Conclusa la vertenza sulla Legge Finanziaria, lo Stato sociale e la previdenza, si va ora al rinnovo di importanti contratti nazionali di categoria, con grandi questioni aperte quali la verifica dell’accordo confederale del 23 luglio ‘93 (politica dei redditi) e la legge per la riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore.
La piattaforma dei padroni
Il cambiamento del contesto economico
("globalizzazione", competitività globale, riduzione dell’inflazione,
ecc.) ha favorito la conquista dell’egemonia nel padronato da parte di
quei settori che ricercano la loro competitività principalmente
nei vantaggi di cambio e nella riduzione del costo del lavoro e che, non
potendo più fare affidamento sul primo aspetto, pretendono con ancor
più determinazione il secondo.
Perseguono cioè una ulteriore
flessibilizzazione e precarizzazione dell'occupazione, del salario, delle
condizioni di lavoro.
La Confindustria, con la sostanziale
disdetta dell’accordo del 23.7.93 attuata nella vicenda del rinnovo del
2° biennio del CCNL metalmeccanici, segna un cambiamento di fase: ormai
si propone l’eliminazione dei due livelli di contrattazione passando per
lo svuotamento del CCNL, cioè si propone l’aziendalizzazione della
contrattazione e quindi anche l’eliminazione del carattere confederale
e generale del sindacato.
Contemporaneamente preme affinché
le leggi di tutela dei lavoratori (come lo Statuto dei diritti dei lavoratori)
ed i concetti e valori di democrazia sociale presenti nella prima parte
della Costituzione perdano efficacia e peso, proponendo la sua concezione
di società e di sviluppo.
L'inadeguata piattaforma dei sindacati
Le organizzazioni sindacali, pur con
le loro differenze, risultano complessivamente incapaci di produrre cultura,
progetto sociale, strategia vertenziale che sappiano contrastare i processi
in corso.
La centralizzazione degli accordi
e l'istituzionalizzazione del sindacato, la linea della concertazione e
delle compatibilità si sono rivelate insufficienti ed inadeguate
a difendere gli interessi complessivi della classe lavoratrice, come dimostrano
anche i dati negativi sull'andamento dei salari e dell'occupazione.
Le reazioni alla prospettata legge
sulle 35 ore e l'arroccamento a difesa dell'accordo del 23 luglio ne sono
solo la manifestazione più recente.
I lavoratori rischiano di essere
sempre più soli
Le avvenute trasformazioni economiche
e sociali, le riorganizzazioni e ristrutturazioni delle imprese, i processi
di esternalizzazione, ecc. ma anche l'assenza di una adeguata direzione
da parte del sindacato, hanno frammentato la classe lavoratrice, anche
nella sua coscienza e capacità di lotta.
Per una linea vertenziale generale
Dobbiamo rafforzare il nostro impegno
per ricostruire una concezione della società e dello sviluppo da
contrapporre a quella dei padroni, che sappia riunificare ciò che
la crisi ed il padronato hanno diviso.
Ciò può avvenire solo
nella pratica vertenziale quotidiana nei luoghi di lavoro, attraverso il
protagonismo dei lavoratori e delle RSU, ricostruendo pazientemente una
conoscenza e controllo del ciclo produttivo e dell’organizzazione del lavoro,
una linea rivendicativa generale per incidere sulle condizioni di lavoro,
sugli orari di fatto, ecc., per affermare nuovi vincoli, rigidità,
condizioni a partire dalla riscoperta dei bisogni dei lavoratori.
Il rinnovo dei contratti nazionali
di lavoro, la revisione del 23 luglio e le 35 ore sono le prossime concrete
occasioni per muoverci in questa direzione.
I sostenitori del 23 luglio di fronte
all’incalzare della Confindustria, sono disponibili a sospendere i rinnovi
contrattuali per riproporre un tavolo negoziale che inevitabilmente assumerebbe
il carattere della concertazione, probabilmente peggiorando lo stesso accordo
del 23 luglio.
Noi, invece, riteniamo che si debba
procedere con i rinnovi dei CCNL, ma è necessario affrontare queste
scadenze con una linea generale.
Separare, o peggio contrapporre, le
rivendicazioni su riduzione d’orario, occupazione, aumenti salariali, condizioni
di lavoro, ecc. è sbagliato e perdente.
Per la difesa dell’occupazione
La difesa dell’occupazione richiede
innanzi tutto politiche di settore che favoriscano lo sviluppo.
Sia quantitativamente che, soprattutto,
qualitativamente (tenendo conto che i processi di unificazione europea
rendono ormai insostenibile la tradizionale specializzazione italiana nelle
produzioni a basso valore aggiunto).
Infatti siamo ancora il paese col
minore tasso di industrializzazione, il più basso indice di produzione
tecnologicamente qualificata, con una pochezza vergognosa di ricerca, con
un basso livello di istruzione, ecc.
Le privatizzazioni realizzate o prospettate
di importanti settori strategici industriali e dei servizi (telecomunicazioni,
energia, ecc.) indeboliscono la struttura produttiva italiana, anche nell’ottica
della competizione territoriale nella futura Europa unificata, e prefigurano
nuovi cali occupazionali.
Inoltre, l’Italia è uno dei
pochi paesi in cui le multinazionali possono tranquillamente acquisire
aziende, marchi, mercati e poi licenziare i lavoratori. Serve in generale
una politica industriale ed in particolare una legge che vincoli le multinazionali
a mantenere e sviluppare la ricerca e l’occupazione nel nostro paese.
E’ indispensabile cercare di invertire
la tendenza all’aumento della flessibilizzazione e precarizzazione del
mercato del lavoro (Pacchetto Treu, ecc.) con norme e strumenti di controllo
che favoriscano la riunificazione del mondo del lavoro.
Per la riduzione dell’orario di
lavoro
Per difendere l’occupazione non possiamo
semplicemente affidarci ad uno sviluppo che, per altro, si prospetta incerto
e limitato (contenimento della domanda, ecc.).
Non funziona più la formula
più profitti, più investimenti, più occupazione. A
fronte della massiccia introduzione di tecnologie che “risparmiano” lavoro
è indispensabile ridurre l’orario per ridistribuire il lavoro.
La riduzione e la modificazione degli
orari di lavoro richiede l’elaborazione di una visione più complessiva
del tempo, che tenga conto delle modifiche avvenute nell’organizzazione
del lavoro, nel territorio, nei comportamenti sociali, utilizzando sia
gli strumenti di legge che contrattuali.
Per una legge sulla riduzione dell’orario
di lavoro
Abbiamo bisogno di un insieme di norme
che favoriscano un allargamento dell’occupazione e delle tutele che consenta
non solo di ridurre l’orario di legge ma anche quello contrattuale e soprattutto
quello effettivo.
Più in particolare la legge
dovrebbe prevedere:
Per la contrattazione del salario
I prossimi rinnovi contrattuali devono
prevedere anche adeguate richieste di aumenti salariali.
In una fase di bassa inflazione, se
si vuole evitare lo svuotamento del CCNL, non bisogna proporsi solo la
tutela del potere d’acquisto dei salari (per altro eroso in questi ultimi
anni perché riferito all’inflazione programmata e non al reale aumento
del costo della vita) ma bisogna proporsi anche la ripartizione della nuova
ricchezza prodotta.
L’accordo del 23 luglio, quindi, deve
essere modificato nella finalità, e deve essere modificato anche
nella forma, eliminando i due bienni ed adottando un meccanismo automatico
di rivalutazione dei salari (ad esempio legandoli all’andamento del PIL).
Per la democrazia e l’unità
sindacale
I lavoratori e le lavoratrici - come
è avvenuto nella consultazione sull’accordo sullo Stato sociale
e nella preparazione e conclusione di importanti vertenze – non hanno ancora
il diritto di contare e decidere.
Non è accettabile e non è
irrilevante che, mentre si discute delle regole e dei principi per avviare
l’unità sindacale, la democrazia – quella che coinvolge e fa contare
i lavoratori – si fermi fuori dai luoghi di lavoro.
Il ripristino delle regole democratiche,
garantito da una legge che dobbiamo realizzare, insieme alla struttura
elettiva in tutti i luoghi di lavoro, sono gli elementi fondativi per qualsiasi
sindacato unitario e di massa.
Bisogna ripartire dai luoghi di lavoro,
sviluppare l’insediamento sociale del sindacato, per avviare un reale processo
unitario.
Così non verrebbe costruito
dalle segreterie sindacali o di partito, ma dall’agire consapevole e quotidiano
dei delegati, dei quadri sindacali, dei lavoratori e delle lavoratrici.
Bologna, 17.1.98