Da: Antonio Pellilli
A: All Msg #39, 17-02-97 10:00PM
Soggetto: le pensioni
Ciao All !!!
[il manifesto] 17-Gennaio-1997
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Pensioni e collere ROSSANA ROSSANDA
SONO i vecchi che vampirizzano lo stato sociale, succhiando risorse che per loro colpa sono sottratte ai giovani disoccupati. Anzi i vecchi lavoratori, in pensione o prossimi ad andarci, razza avara e conservatrice, appoggiati dai sindacati e da Rifondazione, destra per definizione. La guerra contro i nefasti anziani è stata aperta da qualche tempo da nuovisti e nuoviste dell'Ulivo, ed è stata rilanciata martedì sera su grande schermo dal Pinocchio di Gad Lerner. Pinocchio il bugiardo.
Certo il momento è giusto. Il governo tenta di mettere mani sulle pensioni, violando gli accordi presi soltanto un anno fa, e fa partire i "fondi pensione", cioè la consegna dei risparmi di chi lavora a privati e provati speculatori, che li immetteranno in borsa. Questo il fine visibile. Ma sorprende che in Gad Lerner abbia trovato il suo pubblicitario, e sorprendono le argomentazioni alle quali è ricorso.
Non è vero che la spesa pubblica traballi sotto la spesa per i lavoratori in pensione. In Italia, anzi, protezione sociale pubblica per i vecchi non c'è. C'è "stato sociale" per i giovani, nel senso che lo stato finanzia l'istruzione, diritto del singolo e interesse della comunità, e c'è per i malati, dando a tutti gratuitamente il diritto all'assistenza medica. Il vecchio non è figura socialmente tutelata. È figura sussidiata soltanto se è del tutto indigente e abbia superato i 65 anni; allora riceve un assegno mensile, che indebitamente si chiama "pensione sociale minima", 400.000 lire aumentate di poco se ha lavorato cinque anni. Tuttavia neanche questo assegno per i vecchi indigenti è a carico dello stato: lo pagano i lavoratori dipendenti sul loro fondo di pensioni, il famoso Inps.
E come si forma il fondo dell'Inps? Ogni lavoratore versa, per obbligo, una quota prefissata del suo salario. È dunque salario a riscossione differita. Non ci si inganni: se anche le imprese versano una quota pro capite, non occorre essere un acuto economista per sapere che sempre salario è (e infatti i padroni lo sommano nel "costo del lavoro"). Da questo fondo, dopo un certo numero di anni di contribuzioni e a una certa età, il lavoratore ritira la pensione. Nei decenni scorsi i lavoratori e i loro sindacati si sono battuti per abbreviare gli anni di contribuzione, anticipare l'età e accrescere la quota che gli spetterà (metà del salario, o l'80 per cento, e calcolato sulla media della vita, o sugli ultimi dieci o tre anni). E avevano strappato non poco negli anni Settanta, perdendo poi non poco con la riforma Amato e ancora un certo pezzo con quella dell'anno scorso. L'avevano strappato per sé, non per tutti gli anziani: era il famoso "lavorismo", del quale molto male si dice a destra perché costa all'impresa e a sinistra perché preserva il lavoratore e non ogni cittadino.
Vero. Ma intanto si tratta d'una partita interna fra lavoratori: il fondo basta largamente a se stesso, lo stato non ci aggiunge un quattrino. Malgrado che assieme all'occupazione sia calata la platea dei contribuenti, e non certo per volontà dei salariati estromessi o mai giunti a un posto di lavoro. Mentre quelli che sono rimasti in produzione mitemente e a torto non hanno chiesto il vertiginoso aumento di produttività del loro lavoro; a torto, dico, perché messi con le spalle al muro dal padronato che vuole "costi del lavoro" sempre più competitivi e da una sinistra più che mai rispettosa degli interessi della controparte.
PARLARE di pensioni e non cominciare da questo, significa ingannare chi ascolta. Sventolare cifre frammentarie, senza precisare quanto pagano di contributi i lavoratori e quanto ricevono come pensione, significa disinformare. Non dire che se il bilancio dell'Inps era in difficoltà (ma già con l'ultima riforma non lo sarebbe piè è perché gli sono state addossate "altre" spese, è scorretto.
Queste altre spese si conoscono. Sul fondo delle pensioni sono state gettate le cosiddette pensioni minime, l'assegno a chi non ha mai versato un contributo perché non ha mai lavorato, o l'integrazione ai minimi di chi ha lavorato almeno cinque anni. Sono state gettate le pensioni di invalidità, e se si capirebbe che questo avvenga come solidarietà per chi ha lavorato e riportato un danno, non si capisce perché tocchi ai lavoratori dipendenti di pagare l'assegno di povertà, che di fatto gran parte delle "pensioni di invalidità" rappresentano, sostitutive dell'occupazione e clientelarmente elargite. Sono state gettate le casse di integrazione, che pagano al lavoratore temporanemante sospeso dall'azienda un assegno sostituivo del salario: solidarietà, ma anche servizio alle aziende in difficoltà o ristrutturazione, "ammortizzatore sociale", che non si capisce perché debba pesare sull'Inps. Il quale deve anche reggere i prepensionamenti, che non sono scelti dal lavoratore, sono imposti dall'azienda che vuole "snellire" l'organico.
Come se non bastasse, sul bilancio dell'Inps si scaraventano le "casse speciali" di Enti che non vi facevano capo. Quando lo stato ha dismesso la gestione delle Ferrovie, e Lorenzo Necci ha tagliato metà del personale, all'Inps sono state addossate pari pari le pensioni e prepensioni da pagare, pregresso incluso. E appena in difficoltà, all'Inps approdano le casse previdenziali di categorie privilegiate, che prima funzionavano soltanto per sé - alti salari, alti tassi di rendimento e alte pensioni, come succede tuttora con la gié pingue cassa dei giornalisti (per questo delle pensioni altrui i nostri colleghi non sanno né vogliono saper nulla).
È l'insieme di questa spesa impropria che fa traballare il sistema delle pensioni: lo stato interviene a coprire un deficit che in larga parte dovrebbe essere suo. E infatti la riforma dell'anno scorso doveva separare previdenza e assistenza. Ma non si fa. Perche`? Per poter "tagliare tutte le pensioni", inclusi i lavoratori dipendenti e largamente contribuenti.
Non è un imbroglio? Non è bugiardo sventolare cartelli e numeri sconnessi da questo quadro? Non è bugiardo agitare, come fa il giovane Grillo Parlante di Lerner, posizioni assurde o di privilegio, spesso di casse separate, per dimostrare che in Italia tutti i cittadini sono chiamati a pagare per i lavoratori? Non è irresponsabilità sollevare i giovani contro i vecchi, i disoccupati contro i pensionati? Additare allo scandalo le pensioni baby che sono state abolite? E additare come giovani sanguisughe le insegnanti delle medie, a tutta giarrettiera dispiegata? Far ricadere su chi ha lavorato i difetti di un sistema retributivo, del quale non ha portato alcuna responsabilità, e chiedere che gli venga tolto quel che aveva motivo di considerare diritto, e mettere tutti in un fascio, operai e impiegati di ogni categoria, tutti tacciando di vivere alle spalle del contribuente, è vergognoso.
Lerner era più nervoso del solito, forse - mi auguro - per qualche incertezza. Ma c'era qualcosa di laido nel sorriso con il quale l'abbronzato, attempato, ricciuto e maleducato rappresentante della Confindustria, stavolta Callieri (l'altra volta era Tronchetti Provera, identica razza), ascoltava l'operaio di Taranto che, avendo cominciato a lavorare come garzone a sei anni e avendone passati una quarantina in cockeria, a cinquantasette vorrebbe andare in pensione. Ma a chi la racconta, faceva Callieri, quello vuol avere un doppio reddito, vuole fare la bella vita, magari giocare a golf a Bonassola, le Bahamas d'Italia svelate da Pinocchio, come Armando Cossutta, noto frequentatore di campi da golf. Mentre i giovani muoiono di fame.
È STATA, la trasmissione di martedì, una cattiva azione. Perché mentiva sulla spesa pubblica, sull'Inps, su chi va in pensione, su chi ci viene mandato controvoglia, sui vecchi. Ma è stata anche una cattiva azione perché il sistema della protezione sociale meriterebbe di essere esaminato sul serio, pulitamente, e anche corretto. Ma come farlo se solo a metterci mano si rischia nella gazzarra politico-giornalistica di andare subito e soltanto a tagli? Non c'e` niente da tagliare, perché ben poco appartiene allo stato. Il sistema appartiene a chi lavora, ed è un sistema complesso e mobile. Tocca questioni delicate. Non solo perché esiste in assenza di una protezione sociale generale per gli anziani. Non solo perché i vecchi aumentano e l'occupazione cala, per cui le varianti sono multiple e oscillanti nel tempo: si sta parlando d'una generazione in squilibrio, che entro trent'anni si riequilibrerà. Ma anche perché varia continuamente la soglia d'invecchiamento, variano le basi dei salari e quindi dei contributi, in quantità e livello: una politica demente che, nello stesso tempo, ti impone di avere quarant'anni di contributi per accedere alla pensione e ti rimprovera se pretendi un lavoro "per tutta la vita".
Così è difficile anche rimediare alle sperequazioni che ci sono. Non si capisce perché tutti i lavoratori, anche quelli che guadagnano poco più d'un milione al mese, debbano pagare sul loro fondo non solo l'assistenza ai più infelici, ma le pensioni d'oro: dal dottor Billia abbiamo appreso che ce ne sono ottantamila, fra i trenta e i quaranta milioni mensili. Per maturare una pensione di trenta milioni al mese, bisognerà guadagnarne una quarantina: non è a costui che va suggerita una previdenza integrativa, assicurandogli sul fondo pubblico un tetto pensionistico non superabile? E perché questa previdenza integrativa deve essere affidata ai privati? Perché i sindacati hanno accettato che su di essa debbano formarsi privati profitti?
Siamo di fronte a grandi confusioni. Alla confusione fra previdenza e assistenza. Alla confusione fra interesse pubblico e interesse privato. Alla confusione fra una pretesa difesa del lavoro e una filosofia dell'azienda che flessibilizza al massimo la manodopera, e per questo vuole anche abbassare gli ammortizzatori sociali. E a un governo che lascia fare.
Viene una gran collera. Tanto più se è un giornalista, che viene dalla sinistra, a spiegare al colto e all'inclita che tutto questo è giusto, e che i lavoratori hanno diritto di pretendere soltanto dal mercato finanziario la restituzione di quel che l'azienda gli ha preso. Questo sarebbe "capitalismo popolare". De Michelis suggeriva: Fatevi imprenditori tutti, Lerner predica: Fatevi speculatori tutti. Tutti minisoros. Cocoon in borsa.
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apellilli@peacelink.it or thestone@tightrope.it
--- GoldED 2.41 * Origin: Vita nel Cyberspazio (61:395/2.3)