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poichè il livello complessivo della spesa sociale in Italia è di ben 3 punti percentuali sotto la media europea. Questa campagna di propaganda mira a far credere "inevitabile" un nuovo e pesante intervento sulle pensioni. Le forme del nuovo attacco sono tutte già delineate. Nella pratica del Governo Prodi troviamo:
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La nostra risposta
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| Piattaforma per la difesa della previdenza pubblica Come sosteniamo, le pensioni sono salario. Quindi l'eccessiva onerosità del sistema previdenziale pubblico è un falso problema. Anzi, noi pensiamo che la nostra previdenza, nelle sue attuali condizioni, possa e debba, essere migliorata recuperando quanto è stato perso con la legge 335/95. L'obiettivo a medio termine è in sintesi: difesa del sistema previdenziale pubblico a ripartizione, su base retributiva, con la pensione agganciata al salario e con la possibilità di pensionamento per anzianità dopo 35 anni di contributi al 2% di rendimento della retribuzione media pensionabile, calcolata su tutta la vita lavorativa e rivalutata in base alla dinamica salriale media del periodo. Per poter garantire un sistema previdenziale a base salariale, universale e solidale, a carattere pubblico ed obbligatorio, adeguatamente remunerativo, è comunque necessario intervenire da subito: a) sul salario da versare al sistema; b) sull'occupazione e sul mercato del lavoro. Sul salario da versare al sistema La soluzione necessaria, per mantenere e sviluppare il sistema previdenziale pubblico, non sta nei tagli, nell'abbattimento dei rendimenti e nell'allungamento della vita lavorativa, ma nella definizione e nel versamento di salario contributivo adeguato. Questo significa: 1. Combattere evasione e elusione contributiva. Finora è mancata la volontà politica di procedere in questa direzione. Nel 1º semestre 1996, l'INPS ha controllato 27.500 aziende accertando un'evasione contributiva pari ad oltre 1.300 miliardi. Il 78% delle aziende visitate hanno presentato irregolarità. Questa è solo la punta del fenomeno. Si stima che l'evasione complessiva sia di oltre 40.000 miliardi l'anno. Eppure gli ispettori di vigilanza, a causa del blocco delle assunzioni degli ultimi 7 anni, sono in costante riduzione ed oggi sono meno del 50% dell'organico dell'INPS. Parallelamente anche il numero delle aziende controllate si riduce di anno in anno. Il governo deve approvare una deroga al blocco delle assunzioni INPS, finalizzata a sostenere l'attività ispettiva. Essa consentirebbe entrate contributive di notevole entità altrimenti evase. 2. Bloccare la politica dei condoni previdenziali. Essi producono scarsi risultati sul piano delle entrate e rappresentano una sorta di copertura all'elusione e all'evasione previdenziale. 3. Attuare subito l'art. 37 della legge 88-1989. Così il Governo è obbligato a caricare sulla fiscalità generale la copertura di gran parte della spesa assistenziale attualmente pagata dall'INPS. La reale separazione della gestione previdenziale da quella assistenziale è essenziale per una valutazione corretta dei costi di gestione dei fondi pensionistici. 4. Realizzare quanto già previsto dalla legge 335/95 sulla parificazione dei prelievi contributivi e delle prestazioni per fondi speciali, fondi di categorie particolari e fondi dei lavoratori autonomi. 5. Rivendicare chiarezza nella gestione della riorganizzazione dei fondi INPS. p.e. È prevista prossimamente l'unificazione dei fondi speciali, degli autoferrotramvieri, degli elettrici e del clero, nel fondo dei lavoratori dipendenti. Tali fondi hanno già difficoltà di bilancio, che inoltre sono destinate ad aumentare dopo le ultime decretazioni del Governo in materia di prepensionamenti per gli autoferrotramvieri. Non ci opponiamo all'unificazione di questi fondi, ma dobbiamo impedire che venga fatta al solo scopo di scaricare sul fondo dei lavoratori dipendenti la copertura del loro disavanzo. A questo scopo chiediamo al Governo un intervento preciso per caricare i costi di tale copertura sulla fiscalità generale, così che l'unificazione sia realizzata dopo il risanamento dei deficit di gestione dei fondi interessati. 6. Bloccare la politica governativa di decontribuzione del salario aziendale e di agevolazioni fiscali e contributive a favore delle imprese. |
| 7. Bloccare l'attuale politica di sostegno ed agevolazioni pubbliche dei gestori di previdenza integrativa privata. Lo sforzo principale deve essere quello di sostenere la previdenza pubblica ed il suo carattere universale e solidale. Il sostegno e le agevolazioni previste alle pensioni private, oltre che aumentare i costi previdenziali pubblici, e quelli dei lavoratori (costretti a destinare ulteriori quote di salario per la previdenza integrativa), minano la tenuta stessa del sistema previdenziale pubblico. Se la realizzazione delle precedenti misure non dovesse risultare sufficente a garantire adeguate entrate all'INPS, allora dovrà essere posta con forza la questione di un aumento della imposizione fiscale del capitale (industriale, monetario e commerciale), per ridistribuire una quota dell'aumento della produttività a favore del salario sociale e previdenziale. Sulle condizioni dell'occupazione e del mercato del lavoro. La creazione di occupazione stabile è presupposto fondamentale per allargare la base contributiva. La riduzione generalizzata dell'orario di lavoro, a parità di salario e di condizioni di lavoro, rappresenta oggi la principale risposta ai problemi dell'occupazione e della previdenza. Essa permette di ridistribuire il lavoro e di aumentare e consolidare le entrate contributive e fiscali, rendendo disponibili le risorse necessarie a mantenere alto il livello di protezione previdenziale pubblico. Proponiamo quindi di: 1. Rilanciare l'iniziativa generale sull'occupazione a partire dall'obiettivo della riduzione della durata della giornata e della vita lavorativa, a livello confederale e di categoria. 2. Combattere la flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro. È chiaro infatti come le ipotesi concordate nel recente "patto per il lavoro" sull'estensione delle forme di lavoro precario, stagionale, ed a termine, lungi dal risolvere i problemi dell'occupazione avranno effetti devastanti anche sulla tenuta del sistema previdenziale pubblico. La precarietà della prestazione, nelle forme previste (contratti a termine, lavoro interinale, lavoro stagionale) è anche precarietà salariale e quindi contributiva. Ciò non solo crea le condizioni di una costante ed irreversibile riduzione della base contributiva e quindi delle entrate INPS, ma rende quasi impossibile, per i lavoratori precari, maturare una pensione pubblica dignitosa e adeguata (specialmente se rimane il regime contributivo). 3. Opporsi al patto per il lavoro. Una linea di difesa dell'occupazione e del salario (anche del salario previdenziale) non può quindi prescindere da una netta critica nei confronti del "patto per il lavoro" concertato tra sindacato-confindustria-governo, del quale vanno messi in discussione sia presupposti concettuali che le determinazioni pratiche e normative. 4. Realizzare una difesa immediata. In coerenza con ciò, vanno inoltre rivendicate soluzioni legislative che, per le forme di lavoro precario (comunque presenti), determinino una generale condizione di tutela anche previdenziale. In particolare ciò riquarda il lavoro interinale che, per come viene prospettato, risulterà gestito e mediato da vere e proprie agenzie che potranno vincolare a sé sempre maggiori quote di forza-lavoro, condannate a non avere altra soluzione di impiego se non rendersi "disponibili" alla condizione di lavoratore precario, con scarsissimi diritti e tutele e scarsissime possibilità di organizzazione e contrattazione. Sul piano della difesa immediata, dobbiamo rivendicare che le agenzie di lavoro interinale vengano obbligate a garantire una continuità contributiva per i loro lavoratori. Tale contributo deve coprire i periodi di effettivo lavoro interinale e i periodi di non impiego, ponendo quest'ultima copertura a carico della fiscalità generale. |