La riduzione di orario, dal 1960 al 1995 in Italia e nel resto del mondo. Antonio Di Simone L'intervallo della ricerca riguarda il periodo compreso tra il 1960 ed il 1995. L'indagine verte sulla riduzione dell'orario di lavoro con particolare attenzione alla redistribuzione della ricchezza (recupero della produttivita'). Si e' cercato di evidenziare, ove possibile, le forme in cui si concretava la redistribuzione - quella espressa tramite riduzione del tempo di lavoro (riduzione d'orario settimanale, ferie, diminuzione dell'intervallo lavorativo ai fini della pensione, limitazione del ricorso alla prestazione straordinaria ...) o quella praticata tramite incremento del reddito (incremento salariale, aumento del massimale della pensione ...) - e coloro (le parti coinvolte nelle vertenze, e i soggetti sociali che parteciparono al dibattito) che quelle forme hanno proposto. S'evidenzia nel corso dell'indagine come in particolar modo la sinistra sindacale e politica, dal Compromesso Storico in poi, assume una linea declinante, si lascia penetrare dalle istanze della controparte. La sua capacita' propositiva, progettuale, perde gradatamente smalto, fino a trasformarsi, in taluni casi, in uno strumento di mediazione del consenso che tende a far "comprendere", digerire, ai lavoratori le priorita' del padronato, i suoi criteri economici, presentandoli, senza altra considerazione, come l'interesse dell'Italia, quindi di tutti noi. Ripercorrendo velocemente la storia di questo periodo, vediamo come il sindacato italiano da una posizione d'avanguardia rispetto alle realta' sindacali europee, decade al ruolo di fanalino di coda. In questi ultimi anni, s'e' addirittura mosso in controtendenza, rispetto alle conquiste della IG Metal sulla riduzione d'orario, tanto da costituire un freno alla propagazione di tali soluzioni. Termoli insegna! In sintesi, la politica del sindacato si caratterizza all'insegna della flessibilizzazione nell'uso della manodopera, mobilita', part-time, lavoro domenicale, contratti week-end ..., e nell'appoggio alle ristrutturazioni, agli incrementi di produttivita', ma senza porre alcuna attenzione alla questione della redistribuzione della ricchezza. La medesima disattenzione/insensibilita' si puo' ritrovare nelle analisi e nelle proposte formulate da quasi tutto l'universo sindacale e politico italiano, fatta eccezione per quell'area di sinistra politica (parlamentare od extraparlamentare) o sindacale, costituita da Essere Sindacato, le realta' dei COBAS, Rifondazione Comunista ... . Ritengo opportuno rilevare il rischio che si corre nel centrare il discorso unicamente sulla riduzione d'orario, senza aggiungere altro, poiche' se non si fanno dei distinguo (il recupero dell'incremento di produttivita') si rischia di prendere per oro cio' che oro non e'. In molti, sia ieri sia oggi, tentavano e tentano di piazzare il loro oro falso. Facilmente si cade in questo tranello, ed il prezzo da pagare e' molto alto. Ho cercato di porre inoltre l'accento sulla redistribuzione della ricchezza, giacche', a mio avviso, essa presenta un insieme di sfaccettature non sempre giustamente colte. Secondo come si concreta quest'aspetto, si procede verso un'espansione sociale, un maggiore benessere, quindi un progresso per tutta la collettivita', oppure si attua una distruzione di risorse, un impoverimento generalizzato. La ricchezza prodotta presenta inevitabilmente questa duplice valenza, in base alle condizioni di sviluppo raggiunte e alla sua destinazione. Da Marx abbiamo appreso che in una societa' in via di sviluppo, la destinazione di parte delle nuove risorse generate verso il potenziamento dell'apparato produttivo, costituisce un fatto positivo, poiche' esso incrementa le capacita' riproduttive della collettivita'. A mano a mano che queste forze progrediscono, una parte sempre crescente di ricchezza deve essere redistribuita, pena l'impoverimento generalizzato. Condizione perche' questa realta' si concreti, e' che lo scopo della produzione sia il soddisfacimento dei bisogni della comunita', mentre nella forma sociale dominante, quella centrata sul capitale, il fine e' il profitto. Di conseguenza la nuova ricchezza prodotta non segue l'itinerario giusto ed anziche' tradursi in benessere sociale, causa problemi alla collettivita'. Su questo aspetto le forze politiche e sindacali dovrebbero prestare la massima attenzione, e mettere in campo le opportune pratiche di recupero, essendo istituzioni preposte alla cura dell'interesse generale. Purtroppo quest'ottica e' stata quasi completamente stravolta negli ultimi tempi. Un aspetto particolarmente interessante che emerge nel corso della ricerca, e' rappresentato dal dibattito che si e' svolto nell'ambiente sindacale tedesco sulla riduzione dell'orario, nei periodi 1978, 1983/84, 1990 e fine `93.I contenuti espressi mostrano quanto sia profondo e solido l'impianto teorico a sostegno delle proposte. Emergono anche aspetti sconcertanti sulle condizioni di lavoro, sulla situazione giovanile, delle donne, ed ancor di piu' del lavoro minorile, ancora diffusissimo nel nostro "civile" mondo occidentale, come nei paesi in via di sviluppo. Cronologia Gli anni 60 sono caratterizzati da forti lotte rivendicative in tutti i paesi europei, i cui contenuti riguardano in molti casi la riduzione di orario a parita' di salario e piu' frequentemente con incrementi salariali. Le forze dell'ordine di quel periodo saranno ricordate per la violenza che espressero nel reprimere le manifestazioni dei lavoratori. In Italia, dopo la crisi del centrismo, il presidente Giovanni Gronchi nella primavera del `60, affida l'incarico a Ferdinando Tambroni di formare il nuovo governo, il quale grazie all'appoggio dei monarchici e del MSI ottenne il voto di fiducia. Dopo i fatti di Genova, Tambroni vuole dimostrare la sua capacita' di tenere la situazione e da' alla polizia il permesso di sparare: le dimostrazioni si trasformano in conflitti sanguinosi con diversi morti e feriti, a Licata in Sicilia, a Reggio Emilia, a Palermo e Catania. Il governo presieduto da Amintore Fanfani (succeduto dopo pochi mesi al governo Tambroni), chiude l'esperienza di destra e prelude al centro-sinistra. All'estero, negli ambienti conservatori, questa novita' destera' grosse preoccupazioni. L'andamento dell'economia europea che conobbe negli anni `50 dei ritmi di crescita particolarmente alti, continuera' a crescere in forma piu' contenuta, con delle brevi fasi recessive (`63/65 in Italia e `66/67 in Germania). In diversi Paesi occidentali, cominciano ad acuirsi fenomeni come l'aumento dei tassi d'inflazione, dei prezzi, e si manifestano periodi di crisi produttiva, tutti aspetti che negli anni `50 erano di modesta entita'. Riprende inoltre a salire in modo consistente la disoccupazione. In molti casi i governi rispondono con politiche deflattive che appesantiscono la crisi occupazionale. Ad aggravare la situazione si aggiungono i processi di ristrutturazione in seno alle imprese. Le condizioni di vita della classe operaia risentono della caduta dei salari reali e la disoccupazione crescente desta preoccupazione nei paesi europei. A Milano dal 2 al 7 aprile del `60 si svolge il V congresso della CGIL: tra gli obiettivi individuati, emerge quello delle 40 ore settimanali, da raggiungere nelle varie realta' ed in modo progressivo. Due anni dopo i minatori conquistano le 40 ore per via legislativa, mentre i lavoratori del tabacco le raggiungono tramite contratto. Nel dicembre del 1963 nel settore tessile (uno dei rami attivi della nostra economia), a seguito della situazione prodotta dalle forti ristrutturazioni, e' proclamato lo sciopero nazionale di 24 ore; ne segue un secondo il 18 dello stesso mese. Nel gennaio del 64 si riuniscono a Roma le delegazioni della Federazione Lavoratori tessili francesi (CGT) e i membri della Federazione tessile italiana (CGIL) i quali concordano sui seguenti punti: 1) aumento generale dei salari, senza discriminazione per i giovani e le donne; 2) revisione e riqualificazione delle qualifiche. 3) settimana di 40 ore pagate 48 con due giorni di riposo consecutivi, ed il prolungamento delle ferie. E' il periodo in cui il PCI propone un "Ente tessile statale", come "alternativa programmata" che razionalizzi la gestione delle aziende tessili e chimiche IRI ENI.(1) L'anno successivo in Germania il cancelliere Erhald come ricetta per superare la crisi, chiede agli operai un'ora di lavoro gratis per la Patria. Tra le altre proposte: il blocco dell'immigrazione e l'invito a ridurre le ferie all'estero. All'interno del Paese s'accendono grossi conflitti, che nel settore metallurgico in diversi casi sfuggono al controllo della IG Metal. In Spagna sempre nello stresso periodo, i metalmeccanici sono in agitazione per il raggiungimento del minimo giornaliero di 250 pesetas e le 48 ore settimanali. Una delle battaglie piu' significative di questo momento e' quella prodotta dai marittimi inglesi, i quali si battono per la riduzione d'orario da 56 a 40 ore. Lo sciopero nazionale di categoria si estende nel giro di pochi giorni (60.000 marittimi partecipano alla protesta) e raccoglie la solidarieta' dei ferrovieri, e dei portuali. I porti sono paralizzati dalle navi ormeggiate alle banchine. I laburisti, al governo in quel periodo, surclassando notevolmente i conservatori, proclamano lo stato d'emergenza, e minacciano di far ricorso all'intervento della Marina Militare.(2) Da un'indagine del `66, sulla durata legale del lavoro in Europa s'evidenzia che in Belgio, in Germania, In Italia, nei Paesi Bassi e nel Lussemburgo, la legislazione prevede una durata settimanale di 48 ore. In Belgio si avranno le 45 ore dopo l'entrata in vigore della legge 15 luglio1964. In Francia si e' gia' alle 40 ore. Nei Paesi Bassi esiste ed e' praticata, tramite autorizzazione ministeriale, la possibilita' della settimana lavorativa di 5 giorni, prolungando l'orario giornaliero a 9 ore. Tramite questo stratagemma si raggiungono le 45 ore anche nei Paesi Bassi.(3) In Italia il governo presieduto da Moro, mostra in modo plateale il suo immobilismo, le riforme si attardano o vengono continuamente rinviate, i socialisti dopo la scissione (che porto' alla formazione del PSIUP), ormai non parlano piu' di riforme strutturali e mirano con la poca forza che hanno, a qualche limatura delle asperita' del capitalismo. Gli intenti della DC di usare i socialisti per il proprio tornaconto hanno funzionato alla perfezione, e sono riusciti anche nel loro secondo obiettivo: quello di spaccare la sinistra ed emarginare il PCI. La riforma urbanistica e dell'edilizia non viene mandata avanti perche' e' uno dei settori strategici della base elettorale DC. Spinti dalle pesanti condizioni di vita e di lavoro gli edili entrano in agitazione: la polizia tenta di reprimere i dimostranti. Il nucleo delle loro rivendicazioni riguarda la riduzione d'orario con incrementi salariali, il rifiuto del sistema del cottimo, dei subappalti e la tutela della sicurezza sul posto di lavoro. Ancora in Italia, sul finire degli anni 60, si riscontrano casi veramente singolari che ricordano per alcuni aspetti, le condizioni dei lavoratori d'inizio secolo. L'esempio degli autoferrotranvieri nel 1968 e' molto eloquente. L'assunzione avviene ancora in base al Decreto Regio del 8 gennaio 1931 i lavoratori sono costretti a lavorare per sette giorni consecutivi e a godere del riposo solo all'ottavo. Per le ferie non e' concesso prendere 15 giorni di fila, ma e' ammesso soltanto l'8+2, come una licenza militare. Per quanto concerne le condizioni di lavoro, da statistiche di fonte sindacale il 90% dei tranvieri si ammala durante il servizio.(4) Nel 1967 veniva presentato in Parlamento, su iniziativa del CNEL (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), un disegno di legge sull'orario, il riposo settimanale e le ferie, che mirava a sistematizzare organicamente la materia. In esso si parlava espressamente delle 45 ore lavorative. L'iniziativa non ando' avanti. Un'altra situazione veramente singolare e' quella dei portuali. Un settore questo che presenta un'organizzazione interna molto corporativa, tra i permanenti e gli occasionali (avventizi), con notevoli discriminazioni sia sul salario sia nei diritti, dove inoltre tra gli occasionali, il criterio di avviamento al lavoro con il sistema delle presenze (le quali servivano per creare le graduatorie di accesso ai concorsi interni), mirava a produrre una competizione particolarmente degenerata, dove appunto si era portati a trarre vantaggio dalle disgrazie in salute degli altri lavoratori, sia per accaparrarsi il lavoro, sia per entrare in graduatoria. Dopo una serie di lotte, i primi risultati arrivano il 20 gennaio 1967, giorno in cui e' comunicato da parte di FILP-CGIL, FILP-CISL e la UILTATEP- UIL che e' stato raggiunto l'accordo con il Ministro della Marina Mercantile sulla vertenza. L'accordo prevede un incremento del 6% della paga giornaliera di base a partire dal 15 febbraio 1967, una modesta riduzione di orario da 45 a 44 ore dal 1 gennaio 1968, risultato assolutamente inadeguato a fronteggiare il calo dell'occupazione, generata dalle ristrutturazioni nel settore. Inoltre vi e' un aumento dell'integrazione salariale da 45000 a 50000, con un trattamento di maggior favore per i lavoratori permanenti che superano le 50000 mensili, ai quali viene elevata la quota a 70000. Decisi miglioramenti che riguarderanno anche la riduzione dell'orario di lavoro e la condizione degli avventizi, si avranno nel marzo 1969. Insieme alla riduzione di orario a 40 ore settimanali con decorrenza 20 novembre `69, e all'incremento del salario del 6%, si conquistano la 14 mensilita', la contingenza, aumenti consistenti sulla buonuscita, parita' di trattamento tra permanenti e avventizi, ed infine il diritto dei sindacati di intervenire sulla fissazione degli organici a carattere locale e nazionale.(5) Nel periodo `68/69 l'Italia e' attraversata da forti contestazioni di massa, studenti ed operai spesso si ritrovano nelle piazze. Questa ventata di contestazione che parte dalla Francia nel `68, turba i sonni della borghesia e dell'area conservatrice, le quali rispondono con la strategia della tensione. Nelle fabbriche si elaborano forme di protesta mirate ad avere la massima efficacia ed anche il padronato risponde violentemente. Nell'autunno del 69 Agnelli mette in campo la sua "guerra lampo" per sconfiggere il "gatto selvaggio" delle catene di montaggio, sospendendo gli operai che parteciparono alle lotte isolate di alcune officine. La vertenza dei metalmeccanici si protrae fino alla vigilia di Natale. Per quanto concerne la riduzione d'orario, si ottiene un graduale raggiungimento delle 40 ore. Dal punto di vista economico e' concordata la somma di 65000 lire, non agenti sulla paga base ma su altri elementi di busta (si grido' anche al contratto bidone), per cui la paga base sarebbe ridotta a circa un terzo dello stipendio complessivo. Si permetteva quindi all'impresa (con i meccanismi d'incentivazione al cottimo, con-cottimi, cottimi percentuali), sui quali non agiva quest'aumento, di realizzare la flessibilita' che voleva, elasticizzando la prestazione operaia nei momenti di bisogno, senza costi aggiuntivi rispetto a quanto doveva pagare prima dell'accordo.(6) In Italia i primi anni `70 vedono il PCI in forte crescita, ed e' in quel periodo che considerando i fatti del Cile e la situazione nel Paese, Enrico Berlinguer elaborera' il compromesso storico. Sono anche gli anni delle B.R. nel '75 Mara Cagol viene uccisa in uno scontro a fuoco con le forze dell'ordine. Berlinguer rivolge il suo appello agli italiani per una societa' piu' giusta, piu' collettiva, ma anche piu' austera. E' il compromesso con la DC, si disse <>. Non si registrano, in questo periodo, episodi significativi sulla questione dell'orario, tra l'altro anche le rivendicazioni salariali specialmente negli anni successivi, perderanno di priorita' per il sindacato. Nella convinzione che la classe operaria stesse diventando classe di governo, e nella confusione di quel periodo, tra interessi dell'Italia e quelli delle imprese, le rivendicazioni verranno ammorbidite, diverra' prioritaria una politica dei sacrifici, e il drenaggio, dagli stipendi dei lavoratori, delle risorse per lo sviluppo del sud. Altri dati interessanti per la nostra ricerca possiamo trovarli spostando l'indagine negli Stati Uniti. Questo e' il periodo di transizione tra la presidenza Ford e quella Carter, tra i problemi che la precedente gestione lascera' in eredita' alla nuova, emergono la disoccupazione, l'inflazione, ed il calo della produzione. Alla scadenza del contratto (14 settembre) dei dipendenti del settore Auto, l'UAW (United Auto Workers) avvia gli scioperi nel `76, partendo dalla Ford. In 170.000 scendono in piazza, e dopo circa 20 giorni di lotte si raggiunge l'accordo. L'esito della trattativa produceva un incremento di 6 giorni di ferie, un modesto aumento salariale, e il mantenimento del meccanismo della `cola' "cost of living adjustment" (scala mobile). Nel settore della gomma le consistenti lotte che prenderanno corpo in quest'anno, porteranno all'introduzione del dispositivo della 'cola'. E' curioso notare che mentre in Italia si agisce contro la scala mobile, negli Stati Uniti questa e' una recente conquista dei lavoratori in diversi settori. In Germania nel `76 vengono avanzate, da parte sindacale, proposte di riduzioni di orario a parita' di salario. Spostando il nostro sguardo in America Latina, balza immediatamente agli occhi la situazione della classe operaia in Brasile, la quale ricorda con impressionante somiglianza le condizioni di lavoro in Inghilterra nei primi dell'Ottocento. Il 3,2% circa della popolazione puo' provvedere con il proprio reddito alla sola alimentazione, mentre il 29% vive al disotto del salario minimo garantito e il 20% ha uno stipendio che, dal minimo garantito (48.000 lire circa) si estende fino a 100 dollari il mese, appena 1% dei salariati supera i 200 dollari mensili. I lavoratori sono tenuti in una condizione tale di pressione economica, che la totalita' del loro tempo di lavoro serve solo per provvedere all'alimentazione, inoltre pochi di loro possono pagarsi degli abiti e delle abitazioni decenti. Un altro scenario particolarmente infelice emerge da uno spaccato sulla situazione dei giovani lavoratori nel nostro civilissimo mondo occidentale, evidenziato da uno studio del `76. Da questa analisi risulta che: nella fascia d'eta' compresa tra i 13 ed i 25 anni soltanto il 5% di loro ha un orario settimanale non superiore alle 40 ore, mentre il 20% supera le 48. Per i giovani tra i 13 ed i 16 anni il 33% supera le 48 ore settimanali. Il 17% fra quelli di eta' compresa tra i 17 ed i 20 anni, che lavorano nel commercio, supera le 70 ore, lo stesso orario e' praticato dal 14% delle ragazze che fanno le domestiche. Il tasso d'infortuni sul lavoro che e' di uno su 10 valutato sulla totalita' dei lavoratori, si riduce ad uno su quattro se calcolato sulla fascia giovanile. Tornando alle vicende italiane di questo periodo, troviamo il sindacato consenziente all'incremento della produttivita', alle sette festivita' lavorate, all'aumento della mobilita', ad un maggiore utilizzo degli impianti ed al blocco dei punti di contingenza sull'indennita' di liquidazione. Napolitano scopre l'assenteismo, s'indigna contro tale piaga sociale, e diviene il paladino di questa battaglia. Intanto alla Pirelli si sperimentano le "isole", propagandate come il superamento del cottimo individuale. Agli operai organizzati in squadre e' permesso di ruotarsi nelle mansioni, di distribuirsi durante la giornata l'attivita' e le pause di lavoro. Il cottimo in questo caso e' trasfigurato nel premio collettivo (diviso in parti uguali tra gli elementi della squadra), che e' calcolato in proporzione alla quantita' ed alla qualita' del prodotto. Gli stessi imprenditori dichiarano che le isole rappresentano un metodo per "responsabilizzare" gli operai nei confronti della produzione, quindi, per far scattare in loro un meccanismo d'autocontrollo dell'assenteismo, giacche' la mancanza di un solo membro penalizzerebbe economicamente la squadra. Il blocco della scala mobile, seppure a tempo determinato e sopra un certo livello salariare, rappresenta un pericoloso precedente di cui abbiamo in seguito visto gli esiti (l'abolizione). E' da evidenziare come progressivamente il sindacato si lascia penetrare da concetti che gli erano estranei in precedenza, e l'elemento che si aggiunge ora e che con una certa enfasi e' sottolineato come valore positivo, e' quello dei premi al merito per i lavoratori! Il 1977 e' l'anno del congelamento delle sette festivita' per via legislativa legge 54-1977. In sostanza questa rappresenta una manovra d'aumento dell'orario di lavoro (56 ore date "all'Italia"). Soltanto verso la meta' del '81 si avra' un recupero di queste ore. Viene intaccata anche la scala mobile, il sindacato permette la revisione del paniere dei prezzi. Le forze di governo nel frattempo insistono per ottenere il taglio degli scatti di anzianita'. Le componenti sindacali si sintonizzano sulla stessa lunghezza d'onda e l'anno successivo l'adesione sara' concreta. Di contenuti e sensibilita' completamente diversi risulta il dibattito che prende luogo a Bruxelles in aprile, alla conferenza sindacale europea. Qui si arrivera' alla conclusione che, data la situazione occupazionale, non e' piu' rinviabile l'avvio di un programma di rivendicazioni basate sulla riduzione dell'orario di lavoro.(7) I sindacati in Germania fanno proprio tale principio, e verso la fine dell'anno avviano una campagna sulla riduzione dell'orario di lavoro, con la specifica indicazione della parita' di salario. In Olanda in seguito alle affermazioni del padronato di non voler riconfermare la scala mobile, s'innesca un periodo di lotte che per radicalita' ed estensione viene da alcuni osservatori definito come il '68 olandese. Le lotte prendono inizio dal settore lattiero-caseario e si estendono massicciamente quasi alla totalita' delle imprese. Importanti settori dell'economia sono praticamente bloccati. La trattativa finale riporta il mantenimento della scala mobile per il `77, l'abbassamento di un anno dell'eta' pensionabile, il diritto ad andare in pensione con il 90% dell'ultimo stipendio ed alcuni aumenti salariali.(8) Altre agitazioni si rilevano l'anno successivo in Belgio, dove il sindacato si muove in direzione di una riduzione d'orario. In piu' di un settore si e' scesi sotto le 40 ore. I lavoratori del pubblico impiego, del settore petrolifero, siderurgico e d'importanti gruppi del settore elettromeccanico ed elettronico, come la Bell Telephone, la Memorex La Burroughs, ... hanno ottenuto le 38 ore. In Germania, nel settore siderurgico, si e' avviata, sul finire dell'anno, l'importante battaglia per le 35 ore che trovera' nel periodo 83/84 ed infine nell'accordo del 90 la sua piena realizzazione.(9) Sul finire degli anni `70 si registrano i seguenti dati sul fenomeno del lavoro infantile nel mondo. Nella nostra bella, industriosa, e cattolica Italia circa 500.000 bambini sono impiegati in varie attivita' lavorative, e questa e' per 160.000 di loro, la causa d'abbandono della scuola d'obbligo. In India il 6% della forza lavoro e' costituita da bambini, i quali nello svolgimento della loro attivita' raggiungono le 15 ore giornaliere. Spostandoci oltre oceano, in Colombia, essi sono impiegati nelle miniere di carbone per 8 ore il giorno. A Taiwan bambini dai 12 ai 14 anni lavorano fino a 14 ore il giorno nelle fabbriche tessili ed elettroniche.(10) In Brasile e' semplicemente assurdo andare a valutare quanto fanno lavorare i bambini, perche' riportare questi dati, anche se fossero superiori in quantita' a quelli di altri paesi, equivarrebbe ad operare in ogni caso un nascondimento, un'ingiustizia nei confronti di queste creature, che nella realta' sono violentate oltre ogni livello, e questo e' il dato da evidenziare. Rispetto a questo dato, qualsiasi livello d'orario perde completamente consistenza, significato. Tornando al nostro Paese, lo troviamo impegnato in un dibattito molto acceso sulla questione della riduzione dell'orario, ma nella particolare accezione distorta del part-time. Questa deviazione sul concetto di riduzione d'orario non e' casuale, in realta' sia i sindacati sia le forze politiche, non avevano alcuna intenzione di muoversi in una direzione che li avrebbe portati ad uno scontro con il mondo imprenditoriale. La sinistra era invischiata nel compromesso storico, e figuriamoci se il centro o la destra avrebbe operato scelte in difesa dei lavoratori. E' da sottolineare come in questo dibattito ciascuna di queste forze conservatrici si appropriava l'armamentario della sinistra, per evidenziare la necessita' del part-time. Motivazioni riguardanti la salute, sia delle donne sia degli uomini, ingresso dei giovani e addirittura degli anziani nel mondo del lavoro - c'era spazio per tutti. Le necessita' familiari potevano essere contemperate, un nuovo mondo si schiudeva agli occhi dell'uomo del 2000, che poteva finalmente entrare in una dimensione di governo del proprio tempo, mai conosciuta prima. Non si riusciva a distinguere piu' la destra dalla sinistra, e ad aprire la strada a questo mondo di sogno, come per incanto s'incontrava la disponibilita' del padronato. Naturalmente l'imbroglio era nella necessita' della controparte, che mirava ad attuare la flessibilita' del lavoro tramite il part-time. Tranne i casi di volontarieta' di scelta (ma per questi va fatta l'opportuna considerazione sulla costrizione economica), un'estensione maggiore era assolutamente da evitare. Per quanto concerne l'estensione di questa possibilita' di rapporto di lavoro, vanno fatte delle opportune considerazioni. Risulta incomprensibile come dei lavoratori operanti in settori con stipendi paragonabili a quelli del pubblico impiego o del metalmeccanico, potessero optare per il part-time. Nella stragrande maggioranza delle famiglie italiane e' necessario lavorare in due per condurre una vita decente, ed in molti casi bisogna equilibrare molto attentamente le spese per arrivare alla fine del mese. Come si poteva immaginare che questi lavoratori avessero volontariamente scelto di aderire ad un regime part-time, e quindi ridurre ancora di piu' il gia' carente salario. Soltanto in caso di mancanza di lavoro, "volontariamente" sarebbero stati disponibili ad accettare un contratto part-time, di fronte all'alternativa, allo stesso rango "volontaria", della disoccupazione. Era ed e' molto probabile che questi lavoratori, come anche i giovani, vi si sarebbero adeguati obtorto collo, augurandosi di arrivare un giorno ad ottenere un lavoro ed un salario a tempo pieno. In aggiunta, la questione previdenziale, a tutti gli effetti coopera a creare dei lavoratori di serie `B'. Soltanto nel caso di famiglia benestante il part-time poteva certamente assumere quel carattere di volontarieta' di cui si parlava. Tra le voci dissonanti c'era anche chi come Felice Mortillaro, da una posizione critica opposta attaccava la riduzione d'orario(11), che sentiva come una minaccia per il doppio lavoro che egli difendeva strenuamente, giacche' secondo lui l'altra prestazione lavorativa dava la possibilita' di maggiori soddisfazioni. Attaccava inoltre i sindacati sostenendo che la loro contrarieta' al doppio lavoro, era motivata dal timore che lasciasse meno tempo da dedicare alle attivita' politiche e sindacali.(12) Si sara' sicuramente molto angustiato, quando di li a poco la Corte dei Conti si pronuncera' contro il doppio lavoro. Pierre Carniti, dal fronte opposto, parlando in termini generali ed alludendo a varie forme di riduzione d'orario, sottolinea la necessita' di una diminuzione del tempo di lavoro, poiche' su scala europea egli vede in questa direzione la soluzione al problema della disoccupazione.(13) Non deve meravigliare se alcuni mesi dopo, non in perfetta sintonia con Carniti, dei sindacalisti dell'Alfasud diranno "se ne puo' discutere", circa le proposte di reintroduzione del cottimo.(14) Il nostro mondo sindacale era ed e' tuttora molto vario e bizzarro! Una delle prime proposte di legge, verra' dall'allora Ministro del Lavoro Vincenzo Scotti, il dibattito proseguira' per qualche anno. Nel 1981 giungera' la proposta del MSI-DN, che il Secolo d'Italia edulcorera' abbondantemente, e dalle sue colonne sollecitera' l'Italia a mettersi al passo con l'Europa, dove il part-time e' gia' una realta'.(15) Nel 1982 seguira' la proposta Di Giesi, fino a che nel 1985 si arrivera' alla legge (863 del 19 dic 84). Essa rappresenta di fatto la prima disciplina legale di questa forma dell'attivita' lavorativa. Si stabiliscono norme restrittive sullo straordinario, che ora e' ammesso solo per specifiche esigenze organizzative e sempre previo accordo sindacale (i soliti predicozzi). L'autore si rammarica perche' alcune norme introdotte in materia contributiva e assicurativa, penalizzano il ricorso al part-time in quanto comportano un costo proporzionalmente piu' oneroso del tempo pieno. Il lavoro part-time s'inquadra (secondo la definizione da tempo adottata dal Bureau International du Tavail), come un lavoro prestato in maniera regolare e volontaria, per una durata sensibilmente piu' corta della normale.(16) Tornando un po' indietro, nel mese d'agosto del 1980 l'ISE (Istituto Sindacale Europeo) si era pronunciato di nuovo sulla questione dell'orario, sottolineando l'importanza della riduzione da 40 a 36 ore per far fronte alla perdita dei posti di lavoro. Tra i protagonisti in Italia del dibattito sul tema S. Garavini, che esprimendosi sulla riduzione di orario cosi dichiara "In questo senso, vi e' un duplice limite nel polarizzare invece l'attenzione su quell'alternativa di occupazione che sarebbe la riduzione d'orario e dunque la ripartizione dello stesso quantitativo di ore di lavoro fra piu' occupati. Stiamo allora nel limite di una richiesta che non e' per il lavoro, ma per piu' posti di lavoro con lo stesso lavoro, e che comunque sia pagata - o con l'aumento del costo del lavoro, a carico dell'impresa o con un sussidio pubblico - e' sempre un modo per ribadire e allargare quel dato di assistenza che gia' insidia la natura stessa dell'occupazione e del lavoro in parte della grande industria, e cosi compromette la stessa centralita' del ruolo sindacale e politico della classe operaia che vi e' occupata. Altro e tutto positivo e' invece il discorso da fare su una manovra dell'orario che punti ad estendere l'utilizzazione degli impianti, con una diversa e piu' ricca turnazione a cui risponda una riduzione dell'orario di lavoro, che stia di fronte ad un'espansione complessiva del lavoro cosi realizzata e a un aumento della produttivita' degli impianti".(17) Garavini da' chiaramente ad intendere di vedere la riduzione d'orario solo a condizione di un incremento, e non come recupero di produttivita'; per Garavini non c'e' quindi un problema di redistribuzione della ricchezza. In questo periodo una serie di avvenimenti in un paese comunista, la Polonia, richiama l'attenzione mondiale. I telegiornali riservano molto spazio a questi fatti, e portano in primo piano un personaggio, Lech Walesa, il quale in seguito, una volta assunto il potere, mutera' completamente fisionomia politica, e contenuti. Le lotte operaie capeggiate da questo soggetto, portano ad una riduzione del tempo di lavoro, forti aumenti salariali ed incrementi degli assegni familiari. L'anno successivo in Francia con il nuovo governo socialista si hanno alcuni mutamenti nella politica sull'occupazione. Il nuovo primo ministro vuole intervenire efficacemente su questo aspetto. Il piano provvisorio prodotto in autunno evidenzia che anche nel caso s'ipotizzi una crescita del 3%, l'eccesso di soggetti in cerca di nuova occupazione (240.000 nel 1982 170.000 negli anni successivi) non permetterebbe di ridurre la disoccupazione se non attraverso una suddivisione del lavoro. Il 17 luglio tra CNPF (Consiglio nazionale del padronato francese) ed i sindacati (fatta eccezione per la CGT) viene firmato un protocollo di accordo. Esso prevede la quinta settimana di ferie pagate, una richiesta al governo di una modifica legislativa che porti la durata legale della giornata lavorativa a 39 ore, considerate come media, ed una estensione massima di 48 ore. La proposta non trova l'accordo della CGT in quanto prevede la richiesta di non sottoporre all'autorizzazione dell'ispettorato del lavoro, le ore straordinarie, ed anche perche' essa intendeva spingersi fino alle 38 ore e per le categorie disagiate 35. In alcuni altri settori marginali sono stati raggiunti accordi per 38/38,5 ore. Il 16 gennaio 1982 si produce una direttiva ministeriale che, tenendo conto degli accordi gia' firmati prevede la durata settimanale legale del lavoro pari a 39 ore, la quinta settimana di ferie pagate, alcune norme riguardanti la flessibilita', e per i lavoratori a ciclo continuo, al 31 dicembre 1983, il passaggio alle 35 ore. La CGT non si mostra molto soddisfatta dei risultati. Una nota molto positiva la rileviamo anche nel nostro Paese nell'ambito del settore poligrafico, che per tradizione era uno di quelli piu' combattivi. Infatti i dipendenti di agenzie di stampa, aziende editrici e stampatrici, ottengono le 36 ore, passando ad un regime che nella sua estensione annuale porta ad un orario di fatto pari a 35 ore.(18) I sindacati inglesi nel 1983 otterranno, da un punto di vista generale, piccoli progressi. I chimici ottengono le 38 ore, mentre in diversi altri settori si va dalle 35 alle 37,5 settimanali. Nell'industria meccanica il sindacato (CSEU) propone la riduzione della giornata lavorativa da 39 a 35 ore, ed una contrazione dello straordinario da 24 a 10 ore ogni 4 settimane. In alcuni settori si ottiene la quinta settimana di ferie, ma il risultato, ottenuto da piccoli gruppi, assume un carattere marginale. In Spagna la giornata delle 40 ore si va affermando, tanto che a sanzionare legalmente il dato di fatto, giungera' la legge sulle 40 ore a carattere generale. Anche in Svezia nello stesso periodo si avranno dei miglioramenti. Le vertenze porteranno ad incrementi salariali e ad effetti modesti sulla riduzione del tempo di lavoro, mezzora nel settore siderurgico, per cui si giungera' alle 39 ore settimanali, e 2 o 3 giorni di ferie in piu' nel pubblico impiego.(19) Verso meta' maggio del 1984, in Germania parte la battaglia per le 35 ore a parita' di salario. La rivendicazione non e' nuova giacche' il dibattito ed anche delle azioni rivendicative erano gia' iniziate dal 1978. Ormai le 40 ore rappresentano una realta' acquisita in piu' di un settore in diversi paesi. C'e' da sottolineare che l'accordo raggiunto dopo circa due mesi di scioperi, e' stato giudicato morbido dalla base operaia, perche' passa con il 54,5% di voti favorevoli ed il 32,3% di contrari. L'accordo prevede 38,5 ore settimanali, ma va tenuto conto che e' stata concordata anche un'ampia flessibilita' e un incremento salariale del 3,3% (valore che supera il tasso d'inflazione di quel periodo). L'accordo era concordato con l'opzione che l'orario poteva essere adattato alle varie esigenze aziendali, tenendo conto in ogni caso che la media settimanale dovesse essere pari a 38,5 ore.(20) Si avverte sempre piu' con forza, e i fatti confermano con evidenza, una differente sensibilita' del sindacato italiano, su alcune tematiche, rispetto le quali i sindacati in Europa e particolarmente in Francia ed in Germania, prestano forte attenzione e concentrano i loro sforzi in una prospettiva evolutiva. E' evidente la loro asincronia nei contenuti. E quando sono costretti dall'evidenza dei fatti a rilevare conquiste dei lavoratori in altri paesi, essi si limitano alla pura costatazione, evitando prudentemente un coinvolgimento fattivo. Per uscirne illesi usano lo strataggemma dell'ammortizzatore, che consiste nell'assorbe il colpo, (il nuovo contenuto emerso), senza reagire, contemperandolo mentalmente, ma senza negarlo o affermarlo, e successivamente come accade per gli ammortizzatori, riassumere morbidamente (per ingannare l'attenzione) la posizione che si aveva prima del colpo. Subito dopo le votazioni e le frasi forti della campagna elettorale del 1983 in Italia i lavoratori sono costretti a mandar giu' qualche boccone amaro, in quasi tutti i rinnovi contrattuali, l'elemento flessibilita' d'orario risulta molto marcato. I sindacati in Italia indietreggiano come i gamberi. Nel settore dei grafici viene abolito il principio che stabiliva la determinazione dell'organico per macchina a livello di contratto. Questa clausola mirava a tutelare i livelli occupazionali. Nel contratto del settore della lavorazione del legno e' concessa la possibilita' di elasticizzare l'orario settimanale, fra le 40 e le 48 ore secondo le richieste del mercato. In aggiunta era prevista la possibilita', nei casi urgenti, di ricorrere alla prestazione straordinaria. Per quanto riguarda gli edili, e' concesso alle imprese, sotto la voce flessibilita' e straordinari, di accedere ad un monte di 150 ore annuali da utilizzare con decisione unilaterale e pagandole con una maggiorazione del 35%. L'azienda permettera' un recupero di 48 ore in permessi. Anche nel settore dei metalmeccanici la FIOM e la FIM con la mediazione del Ministro del Lavoro V. Scotti sottoscrivono la flessibilita' della forza lavoro.(21) E' l'89 ed in Italia si sviluppa il dibattito sulle 35 ore. I sindacati in Germania sono gia' alle 37 ore e annunciano la battaglia per arrivare alle 35. Le donne del PCI producono una proposta di riduzione del tempo di lavoro, che punta a questo traguardo. La proposta prevede inoltre una disciplina degli orari delle citta' (negozi, uffici, ospedali), il ricorso alla flessibilita' ed alla turnazione, congedi parentali di 12 mesi (di cui entrambi i genitori potranno avvalersi fino al compimento degli 11 anni d'eta' del figlio), e la pratica dell'anno sabbatico. La conclusione della battaglia sulle 35 ore, si raggiungera' finalmente in Germania (inizi di maggio del 1990), dopo alcuni scioperi indetti dall'IG Metal che porteranno la Gesamtmetal a firmare l'accordo. Si ottiene un aumento salariale del 6%, un valore superiore al livello d'inflazione (che in quel periodo si aggira intorno al 3%). La riduzione del tempo di attivita' viene scaglionata nel seguente modo: l'orario scendera' a 36 ore all'inizio del 1993 ed a 35 nell'ottobre 1995, il 20% dei lavoratori del settore deve lavorare 40 ore la settimana. In Germania anche i poligrafici ottengono le 35 ore.(22) Da una fotografia sull'orario legale nel settore metalmeccanico all'interno della Comunita Europea, si evidenzia la seguente situazione: in Finlandia, Norvegia, Svezia, Austria, Belgio, Lussemburgo, Spagna, e Grecia si hanno le 40 ore, in Irlanda, RFT , Italia, Paesi Bassi le 48, in Francia 39 e ed in Portogallo 44. Nei contratti si hanno invece condizioni piu' favorevoli: in Finlandia 36h40, Norvegia 37h30, Austria 38h40, Danimarca 37, Gran Bretagna 37, Irlanda 39, Austria 38h40, RFT 37/36h30 (c'e' da tener conto dell'accordo in precedenza firmato che prevede le 36 nel 93 e le 35 nel 95), Paesi Bassi 38, Belgio 38/36, Lussemburgo 40/36h35, Francia 38h30, Italia 40/39, Spagna 40/38, Grecia 40/37h30, Portogallo 44/42/40 e nel settore impiegatizio in alcuni casi le 37 ore.(23) Dati particolarmente interessanti che rivelerebbero una caratteristica tipicamente italiana, emergono da un'analisi comparata tra orari contrattuali ed orari "di fatto", nell'intervallo che va dal 1980 al 1991.(24) Da questa analisi emerge che nonostante in tale intervallo gli orari contrattuali (in particolare nel settore industriale) siano diminuiti di 56 ore, gli orari "di fatto" sono aumentati di 72 ore. Per quanto concerne l'interpretazione delle motivazioni di tale fenomeno, si evidenziano la riduzione dell'assenteismo, ed in particolare il ricorso allo straordinario come sistema di flessibilizzazione del lavoro. Gli autori inoltre (risultera' ben diversa la situazione nei contratti, come indicato in precedenza) riportano delle chiavi interpretative di alcuni studiosi, le quali possono essere riassunte nelle seguenti due posizioni: 1) (tesi Fabrizio Barca e Marco Magnani) "la crescita degli orari di fatto e la piu' alta saturazione degli impianti sarebbero determinate soprattutto dalla gestione esclusiva del processo di aggiustamento da parte degli imprenditori" e sempre secondo questa interpretazione "pochissimo spazio sarebbe stato ritagliato dalla contrattazione aziendale dell'orario di lavoro, completamente a favore della discrezionalita' imprenditoriale"; 2) (posizione Sylos Labini 1987, Del Bocca 1990, Giovannini - Oneto 1990) i quali spiegherebbero il ricorso agli straordinari, come una necessita' degli imprenditori italiani di fronteggiare gli choc congiunturali usando questo metodo, "come conseguenza della rigidita' del lavoro dal lato delle assunzioni e dei licenziamenti". Durante il 92/93 i livelli di disoccupazione in Europa prendono a salire notevolmente rispetto ai massimi degli anni precedenti, diversi personaggi del mondo politico, sindacale e molti economisti si riferiscono a questa crisi usando il termine depressione. La situazione e' generalizzata nei paesi occidentali. Verso la fine dell'anno il governo francese emana una legge per frenare il ricorso al licenziamento, ponendo come condizione la presentazione di un piano concreto di ricollocazione dei lavoratori in esubero. C'e' inoltre in Francia chi avanza proposte sulla settimana lavorativa di quattro giorni, mentre in Italia i sindacati parlano di competitivita', d'incremento della produttivita', di riduzione dei costi. In controtendenza Fausto Bertinotti sul "Sole 24 ore" del 21 marzo, parla di riduzione del tempo lavorativo e dell'aspetto centrale dell'investimento nella formazione. Giulio Andreotti invece formula la proposta della "ottimana", in altre parole una settimana ridefinita su otto giorni di cui quattro lavorativi e quattro di riposo, egli prospetta un incremento dell'occupazione del 33%. Contemporaneamente, in Francia i socialisti con Michel Rochard lanciano la campagna per le 32 ore. E' da rilevare che a livello europeo, parlando del tempo di lavoro in termini concreti (vale a dire per quanto emerge dalle vertenze, e non quanto espresso nei dibattiti), tranne che per la Germania, la situazione vede un certo attardamento nella discesa dell'orario al disotto delle 40 ore. Il grosso delle riduzioni si sono giocate negli anni 60, e in seguito si sono fatti progressi d'entita' limitata. Inoltre, come abbiamo visto in precedenza, ci sono settori del lavoro marginale e del commercio dove si praticano orari ben al disopra delle 48 ore, nei quali lo sfruttamento dei giovani e' una regola, ed in aggiunta, c'e' da tenere conto della discrepanza tra orari contrattuali ed orari di fatto. Mentre nei paesi avanzati dell'Occidente la disoccupazione e' in forte crescita, e per la generalita' del fenomeno, si evidenzia una crisi strutturale, nei Paesi in via di sviluppo (India, Cina, ...) e' l'occupazione ad essere in aumento, e i tassi d'incremento annuo del PIL in diversi casi superano il 10%; cose impensabili nelle nostre realta'. Tra l'altro ci si sta attardando sul fronte della riduzione d'orario, e non pochi dei tentativi messi in atto eludono la questione del recupero di produttivita'. A fine 93 giunge l'accordo Volkswagen. La IG- Metal raggiunge con la direzione aziendale le seguenti intese: anticipazione al 1/1/94 delle 35 ore previste per la fine `95, durata della settimana su media annua pari a 28,8 ore, riduzione mensile del 20% dei salari. Sono previste anche una serie di compensazioni mensili (assegni integrativi) ed inoltre l'incremento del 3,5% (calcolato non sull'orario ridotto), a partire dal 1/11/94. La riduzione d'orario si applica anche ai part-timers che superano le 28,8 ore. Con tale accordo si prevede un recupero occupazionale del 20% sulla riduzione di 30.000 unita' previste dalla direzione per la fine del `95. Nel mondo sindacale italiano la CISL, che da tempo lavora sulla questione del tempo di lavoro, presenta una proposta i cui contenuti sintetici sono riportati nel successivo estratto. Sembrerebbe chiaro, che il recinto all'interno del quale si muove contiene flessibilita', minori costi per l'impresa, e quasi sicuramente nessun elemento di recupero di produttivita', tale proposta accoglie una delle forme piu' tristi in cui i lavoratori possono essere portati a svolgere la loro attivita', il job-sharing (qualora ricorra non per libera scelta del lavoratore, includendo in questa, anche la costrizione economica e non soltanto quella dell'imprenditore). "Sintetizzando, la proposta CISL sulla riduzione di orario, si articola nei seguenti punti o linee guida: a) disincentivare il ricorso allo straordinario, rendendolo piu' costoso e sostituendolo con nuovi strumenti di flessibilita', come la definizione contrattuale di calendari con periodi di maggior lavoro ed una corrispondente riduzione degli orari in altri periodi; b) incentivare il ricorso al part-time su piu' fasce di orario attraverso uno sgravio contributivo; c) ampliare la possibilita' per i lavoratori di praticare regimi di orario flessibili, personalizzati ed autogestiti, come nel caso del job-sharing; d) prevedere la possibilita' di alternare periodi lavorativi con periodi dedicati alla formazione ed altri dedicati alle esigenze personali e familiari (congedi formativi e parentali); e) affidare alla concertazione decentrata tra enti locali e parti sociali un assetto dei tempi piu' adeguato ai bisogni produttivi e sociali e garantire una migliore fruibilita' dei servizi privati e pubblici."(25) Tra le forme in qualche aspetto progressive (in termini di difesa dell'occupazione, e in ogni modo nell'ottica di una "soluzione tampone") di riduzione di orario, si possono annoverare i contratti di solidarieta' che, come nella vertenza riportata appresso, mostrano capacita' di tenuta occupazionale ma di converso anche elementi di carico economico per la collettivita'. Essi vanno inquadrati come forme di riduzione assistite dallo Stato, e pongono il problema del drenaggio di questa ricchezza, e l'inquietante interrogativo su chi e' chiamato a redistribuire. Su questo aspetto giocano scelte molto importanti, e si richiede quindi un'attenta considerazione. Nel novembre del 1993 la Fiat presentava presso il Ministero del Lavoro un programma che comportava sospensioni massicce di personale. Il piano prevedeva la chiusura dei reparti produttivi della ex Alfa Romeo di Arese, e della Savel Campania. Nell'accordo finale del 20 febbraio 94 si concordavano 6600 prepensionamenti, 2200 lavoratori in mobilita' lunga sino alla pensione, 4100 sospesi in Cigs, e 3500 posti di lavoro eccedenti, affrontati mediante il contratto di solidarieta' per 8500 lavoratori. Per i sospesi in Cigs si prevedevano corsi di formazione professionale, prima del reinserimento. Il costo degli interventi statali fu pari a 1500 miliardi.(26) Tra le analisi e le proposte, a carattere europeo, che riguardano l'orario, va segnalato il libro Bianco di Delors, prodotto nell'ambito dalla Commissione della Comunita' Europea. In alcuni punti del libro si fanno delle vere acrobazie per dare corpo a futuri improbabili. Quando analizza l'aspetto della disoccupazione tecnologica, l'autore la disconosce ricorrendo a rappresentazioni contraddittorie, e se non e' leggerezza d'analisi, in qualche passaggio e' possibile ipotizzare la malafede quando appunto si afferma: "non che nelle imprese il progresso tecnologico elimini piu' posti di lavoro di quanti ne crei, la situazione dell'occupazione, ad esempio, e' in media piu' favorevole nelle imprese che hanno introdotto l'uso della microelettronica che in quelle che non vi fanno ricorso. Ma resta il fatto che noi stiamo attraversando, ancora una volta, un periodo in cui si produce una sfasatura tra, da una parte, la velocita' del progresso tecnico, il quale verte essenzialmente sul <> (processi di fabbricazione e organizzazione del lavoro), e, dall'altra, la nostra facolta' di prevedere le nuove esigenze (individuali o collettive) o i nuovi prodotti che potrebbero rappresentare nuovi bacini di impiego."(27) Un documento interessante e accurato nell'analisi della tematica sull'orario, e' quello prodotto dalla Camera del Lavoro di Brescia (CGIL), che tra l'altro intreccia molto bene la questione delle pensioni con quella dell'orario. In esso e' sottolineata, la centralita' della redistribuzione degli incrementi di produttivita' sotto forma di riduzione di tempo. Il documento inoltre aggiunge che "l'investimento in riduzione d'orario di lavoro ha un ritorno certo, consolida i poteri di contrattazione ed e' propedeutico anche a recuperi salariali successivi".(28) Sempre all'interno della CGIL, emerge ancora piu' significativamente, la posizione di Agostinelli, il quale si orienta chiaramente verso una riduzione di orario a parita' di salario. Nelle proposte di legge che sono state avanzate ultimamente in Italia sul tema, le soluzioni individuate riguardano una riduzione di salario e alcuni parziali recuperi tramite fondi a partecipazione paritaria di lavoratori ed imprese, nei quali confluirebbero inoltre altre risorse derivanti da una maggiore tassazione degli straordinari. Questa tassazione interverrebbe qualora l'orario complessivo lavorato nella settimana, eccedesse i limiti stabiliti. Sono inoltre previsti sgravi fiscali per le imprese che favoriscono la riduzione di orario. Vi si trovano inoltre una serie di "ricette" che hanno molto in comune con le strategie e le proposte di G. Aznar(29): job-sharing, part-time, anno sabbatico, congedo parentale. Sono anche previste delle forme di sovvenzione per richiesta del lavoratore, chiamate a volte "anticipo di stipendio" e "anticipo di pensione": espressioni furbette per aggiungere opzioni in una proposta, e non usare il termine molto prosaico di prestito!.(30) In ogni modo si rigirino queste proposte si riscontra che esse si muovono all'interno di una logica dell'equivalente, dalla quale invece e' necessario uscire, per agire positivamente sull'occupazione. E' di questi ultimi giorni la notizia dell'accordo firmato alla Volkswaghen tra l'IG-Metal e la direzione, sulla questione dei sabati lavorativi. La richiesta di reintroduzione del sabato lavorativo veniva avanzata dall'azienda sottolineando la necessita' di una maggiore flessibilizzazione dell'attivita' produttiva, in relazione all'andamento del mercato. L'introduzione del Sabato e' stata concordata tra direzione e sindacati. La maggiorazione straordinaria prevista e' del 30% anziche' il 50% come si prevedeva per lo straordinario. In questo caso, come anche nella riduzione di oltre un'ora delle pause giornaliere, e nell'estensione della flessibilita', si ha un arretramento sindacale. E' stato ribadito il concetto delle 28,8 ore di lavoro settimanale, nella media annua, e le eccedenze settimanali (giacche' l'orario puo' oscillare tra le 28,8 e le 38 ore) vanno recuperate con giorni, settimane o mesi di tempo libero.(31) __________________________ 1) L.C. N 1 pag. 5 2) L.C. N 3 pag 2, L.C. N 5 pag 6 3) STUDI Serie politica e sociale N. 14; Bruxelles 1966 4) L.C. N 23/24 pag 5 5) L.C. N 11/12, L.C. N 35/36 pag 5 6) L.C. N 40/41 pag 5/6 7) L.C. N 99 pag 8 8) L.C. N 80 pag 6; L.C. N 80 pag 8, L.C. N 94 pag 8 9) L.C. N. 101 pag 6 10) L.C. N 124 pag 6 11) Il Giorno 1 settembre 1978, "Parla Mortillaro, direttore della federmeccanica. Non e' possibile ridurre l'orario", pag. 4. 12) Il Sole 24 ore 3 settembre 1978, "Non condannare senza appello il doppio lavoro nella societa'", pag. 3. 13) Fam. Mese 1978, "aperto il dibattito sulla proposta sindacale, conviene lavorare di meno" , pag 52,56 14) Bentivoglio Franco: Conq. Lav. 12 marzo 1979, "il `se ne puo' discutere' di alcuni esponenti sindacali dimostra un grave difetto di comprensione della condizione del lavoro", pag 3. 15) Secolo d'Italia, 9 agosto 1981, "Un importante disegno di legge presentato dal MSI-DN al senato. Part-time per lavorare tutti e meglio. 16) Il Sole 24 ore 2 aprile 1985 17) Rinascita 5 settembre 80, S. Garavini 18) Rapporto CESOS (3). Rapporto CESOS. (2) 19) Rapporto CESOS. (1); Rapporto CESOS (4); Rapporto CESOS (5) 20) L.C. N 166 pag 10; L.C. N 168 pag 10 21) L.C. N 155 pag 8; L.C. N 156; L.C. N 157 pag 8 22) L.C. N 236 pag 12; L.C. N 237 pag 10 23) Dossier di fonte ISE-Bruxelles del Giugno 90, "Tavole comparate sull'orario di lavoro nell' industria metalmeccanica nei 12 stati membri della CEE piu' Svezia, Norvegia, Finlandia ed Austria. 24) Giuseppe D'Aloia e Michele Magno "Il tempo e il lavoro" pag. 79-81. I tascabili EDIESSE. 25) Il Progetto N. 80 marzo aprile 94 pag 63 Orario: La proposta CISL 26) Il Progetto N. 80 marzo aprile 94 pag 105 FIAT: contenuti e prospettive dell'accordo. 27) Libro Bianco di Delors. "Crescita, competitivita' ed occupazione. Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo" Commissione della Comunita' Europea. 28) Camera del Lavoro di Brescia (CGIL), "Riduzione dell'orario di lavoro. Una linea per l'oggi." Febbraio 1995 29) G. Aznar, "Lavorare meno per lavorare tutti". 30) Proposta del PDS alla camera, (recuperare i dati) 31) Il Sole 24 ore, Martedi 13 settembre 1995, "Vw, il mercato detta l'orario". pag 5.