri paesi europei. Dal 1977 il Paese ha conosciuto una ristrutturazione rapida e profonda del suo apparato produttivo, caratterizzata da un esodo massiccio dalle campagne, a seguito del processo d'industrializzazione e recentemente dal 1992, da uno svi- luppo delle infrastrutture. Dal 1993 si e' verificato, al pari d'altri paesi europei, un ral- lentamento della crescita, con una recessione particolar- mente acuta proprio in quell'anno, associata ad una caduta degli investimenti. Consistente e', a tutt'oggi, l'economia sommersa, che alcune stime attendibili valutano al 20% circa del PIL. Il settore pubblico e' stato alquanto ridimensionato negli ul- timi anni a seguito delle politiche di privatizzazione di non poche aziende a carattere pubblico. Attualmente, in quanto ad occupati, e' alla pari della media dell'UE. Le piccole imprese inferiori a 10 dipendenti rappresentano un quarto dell'occupazione totale nel settore privato e il 71% dei lavoratori e' occupato nelle imprese con meno di 200 di- pendenti. Il lavoro autonomo e' pari al 26% di quello totale. Il tasso di disoccupazione e' particolarmente alto (22,2% nel '95, di cui un terzo e' costituito da giovani nel 1994). Inoltre 1/3 dell'occupazione e' costituito da contratti a termine (la percentuale piu' alta dei paesi dell'OCSE) e la precarieta' nei rapporti di lavoro e' tanto estesa da costituire uno dei pro- blemi principali della Spagna odierna RELAZIONI SOCIALI Con la fine del franchismo e' la legge del 1.4.77 a porre fine alle organizzazioni corporative esistenti fino ad allora. Il "patto di Moncloa" del 25.10.77 costituisce le nuove fonda- menta sulle quali si terranno le prime "elezioni professionali" libere nel gennaio 1978. E' la Costituzione emanata lo stesso anno che riconosce la liberta' sindacale, il diritto di sciopero e la contrattazione collettiva. La legge organica del 2.8.85 sulla liberta' sindaca- le ne precisa l'applicazione e le modalita' del suo esercizio. Il governo di Felipe Gonzalez ha tentato, dalla meta' del 1993, di pervenire con le Confederazioni a un "patto socia- le" di 3 anni relativo alla flessibilita' del mercato del lavoro, alla diminuzione dell'indennita' di disoccupazione e dell'estensione della contrattazione collettiva. La trattativa porto' ad uno sciopero generale unitario, il 27.1. 94. Infine si e' recentemente pervenuto all'approvazione di una legge che modifica lo Statuto dei lavoratori in differenti arti- coli e in tutte le fasi delle regolazioni del rapporto di lavoro. Si tratta di un insieme di regole che modificano notevolmen- te, e in modo negativo, le relazioni lavorative. In sintesi : - si prevedono contratti di apprendistato per minori di 25 anni con una riduzione dei costi salariali dell'impresa, senza diritti per l'apprendista ne' di disoccupazione ne' di malattia; - si introducono i contratti a tempo parziale; sotto le 12 ore settimanali non si ha diritto alle indennita' di disoccupazione ne' di malattia, ne' alla pensione; - si privatizzano le funzioni dell'INEM (Istituto Pubblico per l'Impiego); - sono state legalizzate le imprese "di lavoro temporaneo"; - si prevede la mobilita' funzionale tra gruppi professionali o categorie equivalenti; - sono molto piu' ampi i poteri delle imprese in tema di mo- bilita' geografica e nella modifica sostanziale delle condizioni di lavoro; - si amplia il ventaglio delle cause di licenziamento "oggettivo" a quelle di carattere organizzativo e produttivo; - sono infine previsti mezzi di deregolazione in tema di gior- nata di lavoro, salari, struttura sindacale e contrattazione collettiva. CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Le norme minime per la contrattazione collettiva sono pre- viste dallo Statuto dei Lavoratori. In Spagna il contratto collettivo e' fonte di diritto e norma ge- nerale con forza di legge, il cui inadempimento puo' essere denunciato alla magistratura. Il rispetto del contratto non puo', di conseguenza, essere eluso ne' dai lavoratori ne' dalle imprese. Il Contratto Collettivo si applica a tutti i contratti di lavoro. I contratti individuali possono solo prevedere miglioramenti al contratto collettivo. In Spagna esistono piu' livelli di contrattazione: d'impresa, di settore e interconfederale che a loro volta possono riguar- dare diversi ambiti geografici, provinciali, regionali o statali. La durata dei contratti collettivi e' convenuta dalle parti e va- ria da uno a due o piu' anni. Tutto e' negoziabile (salario, orario, produttivita', ecc. ) a tutti i livelli. I contratti aziendali possono solo migliorare le condizioni stabilite nel contratto di settore che fissa i termini. La maggioranza delle grandi imprese, nelle quali e' occupato il circa il 20% dei lavoratori dipendenti spagnoli, ha un pro- prio contratto. Il resto degli occupati e' tutelato dai contratti di settore. Lo Statuto dei lavoratori stabilisce i criteri di rappresentativi- ta' per costituire le delegazioni negoziali. Per le imprese pubbliche vigono gli stessi criteri di contrat- tazione previsti per il settore privato. I pubblici dipendenti hanno diritto alla contrattazione colletti- va dal 1989. Lo Statuto dei lavoratori e la Costituzione spagnola garanti- scono il diritto individuale al conflitto collettivo e allo sciope- ro, esteso agli organismi di rappresentanza, assemblee, sezioni sindacali, comitati d'impresa e sindacato. Il diritto di sciopero non prevede limiti: puo' essere deciso da chiunque dei soggetti sopra menzionati; non e' necessario il referendum tra i lavoratori perche' sia legale. E' sufficiente soltanto la comunicazione all'impresa e agli uffici istituzionali del lavoro. STRUTTURA, LIVELLO E COPERTURA CONTRATTUALE Nazioni |Livelli |Livello |Coordinamento|Tendenza|Copertura|Estensione |contrat- |dominan-| | | | |tuali |te | | | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- SVEZIA |(E)| S| C| S |sindacale |decen- |83 (1990)|volontaria | | | | | |trata | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- FINLANDIA | E | S| C| ? |ambedue |insta- |95 (1989)|mandato | | | | | |bile | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- DANIMARCA | | S| C| S |sindacale |decen- |80+(1991)|volontaria | | | | | |trata | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- NORVEGIA | E | S| C| E |ambedue/ |non |75 (1992)|volontaria | | | | |governativo |chiara | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- BELGIO | E | S| C| S |ambedue/ |insta- |90 (1990)|mandato | | | | |governativo |bile | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- AUSTRIA | | S| C| S |ambedue |decen- |98 (1990)|mandato | | | | | |trata | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- GERMANIA | | S| C| S |ambedue |decen- |90(1992)W|mandato | | | | | |trata |80(1992)E| -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- SVIZZERA | | S| C| S |datori di |non |53 (1990)|mandato | | | | |lavoro |chiara | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- OLANDA |(E)| S| C| S |ambedue/ |decen- |81 (1993)|mandato | | | | |governativo |trata | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- IRLANDA | E | | C| |ambedue/ |riaccen-|70+(1993)|mandato | | | | |governativo |trata | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- INGHILTERRA| | | C| C |nessuno |decen- |47 (1990)|nessuno | | | | | |trata | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- ITALIA | E | S| C| ? |ambedue/ |insta- |70 (1990)|nessuno | | | | |governativo |bile | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- GRECIA | E | | C| ? |ambedue/ |riaccen-| |mandato | | | | |governativo |trata | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- PORTOGALLO | E | S| C| ? |ambedue/ |riaccen-|79 (1991)|mandato | | | | |governativo |trata | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- SPAGNA |(E)| S| C| ? |datori di la-|insta- |70+(1992)|mandato | | | | |voro/governa-|bile | | | | | | |tivo | | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- FRANCIA | E | S| C| ? |ambedue/ |insta- |82 (1990)|mandato | | | | |governativo |bile | | -----------|---|--|--|--------|-------------|--------|---------|---------- Note : E = contrattazione centralizzata - S = contrattazione di categoria - C = contrattazione aziendale - ( ) = abbandonata negli anni recenti CONCLUSIONI La contrattazione collettiva in Europa e' rimasta un fatto na- zionale, nonostante l'internazionalizzazione e l'integrazione europea. Il 99, 9% di tutta la contrattazione collettiva ha luogo dentro i confini degli stati nazionali e all'interno del diritto del lavoro e dei contratti. Abbiamo finora dimostrato che gli accordi collettivi sono ri- masti il metodo principale per regolare le relazioni di lavoro per la maggioranza dei lavoratori europei. Cio' e' strettamente correlato con la sopravvivenza di una contrattazione nazionale di categoria, il riconoscimento delle confederazioni nazionali o le politiche di sostegno, legali o pubbliche. Al di fuori del Regno Unito non ci sono stati grandi attacchi ai diritti sindacali o all'istituzione della contrattazione col- lettiva. Non ci sono neppure evidenze che le direzioni delle imprese abbiano adottato un atteggiamento ostile verso i sindacati cosi come e' accaduto negli Stati Uniti. Ci sono tuttavia molti esempi di imprenditori che hanno pre- so le distanze dai negoziati centralizzati e dalla contratta- zione di categoria. In un cambiamento significativo di ruolo, l'iniziativa nella contrattazione collettiva e' stata assunta dagli imprenditori e i sindacati sono ora generalmente collocati in posizione di- fensiva. Le regole comuni della contrattazione collettiva tra imprenditori e sindacati coinvolgono un ammontare notevole di risorse legali, pubbliche e organizzative. La capacita' di coordinamento delle organizzazioni centrali e' diminuita ma non e' completamente scomparsa. Il decentramento della contrattazione collettiva verso le aziende, l'aumentata complessita' dei temi da trattare e degli interessi da difendere esercitera' una pressione sulle confe- derazioni nazionali, ma non ci sono per ora segnali di un imminente collasso. D'altro canto le differenze costitutive, gli interessi dentro e tra i sindacati e dentro e tra le associazioni padronali conti- nuano ad aumentare e mettono in discussione tutte le politi- che concertative. Infine la concorrenza esterna da parte dei "sindacati gialli" tende a presentarsi come una specie di minaccia per i sin- dacati confederali sia nel settore pubblico che in quello pri- vato. LE PRINCIPALI ORGANIZZAZIONI SINDACALI NAZIONI |Federa-|Quota|Set- |Tenden-|Coe- |Auto- |Den- |Contrattazione. |zioni |1992 |tore |za |sione|rita' |sita' | CA FA CO -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|--------------- 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- SVEZIA | LO | 57,3|ma- |socia- |alta | alta |87,4 | (x)| | x | | |nuale|lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | TCO | 33,3|non | * | | | | | | | | |ma- | | | | | | | | | |nuale| | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- FINLANDIA | SAK | 53,6|ma- |socia- |media| alta |77,3 | x | | | | |nuale|lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | STTK | 29,2|non | * | | | | | | | | |ma- | | | | | | | | | |nuale| | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- DANIMARCA | LO | 69,0|tutti|socia- |media| media|74,2 | (x)| | x | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | FTF | 15,9|non | * | | | | | | | | |ma- | | | | | | | | | |nuale| | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- NORVEGIA | LO | 64,6|tutti|socia- |media| alta |57,5 | x | | | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | YS | 16,7|tutti| * | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- AUSTRIA | OGB |100,0|tutti|socia- |alta | alta |43,2 | | | x | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- GERMANIA | DGB | 81,9|tutti|socia- |alta | media|33,2 | | | x | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | | 90,6| | | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- SVIZZERA | SGB | 49,6|ma- |socia- |media| bassa|25,7 | | | x | | |nuale|lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | VSA | 15,2|non | * | | | | | | | | |ma- | | | | | | | | | |nuale| | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | CNG | 12,2|ma- |cris- | | | | | | | | |nuale|tiano | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- BELGIO | SCS | 52,0|tutti|cris- |media| alta |52,9 | x | | | | | |tiano | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | FGTB | 39,1|tutti|socia- | | | | x | | | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | CCGLSB| 8,5|tutti|libe- | | | | ...| | | | | |rale | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- OLANDA | FNV | 69,3|tutti|socia- |media| alta |24,5 | (x)| x | | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | CNV | 18,0|tutti|cris- | | | | (x)| x | | | | |tiano | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | MHP | 8,1|non | * | | | | (x)| x | | | |ma- | | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- IRLANDA | ITUC | 95,5|tutti|nazio- |media|media?|49,2 | x | | | | | |nale | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- INGHILTERRA| TUC | 82,3|tutti|laburi-|media| bassa| 37,2| | | | | | |sti | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- FRANCIA | CGT | 27,1|tutti|comu- |bassa| bassa| 8,8| | | ... | | | |nisti | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | CFDT | 23,8|tutti|socia- | | | | | x | | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | FO | 21,4|tutti|socia- | | | | | x | | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | CFTC | 6,5|tutti|cri- | | | | | | | | | |stiano | | | | | x | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- |CFE-CGC| 7,1|non | * | | | | | x | | | |ma- | | | | | | | | | |nuale| | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- ITALIA | CGIL | 44,9|tutti|(comu- |media| media| 38,8| (x)| x | | | | |nista) | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | CISL | 32,0|tutti|(cris- | | | | (x)| x | | | | |tiano) | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | UIL | 14,4|tutti|(socia-| | | | (x)| x | | | | |lista) | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- GRECIA | GSEE | 80,0|tutti| * | ? | ? | 31,8| x | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- SPAGNA | UGT | 39,4|tutti|socia- |bassa| ? | 20,5| (x)| | ... | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | CCOO | 34,3|tutti|comu- | | | | (x)| | ... | | | |nista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- PORTOGALLO | CGTP | 60,0|tutti|comu- |bassa| ? | 31,8| | | ... | | | |nista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- | UGT | 30,0|tutti|socia- | | | | (x)| x | | | | |lista | | | | | | -----------|-------|-----|-----|-------|-----|------|-----|----|----|----- Leggenda: (1) Federazioni : maggiori confederazioni generali con presenza di una intera economia nazionale (settore pubblico e privato) (sono incluse le centrali sindacali regionali e quelle organizzazioni di soli addetti pubblici, professionisti o dirigenti) (2) Quota : iscritti alle Confederazioni in % su tutti i lavoratori sindacalizzati (3) Settore : lavoratori manuali e non manuali (nel settore pubblico e privato); o tutti (incluse tutte le categorie menzionate prima) (4) Tendenza : in riferimento alla affiliazione dominante o alla corrente ideologica: Socialista o Socialdemocratica, Laburisti, Cristiani o Cristiano democratici, Liberali, Comunisti o Nazionalisti. * indica che non c'e' una corrente dominante o che e' sconosciuta le notizie sono date tra parentesi se l'affiliazione e' stata abbandonata nel recente passato e la nuova direzione ideologica non e' ancora chiara (5) Coesione : o integrazione orizzontale misurata per organizzazioni sindacali nazionali e indica la capacita' dei sindacati (nel settore pubblico e privato) di agire unitariamente (6) Autorita' : sviluppo organizzativo o integrazione verticale, misurata per confederazioni sindacati affiliate. Indica il grado di centralizzazione e di controllo sulla mobilitazione e sul comportamento degli iscritti (7) Densita' (o rappresentanza) : misurata su un intero sistema economico. Per es. tutti gli iscritti al sindacato (compreso le organizzazioni non affiliate) in proporzione a tutti i lavoratori occupati (8)-(10) Ruolo nella contrattazione : il ruolo dei sindacati confederali riguardo alla contrattazione con le associazioni padronali. CA = la confederazione e' coinvolta in negoziati diretti con le associazioni padronali centrali e conclude accordi che includono temi salariali FA = la confederazione negozia la struttura degli accordi senza stringere normative rigide sulla contrattazione del salario CO = la confederazione non e' direttamente coinvolta nella contrattazione con le organizzazioni imprenditoriali, ma tuttavia svolge un ruolo di coordinamento tra gli affiliati in preparazione dei negoziati contrattuali. ( ) = questo ruolo e' stato abbandonato FRANCIA LA SINDACALIZZAZIONE Come in altri paesi dell'UE, sono due gli orientamenti politici che fanno da sfondo all'articolazione del sindacato france- se: quello socialista e quello cattolico. All'interno del primo si distinguono 2 confederazioni: la CGT. (con 800.000 aderenti), presente nelle grandi fab- briche e nel settore pubblico, sia tra gli operai che tra gli impiegati, a maggioranza comunista; la CGT-FO (1.000.000 di iscritti dichiarati, 400.000 stimati) presente nel settore pubblico in particolare, d'orientamento socialista, che aggrega anche minoranze trotzkiste e di de- stra. Sul versante cattolico troviamo: la CFDT (571.000 aderenti), particolarmente presente nelle medie aziende e tra gli impiegati, tecnici e quadri, che - e' da precisare - nel 1964 abolisce formalmente le sue connota- zioni religiose, ma che, eccetto una parentesi "gauchiste" tra la fine degli anni '60 e la meta' dei '70, resta ispirata alla dottrina sociale cattolica. CFDT e FO sono affiliate alla CES. Vi e' poi, anch'essa affiliata alla CES, la CFTC. (con 250.000 aderenti). Tutte le confederazioni prevedono una rappresentanza ag- giuntiva nel settore dei quadri e del personale direttivo, chiamata UGICT nella CGT e UCC nella CFDT. Tra le altre organizzazioni sindacali confederali non ancora affiliate alla CES vi e' la CFE-CGC (180.000 aderenti) rap- presentante quadri e tecnici. Esistono poi la FEN che raggruppa 350.000 iscritti nel setto- re dell'educazione e la FSU, nata recentemente da una scissione della FEN e divenuta maggioritaria nel 1994. Se si escludono alcuni periodi eccezionali, il tasso di sinda- calizzazione in Francia non e' mai stato molto elevato (se si eccettuano i tempi del Fronte Popolare nel 1936 e della ri- costruzione postbellica). I sindacati francesi, nella loro storia, non hanno, in una vi- sione anarco-sindacalista, mai pensato ad un'organizzazione di massa, ma ad un movimento organiz- zato di militanti dotati di coscienza di classe. Attualmente non supera il 10% dei lavoratori dipendenti, e nel settore provato non supera il 6%: il piu' basso dei paesi europei. A questa bassa sindacalizzazione s'accompagna una altret- tanto bassa partecipazione alle elezioni dei comitati azien- dali (66% ) e una crescita, in questi ultimi, di eletti non sin- dacalizzati, particolarmente nelle imprese con meno di 100 dipendenti (due terzi delle preferenze). Le donne, sulla base di alcune stime, rappresentano circa il 29% del totale degli iscritti. In ogni modo le Organizzazioni Sindacali Francesi sono in- fluenti sul terreno economico, sociale e contrattuale: da qui l'esistenza di 177 contratti collettivi nazionali e di una prote- zione sociale conseguente, gestita paritariamente con gli imprenditori. GERMANIA LA SINDACALIZZAZIONE La Germania e' caratterizzata da un pluralismo sindacale che vede in posizione principale e predominante il DGB. Il DGB (Confederazione sindacale tedesca) e' la Confede- razione centrale piu' importante della Germania. Raggruppa piu' dell'80% dei lavoratori sindacalizzati tedeschi, all'incirca 11 milioni di iscritti e raggruppa 13 associazioni sindacali di categoria. La seconda Confederazione e' la DBB (Confederazione te- desca dei Funzionari di Stato) con all'incirca 1.100.000 iscritti. La terza e', per ordine d'importanza, il DAG (Sindacato te- desco degli impiegati) con piu' di 600.000 iscritti. Il DGB e il DAG sono affiliati alla CES. La quarta, la CGB (Confederazione dei sindacati cristiani) conta 300.000 iscritti. La Germania negli ultimi anni ha registrato un leggero ab- bassamento della sindacalizzazione che vedeva nel 1970 un tasso netto stabile (nell'ordine del 33%). L'unificazione tedesca ha apportato una forte crescita degli iscritti in un primo tempo, diminuito pero' in seguito, principalmente a causa di un consistente aumento della disoccupazione. La percentuale delle donne iscritte e' passata dal 16% nel '70 al 28% nel '94. I lavoratori stranieri sono relativamente bene organizzati: nel 1990 ben il 34% di questi aderiva al sindacato. REGNO UNITO LA SINDACALIZZAZIONE Il tasso di sindacalizzazione dei lavoratori dipendenti e' del 40% circa, ed e' particolarmente forte tra gli operai e nel settore pubblico. Una grande centrale raggruppa la stragrande maggioranza dei sindacati : il TUC, fondato nel 1868, che e' l'unica Con- federazione sindacale esistente in Gran Bretagna. Nel 1994 il totale degli iscritti era superiore a 7,6 milioni, ripartiti in 68 sindacati dotati di piena autonomia. Il TUC e' membro della CES. I sindacati che compongono la centrale si caratterizzano in modo diversificato: - sindacati tradizionali di mestiere, esistenti fin dal 1850; - sindacati generali nati alla fine del XIX secolo per rappre- sentare i lavoratori non qualificati, ancora oggi molto svilup- pati; - sindacati di settore poco sviluppati se confrontati con agli altri paesi europei; - sindacati di categoria che si sono sviluppati negli anni 60 - 70. Alcuni elementi caratterizzano storicamente il sindacalismo nel Regno Unito: - la tradizione storica di organizzazione per mestiere, che oggi si confronta con le modificazioni del lavoro e che porta all'esistenza di una molteplicita' di sindacati all'interno di una stessa impresa (professionali, di categoria, generali) con logiche e comportamenti contraddittori nonostante l'appartenenza ad un'unica confederazione; - la prassi del "close shop" (che riserva l'assunzione o il mantenimento dell'occupazione ai soli lavoratori iscritti al sindacato), attualmente illegale e in forte declino e che ha comportato, nel settore del lavoro dequalificato, per tanti anni un'adesione pressoche' totale al sindacato; - la prassi del "check off"(la trattenuta sindacale e' prelevata direttamente dal salario con il sistema del silenzio-assenso), resa pero' difficile da un'apposita legge del 1993; - la prassi dei "fondi politici" normata dal "Trade Union Act" del 1984, che prevede una partecipazione dei sindacati affi- liati al TUC al finanziamento del Partito Laburista. Vi e' da precisare che esiste un certo numero di piccole or- ganizzazioni sindacali non affiliate al TUC che rappresenta- no il 18% del totale dei sindacalizzati, tra i quali quello degli infermieri e dei quadri. I sindacati britannici hanno perso nel corso degli anni '80 circa un quinto dei loro iscritti. Il tasso netto di sindacalizza- zione (che nel 1979 era del 55%) nel '94 non superava il 33% dei lavoratori occupati. La disoccupazione, l'evoluzione della struttura del mercato del lavoro, i processi di deindu- strializzazione, la diminuzione della contrattazione collettiva, la diffusione del tessuto delle piccole imprese e le politiche adottate dai governi conservatori sono state le cause prime di questa riduzione di consenso. La sindacalizzazione dei lavoratori immigrati del terzo mon- do e' piu' forte. Il tasso di sindacalizzazione delle lavoratrici e' invece passa- to dal 20% del '48 al 44% del 1994. SPAGNA SINDACALIZZAZIONE Con la democrazia, la mappa sindacale spagnola caratteriz- zata dal pluralismo, si e' bipolarizzata. A livello nazionale solo 2 sindacati sono rappresentativi e cioe' con piu' del 10% dei delegati eletti): le CC.OO.. (Commissioni Operaie) d'origine comunista, con 1.000.000 di iscritti e l'UGT (Unione Generale dei Lavoratori) di matrice socialista, con 780.000 iscritti. Nelle elezioni degli ultimi anni e' diminuito il peso dei sinda- cati autonomi e delle liste dei non iscritti e si e' rafforzata l'unita' d'azione tra CC.OO. e U.G.T. e la loro autonomia dai partiti politici. CC.OO., UGT e ELA sono affiliati alla CES. Sono inoltre rappresentativi a livello regionale (con piu' del 15% dei delegati eletti nelle rispettive regioni) l' ELA/STV con 80.000 iscritti, nei Paesi Baschi, e l'INT/CIG in Galizia. Esistono ancora organizzazioni sindacali minoritarie, come l'ISO e, nel settore pubblico, la CSI/CSIF con 100.000 iscrit- ti, la CC e alcuni sindacati di categoria e di mestiere. Il modello "duale" di rappresentanza in Spagna non ha in- centivato l'adesione ai sindacati, poiche' i lavoratori si sen- tono sufficientemente tutelati dai comitati d'impresa. Il tasso di adesione sindacale e' di circa il 15% con punte piu' forti nelle imprese da 200 a 500 dipendenti. E' interessante constatare che solo il 10% degli iscritti e' costituito da pensionati e che la tendenza attuale e' di una crescita lenta ma costante dell'affiliazione. L'influenza dei sindacati in Spagna e' in ogni modo maggio- re del loro peso in termini di iscritti, come dimostrano la partecipazione agli scioperi generali, di settore o regionali e l'alta partecipazione alle elezioni dei delegati dei comitati di impresa. COMITATI DI IMPRESA Ogni 4 anni, in tutti i luoghi di lavoro con piu' di 5 addetti, bisogna eleggere una rappresentanza, se lo chiedono la maggioranza dei lavoratori o i sindacati rappresentativi. Il numero dei membri dei comitati di impresa dipende dalla dimensione degli occupati nel luogo di lavoro. Il Comitato ha potere negoziale nell'impresa. Ha diritti di informazione di vario tipo; il suo coinvolgimento e' obbligatorio su ristrutturazioni, trasferimenti; ha diritto di iniziativa sulle leggi del lavoro, la tutela della salute e sulla partecipazione ad attivita' sociali. Il Comitato deve essere consultato su formazione, modifi- che dell'organizzazione del lavoro, della struttura del salario, della modifica dello stato dell'impresa. SEZIONI SINDACALI La legge relativa alle liberta' sindacali stabilisce il diritto a costituire sezioni sindacali nelle imprese per quei sindacati che abbiano ottenuto almeno il 10% dei voti nelle elezioni per il comitato di impresa. PRINCIPALI ASSOCIAZIONI IMPRENDITORIALI Nazioni |Associa-|Settore|Tipo |Coe- |Auto- |Densita'|Contrattazione. |zioni | | |sione |rita' | | CA FA CO -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- SVEZIA | SAF |INDUST.| EO | ALTA | ALTA | 90-100| (x)| | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- FINLANDIA | TT |INDUST.| EO | MEDIA| MEDIA| 60-70 | x | | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- | LTK |SERVIZI| EO | | | | x | | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- DANIMARCA | DA | TUTTI | EO | ALTA | MEDIA| 90-100| (x)| | x -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- NORVEGIA | NHO | TUTTI | EO | ALTA | ALTA | 70-80 | x | | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- BELGIO | VBO/FEB| TUTTI |MISTO| MEDIA| ALTA | 80-90 | x | | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- AUSTRIA | BWK | TUTTI |MISTO| ALTA | ALTA | 100 | | | x -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- GERMANIA | BDA | TUTTI | EO | ALTA | MEDIA| 80-90 | | | x -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- SVIZZERA | ZSAO | TUTTI | EO | MEDIA| MEDIA| 61 | | | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- OLANDA | VNO/NCW| TUTTI |MISTO| MEDIA| MEDIA|ca. 50 | | | x -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- IRLANDA | IBEC | TUTTI |MISTO| MEDIA| MEDIA| 70-80 | (x)| x | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- INGHILTERRA| CBI | TUTTI |MISTO| BASSA| BASSA| 30-40 | x | | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- FRANCIA | CNPF | TUTTI |MISTO| MEDIA| MEDIA| 20-30 | | | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- ITALIA |Confin- |INDUST.|?????| ALTA?|BASSA?| 70-80 | | x | |dustria | | | | | | | | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- GRECIA | SEB |INDUST.|MISTO| ? | ? | 30-40 | (x)| x | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- | EESE |SERVIZI|MISTO| | | ..... | x | | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- SPAGNA | CEOE | TUTTI |MISTO| MEDIA|MEDIA?| 60-70 | (x)| | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- PORTOGALLO | CIP |INDUST.|MISTO|BASSA?| ? | 30-40 | (x)| x | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- | CCP |SERVIZI|MISTO| | | ..... | (x)| x | -----------|--------|-------|-----|------|------|-------|----|----|---- Leggenda: (1) Associazioni : principali associazioni imprenditoriali centralizzate nel settore privato, escluse agricoltura, com- mercio al dettaglio, e settore pubblico (2) Settore : parte dell'economia che l'associazione rappre- senta : industria, commercio o ambedue (3) Modello : EO = solo associazioni imprenditoriali mixed = associazioni imprenditoriali e sindacali (4) Coesione o integrazione orizzontale : misurata per le associazioni nazionali. Indica la capacita' degli imprenditori (nel settore privato)di iniziative unitarie. (5) Autorita' : sviluppo organizzativo o integrazione verticale, misurato per associazioni confederali e di categoria. Indica il grado di centralizzazione e di controllo sulle iniziative e sulla condotta degli aderenti (6) Densita' organizzativa : indica il numero di imprenditori affiliati sul numero complessivo di tutti gli imprenditori (7) - (9) Ruolo nella contrattazione : il ruolo delle associa- zioni degli imprenditori nella contrattazione con i sindacati. CA = l'organizzazione e' coinvolta direttamente nei negoziati sui salari e conclude accordi centralizzati FA = l'organizzazione negozia la struttura degli ac- cordi senza stringere normative rigide sulla contrat- tazione del salario CO = l'organizzazione non e' direttamente coinvolta nella contrattazione con i sindacati, ma tuttavia svol- ge un ruolo di coordinamento tra gli affiliati in prepa- razione dei negoziati contrattuali. ( ) = questo ruolo e' stato abbandonato LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PERIODO 1995- INIZIO 1996 La tornata di contrattazione collettiva ha avuto luogo nel contesto di un quadro economico che ha dimostrato, nella maggior parte dei paesi europei, di essere meno positivo di quanto previsto alla fine del precedente anno o all'inizio del 1995. Il rallentamento della crescita economica nella UE e' stato causato soprattutto dalla contrazione della domanda interna (crescita modesta dei consumi delle famiglie e degli inve- stimenti nell'edilizia). Questo processo di rallentamento nella crescita del PIL tra il 1994 e il 1995 sembra piu' accentuato in Germania (dal 2,9% al 2,1%), in UK (dal 3,8% al 2,6%), Austria e Danimar- ca. La crescita economica e' rimasta stabile in Francia, Bel- gio e Irlanda, mentre ha registrato un ulteriore progresso ri- spetto al 1994 in tutti gli altri paesi (Italia, Spagna, Svezia, Finlandia e Portogallo soprattutto). La disoccupazione e' rimasta il maggior problema economi- co e sociale in tutta Europa, anche se nella UE il tasso di disoccupazione e' leggermente diminuito dall'11,3% nel 1994 al 10,7% nel 1995. Nel 1995 l'inflazione e' rimasta bassa o e' scesa in tutti i paesi Ue. In 11 Stati membri, su 15, l'inflazione e' rimasta pari al 3% o e' scesa sotto tale cifra, mentre si presume che poco a poco scenda a tale livello nei restanti 4 stati membri (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia). L'economia di molti paesi nella UE, nel 1995, ha dovuto af- frontare la necessita' di attenersi ai criteri economici e fi- nanziari di convergenza definiti nel Trattato di Maastricht. I programmi di convergenza degli Stati membri hanno au- mentato l'importanza del ruolo giocato da questi nei diversi scenari di politica interna e sono risultati strumento di con- dizionamento della politica stessa. A questo proposito, e' stata generalmente data priorita' alla riduzione dei deficit pubblici per raggiungere nel piu' breve tempo possibile gli obiettivi fiscali (bilancio finanziario generale dello Stato e debito complessivo) stabiliti nel Trattato. Questo ha causato una compressione della spesa pubblica che in moltissimi casi ha determinato un rallentamento della crescita econo- mica, contributi piu' alti per la previdenza sociale e aumenti delle tasse dirette e indirette. Il risultato e' stato una ulteriore riduzione dei redditi individuali e un impatto negativo nella creazione di lavoro. La riforma dello Stato sociale e del sistema pensionistico e' stata al primo posto nel programma economico in alcuni paesi europei; in alcuni casi le riforme sono state effettuate con il sostegno dei sindacati (Italia, Finlandia), mentre in al- tri casi, e in particolare in Francia, hanno incontrato una forte opposizione da parte dei lavoratori e dei sindacati. Vi e' urgente necessita', per i sindacati europei, di aumentare la loro cooperazione e coordinazione sui temi della contrat- tazione collettiva, al fine di sviluppare obiettivi e domande comuni alle confederazioni e alle federazioni di categoria capaci, in particolare, di collegare una crescita delle retribu- zioni individuali all'obiettivo della creazione di posti di lavoro e di riduzione della disoccupazione. RETRIBUZIONI Nel 1995 una generalizzata ma modesta crescita delle retri- buzioni e' stata il risultato della spinta verso l'Unione Mone- taria Europea e insieme del tentativo di stabilire uno scam- bio tra una crescita modesta delle retribuzioni individuali e la creazione/protezione dei posti di lavoro (patti sociali, accordi di politica interna o blocco unilaterale delle retribuzioni, co- me nel caso del Belgio). All'inizio del 1996 sono stati stipu- lati nuovi patti sociali in Germania e in Portogallo (da parte dei sindacati, solo la UGT portoghese li ha firmati). Nel corso del 1995, le retribuzioni reali in Italia e in Spagna sono diminuite di quasi un punto percentuale (in entrambi i paesi e' stato il secondo anno di crescita negativa). Gli aumenti delle retribuzioni reali nella UE, che nel 1994 erano stati quasi di 3 punti percentuali sotto la produttivita', sono rimasti nel 1995 di circa l'1,2% sotto tale aumento. I sindacati europei hanno ripetutamente dichiarato che un aumento moderato delle retribuzioni reali dovrebbe essere collegato a un aumento degli investimenti e alla creazione di maggiore occupazione. Pero' questo legame non si e' verificato o non e' rispettato dalla maggior parte degli imprenditori ed e' quindi molto evi- dente che la crescita modesta delle retribuzioni non e' la questione centrale per garantire investimenti e occupazione. La modesta crescita dei salari e' stata considerata quasi l'unico strumento per frenare l'inflazione nella U. E., poiche' secondo le associazioni dei datori di lavoro le retribuzioni individuali rappresentano la piu'' cospicua componente dei costi di produzione e quindi del livello dei prezzi. Tuttavia, considerando l'evoluzione dei salari nelle econo- mie europee in rapporto con i piu' alti indici di inflazione nel 1995 (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia) e' difficile dedurre che i persistenti alti livelli di inflazione siano stati indotti dai salari. ORARIO DI LAVORO Alcuni importanti sviluppi si sono verificati in questa area in un certo numero di Paesi europei. In Germania, in particola- re, la settimana di 35 ore senza riduzione salariale e' stata definitivamente applicata nel settore grafici-editoriali nell'aprile 1995 e nell'industria metallurgica nell'ottobre 1995, nel pieno rispetto del piano stipulato negli accordi settoriali del 1990. La tabella sotto riportata contiene informazioni sulla situa- zione generale concernente le leggi nazionali ed i risultati contrattuali raggiunti sull'orario di lavoro settimanale nel 1995 in ciascun Paese europeo. Ore di lavoro settimanali nel 1995 (legali e/o secondo accordi sindacali) Paese Legale Accordi AUSTRIA 40 37/40 BELGIO 40 36/39 CIPRO 39,5 DANIMARCA 37 FINLANDIA 40 38,5 FRANCIA 39 35/39 GERMANIA E. 40 GERMANIA O. 48 37,5 GRECIA 48 37,5/40 ISLANDA 40 37/40 IRLANDA 39 ITALIA 48 36/40 LUSSEMBURGO 40 36/40 MALTA 40 OLANDA 35/40 NORVEGIA 37,5 PORTOGALLO 44 35/44 SPAGNA 40 SVEZIA 40 Nel 1995 i sindacati europei hanno negoziato la riduzione e la riorganizzazione dell'orario di lavoro all'interno di piu' ge- nerali strategie economiche aventi lo scopo di ridurre la di- soccupazione. C'e' stata una preferenza generalizzata per negoziati decentralizzati in genere a livello aziendale o di fabbrica, che si sono focalizzati su un approccio piu' flessibi- le (annualizzazione, maggior ricorso al part-time e ad altri contratti atipici, ridotto ricorso al lavoro straordinario, con- tratti di solidarieta', ecc.) nell'uso dell'orario di lavoro. I sindacati non si sono opposti a negoziati che si avvicinas- sero ad una gestione dell'orario di lavoro flessibile, soprat- tutto per il fatto che i negoziati si sono svolti a livello locale, dove vi e' una difficolta' generale ad avere una controllo dei risultati contrattuali. Nel corso del 1995 parecchi accordi a livello aziendale han- no introdotto diverse forme di orario di lavoro flessibile per aumentare il tempo di attivita' degli impianti su una base temporanea e permanente. L'estensione a tutto l'anno della tipologia dell'orario di lavoro, i "corridoi di orario di lavoro" ed i "week end lavorativi" sono state le strade generalmente seguite per la riduzione dell'orario di lavoro e nello stesso tempo per aumentare le ore di attivita' degli impianti. L'accordo Volkswagen del settembre '95, che introduce una media annuale di 28,8 ore/settimana, rappresenta un esempio ben noto. In Italia, alcuni accordi nei settori con importanti andamenti stagionali (industria alimentare, tessile, alberghiera e della ristorazione, turismo) hanno introdotto la possibilita' di ne- goziare, a livello aziendale, un orario di lavoro piu' lungo (fino a 48 ore/settimana) in alta stagione accoppiato ad un orario di lavoro ridotto (fino a 32 ore) per lo stesso numero di settimane in altri periodi dell'anno. Uno studio recente sugli accordi relativi all'orario di lavoro stipulati in alcune aziende italiane nel settore ingegneristico, tessile e alimentare, e' arrivato alla conclusione che una grande maggioranza di accordi hanno riguardato l'introduzione di una settimana con 6 giorni lavorativi (sabati inclusi) con nessuna rilevante riduzione dell'orario di lavoro. In molti casi, tuttavia, questi accordi hanno incluso clausole per nuovi posti di lavoro part-time, contratti a termine parti- colari accoppiati con periodi di formazione professionale per i giovani e, in alcuni casi, l'introduzione dei cosiddetti con- tratti "week end" (lavoro part-time il sabato e la domenica). Nel Regno Unito, secondo stime recenti della confederazio- ne dei sindacati, non meno di due milioni di lavoratori (circa il 10% del totale), sono ora tutelati da accordi relativi all'orario di lavoro su una base annuale. In Francia l'accordo principale, firmato alla fine del 1995 tra alcune confederazioni sindacali e l'associazione dei datori di lavoro, sulla riorganizzazione e riduzione dell'orario di lavo- ro, ha iniziato a produrre i suoi effetti nel 1996. Questo ac- cordo stabilisce linee guida generali per un approccio gene- ralizzato e flessibile sull'orario di lavoro in una prospettiva combinata di stimolare la crescita dell'occupazione e miglio- rare le condizioni di lavoro delle persone gia' occupate. In Olanda, dove la tendenza verso una settimana lavorativa piu' breve si e' fermata alla fine degli anni 80, la questione della riduzione dell'orario e' stata accantonata nell'agenda dei negoziati per il 1994/1995. In alcuni settori ed aziende l'accordo di ridurre le ore lavora- tive e' stato raggiunto per arrestare le perdite di posti di lavo- ro, ma nella maggior parte degli accordi una riduzione dell'orario e' stata realmente il risultato di un dibattito nel quale i datori di lavoro hanno sottolineato la necessita' di modelli piu' flessibili di produzione. I sindacati olandesi hanno negoziato riduzioni da 38 a 36 ore per settimana nel settore bancario e del commercio al minuto, con nessuna riduzione della retribuzione. In en- trambi gli accordi i tempi di produzione sono stati estesi sino ad includere il sabato come un normale giorno lavorativo. Dopo l'accordo della Volkswagen nel 1994 non si sono avuti grandi progressi in Europa nello sperimentare una settima- na lavorativa di 4 giorni, nella quale una distribuzione fles- sibile dell'orario e' accoppiata alla creazione di occupazione e alla maggiore distribuzione di lavoro. In Francia, un accor- do per 4 giorni in una filiale della Thompson CSF (Thomainfor) ha ridotto le ore di lavoro da 39 a 37 su 4 giorni lavorativi di 9,25 ore ciascuno con nessuna perdita di salario. In cambio l'azienda avra' tempi di produzione di 6 giorni inclusi i sabati. Il lavoro part-time ha registrato negli ultimi anni un aumento netto nella maggior parte dei paesi europei. Gli occupati part-time rappresentano il 36,4% del totale degli occupati in Olanda, il 25% in Svezia, il 23,8% nel Regno Unito, il 16% in Germania, il 15% in Francia ed il 6,2% in Italia. Il lavoro part-time e' in crescita anche in quei paesi nei quali rappre- senta meno del 10% del totale degli occupati; in Spagna, per esempio, i lavoratori part-time nel 1995 costituivano il 7,1% della forza lavoro (ed il 16,1% delle donne occupate); tuttavia tra il 1994 ed il 1995 il lavoro part-time e' cresciuto del 13,4% rispetto alla crescita del 2,4% del lavoro com- plessivo. In modo simile, nel Regno Unito, tra il 1984 ed il 1994 il numero totale dei lavoratori part-time e' passato da 4,8 milioni a quasi 6 milioni (dei quali 4,7 lavoratrici). EUROPEIZZAZIONE DELLA CONTRATTAZIONE COL- LETTIVA : CONFRONTO SOCIALE SETTORIALE E CONFERENZA EUROPEA DEL LAVORO La dimensione europea non e' ancora diventata, per la maggior parte dei sindacati europei, un argomento specifico da inserire nella contrattazione collettiva. Due fattori differenti stanno tuttavia contribuendo ad una rapida evoluzione della situazione attuale. Da un lato, il processo iniziato in conseguenza alla adozio- ne, nel settembre 1994, della direttiva sulla Conferenza Eu- ropea del Lavoro (EWC), con la firma, nel corso del 1995 e dei primi mesi del 1996, di parecchi accordi spontanei in tutti gli Stati Membri della U. E. (inclusi il Regno Unito, piu' Nor- vegia, Islanda, Lichtenstein) e dall'altro, i rilevanti sviluppi del confronto sociale europeo a livello categoriale. Il numero di accordi che istituiscono EWC in aziende multi- nazionali europee si sta attualmente avvicinando a 120. An- che se lo scopo fondamentale della EWC e' migliorare il dirit- to all'informazione e consultazione degli occupati, si potreb- be immaginare per il prossimo futuro, un suo ruolo attivo relativamente ad alcuni aspetti che potrebbero essere ne- goziati al suo livello. Le EWC potrebbero giocare un ruolo importante, per esempio, in questioni quali le pari opportunita' per lavoratori e lavoratrici, i periodi di formazione permanente e alcuni aspetti della organizzazione del lavoro. L'8 congresso delle ETUC che ha avuto luogo a Bruxelles nel maggio 1995 ha stabilito l'obiettivo a lungo termine di istituire un sistema europeo di relazioni industriali. Il con- gresso ha anche sottolineato l'importanza dei sindacati eu- ropei per realizzare la gran parte delle possibilita' offerte dal Protocollo Sociale allegato al Trattato di Maastricht e di usa- re le EWC come supporto per sviluppare la contrattazione collettiva settoriale e intersettoriale europea su questioni che superino i confini nazionali, consolidando, cosi', la con- trattazione a livello nazionale che ha crescente necessita' di completare questa dimensione europea. FRANCIA Il 1995 e' stato l'anno delle elezioni presidenziali in Francia. Le elezioni, con la vittoria del candidato della destra, Jac- ques Chirac, hanno segnato la fine di 14 anni di presidenza socialista. Alain Juppe' e' stato nominato primo ministro. Il nuovo governo conservatore ha esposto in maggio a grandi linee il suo programma dando priorita' politica alla cosiddetta "guerra per l'occupazione". Nel corso della prima meta' dell'anno l'economia francese ha avuto un andamento abbastanza positivo, con una previsio- ne di crescita del PIL di circa il 3% nel corso dell'anno, con una riduzione della disoccupazione. Al contrario, la seconda meta' dell'anno, con l'elezione del nuovo governo, e' stata caratterizzata da una marcata di- scesa delle previsioni di crescita economica (la crescita del PIL e' stata inferiore al previsto), l'annuncio da parte del go- verno di un piano generale di riforma della previdenza socia- le e dello stato sociale ha provocato un'ondata di agitazioni sindacali nel settore pubblico che hanno paralizzato i tra- sporti pubblici per un paio di mesi. Nel corso del 1995 e dei primi mesi del 1996 sono riemersi aumenti salariali come questione centrale nella contratta- zione a livello aziendale dopo un lungo periodo di austerita' relativamente alle retribuzioni. L'accordo raggiunto alla Renault dopo un certo numero di giorni di sciopero ha fruttato aumenti salariali del 4,5% con- tro una offerta iniziale del 2,5% da parte della societa'. Una migliorata situazione finanziaria e l'aumento della produttivi- ta' si sono anche riflessi sugli aumenti generalizzati per il 1995 del 2,2% alla Peugeot e del 2% alla Citroen (quando si aggiungono aumenti individuali, il conto totale degli au- menti salariali per entrambe le aziende sale fino a una me- dia del 3,7%). Il governo ha preferito modesti aumenti salariali in linea con le previsioni di inflazione dell'1,9% per il 1995, come stabili- to nelle sue raccomandazioni per i salari nel settore pubbli- co. Le previsioni dell'INSEE, l'Ufficio Nazionale di Statistica, hanno calcolato una crescita annuale delle retribuzioni ora- rie delle tute blu del 3,4%. Nel settore pubblico le retribuzioni sono cresciute dell'1,2% in marzo e dell'1,4% in novembre. I salari non sono stati la questione principale per i lavoratori del settore pubblico, an- che se la causa immediata degli scioperi molto estesi e delle manifestazioni partite in ottobre e' stato l'annuncio da parte del Governo di un congelamento delle retribuzioni degli impiegati statali per il 1996 per ridurre il deficit pubbli- co. Accanto al salario, le agitazioni nel settore pubblico so- no state causate soprattutto dalla preoccupazione tra gli oc- cupati relativa agli effetti dei tagli degli stanziamenti sull'occupazione e dalla minaccia rappresentata dal liberi- smo economico e dalla liberalizzazione dei servizi pubblici allo speciale statuto che regola i diritti-doveri dei lavoratori del settore pubblico. Alla fine di ottobre, le 3 maggiori organizzazioni dei datori di lavoro e tutte le piu' importanti confederazioni sindacali, ec- cetto la CGT, hanno firmato 2 importanti bozze di accordi centrali intercategoriali sulla riorganizzazione e riduzione dell'orario di lavoro, e sull'articolazione dei livelli di contrat- tazione dei negoziati nelle aziende prive di rappresentanze sindacali (la CGT-FO non fa firmato questo accordo). L'accordo sull'orario di lavoro, in particolare, prevede che i primi incontri settoriali inizino alla fine di gennaio 1996 su annualizzazioni combinate e riduzioni dell'orario. Gli incontri di categoria avrebbero luogo ogni 3 anni su tutte le que- stioni relative all'orario di lavoro (orario diverso nel corso dell'anno, lavoro straordinario, part-time, condizioni di lavoro e "banca del tempo") allo scopo di favorire una organizza- zione dell'orario che crei piu' occupazione e di migliorare le condizioni di lavoro degli occupati. GERMANIA In Germania la partita sui salari nel 1995 si e' svolta in una fase economica nettamente in ripresa, anche se la crescita del PIL e' stata alla fine dell'anno alquanto piu' bassa che all'estero. I sindacati hanno fatto riferimento alle perdite so- stanziali subite dai salari reali negli ultimi due anni e hanno chiesto per salari e retribuzioni aumenti tra il 5% ed il 6%. I padroni, dal canto loro, hanno chiesto la continuazione della "ragionevole e sensibile politica della contrattazione colletti- va del 1994" e hanno cercato di spingere per introdurre ul- teriori misure di flessibilita' nell'organizzazione del lavoro e nell'orario di lavoro. La gran parte degli accordi categoriali nelle aziende private e' stata raggiunta nella prima parte del 1995. Tali accordi hanno reso aumenti medi annuali del 3,7% - 3,8% contro un aumento medio dell'inflazione pari all'1,8%. I negoziati sono stati piu' difficili nel settore del Pubblico Impiego. Un accordo considerato appena accettabile dal sindacato OTV e' stato finalmente raggiunto in maggio e ha previsto aumenti salariali pari al 3,2%. L'orario di lavoro e' rimasto una questione chiave nella Ger- mania Occidentale. La settimane di 35 ore, gia' pattuita nel 1990, e' stata intro- dotta nel programma dell'industria grafica nell'aprile 1995 e all'inizio di ottobre nel settore dell'ingegneria industriale ed elettronica, in entrambi i casi con adeguati aumenti del sa- lario. In settembre due importanti accordi a livello aziendale sull'orario di lavoro flessibile sono stati raggiunti alla Opel e alla Volkswagen. L'accordo Volkswagen, oltre ad aumenti del salario fino al gennaio 1996 (la VW non e' coperta dal contratto collettivo dei metalmeccanici), ha raggiunto un compromesso sulla questione del sabato lavorativo: si puo' lavorare fino a 12 sabati all'anno e la percentuale in piu' per lo straordinario e' stata ridotta dal 50% al 30%. Si e' giunti ad un accordo sulla flessibilita' dell'orario di lavoro fino ad un massimo di 38, 8 ore per settimana e 8 ore al giorno dal lunedi' al venerdi', con una media annuale di 28,8 ore per settimana. La VW ha anche organizzato il sistema di sicurezza sul la- voro (nessun esubero obbligatorio), clausola del precedente contratto a livello aziendale. Alla fine dell'anno IG Metall ha proposto agli imprenditori e al governo una "alleanza per il lavoro", contenendo le ri- chieste salariali sotto il livello dell'inflazione nel 1997 (gli aumenti salariali per il 1995 e 1996 erano gia' stati definiti nell'accordo biennale firmato all'inizio dell'anno ed il prossi- mo aumento sara' dato nella primavera del 1997). Gli elementi di "alleanza " proposta sono i seguenti: a) la IG Metall accettera' di far partire aumenti al di sotto degli aumenti minimi pattuiti nella contrattazione collettiva per "un limitato periodo" purche' siano offerti contratti a lun- go termine ai disoccupati (cassaintegrati?) recentemente assunti; b) la IG Metall si accordera' con i suoi iscritti per ridurre il la- voro straordinario, sotto forma di "banca del tempo" indivi- duale; c) da parte loro le aziende devono essere d'accordo di non dichiarare esuberi di personale nel corso dei prossimi tre anni e di aumentare il numero totale di posti disponibili per contratti di formazione del 5% all'anno (le aziende che non aumenteranno i posti disponibili per la formazione dovranno concedere un aumento di salario); d) il governo accetta di accantonare i piani di tagli allo stato sociale (poi ripresi nel 1997!) e di assistenza ai disoccupati. Se ci si accordera' su questi punti, gli imprenditori dell'industria metalmeccanica creeranno 330.000 posti di la- voro tra il 1996 ed il 1998. Con riferimento specifico agli obiettivi enunciati nel foglio bianco della Commissione Europea sulla crescita, la com- petitivita' e l'occupazione del dicembre 1993, la proposta e' quella di un "patto sociale" per piu' posti di lavoro e di for- mazione destinati a portare, per la fine del secolo, ad un dimezzamento del numero di disoccupati e a creare lavoro per tutti i giovani. I diversi elementi della proposta possono essere riassunti come segue: 1) il numero dei posti di lavoro crescerebbe significativa- mente nei prossimi 3 anni; 2) gli imprenditori del settore pubblico e di quello privato si impegnerebbero ad aumentare l'offerta di posti di lavoro; 3) ci sarebbe un impegno a livello federale, regionale, loca- le, per aumentare il numero dei posti di lavoro del settore pubblico con la creazione di piu' lavori a part-time e lavori per i disabili. In aggiunta sarebbero compiuti passi per assi- curare che la politica economica e strutturale, la ricerca, la politica di formazione e ambientale sia gestita sul modello di una crescita sostenibile e qualitativa, promuovendo l'innovazione, supportando l'apertura di nuove aree di occu- pazione e quindi (da qui) aumentando la competitivita'. 4. La DGB e i suoi membri chiedono una riforma dello stato sociale. 5. I sindacati sottolineano la loro disponibilita' a usare il pro- cesso di contrattazione collettiva per perseguire questi sco- pi. L'orario di lavoro sarebbe anche ulteriormente ridotto in modo da favorire la creazione di nuovi posti di lavoro. L'incontro del Cancelliere del 23.1.1996 e' stato accompa- gnato da un documento di 8 pagine sull'"alleanza per il lavo- ro e la conservazione dei luoghi di produzione tedeschi" e ha rappresentato un compromesso che contiene ancora un potenziale conflittuale considerevole. In piu', il Governo federale si e' impegnato a ridurre il sussi- dio di disoccupazione del 3% piuttosto che del 5%. Il mag- giore potenziale di conflitto sta nei progetti di ristrutturazione del sistema fiscale favorevole alla crescita economica e all'occupazione, sui quali non e' stato ancora detto nulla. A meta' febbraio 1996 tre incontri ad alto livello hanno avuto luogo a livello settoriale tra la IG Metall e la federazione pa- dronale Gesamtmetall. Un punto particolarmente controver- so e' la richiesta della IG Metall che tutto lo straordinario, proprio a partire dalla prima ora, venga pagato sotto forma di tempo libero. Nel 1995 sono state lavorate circa 250 milioni di ore straor- dinarie, il che equivale a 150.000 nuovi posti di lavoro. REGNO UNITO L'andamento economico in UK ha continuato a essere ab- bastanza positivo nel 1995. Il PIL e' cresciuto di circa il 2,8% alla fine dell'anno e si prevede che cresca nella stessa mi- sura anche nel corso del 1996. L'inflazione si e' mantenuta al 3,4% nel corso dell'anno. Il Governo ha continuato nella politica economica basata su un'inflazione bassa e sui tagli nelle spese pubbliche. Que- sto non ha esplicitamente lo scopo di andare incontro ai criteri di convergenza di Maastricht per l'Unione monetaria europea e vi e' un grave disaccordo entro il partito conserva- tore sul fatto che l'Unione monetaria sia possibile o econo- micamente auspicabile. Uno studio recente mostra che tra il 1992 e il 1995 gli occu- pati a tempo pieno e indeterminato sono diminuiti di circa 300.000 unita' e che si e' registrato solo un aumento di oc- cupati a tempo determinato (+317.000), di occupati a part- time a tempo indeterminato (+130.000) e di lavoratori in proprio (+121.000). Di conseguenza vi e' una diffusa sensazione tra i lavoratori che stia diventando sempre piu' difficile trovare un lavoro si- curo a lungo termine e con una retribuzione conveniente (circa la meta' delle retribuzioni della prima occupazione e' minore di 4 sterline per ora). La disoccupazione ha conti- nuato a scendere nei primi mesi del 1995, ma questa disce- sa e' stata molto piu' lenta alla fine dell'anno. La contratta- zione collettiva nel 1995 e' stata anche caratterizzata da un'apparente crescita dei guadagni. Il relativamente modesto livello di assestamento dei salari osservato durante l'anno e' stato inevitabilmente influenzato dalla sensazione negativa delle aspettative economiche del paese (cioe', un recupero economico largamente attribuibile ai migliori risultati delle esportazioni seguiti dall'uscita forza- ta della sterlina dallo SME e una modesta crescita dei con- sumi). Nel settore pubblico un nominale congelamento del conto stipendi ha continuato a operare nel corso del 1995. Ogni aumento salariale ha dovuto essere fondato su un miglioramento della produttivita' o su risparmi dovuti a mag- giore efficienza. Anche se i lavoratori britannici hanno in media la piu' lunga settimana lavorativa della UE con 43,4 ore, non e' facile, dato il clima generale della contrattazione, condurre attiva- mente una campagna per la riduzione dell'orario di lavoro. Tuttavia alcuni sindacati categoriali hanno lanciato una campagna per una settimana di 35 ore nell'attuale ciclo di contrattazione. SPAGNA Il ciclo di contrattazione collettiva ha avuto luogo in condi- zioni politiche difficili. La crescita del PIL (3,0% nel 1995) e' stata tra le piu' alte della UE, ma sono rimasti ancora alti in modo preoccupante sia la disoccupazione (circa il 23% della forza lavoro), sia l'inflazione (4,6%). Di conseguenza le retribuzioni non sono state un fattore chiave nei negoziati del 1995, essendo stata data priorita' alla salvaguardia dell'occupazione. Un secondo gruppo di priorita' e' stato quello collegato alle aree toccate dalla radicale riforma della legislazione del lavoro adottata dal Parlamento nel 1994: l'aumentato potere di- screzionale del datore di lavoro di alterare le condizioni di lavoro individuali e collettive in misura molto ampia e' stata una delle piu' grandi preoccupazioni per i lavoratori. Per quanto riguarda la struttura delle retribuzioni, i sindacati hanno deciso di chiedere aumenti salariali in linea con le previsioni di inflazione per l'anno (3,5%), con una clausola di adeguamento del salario che avra' effetto se questa ali- quota avra' superato l'inflazione attuale. Un certo numero di contratti di settore sono stati firmati secondo questi criteri nell'industria chimica, nell'edilizia, nell'industria tessile e nel pubblico impiego. Gli aumenti medi dei salari nel 1995 sono stimati intorno al 3,7%, il che vuol dire un punto percentuale in meno in termini reali. CONCLUSIONI All'inizio del 1995 molte economie dei Paesi della U.E. si sono confrontate con due opinioni diverse e particolarmente conflittuali. La prima consisteva nel dare priorita' alla riduzio- ne del deficit pubblico per raggiungere il piu' presto possibi- le livelli di bilancio definiti nel trattato di Maastricht con una crescita economica piu' lenta a breve termine (riduzione del debito pubblico e aumenti delle tasse dirette ed indirette), mentre l'altra era rappresentata dall'idea di portare alle estreme conseguenze (massimizzare) gli effetti di una cre- scita economica a breve termine per stimolare la creazione di posti di lavoro e ridurre la disoccupazione. Un equilibrio tra queste due opinioni non e' stato ottenuto. Al contrario, alla prima opinione, insieme con l'imperativo di mantenere bassa l'inflazione, e' stata data la priorita' in tutti gli stati membri della U.E. Nonostante gli sforzi simultanei richiesti alle economie degli Stati membri (con livelli di sviluppo economico molto diversi e generalmente in competizione sugli stessi mercati) la ri- presa economica e' scesa rapidamente nella seconda meta' dell'anno e la gia' estremamente alta aliquota di disoccupati e' aumentata. Anche se i costi economici e sociali di queste decisioni sono stati avvertiti in tutta Europa, questi hanno avuto un impatto molto piu' negativo sulle economie piu' deboli del Sud dell'Europa. I patti sociali recentemente firmati da parte dei Governi eu- ropei, degli imprenditori e dei sindacati, in Germania e in Portogallo, quelli gia' esistenti in Italia (gli accordi di luglio e il "patto per il lavoro") ed in Irlanda, gli accordi di politica inter- na in Finlandia, non sono serviti ad invertire questa tenden- za, anzi hanno stabilito una caduta delle regole e dei diritti. Nel corso del 1995 la crescita dei salari individuali nell'Europa occidentale e' stata generalmente moderata e marcatamente al di sotto degli aumenti medi della produttivi- ta'. Tuttavia, per l'inflazione piu' bassa, i salari reali sono stati tutelati o sono leggermente migliorati in tutta Europa, con le due eccezioni maggiori: Italia e Spagna. La moderazione delle politiche salariali sono state il risultato di uno o piu' dei seguenti fattori: a) patti sociali a tre o accordi di politica dei redditi, come nel caso di Irlanda, Italia e Finlandia; b) strategie di contrattazione da parte dei sindacati per otte- nere riduzioni dell'orario di lavoro e programmi di protezione e creazione di posti di lavoro (Olanda); c) decisioni unilaterali da parte dei Governi nazionali nella strutturazione di programmi interni di convergenza econo- mica nella prospettiva dell'Unione Monetaria Europea (per esempio, il generale congelamento dei salari in Belgio o i ristretti margini di trattativa per i negoziati nel settore pubbli- co in diversi Paesi); d) una carenza di possibilita' nei negoziati sindacali a con- fronto con livelli estremamente alti di disoccupazione, con la deregulation dei diritti esistenti dei lavoratori (Spagna) e con i tagli allo stato sociale. Mentre l'orario di lavoro non e' stato generalmente una questione da negoziare nei Paesi del Nord, nel resto dell'Europa, i sindacati hanno preferito negoziare vari e combinati mezzi di riduzione dell'orario di lavoro (part-time, orario settimanale di lavoro flessibile abbinato alla riduzione delle ore di lavoro annuali, misure per conciliare il tempo di lavoro con il tempo per la famiglia, schemi di prepensiona- mento parziale, ecc.), nella maggior parte dei casi a livello aziendale piuttosto che nella contrattazione nazionale o settoriale. CRITERI, MEZZI E COMPETENZE DELLA RAPPRESENTANZA NEI LUOGHI DI LAVORO --------------| Paesi | F D UK IRL B L ND DK I E P GR --------------|----|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|--- denominazione | | | | | | | | | | | |consiglio | | | | | | | | | | | |di | | | | | | | | | | | |lavoratori | | | | | | | | | | | | - GR | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | |commissione | | | | | | | | | | |di | | | | | | | | | | |lavoratori - P | | | | | | | | | | | | | | | | | | | |comitato | | | | | | | | | |d'azienda - E | | | | | | | | | | | | | | | | | |RSU - I | | | | | | | | | | | | | | | |comitato | | | | | | | |di cooperazione - DK | | | | | | | | | | | | | |consiglio d'azienda - ND | | | | | | | | | | | |comitato misto azienda - L | | | | | | | | | |consiglio d'azienda - B | | | | | | | |shop steward - IRL | | | | | |shop steward - UK | | | |consiglio di stabilimento - D | |comitato d'impresa - F --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- PAESI | F D UK IRL B L ND DK I E P GR --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- soglia | 50 | 5 | / | / | 100| 150| 35| 35| 15| 50| / | 50 |(11)| | | |(50)|(15)| | | |(6)| |(20) de --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- le eletti | x | x | x | x | x | (x)| x | x | x | x | x | x ga --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- ti designati | | | x | x | | | | x | x | | | -- --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- com solo | | x | x | x | | | x | | x | x | x | x po dipendenti | | | | | | | | | | | | si --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- zio misti | x | | | | x | x | | x | | | | ne --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- protezione | x | x |(x)|(x)| x | x | x | x | x | x | x | x mez --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- zi riunioni | x | x |(x)|(x)| x | x | x | x | x | x | x | x --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- locali | x | x |(x)|(x)| x | x | x | | x | x | x | --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- ore | x | x |(x)|(x)| x | x | x | x | x | x | x | x --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- formazione | x | x |(x)|(x)| x | x | x | | | | | x --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- PAESI | F D UK IRL B L ND DK I E P GR com --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- pe budget | x | | | | | |(x)| | | | | ten --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- ze esperti | x | x | | | x | | x | |(x)| |(x)|(x) --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- econom. | x | x | x | x | x | x | x | x | x | x | x | x --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- socio-profess.| x | x | x | x | x | x | x | x | x | x | x | x --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- attivita' | x | | | | x |(x) | | x | x | x |(x)|(x) socio-cultur. | | | | | | | | | | | | --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- mo ricorsi |(x) | | x | x |(x) |(x) | | x | x |(x)| | del --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- li informazione | x | x | x | x | x | x | x | x | x | x | x | x d'i e consultaz. | | | | | | | | | | | | nter --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- ven contrattazione| | x | x | x | | | | x | x | x | |(x) to --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- codeterminaz. | | x | | | | x | x | | | | |(x) --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|---- PAESI | F D UK IRL B L ND DK I E P GR --------------|----|---|---|---|----|----|---|---|---|---|---|----