Seminario nazionale di Alternativa Sindacale Filcea - 26/27 marzo 1997 Nota sull'esperienza di contrattazione integrativa negli ultimi quattro anni Premessa Una doverosa premessa e' che questa nota non ha alcuna pretesa di "scientificita'" ne' vuole essere un bilancio com- plessivo in merito alla contrattazione di II livello realizzata negli ultimi anni: ne mancherebbero i presupposti, in quanto l'osservatorio da cui trae origine non e' sufficientemente rappresentativo da poter compiere una operazione di gene- ralizzazione. Si tratta di un insieme di valutazioni, impres- sioni, spunti di riflessione fondati comunque su di una esperienza sindacale diretta e concreta e che potranno es- sere confermati o smentiti dal confronto con altre situazioni: un pretesto, quindi, per continuare una riflessione doverosa ed utile per tentare di dare maggiore incisivita' ed efficacia all'azione contrattuale. Questa premessa puo' anche essere utile per sollevare un problema che esiste, e che e' il livello tutto sommato ancora poco diffuso ed embrionale degli osservatori sulla contrat- tazione: spesso ci si limita ancora ad evidenziare e mettere in discussione solo certi accordi ritenuti particolarmente si- gnificativi (nel bene e a volte anche nel male) per questo o quell'aspetto, e quindi si conosce solo la punta dell'iceberg "contrattazione", mentre manca una osservazione ed una analisi globale nel suo livello medio e diffuso. Fattori del contesto La contrattazione degli ultimi anni e' stata naturalmente e pesantemente condizionata dai due accordi del luglio 92 e luglio 93. L'accordo del luglio 92 aveva fornito l'occasione a molte aziende per sospendere o bloccare anche le contrattazioni gia' in corso, in attesa che un secondo accordo stabilisse il nuovo impianto contrattuale complessivo; quello del luglio 93 a sua volta era stato utilizzato nello stesso modo, con il pretesto che non si poteva dare corso alla contrattazione aziendale fino a che i contratti nazionali per ciascun settore non avessero stabilito materie, tempi, modalita'. Queste in- terpretazioni padronali estremistiche sono state battute in una certa misura, in quanto si e' riusciti comunque a conclu- dere un discreto numero di vertenze, ma in generale al prezzo di entrare in una logica di fare accordi di breve dura- ta, accordi-ponte, provvisori e reversibili. Sul piano della struttura industriale e dell'organizzazione produttiva, i primi anni 90 sono quelli maggiormente segnati dal cambiamento di fase e delle strategie aziendali: settori produttivi in generale stagnazione o contrazione, con la necessita' di conquistare i mercati esistenti attra- verso una vera e propria guerra tra i produttori; deciso passaggio al sistema del "just in time", con effetti di estrema variabilita' dei volumi produttivi, piu' evidenti nei settori che non producono beni finali; forti diversificazioni e innovazioni di prodotto e di proces- so. Il miscuglio di ingredienti di questo genere, che non siamo stati in grado, o non abbiamo voluto tempestivamente disin- nescare, ha trascinato e trascina con se' delle conseguenze che paiono quasi "naturali": se non si puo' piu' parlare di pro- grammi produttivi se non nel brevissimo termine (in certi casi si viaggia sull'arco della settimana), anche i lavoratori devono accontentarsi di vivere alla giornata, in tutti i sensi. La prestazione lavorativa deve diventare variabile, nella sua quantita' e nel suo prezzo: mentre in genere per gli altri fat- tori della produzione, come le materie prime, l'energia, gli impianti nessuno pensa di porre una questione di variabilita' di prezzo a seconda dei risultati economici che consegue l'utilizzatore. A loro volta, questi elementi hanno posto le basi per una rottura drastica della solidarieta' e unita' tra lavoratori e della capacita' di una loro rappresentanza unitaria. Non e' una novita' in assoluto, ma e' certo che negli ultimi anni la ten- denza alla segmentazione e' esasperata; all'interno di uno stesso stabilimento si trovano ormai gruppi sempre piu' consistenti di lavoratori che vivono condizioni molto diffe- renti, e che nell'immediato sentono interessi non proprio coincidenti: c'e' chi e' dipendente diretto e chi e' dipendente di imprese varie, chi ha un salario e chi ne ha un altro, chi e' stabile e chi e' precario, e cosi via. Se poi si va fuori dalla singola fabbrica, le cose si complicano ancora. Una delle contraddizioni maggiori sta nella difficolta' di rea- lizzare un effettivo livello di coordinamento, in quanto le esi- genze della competitivita' sembrerebbero escludere che ci si possa coordinare con un'altra fabbrica alla quale si cerca di portare via commesse di lavoro. Un'altra contraddizione molto forte e' quella che ha portato alla rottura della solidarieta' tra generazioni: l'idea che per i lavoratori gia' esistenti si potesse mantenere un certo livello di tutele, di diritti e di retribuzione solo alla condizione di scaricare i problemi sui giovani, ha fatto molta strada, ed ha segnato profondamente anche la contrattazione aziendale. Oggi peraltro ci stanno spiegando che neanche quello non basta piu', che bisogna rimettere in discussione tutto di tutti, giovani e anziani: potrebbe essere una buona premessa per la fine di una illusione ed un'inversione di tendenza, in primo luogo nella coscienza dei lavoratori e del sindacato. Temi di contrattazione Con sfumature ed intensita' molto diverse, anche in rapporto alla durata dei vari accordi, sono ancora presenti nella con- trattazione tutti i temi classici: diritti di informazione, occu- pazione, mercato del lavoro, orari, inquadramento profes- sionale, ambiente, salario. L'impostazione generale e' pero' mutata radicalmente, ed i problemi salariali hanno assunto un peso specifico ancora maggiore che in passato (il che non significa che ci siano risultati migliori). Una parte delle questioni (occupazione, orari ecc.) sono condizionate dal contesto della nuova organizzazione industriale e produtti- va, altre (in special modo il salario) sia dal contesto che dalle regole. Alcune delle considerazioni che si possono svolgere sono le seguenti. Salvo pochissime eccezioni, il consolidamento e lo svi- luppo dell'occupazione non sono piu' obiettivi di per se': nella maggior parte dei casi e' passata l'idea che lo sviluppo della capacita' competitiva, dell'efficienza aziendale ecc. sia il vero obiettivo su cui puntare, e che l'occupazione ne verra' regolata di conseguenza. Si deve anche constatare come in tema di occupazione l'attivita' contrattuale si esplica piu' con azioni difensive nelle fasi di ristrutturazione, attraverso l'uso degli strumenti tradizionali, che non in sede di contratto in- tegrativo e con strumenti nuovi. Sempre in materia di occupazione, oltre al problema della quantita', assume sempre piu' rilievo quello della qualita': cioe' in che modo si entra a lavorare, alle dipendenze di chi, con quale rapporto di lavoro. Questo e' uno dei terreni sui quali, oltre a dovere fare i conti con il padrone, si vivono da parte sindacale le maggiori contraddizioni: in una fabbrica, e' meglio essere tutti nella stessa condizione, e quando ci so- no problemi li si affronta tutti insieme, o e' meglio che ci sia qualcuno (contratti a termine, imprese in appalto, contola- voristi) destinato sin dall'inizio ad assicurare la necessaria flessibilita'? La risposta sembrerebbe scontata, ma la pratica e' molto diversa. Il problema dell'orario di lavoro e dell'utilizzo impianti e' uno dei piu' trattati dalla contrattazione aziendale, specie in relazione a due punti: 1. Definizione di calendari annui E' una pratica che permane positivamente in generale nei settori piu' ricchi, come la chimica o il pneumatico, mentre e' tutta da riconquistare in altri, come per es. nella gomma-plastica dell'indotto. Vi sono moltissime fabbriche nelle quali, sino al 31 luglio i lavoratori non sanno se e per quanto andranno in ferie. 2. Definizione dell'orario settimanale, in rapporto all'utilizzo impianti Rispetto alle precedenti e consolidate esperienze delle schematizzazioni, non vi sono stati avanzamenti signifi- cativi, tranne che in qualche azienda chimica. Peraltro, con la parola d'ordine della flessibilizzazione, la pressio- ne delle aziende e' sempre meno rivolta all'ulteriore am- pliamento strutturale e schematizzato dell'utilizzo degli impianti, e sempre piu' all'allargamento dell'orario e della fascia di disponibilita' individuali. Esemplificativa e' l'offensiva lanciata nell'ultimo rinnovo del contratto na- zionale della gomma-plastica. Il fatto di poter contare sui contratti a termine, sui lavoratori part-time nelle forme piu' strane, sulla disponibilita' individuale allo straordinario, da' alle aziende la possibilita', all'occorrenza, di lavorare i 6 o anche i 7 giorni senza dover passare attraverso la con- trattazione. Legato al tema dell'orario di lavoro, vi e' quello del controllo della prestazione. Anche su questo punto si e' svolta un'azione essenzialmente difensiva, di fronte ad una siste- matica offensiva di rimessa in discussione delle pause e di incremento delle saturazioni individuali. Il cottimo tende in generale a sparire come forma di retribuzione, ma non nella realta' della produzione richiesta. Il salario aziendale e' uno dei punti sui quali il sistema di re- gole e vincoli posti dall'accordo del luglio 93 ha maggior- mente pesato. Si e' in generale verificato quanto si poteva prevedere, e cioe' il forte indebolimento del rapporto tra sa- lario e prestazione lavorativa, con l'introduzione di parametri sui quali le capacita' e le possibilita' reali di controllo da parte dei lavoratori e delle rappresentanze sindacali sono molto scarse. L'esperienza concreta mostra che, almeno in certi settori, i risultati salariali non sono irrisori, ma anche che questi risul- tati in buona misura ci sono a prescindere dallo schema ca- nonico previsto dal premio di partecipazione. Per contro, ci sono casi in cui in apparenza il meccanismo e' stato attuato, ma i risultati non ci sono. Dove i rapporti di forza sono piu' favorevoli, o l'azienda guadagna di piu', o il padrone e' un po' piu' disponibile, si e' ottenuto di piu'. In linea di massima, si e' avuta una prima fase, negli anni 92-94, in cui si sono realizzati soprattutto accordi-ponte transitori, basati sulla corresponsione di "una tantum" o si- mili. Successivamente, si e' provato; parecchi accordi sono basati teoricamente sullo schema del premio di partecipa- zione: sono state fatte le tabelle, nelle quali ad un certo va- lore dell'indicatore considerato corrisponde una certa cifra. Ma in quasi nessun caso si e' poi riusciti a tenere il meccani- smo sotto controllo: concordare su un obiettivo di migliora- mento della qualita', comporta innanzitutto il poter valutare quali margini effettivi di miglioramento esistono ed a quali prezzi, ed anche il poter concordare sulle misure da attuare perche' l'obiettivo si realizzi, altrimenti non resta che limitarsi al fare il tifo. In alcune situazioni, un po' paternalisticamente, visto che gli obiettivi non si erano raggiunti, si e' a posteriori corretta la tabella per erogare qualche lira senza formal- mente violare le regole. Sono anche numerosi i casi in cui le RSU si sono inutilmente logorate nelle commissioni pariteti- che per stabilire la causa di un certo difetto qualitativo o di una certa inefficienza. Tuttora, non ostante che le regole lo prevedano, ci sono grosse difficolta' a definire accordi salariali di durata qua- driennale: in questo entra ovviamente la posizione padrona- le che punta a non consolidare mai nulla, ma anche le diffi- colta' oggettive nel definire programmi pluriennali a fronte di continue innovazioni di prodotto e di processo. Vi sono poi alcuni punti problematici presenti in gran parte degli accordi: trattamenti differenziati tra lavoratori fissi e lavoratori a termine (questi ultimi non percepiscono neanche la parte proporzionale); non incidenza del premio su nessun istituto contrattuale, compreso il TFR; incrementi salariali legati alla presenza. Ancora, c'e' un problema, che riguarda ovviamente non solo la nostra categoria, relativo all'orientamento del Governo verso la decontribuzione dei premi di risultato, che significa anche trasformarli in retribuzione non pensionabile: l'accordo del 23 luglio ipotizza un diverso sistema di oneri contributivi, non la loro totale eliminazione. Infine, un aspetto da non sottovalutare e da mettere in conto e' il fatto che molte aziende hanno posto come condi- zione per contrattare un premio di risultato quella di ristruttu- rare il salario aziendale esistente, congelando magari alcu- ne voci, trasformandone altre in "ad personam", ecc., modi- ficando quindi dinamiche salariali gia' in atto e accentuando le differenziazioni tra anziani e giovani neoassunti. Qualche considerazione finale Qualcuno sostiene che dopo luglio 93, nella nostra catego- ria ed piu' in generale si sia allargata l'area della contratta- zione aziendale. A meno che non si faccia riferimento al numero di accordi, l'impressione e' che le cose non stiano cosi, sia perche' la definizione di alcune regole formali non e' sufficiente a crea- re un diritto certo ed esigibile, sia perche' per quanto riguar- da le piccole imprese permangono gli stessi limiti preesi- stenti. Certo, si puo' sempre obiettare che con adeguati rap- porti di forza questi problemi sono superabili, ma allora non si capisce dove stia la differenza. La pratica delle linee-guida, ed in assenza di un vero ruolo di coordinamento, non e' sufficiente. In generale le linee-guida si limitano a riproporre i meccani- smi teorici ed astratti, e non forniscono alle RSU elementi sufficienti di supporto. Occorre invece rilanciare la pratica del coordinamento, di gruppo e di settore, con l'obiettivo non certo di limitare l'autonomia delle RSU, ma al contrario di valorizzarle, rom- pendo l'isolamento e offrendo loro una sede di confronto su ipotesi rivendicative concrete e comuni. Per quanto riguarda il salario, occorre rompere una situa- zione che ci vede impegnati costantemente a contrattare e ricontrattare anno dopo anno quote che vengono continua- mente rimesse in discussione. Alcuni correttivi potrebbero essere: ristabilire in parte un rapporto tra salario e prestazione, magari attraverso maggiori spazi contrattuali a livello aziendale sulla professionalita' e classificazione; introdurre un elemento di certezza nel rapporto tra in- cremento della ricchezza prodotta aziendalmente ed in- cremento delle retribuzioni, superando il sistema degli obiettivi concordati e contrattando invece un valore eco- nomico ad ogni punto percentuale di miglioramento dei diversi indici aziendali.