PAESI BASCHI: UNA LOTTA DI LIBERAZIONE
NELL'EUROPA DI MAASTRICHT
EUSKAL HERRIA
Il Popolo Basco è insediato storicamente su un territorio
chiamato Euskal Herria situato nei Pirenei occidentali e
delimitato dal Mar Cantabrico (golfo di Biscaglia), bagnato al
sud dal fiume Ebro e a nord dall'Adur. Il suo territorio di 20570
Km2 ospita una popolazione di 2.800.000 persone. Attualmente, a
causa degli eventi storici, è diviso in modo artificiale ed
amministrato dallo Stato francese e da quello spagnolo.
Euskal Herria, come entità nazionale rappresentata dal Popolo
Basco, possiede caratteristiche specifiche quali la
territorialità, la lingua (l'Euskara, la più antica d'Europa),
la storia, forme proprie di relazioni sociali, politiche e
economiche, la cultura; caratteristiche che ancora oggi si
mantengono vive e che affondano le loro radici in peculiarità
non ancora sufficientemente esplorate.
A causa della suddetta divisione territoriale le province di
Nafarroa, Gipuzkoa, Araba e Bizkaia permangono sotto
l'amministrazione spagnola mentre Lapurdi, Behenafarroa e Zuberoa
sotto quella francese, ma i Paesi Baschi soffrono anche di altre
divisioni di tipo politico-amministrativo (la Comunità Autonoma
Basca e quella di Navarra all'interno dello Stato spagnolo),
ecclesiastico, militare , economico...
In Iparralde ( zona di amministrazione francese) ai baschi non
viene riconosciuta nessuna identità, essendo territorio incluso
nel dipartimento dei Pirenei atlantici.
È facile capire che, in queste condizioni, il desiderio e lo
sforzo per la sopravvivenza di una propria identità si scontra
con gli interessi dei propri dominatori. Pertanto rimane aperto
il contenzioso che contrappone il Popolo Basco ad entrambi gli
Stati.
CARATTERIZZAZIONE DI UN MOVIMENTO
Nell'ultimo trentennio del secolo XIX, con l'introduzione nella
penisola iberica dell'industria pesante (legata soprattutto alla
siderurgia cantieristica) e, di conseguenza, con la nascita di un
proletariato di fabbrica, la questione nazionalista di stampo
antimperialista del Popolo Basco iniziò la propria formazione.
La prima concretizzazione di questo tipo di lotta si ebbe il
13-6-1895 con la formazione del PNV(Partito Nazionalista
Basco).
I dissensi all'interno del PNV si manifestarono al momento che
l'Euskadi, grazie alla propria elevata industrializzazione,
divenne meta di immigrati spagnoli in cerca di lavoro. La critica
intestina al PNV nacque dalla sua ala sinistra che contestava la
linea politica della leadership del partito poiché quest'ultima,
a causa delle proprie carenze di analisi sociali sui problemi
della classe operaia, non riusciva ad unificare la lotta dei
lavoratori immigrati a quella del proletariato basco. Le
divergenze di opinioni sulla necessità di affiancare alla lotta
nazionalista anche quella di classe portò ad un'inevitabile
spaccatura. Nel 1931 l'ala sinistra del PNV si staccò dal
partito e fondò l'Azione Nazionalista Basca, ANV.
Sempre nel 1931 la caduta del regime di Primo Rivera portò ad
una nuova costituzione spagnola in cui si rivendicava
l'indivisibilità della nazione. Il PNV, ormai totalmente
caratterizzatosi come partito della borghesia basca, per paura
che una lotta nazionalistica potesse essere deviata della
sinistra patriottica su posizioni di classe, non si oppose a
questa costituzione ed iniziò un'opera di trattative con il
governo di Madrid che proseguì fino al 1936.
Nell'ottobre del 1936, all'indomani del colpo di stato del
dittatore Francisco Franco, il Popolo Basco, per dissociarsi
dalla Spagna fascista, costituì un governo autonomo ed anche il
PNV, sotto la pressione delle masse popolari, dovette iniziare
una campagna di stampo repubblicano contro la dittatura. Alla
costituzione di tale governo Franco rispose con una sanguinosa
repressione (400 000 fra esiliati, arrestati, uccisi) che lo
portò ad occupare militarmente le principali città basche. In
seguito, onde eliminare ogni elemento che potesse catalizzare il
patriottismo basco, vietò l'insegnamento, la diffusione ed anche
il semplice uso della lingua Euskara.
Il suo desiderio di annichilire fisicamente e moralmente il
Popolo Basco fu sancito dal discorso pronunciato dal dittatore l'
8-6-1937, subito dopo la presa di Bilbao: "Questo orrore,
questo incubo chiamato Euskadi è il risultato di un sentimento
ostinato e rovinoso che nasce dal cretinismo della predica
socialista; tutto ciò va vanificato, distrutto, fatto cadere per
sempre"
Durante la seconda guerra mondiale l'avanguardia basca lottò
strenuamente contro il nazi-fascismo sia in patria che nelle
terre d'esilio e nel '45 manifestazioni di esuli baschi
festeggiarono in tutta Europa la liberazione, ma le speranze
di questo popolo vennero ben presto tradite; con la fine del
conflitto mondiale e con l'inizio della guerra fredda, la Spagna
assunse, per gli Stati Uniti, un forte valore strategico e ciò
fece ottenere, al regime franchista, privilegi e legittimità da
parte del governo USA.
Così dal 1947 in poi, mentre gli Stati Uniti trattavano col
"generalissimo", permettendo l'insediamento delle
proprie ambasciate in Spagna e mentre il Papa stilava con Franco
concordati e lo investiva col "supremo ordine di
Cristo", i socialisti ed i comunisti baschi vennero
nuovamente perseguitati. Intanto, anche a causa dello
scioglimento da parte di Stalin della III Internazionale, gli
esuli baschi, privati di qualsiasi riferimento politico, rimasero
alla mercé delle socialdemocrazie ospitanti che li privarono di
qualsiasi rappresentatività e, in alcuni casi, misero fuori
legge i loro organi di informazione e propaganda.
Intanto il PNV privato dell'opposizione in patria potette
apertamente allineare la propria politica a quella delle forze
socialdemocratiche occidentali di stampo democristiano, mostrando
così come i propri vertici fossero ormai manipolati in base agli
interessi dell'alta borghesia basca. Tutto ciò fece sì che il
PNV affiancasse in toto i principi di ordine sociale, incremento
produttivo e industrializzazione capitalistica sostenuti da
Franco dal '47 in poi.
La sconfitta istituzionale però non poteva fiaccare una classe
operaia sempre più combattiva ed unita da quella
collettivizzazione della produzione che è tipica del
capitalismo; fu così che dal '46 in poi l'Euskadi fu teatro di
continue manifestazioni, i suoi centri più industrializzati
videro la propria produttività bloccata dai continui scioperi.
La stabilizzazione imposta dall'oligarchia finanziaria,
peggiorando ulteriormente le condizioni di vita del proletariato
basco, costituì l'ultimo tassello di un mosaico sociale adatto
al rilancio della lotta armata.
LOTTA NAZIONALE E LOTTA DI CLASSE
I primi germi di un nuovo tipo di nazionalismo, che vedeva nella
lotta armata lo svolgimento dell'anti-imperialismo e del
conflitto contro ogni forma di sfruttamento ed oppressione, si
ebbero nelle proposte elaborate, al "Primo Congresso
Basco" (1952), da Frederico Krutwig, ma la loro
concretizzazione avvenne solo nel 1959 con la formazione del
fronte rivoluzionario socialista Euskadi `Ta Askatasuna (ETA).
Negli ambienti di fabbrica e nelle sue organizzazioni sindacali
crebbe, di pari passo con la combattività del proletariato,
il consenso verso questo tipo di lotta e, nel 1968, l'ETA già
poteva contare su di un ampio fronte operaio.
Il valore di classe dell' ETA, tanto sminuito dalla stampa
internazionale, che continua a definirla come un'organizzazione
puramente nazionalista, appare chiaramente nei comunicati
dell'organizzazione stessa. È significativo a questo proposito
ricordare il comunicato "Lettera agli intellettuali",
del 1964, in cui venne smentita l'ipotesi secondo la quale il
movimento basco sarebbe degenerato in una lotta piccolo-borghese
e razzista: "I capitalisti baschi sono sfruttatori al pari
di quelli spagnoli o stranieri, sotto di essi i lavoratori
vengono sfruttati nella stessa maniera indipendentemente dalla
propria nazionalità. È per questo motivo che oggi chiediamo
agli immigrati spagnoli che lavorano in Euskadi di unirsi alla
nostra lotta per eliminare qualsiasi tipo di sfruttamento".
È inoltre da notare la linea internazionalista dell' ETA
chiaramente esposta in documenti quali la risoluzione del suo V
Congresso in cui si conclude che: "Attualmente l'unico
rimedio all'oppressione dettata dall'internazionalismo del
capitale e dell'imperialismo è l'internazionalismo proletario e
la sua lotta per la liberazione degli oppressi. Vogliamo che la
lotta per l'indipendenza del Popolo Basco divenga un tassello di
questa battaglia."
Durante il periodo del regime franchista, l'ETA fu parte
integrante della resistenza antifascista portando avanti continue
azioni contro gli esponenti della dittatura e contribuendo
direttamente alla caduta del regime con l'esecuzione di Carrero
Blanco, braccio destro di Franco che ne sarebbe dovuto divenire
successore.
L'ottenimento dell'attuale democrazia spagnola non poteva, però,
essere un risultato sufficiente per il Popolo Basco. Sicuramente,
con l'avvio del processo di democratizzazione, vennero modificate
molte caratteristiche dell'esercizio del potere, venne consentita
l'esistenza di partiti politici e di elezioni a suffragio
universale. Allo stesso tempo, la struttura iper-centralizzata
dello Stato fu sostituita da un modello di decentramento
regionale (statuto delle autonomie). Lo Stato spagnolo si dotò
di una costituzione con l'apparente consenso dei partiti
politici.
Ma questo processo presenta caratteristiche atipiche. In altri
paesi il passaggio dalla tirannia delle dittature alle nuove
forme socio-politiche non è stato un processo pacifico, ma ha
determinato l'annulla mento delle caratteristiche violente
delle precedenti società. In Spagna invece il carattere pacifico
della transizione nasconde la superficialità di alcuni
cambiamenti che non rispettano la realtà e che sono la
continuazione di una storia di espansionismo che perdura nei
secoli.
Il processo di transizione dello Stato spagnolo è viziato fin
dalla nascita; è il frutto di un accordo stipulato, non fra
partiti politici, ma fra il potere militare ereditato dal
franchismo ed dai partiti, per far si che non si alterassero la
caratteristiche essenziali dello Stato e del regime: Funzionari,
polizia, esercito, codici legali.
La monarchia stessa rappresenta un chiaro segno di tutto ciò: fu
un imposizione della dittatura mai sottoposta al giudizio
popolare e che costituisce il tramite di unione fra potere regio
semi-occulto e struttura politico-istituzionale, garantendo la
trasmissione delle direttive del primo al secondo.
La costituzione contiene, inoltre, aspetti inediti rispetto a
qualsiasi paese europeo, è compito dell'esercito salvaguardare
l'unità dello Stato e l'ordinamento costituzionale, subordinando
così qualsiasi potere a quello militare nell'interesse
dell'oligarchia che aveva sostenuto il regime precedente.
Per i Paesi Baschi non fu possibile scegliere tra modelli
diversi, il suo popolo fu costretto ad accettare ciò che venne
deciso per l'insieme senza distinzioni di alcun tipo.
La democrazia dello Stato spagnolo era e rimane una facciata
dietro la quale continuare a perpetrare lo sfruttamento
nazionale, individuale e di classe ed è questo il motivo per cui
la lotta del movimento basco ancora oggi continua.
IL MOVIMENTO BASCO E LA REPRESSIONE OGGI
Oggi il Movimento di Liberazione Nazionale Basco è consolidato
su solide linee tattico-politiche e diramato capillarmente nelle
problematiche sociali, culturali e politiche tramite le
organizzazioni riunite attorno al blocco rivoluzionario K.A.S.
(Coordinamento Patriottico Socialista) che racchiude sotto di sé
oltre all' ETA, l'organizzazione per il Cordinamento dei
Movimenti Popolari (ASK), il Movimento della Gioventù della
Sinistra Patriottica (Jarrai) ed il "braccio politico"
Herri Batasuna che, formatosi dalla fusione dei partiti ANV ed
HASI, funge da contenitore per gruppi che si muovono su tematiche
specifiche (dall'insegnamento dell'Euskara all'ecologismo,
dall'obiezione di coscienza all'amnistia per i prigionieri
politici)
Il KAS si lega al mondo operaio tramite il sindacato LAB che, da
un lato, opera su rivendicazioni pratiche (salario, condizioni di
lavoro, ecc), dall'altro porta avanti una linea di
non-patteggiamento con il capitale. LAB aiuta a mantenere alto
l'impulso di classe nel Movimento di Liberazione Nazionale Basco.
ETA appartiene al movimento come organizzazione politica che
pratica la lotta armata e i cui obbiettivi di indipendenza e
socialismo sono condivisi da settori della popolazione più ampi
di quelli rappresentati nello spazio elettorale di Herri
Batasuna: segmenti della base di partiti quali E.A. (Eusko
Alkartasuna) sono favorevoli all'indipendenza e elementi di altri
partiti al socialismo.
A tutto ciò lo Stato spagnolo risponde con una spietata
repressione: gli elementi che compongono le forze di occupazione
spagnole (Guardia Civil) e la polizia basca (Erzaintza) sono
muniti di mezzi tecnici e tecnologici da strategia bellica e,
grazie alla reintegrazione dei codici franchisti, dotati di un
potere di azione praticamente illimitato; le squadre
anti-sommossa, utilizzate per reprimere cortei e manifestazioni,
hanno in dotazione fucili che sparano proiettili di gomma che
causano frequentemente feriti gravi ed in alcuni casi anche
morti.
Nel maggio 1994 esistevano 554 prigionieri politici baschi
distribuiti in carceri baschi, francesi e spagnoli, 150 dei quali
in carcerazione preventiva (situazione che può durare fino a
quattro anni). È opportuno ricordare che nel 1979 c'erano 120
prigionieri politici, dei quali solo 5 risiedevano in carcere
fuori da Euskal Herria. La situazione dei prigionieri politici
baschi supera qualsiasi concetto di violazione dei diritti minimi
e della legislazione vigente: 9 persone hanno perso la vita in
prigione (5 per mancanza di assistenza sanitaria) e vari soffrono
di malattie gravi, anche di carattere irreversibile, senza la
necessaria assistenza e con la negazione della libertà prevista
dalla legge in questi casi. La distribuzione dei detenuti in un
numero elevato di prigioni, l'allontanamento dai loro centri di
residenza abituali, la privazione dei contatti con la famiglia e
con la società, il continuo trasferimento da un carcere
all'altro, oltre ad impedire una minima stabilità, sono la
copertura di continui pestaggi e lunghi periodi di isolamento. Il
non rispetto della legge impedisce a 79 persone di essere
scarcerate nonostante risultino soddisfatti i requisiti legali di
compimento della pena.
A questo bisogna aggiungere l'esistenza di 50 persone
(inizialmente 54 di cui 4 hanno perso la vita) deportati in
diversi paesi dell'America e dell'Africa, 48 persone assegnate al
confino nello Stato francese, in entrambi i casi senza
personalità giuridica né diritto al lavoro o di partecipazione
al movimento. Inoltre 1500 persone si sono viste obbligate ad
abbandonare casa i lavoro per sfuggire alla repressione.
A tutto questo si aggiunge il fatto che molte componenti delle
forze dell'ordine militano nelle file del GAL, gruppi di
terroristi filofascisti che negli ultimi anni hanno mietuto
decine di vittime fra i militanti e simpatizzanti del movimento
di liberazione nazionale. La creazione di queste squadri
paramilitari, assieme al tentativo di fare dilagare nella
popolazione basca il problema della tossicodipendenza1 e all'uso
della tortura sui prigionieri politici2, costituisce il lato
oscuro dell'opera reazionaria, illegale, non riconosciuto, ma
allo stesso tempo finanziato dallo Stato spagnolo.
La repressione, però, oltre a non riuscire a fiaccare la
resistenza basca, ricompatta, elevando il livello di scontro, le
fila del movimento indipendentista e ne rende più combattiva la
militanza.
È in questo clima che l'ETA ha dimostrato, demolendo le teorie
istituzionali che la definivano come un'organizzazione allo
sbando politico, la propria forza arrivando a colpire illustri
membri della repressine spagnola. Tutto ciò, assieme a decine di
attacchi che, con scadenza settimanale, hanno colpito e
colpiscono caserme della Guardia Civil e dell' Erzaintza,
dimostra la vanificazione della repressione.
È da questa posizione che il movimento basco ha rilanciato la
propria alternativa di pace (Alternativa Democratica) come unica
e realistica soluzione.
Alternativa Democratica, di cui riporteremo nelle pagine seguenti
ampi stralci, è la prima proposta per la cessazione del
sanguinoso conflitto armato. Lo Stato spagnolo ha, però,
risposto a questa mano tesa con una forte repressione che ha
portato all'arresto di quei membri dell'Herri Batasuna che si
erano impegnati nella diffusione di materiale informativo
riguardante la proposta di pace. Lo Stato spagnolo non si è
limitato quindi a bocciare l'Alternativa (fatto che già di per
sé dimostra la volontà spagnola di risolvere "il problema
basco" con la repressione e la violenza), ma ha reso
illegale la pubblicazione, la diffusine e il possesso del
documento. Ha forse lo Stato spagnolo paura che la conoscenza di
Alternativa Democratica dimostri al mondo che i tanto temuti
"terroristi baschi" sanno avanzare proposte molto più
giuste del "democratico" Governo spagnolo?
MANIFESTO DELL' E.T.A AD EUSKAL HERRIA
E.T.A., organizzazione rivoluzionaria socialista di liberazione
nazionale, con l'azione contro Jose Maria Aznar, presidente del
Partito Popolare, ha colpito uno dei maggiori rappresentanti
della politica di oppressione ai Paesi Baschi mettendo allo
scoperto l'accentuata crisi politica ed istituzionale dello Stato
spagnolo.
Il sistema repressivo, che da una falsa risposta al
"problema basco" negando al popolo i propri diritti e
che rimane pianificato su codici franchisti, è stato accettato
di buon grado da tutte le forze politiche dello stato spagnolo.
Ora che il P.S.O.E. è barcollante, sotto il peso degli scandali
di corruzione e della "guerra sporca"3, il Partito
Popolare si appresta a prendere il potere pretendendo di far bere
al popolo basco un nuovo calice di sofferenze.
Le forze politiche che accettarono lo "statuto di
autonomia"4 hanno fatto pagare ai paesi baschi una cambiale
di divisione istituzionale, deculturizzazione e
deindustrializzazione.
Il popolo basco non dispone della possibilità e degli strumenti
che gli permettano di decidere il proprio futuro.
Il conflitto politico continua invariato come risposta alle
imposizioni ad all' oppressione operata dallo Stato spagnolo.
Per la costruzione della società basca i cittadini hanno la
necessità di impedire la divisione del nostro popolo; di
imparare l' euskara recuperando la nostra cultura; di lottare per
l' autonomia economica prima che si compia la
deindustrializzazione di cui siamo oggetto.
Questi i nostri obbiettivi in carcere, in esilio, nella società.
ALTERNATIVA DEMOCRATICA PER I PAESI BASCHI
Alternativa democratica è la proposta base per il negoziato
politico che nasce dall'attualizzazione di "ALTERNATIVA
K.A.S" e si basa sulla compartecipazione di due differenti
negoziati: uno fra E.T.A e stato spagnolo, l'altra ,che spetta
direttamente alla cittadinanza basca, per mezzo di un processo
democratico senza limiti e con la possibilità di scelta su tutte
le possibili opzioni Obbiettivo del negoziato fra stato
spagnolo ed E.T.A è l'ottenimento del riconoscimento del POPOLO
BASCO come comunità cui spetteranno in forma indelegabile le
ultime decisioni sulla ridefinizione della società basca. Il
completo riconoscimento del nostro popolo e l'abolizione della
frontiere giuridico-istituzionali sono gli argomenti del tavolo
di trattative tra Stato spagnolo ed E.T.A.; niente più. Non
spetta allo Stato, bensì al popolo, la scelta del tipo di
organizzazione interna ai Paesi Baschi, del rapporto tra le sue
due parti attualmente divise dalle frontiere franco-spagnole, dei
metodi di insegnamento della nostra lingua e della nostra
cultura, ecc. Allo stato spetta il dovere di rispettare le
legittime decisioni della cittadinanza. Tutti i temi che
riguardano organizzazione ed il futuro del nostro popolo saranno
elaborati tramite la partecipazione diretta di tutta la società.
Questa proposta nasce come alternativa all' attuale conflitto
armato e quando lo stato la accetterà l' E.T.A. ordinerà un
cessate il fuoco.
RICONOSCIMENTO DEL POPOLO BASCO E DEL DIRITTO AD
AUTODETERMINAZIONE ED UNITA' TERRITORIALE
Il diritto all'autodeterminazione non è tanto una posizione
politica quanto un diritto che ci spetta come popolo.
La decisione di come e con quali criteri questo diritto si
attuerà spetta ai cittadini baschi cui va ovviamente
riconosciuto il diritto assoluto di scelta sulle decisioni che
riguardano il proprio futuro. Anche per quel che riguarda la
forma di concretizzazione dell'unità territoriale, previo
abbattimento delle attuali frontiere istituzionali, sarà
decisione sovrana del popolo basco.
RISPETTO DEI RISULTATI DEL PROCESSO DEMOCRATICO
Non si può porre limiti alla parola del popolo, quindi lo stato
spagnolo dovrà accettare e rispettare lo svolgimento del
processo democratico ed i suoi risultati qualsiasi essi siano.
Condizione minima per canalizzare il processo è che tutti i
cittadini vi possano partecipare senza alcuna pressione, si esige
quindi un'amnistia generale che permetta il rilascio dei detenuti
ed il rientro degli esuli. Si esige inoltre la creazione di mezzi
che impediscano alle forza armate spagnole di influenzare il
processo.
Un pò di chiarezza:
Quando in febbraio vi abbiamo inviato la nostra ultima lettera
stavamo andando incontro ad un elezione legislativa che ha poi
provocato un radicale cambiamento nella mappa politica spagnola.
La salita al potere del Partito Popolare, appoggiato dai partiti
C.I.U., P.N.V. e Coalizione Canaria6, ha aperto un nuovo capitolo
della vita politica dello Stato Spagnolo.
Nonostante la nascita del governo di Aznar7 non abbia portato
nessun sostanziale cambiamento nella politica sociale, economica
ed autonomistica dello Stato Spagnolo, il partito popolare, con
il potere che gli è conferito dall'appoggio della borghesia
basca, canaria e catalana, vuole far fronte a quei problemi
politico-economici che il P.S.O.E., con il suo governo, non
poteva affrontare a causa della propria debolezza e mancanza di
credibilità.
È in questo quadro che il P.P., nel tentativo di ottenere le
condizioni economiche imposte da Maastricht, inaugura una
politica di privatizzazioni e presupposti restrittivi che
stabilisce un vero e proprio record per quel che concerne l'
attacco allo stato sociale ed ai diritti di lavoratori e
lavoratrici.
La recente pianificazione di un dibattito per rendere illegale
l'aborto, le leggi peggiorative sul sistema scolastico, la
volontà di piena integrazione nell' O.TA.N., l'agevolazione dei
rapporti economici con il Marocco a discapito di quelli con Cuba,
sebbene siano solo la continuazione di una linea politica creata
dal P.S.O.E. mostrano la chiara decisione del nuovo governo di
mantenere un posizione nettamente di destra.
Tutto ciò rende necessaria una forte opposizione politica e
sociale che faccia fronte alla realizzazione dei progetti
governativi, anche e soprattutto in EUSKADI, dove si stanno per
attuare pesantissimi piani repressivi contro la sinistra
patriottica.
L'intensificazione della collaborazione tra stati, l'intento di
inasprire la legislazione attuale, il persistente uso della
tortura, le ultime manovre legali che colpiscono i prigionieri
politici baschi, e la sempre maggiore collaborazione fra
Ertzaintza8 e le altre forze di polizia sono elementi della
strategia di governo che ottengono il pieno consenso del P.N.V. e
vengono appoggiati da tutti i partiti politici che sostengono
l'attuale regime.
Senza esitazioni la sinistra patriottica basca si sta muovendo
per far fronte a questi attacchi intensificando la lotta per i
diritti democratici che spettano al Popolo Basco, ma non è
tutto: giorno dopo giorno il nostro lavoro è quello di muoversi
negli spazi sociali e politici per la costruzione nazionale;
socio-economia, lingua basca, cultura, ecologia, organizzazione
dei giovani. Così, la sinistra abzerdale, sta ponendo le solide
basi del proprio progetto di costruzione patriottica e
socialista.
L' Alberri Eguna del 1996, la manifestazione unitaria fra E.L.A.
e L.A.B9, che si è tenuta il primo maggio ed i risultati delle
ultime elezioni, in cui Herri Batasuna ha ottenuto un notevole
incremento di voti, mostrano la solidità del progetto di
liberazione basco. Si aggiunge a questo la lotta sociale:
sabotaggio e paralizzazione di Itoiz10, manifestazioni a favore
dell' insegnamento della lingua e della cultura basca, la
salvaguardia degli insumisio (obiettori al servizio militare), la
lotta per il riavvicinamento dei prigionieri politici alle
proprie città d' origine, l'impulso al movimento giovanile.
Questa è l' espressione della forza e della determinazione di un
popolo che chiede di costruire il proprio futuro in libertà.
Peraltro l' E.T.A. nel comunicato del 23 giugno 1996 mostrava
nuovamente la volontà di superare il conflitto violento che
imperversa fra Stato Spagnolo e Popolo basco.
E.T.A. offriva, ancora una volta, la chiave per la risoluzione
del conflitto ed, invitando il governo a prendere la via del
negoziato, dichiarava la sospensione, per una settimana, delle
azioni armate per favorire l'inizio del dialogo. Purtroppo, per
l'ennesima volta, lo stato ed i partiti politici ed esso fedeli
hanno chiuso la porta davanti alla proposta di un negoziato di
pace.
Nelle pagine seguenti questo ed altri aspetti verranno più
chiaramente analizzati.
HERRI BATASUNA - LUGLIO 1996
AGGIORNAMENTI SU "ALTERNATIVA DEMOCRATICA"
Nelle pagine seguenti parleremo degli ultimi risvolti dell'
"alternativa democratica", ovvero la proposta di pace
che l' E.T.A. realizzo il 26 aprile del '95. La sinistra
patriottica, unendo i lavori fondamentali di costruzione
nazionale e sociale e stimolando tutte le forze sociali e
politiche che su questa strada si stanno muovendo, ha come
obbiettivo la creazione di un mezzo democratico per far ottenere
al Popolo basco il riconoscimento del diritto di scelta sul
proprio futuro e tramite il quale tutte le possibilità politiche
sociali ed economiche possano elevarsi alla pratica.
Questo è un punto necessario per dare risposta alle
rivendicazione dei Paesi Baschi e per far si che la sinistra
basca possa sviluppare il proprio programma indipendentista e
socialista. Deve essere la società basca la protagonista di
questa lotta democratica con un obbiettivo comune: il
riconoscimento del diritto di autodeterminazione ed unità
territoriale.
Herri Batasuna si è assunto il compito di rendere pubblica l'
"alternativa democratica" per stimolare la
partecipazione di tutti i settori sociali nella difesa di questa
soluzione pacifica.
Premettiamo che questo documento non corrisponde al programma
politico né dell' E.T.A., né della sinistra patriottica, ma è
patrimonio unico della società basca.
Senza esitare, il governo spagnolo pretende di mettere sotto
silenzio la proposta di pace per impedire che i suoi contenuti
democratici vengano diffusi. Questa è la ragione dell' arresto,
avvenuto il 21 febbraio '96, di Jon Idigoras, storico dirigente
patriottico e portavoce della camera nazionale, ordinata dall'
udienza nazionale sotto la pressione del governo spagnolo.
Lo stato, sia esso governato dal P.S.O.E. o dal P.P., pretende di
cancellare la voce della sinistra patriottica e di
criminalizzare, a tal punto, le sue posizioni che è arrivato al
punto di minacciare di mettere fuori legge il partito Herri
Batasuna.
Ovviamente, H.B. non ha ceduto a queste pressioni, ne ha
modificato le proprie posizioni sulla base di quelle che i
giudici spagnoli vorrebbero imporgli e per questo Herri Batasuna
è stato punito con un ammenda di 5 milioni di Pesetas (questa è
stata la cifra necessaria per il rilascio di Jon Idigoras).
E.T.A. ha ribadito la propria volontà di dialogo, per il
superamento del conflitto armato, tramite un comunicato
pubblicato il 23 giugno '96. L' organizzazione manifesta, ancora
una volta, la volontà di non combattere con la Spagna e
di non imporre niente né al popolo spagnolo ne a quello basco,
confermando che il proprio obbiettivo è l'ottenimento, per la
cittadinanza basca, del diritto di opzione sugli aspetti
economici, politici e sociali del proprio futuro.
È per dimostrare tutto ciò che, nello stesso comunicato, veniva
proposto un "cessate il fuoco" della durata di una
settimana. Senza esitazione il governo, appoggiato dai partiti
riuniti attorno alla "mesa de Ajura Enea", rifiutava
ogni dialogo con l' E.T.A..
Il governo spagnolo, la destra spagnola, ma anche la sinistra (il
documento elaborato da Izquierda Unida mostra una squallida
politica di allineamento con la strategia dello stato) ed i
partiti della destra basca ( E.A. e P.N.V.) hanno avallato la
linea repressiva senza considerare la possibilità di un dialogo.
Il primo luglio, dato il totale immobilismo da parte dello stato,
E.T.A. ha ritirato l'ordine di "cessate il fuoco", ma
ribadiva la propria disponibilità ad un negoziato di pace.
Durante questa settimana la società basca e l'opinione pubblica
spagnola hanno potuto comprovare, nonostante la propaganda e la
manipolazione informativa operata dal governo, la qualità
politica del problema il perché del conflitto armato e
comprendere chi realmente vuole percorrere la strada della pace e
chi invece quella della repressione e della violenza.
In questo senso è stata importante la presa di posizione dei due
sindacati maggioritari in Euskadi (E.L.A. e L.A.B.) che hanno
giudicato positivamente l'offerta dell' E.T.A. ed hanno chiamato
il governo a rispondere affermativamente.
Herri Batasuna e tutta la sinistra patriottica continueranno a
sviluppare iniziative in favore del processo democratico, dando
impulso all'implicazione della società, di settori dello stato e
della comunità internazionale.
LA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE
Il governo del Partito Popolare, così come quello precedente, ha
come desiderio principale la risoluzione per via repressiva di
quello che chiamano "problema basco". Eludendo la
motivazione politica del conflitto ed ignorando la determinazione
della sinistra patriottica, il governo spa gnolo ed i
partiti che assumono la sua strategia di stato, tenteranno di
risolvere il problema con la violenza chiudendo la strada all'
unica vera soluzione democratica.
Uno dei pilastri della linea repressiva è la collaborazione
internazionale. Lo stato spagnolo, tramite la pressione politica
ed economica, implica gli altri stati europei, ma anche
latino-americani, nella propria strategia reazionaria. La forza
della sinistra basca, su tutti i fronti di lotta, e l'incapacità
dello stato di distruggere l'organizzazione armata E.T.A.,
obbligano il governo spagnolo ad attaccare gli esponenti politici
più deboli ed indifesi: i rifugiati politici.
Parigi è stata una delle prime destinazioni dei ministri degli
esteri e degli interni spagnoli e dello stesso Aznar. Lo stato
Francese si è immediatamente dimostrato un grande collaboratore
nella compartecipazione alla strategia reazionaria contro i paesi
baschi ed i fatti lo dimostrano: il compromesso di espellere e
consegnare alle forze di polizia spagnole i prigionieri politici
attualmente detenuti in Francia, la creazione di unità di
polizia mista, il coordinamento "anti-terrorista",
l'attuazione di azioni di polizia fuori dai rispettivi confini,
le iniziative repressive congiunte sono prove inequivocabili. La
vera punta di diamante di questa strategia è la, recentemente
approvata, legge Toubon che pretende d'interrompere la
solidarietà ai rifugiati punendo pesantemente tutti coloro che
aiutano l'immigrazione o il soggiorno irregolare di presunti
"terroristi". I mezzi del governo francese contro i
rifugiati, dei quali 214 sono stati consegnati da una polizia
all'altra negli ultimi 10 anni, sono completamente irregolari e
violano la stessa costituzione francese, la convenzione
internazionale e i diritti umani universalmente riconosciuti.
Esempio recente, di quello che stiamo dicendo, è stata
l'espulsione di Josu Urrutikoetxea (rifugiato politico che
fungeva da interlocutore designato dall'E.T.A. per il negoziato),
avvenuta il 4 maggio, che dopo avere scontato la condanna
impostagli nello Stato francese è stato rimpatriato e
incarcerato senza che la giustizia spagnola avesse cause pendenti
su di lui. Il governo francese ha pattuito di consegnare alla
polizia spagnola tutti i prigionieri baschi incarcerati nelle
prigioni francesi, violando il principio della "proibizione
di doppia pena" e il diritto di non espulsione dal paese in
cui si è stati perseguiti.
Ciò dimostra inoltre la persistente volontà, da parte degli
apparati legali francesi, di ignorare la sistematica pratica
della tortura e le violazioni dei diritti umani che vengono
continuamente messe in atto nelle carceri spagnole, come per
altro è denunciato anche da organismi internazionali.
A questo riguardo, possiamo citare il caso del rifugiato politico
Luis Irruretagoiena che, mentre scontava la propria condanna in
Francia, fu consegnato alla guardia civil l'8 giugno. Nei tre
giorni, in cui rimase nelle mani delle autorità spagnole fu
selvaggiamente torturato: picchiato sulla testa e su tutto il
resto del corpo, asfissiato, sottoposto a scariche elettriche,
ecc ecc.
In seguito, il giudice dell' Udiencia Nacional ignorò la
denuncia di tortura ed incarcerò Luis con l'accusa di
"appartenenza a banda armata" (condanna per la quale,
il rifugiato, aveva già scontato la pena in territorio francese)
decretando inoltre, il giorno 10 luglio, che il prigioniero non
poteva tenere contatti con l'esterno al fine di occultare
all'opinione pubblica le barbarie da lui subite.
Di particolare gravità è stato, inoltre, il rimpatrio e la
consegna alle autorità spagnole di sei deportati che, dopo più
di dieci anni di esilio in paesi dell'Africa e dell'America,
avevano scelto di tornare nel nord dell'Euskadi e che vivevano in
una chiesa di Baiona. Lo scopo del rientro degli esuli baschi,
annunciato il primo di giugno, era quello di denunciare la
situazione che stavano vivendo; le deportazioni furono decise,
dieci anni fa, congiuntamente dai governi Spagnoli e Francesi
avevano coinvolto 55 militanti baschi dei quali 6 sono morti nei
paesi ospiti..
Questo tipo di azioni, da parte dei due stati, sono state
denunciate anche dal sindacato della magistratura francese, dalla
lega dei diritti umani e dalla sezione francese di Amnesy
International, che si sono mosse perché cessasse questa campagna
di arresti arbitrari.
Adesso il governo spagnolo necessita di coinvolgere, nella
propria politica reazionaria, anche gli altri paesi dell'Unione
Europea. L'assemblea su Maastrcht, che si è tenuta a Firenze il
21-22 giugno, ha dato il via libera ad un nuovo trattato di
estradizione fra i paesi dell'U.E.. Il nuovo testo, che prima di
entrare in vigore dovrà essere rettificato dai paesi aderenti,
prevede che siano fatti oggetto di estradizione i colpevoli di
"terrorismo", collaborazione per reati associativi o
appartenen za a banda armata; il trattato avrà, inoltre,
carattere retroattivo.
Tutto ciò garantisce un ulteriore peggioramento delle garanzie
giuridiche attualmente esistenti e presuppone, da parte dei vari
stati, la pretesa di ovviare ai problemi politici non risolti in
Europa dandogli una risposta repressiva senza cercare alcuna
soluzione democratica.
Vogliamo, per concludere, menzionare alcuni fatti accaduti negli
ultimi mesi. Il 5 giugno fu estradato dalla Germania Benjamin
Ramos su dichiarazione del tribunale tedesco che non lo aveva
riconosciuto come perseguitato politico prima che fosse esaminata
la sua richiesta di asilo. Il 28 maggio fu arrestato a Bruxelles
il rifugiato Enrike Pagoaga che aveva già subito doportazioni in
Algeria e Venezuela. All'inizio di maggio fu incarcerato in Costa
Rica il rifugiato Josetxo Zeberio, posto in libertà il 5
luglio.
LA LOTTA DEI PRIGIONIERI POLITICI
Quando, il 15 gennaio, i prigionieri politici baschi iniziarono
la lotta contro la dispersione e la violazione dei propri diritti
umani, esigendo il riconoscimento dello "status" di
prigionieri politici ed il raggruppamento dentro ai confini
baschi, la coscienza e la pressione dell'opinione pubblica basca
è andata sempre più aumentando.
I quasi 600 prigionieri baschi sanno che questa lotta sarà lunga
e ardua, ma hanno dimostrato la propria intenzione di non cedere
finché non sarà applicata la legislazione vigente (che prevede
che i detenuti scontino la propria condanna in carceri vicini ai
propri ambienti sociali e familiari) e finché non cesseranno le
violazioni ai diritti umani, sbandierati nei testi legali e nei
comizi degli uomini politici, ma costantemente violati fra le
mura delle carceri.
La sinistra patriottica e la società basca non devono lasciare
nelle sole mani dei compagni incarcerati queste rivendicazioni
giuste e democratiche. La partecipazione di tutti i baschi, la
solidarietà e la pressione esterna sono elementi necessari da
unire alla lotta dei prigionieri per raggiungere questi
obbiettivi.
Il 16 giugno, i prigionieri politici iniziarono una nuova fase di
lotta consistente in un txapeo (una sorta di auto-isolamento
all'interno delle proprie celle) permanente, a rotazione fra due
gruppi. Il giorno stesso un gruppo di ex-detenuti politici
iniziarono una settimana di sciopero della fame in solidarietà
con lo sciopero dei compagni in carcere ed in appoggio alle loro
rivendicazioni.
A questo proposito dobbiamo anche ricordare che sta continuando
tuttora la sciopero della fame, a rotazione settimanale, che
iniziò il 18 dicembre 1995. A questa forma di protesta ha preso
parte, nella settimana 6-13 luglio, anche un gruppo solidale di
cittadini dell'Andalusia.
Ricordiamo inoltre che il 22 giugno si è svolta a Donostia (San
Sebastian n.d.t.) una colossale manifestazione in favore del
raggruppamento dei prigionieri all'interno dei confini baschi
Di fronte alle richieste dei collettivi dei detenuti ed alle
mobilitazioni sociali in loro sostegno, il governo del Partito
Popolare, unito al P.N.V., ha elaborato una strategia per
rimodernare la politica penitenziaria, senza eliminare la
dispersione e le violazioni dei diritti umani. Il primo punto di
tale strategia è stato il propagandato
"avvicinamento", di 42 prigionieri, nei confini baschi,
manovra che fu ipotizzata, nell'ultimo giorno della tregua
proclamata dall'E.T.A., per dimostrare al gruppo armato una
"buona volontà" del governo, che si è poi dimostrata
totalmente falsa. Dei 42 prigionieri che dovevano essere oggetto
dell' "avvicinamento" 5 hanno subito trasferimenti
carcerari senza alcuna variazione di distanza rispetto ai Paesi
Baschi (fra essi vi è anche una compagna che secondo legge
dovrebbe già essere in libertà), 8 hanno subito un
allontanamento, e, dei 24 che sono stati trasferiti in prigioni
più vicine, 12 avrebbero diritto alla libertà secondo la
legislazione vigente.
Solo tre prigionieri sono stati realmente trasferiti in
luoghi di detenzione situati nei Paesi Baschi come prevederebbe
la legge.
Alla luce di tutto ciò appare chiaro che, questa manovra di
"avvicinamento" è un ipocrita bugia che il governo sta
utilizzando per manipolare l'opinione pubblica e indebolire,
così, il movimento sociale in favore delle richieste dei
detenuti politici.
Senza tanti scrupoli, la stampa e tutti i mezzi di comunicazione
hanno dato eco a questa propaganda governativa presentando la
manovra come un reale riavvicinamento nonché come una prova di
disponibilità da parte del governo.
Il collettivo dei prigionieri politici ha voluto rendere pubblica
la legittimità dei propri obbiettivi e la volontà di proseguire
la lotta fino al loro conseguimento. Il 10 luglio venivano
esposte, mediante un comunicato, dai sette detenuti designati
come interlocutori nelle trattative con lo stato, le seguenti
rivendicazioni: rispetto dei diritti umani, fine delle
aggressioni e dei pestaggi, scarcerazione di coloro che, per
legge, dovrebbero già essere in libertà o che soffrono di
malattie gravi o incurabili, riconoscimento del carattere
politico del collettivo e raggruppamento dei prigionieri in
carceri interne ai confini baschi. Come si può vedere, quelle
che lo Stato si rifiuta di accettare, sono rivendicazioni
democratiche e conformi alle stesse leggi spagnole. Non
dimentichiamo, inoltre, che la libertà del funzionario delle
prigioni José Antonio Ortega, attualmente in mano all'E.T.A.,
dipende solo dall'applicazione, da parte da parte del governo, di
tali leggi.
Annunciamo inoltre che è previsto per l'autunno (probabilmente
in settembre) uno sciopero della fame di 550 volontari, uno per
ogni prigioniero politico incarcerato fuori dai confini baschi,
in tutta Europa. L'iniziativa è stata organizzata dal Senideak
(associazione di familiari di prigionieri rifugiati e deportati
baschi) e ha come obbiettivi l'evidenziare all'opinione pubblica
europea il carattere politico dei perseguiti e denunciare la
situazione di ingiustizia a cui sono soggetti.
GUERRA SPORCA
Uno dei temi abituali delle nostre lettere è la "guerra
sporca". Riportiamo i nuovi dati recentemente venuti alla
luce che confermano ciò che, già in molte occasioni, avevamo
affermato: i G.A.L. 1 e le azioni terroristiche di "guerra
sporca" sono state create e dirette dallo stato spagnolo e
sono tasselli di una strategia più ampia che mira ad eliminare
la resistenza in Euskadi e ad assimilare la realtà basca nel
"progetto Spagna".
Iniziamo con l'avvenimento di maggior rilevanza, verificatosi il
23 maggio, quando il giudice Gomez De Liañd ha ordinato
l'arresto del Generale della Guardia Civil Enrique Rodriguez
Galindo, comandante della caserma di Intxaurrondo, con l'accusa
di aver ordinato ed eseguito il sequestro e l'omicidio (tramite
tortura) dei rifugiati politici Josan Lasa e Joxi Zabala.
Tre giorni prima erano stati arrestati , come esecutori materiali
del delitto, i membri di polizia Enrique Dorado e Felipe Bayo e,
il giorno seguente, il Tenente della Guardia Civil Pedro Gomez
Nieto per partecipazione negli stessi omicidi.
Il giorno dell'arresto di Rodriguez Galindo, i ministri degli
Interni Jose Barrionuevo e Luis Corcera, insieme al Segretario di
Stato per la sicurezza, convocarono una conferenza stampa per
solidarizzare con il generale arrestato e assumersi "le
responsabilità che derivano dall'esecuzione di ordini da loro
formulati" tanto da affermare di voler dividere la prigione
con Galindo.
Qualche giorno dopo lo stesso presidente del P.S.O.E., Gonzales,
dichiarava il proprio appoggio al generale.
Senza dubbio, Galindo non è il solo alto esponente della polizia
e del l'esercito implicato nella "guerra sporca".
I generali Antonio Saenz De Santamaria e Andres Cassinelo sono
stati imputati di partecipazione negli omicidi di vari rifugiati
e di cittadini baschi. Essi sono stati i massimi dirigenti della
Guardia Civil e della "lotta anti-terrorismo".
Inoltre, infomazioni giornalistiche ricordano che il CESID
(servizi segreti militari) fu il pianificatore e l'organizzatore
dell'omicidio del deputato di Herri Batasuna, Joso Muguruza,
materialmente eseguito dal militante dell'ultra-destra
neo-fascista Juan De Dios Rubio nel 1989.
Inoltre, grazie alle dichiarazioni di Luis Roland, ex-direttore
della Guardia Civil, si è appreso che altre azioni di
terrorismo, come l'invio di pacchi-bomba ai simpatizzanti e ai
militanti della sinistra patriottica, erano pianificati dal
ministero degli interni ed eseguiti dalla polizia.
Queste azioni, che non furono mai rivendicate e che causarono la
morte di molte persone, furono attribuite da stampa e polizia
all'E.T.A. con lo scopo di fare propaganda
"contro-insurrezionale".
Più recentemente, il 19 giugno, è stato incarcerato
l'ex-dirigente del P.S.O.E., nonché governatore civile di
Gipuzkoa, Julien Elgorriega, per partecipazione nel caso
"Lasa Zabala".
Tenendo presente questi avvenimenti si giunge ad una serie di
conclusioni che vanno confermandosi.
In primo luogo, è evidente l'implicazione degli apparati dello
Stato nella "guerra sporca" contro il movimento di
liberazione nazionale basco; il terrorismo di stato è una
strategia condivisa dai responsabili del governo, dell'esercito,
della polizia e degli altri organi statali ed è coadiuvato da
partiti politici e mezzi di comunicazione.
In secondo luogo, si rende evidente la partecipazione del
P.S.O.E. nella programmazione e nello sviluppo della "guerra
sporca"; le imputazioni a carico degli esponenti di partito,
l'arresto di molti di essi e le dichiarazioni degli inquisiti,
mostrano le responsabilità politiche e criminali dei dirigenti
del P.S.O.E. incluso il presidente Felipe Gonzales.
È da ricordare l'impunità della quale hanno goduto i
responsabili di terrorismo di stato e di corruzione sui
finanziamenti della lotta anti-terrorista. Da una parte, i fondi
deviati ( denaro senza controllo destinato alla lotta
anti-E.T.A.) a vantaggio di singole persone o gruppi
paramilitari, dall'altra, l'implicazione dei responsabili della
"guerra sporca" in traffici di droga, prostituzione,
delinquenza organizzata, sono stati facili gua dagni per chi
sapeva di godere di totale impunità.
È, inoltre, necessario porre l'attenzione sull'implicazione
della polizia francese nella "guerra sporca"; essa
forniva dati a riguardo dei rifugiati politici baschi alla
polizia spagnola, per far si che, quest'ultima, attuasse gli
attentati.
É questo il caso dell'omicidio di Juan Carlos Garcia Goena,
avvenuto nel luglio dell'87, il cui nome era stato fornito dalla
Gendarmeria francese all' allora governatore civile di Gipuzcoa.
É inoltre evidente che la realtà delle esecuzioni e delle
torture extra-giudiziarie hanno come protagonisti le forze
dell'ordine; i nuovi dati sulla morte per tortura di Michel
Zabala che la polizia ed i mezzi di comunicazione propagandarono
come morte per annegamento in un fiume, dimostrano la realtà
della pratica della tortura nello Stato spagnolo, già molte
volte denunciata anche da organizzazioni internazionali.
Inoltre le prove sulla morte di Lucia Orgaiza, assassinata con un
colpo di pistola alla tempia, ricorda la morte di decine di
militanti dell'E.T.A. presentati, come in questo caso, come
risultato di scontro a fuoco e che furono in realtà esecuzioni
sommarie operate dalla polizia.
Innanzi tutto dobbiamo domandarci se le indagini saranno portate
sino in fondo arrivando ai massimi responsabili della
"guerra sporca". Riguardo a ciò i fatti ci rendono
pessimisti; l'insabbiamento delle indagini da parte delle forze
dell'ordine e la corruzione dei giudici ci fanno temere che le
inchieste non verranno approfondite. Inoltre lo stato ed i suoi
apparati non permettono in nessun modo che abbiano risposta
domande fondamentali: chi decise politicamente e militarmente le
azioni di terrorismo?, chi, nella cupola dello Stato, tuttora le
pianifica?
A questo proposito, i rappresentanti dell'attuale governo
democristiano hanno già dichiarato che "le indagini sui
G.A.L. non sono prioritarie" ed hanno impedito che si
istituisse una commissione di inchiesta parlamentare dimostrando
di voler sorvolare il tema della "guerra sporca".
I fatti ci fanno inoltre temere che tutto ciò sia un preludio ad
un'altra ondata di terrorismo di stato in funzione della
strategia repressiva di cui non si è mai smesso di fare uso.
Tutt'oggi gli apparati statali utiliz zano sequestri dei
beni dei militanti baschi, detenzioni ed interrogatori illegali,
aggressioni di "incontrollabili", ecc.
Così mentre lo stato continua ad impegnarsi nelle soluzioni
repressive prepara gli altri strumenti che tiene nelle proprie
mani.
SENIDEAK
Nel 1991, è stata creata nel Paese Basco-Euskal Herria
l'associazione dei familiari dei prigionieri, rifugiati e
deportati politici baschi, SENIDEAK. Dal 1992, tale associazione
è scritta presso il registro della Comunità Autonoma Basca e
della Comunità Autonoma Navarra.
Obiettivi di SENIDEAK sono: l'assistenza giuridica, sanitaria e
morale ai prigionieri, agli esiliati e ai loro familiari;
l'informazione e la denuncia della situazione nella quale versano
queste persone; l'attività legale volta al conseguimento del
rispetto dei Diritti Umani e delle libertà dei prigionieri,
degli esiliati e dei loro familiari; la denuncia delle violazioni
degli stessi e delle leggi fondamentali riconosciute dalla
legislazione spagnola e dai diversi trattati internazionali
ratificati o dalle norme sul trattamento dei prigionieri
elaborate come raccomandazioni da diversi organismi
internazionali.
SENIDEAK è un'associazione umanitaria, nata per far fronte alle
diverse violazioni dei Diritti Umani registrate nei confronti di
detenuti politici baschi nelle carceri francesi e spagnole. I
membri di questa associazione sono accomunati unicamente dalla
relazione familiare con i detenuti politici baschi, esistendo,
all'interno della stessa associazione, ideologie differenti tra i
diversi componenti e talvolta anche contrapposte.
Il lavoro di SENIDEAK consiste nel denunciare queste siruazioni
tramite l'azione legale e la mobilitazione sociale, allo scopo di
sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sulla
situazione della violazione dei Diritti Umani dei prigionieri ed
esiliati politici baschi.
SENIDEAK elenca alcune delle violazioni ricorrenti nelle carceri
spagnole quali: pestaggi, isolamenti prolungati, vessazioni,
lontananza dalla famiglia e dal proprio ambiente sociale ed
affettivo, censura e controllo delle comunicazioni orali e
scritte, morte di due prigionieri per mancanza di assistenza
medica, strumentalizzazione delle malattie come forma di
pressione...
Contro questa situazione i familiari dei prigionieri politici
baschi hanno attuato uno sciopero della fame a staffetta e ad
oltranza -della durata di una settimana per ciascun gruppo- dal
18 dicembre del 1995 nella cattedrale del Buon Pastore di San
Sebastian.
Anche i prigionieri, dopo numerose lotte nel corso di lunghi anni
di carcere e repressione, hanno dato vita nel gennaio del 1996 a
una protesta ad oltranza con scioperi della fame e
"txapeos" (rifiuto dei colloqui e rifiuto di
sottomissione al regime carcerario). Il 9 settembre è iniziata
una nuova fase di lotta nelle carceri: 20 prigionieri politici
baschi hanno nuovamente iniziato uno sciopero della fame a tempo
indeterminato.
La società basca -i sindacati maggioritari, diversi Comuni e
istituzioni, gli organismi di difesa dei Diritti Umani, comprese
numerose associazioni cittadine- hanno detto NO alla dispersione
dei prigionieri baschi. Ciò nonostante il Governo spagnolo e
quello francese continuano con la loro politica di dispersione,
violando la legalità statale e le norme di diritto
internazionale.
La situazione di cui sono oggetto i prigionieri politici baschi
è la seguente:
1) DISPERSIONE
Attualmente (sebbene la situazione cambi quotidianamente) ci sono
543 prigionieri politici baschi disseminati in 62 carceri dello
Stato spagnolo (464 prigionieri) e in 14 carceri dello Stato
francese (59 prigionieri).
Obiettivo della dispersione è sottoporre i prigionieri a una
condizione limite di isolamento, aggressione e mancanza di
qualunque difesa per ottenere che crollino sia umanamente che
politicamente. La strategia della dispersione è diretta anche
contro i familiari, il cui obiettivo è quello di trasformarci,
toccando i limiti della crudeltà e della disumanità, attraverso
elementi di ricatto e pressione messi in atto contro i nostri
congiunti. Per questo sosteniamo che la dispersione è
all'origine di gravi violazioni dei diritti fondamentali.
Sebbene la Costituzine spagnola e la Legge Generale Penitenziaria
(che regola gli istituti di prevenzione e pena) stabiliscono per
i prigionieri obiettivi di rieducazione sociale, accesso alla
cultura, sviluppo integrale della personalità e integrazione
nella società, tutto ciò resta lettera morta per i prigionieri
politici baschi.
Le regole penitenziarie adottate dal Consiglio d'Europa
stabiliscono il diritto a comunicare con i propri familiari e
l'obbligo di mantenere e rafforzare i vincoli con la famiglia ed
il mondo esterno (regole 43 e 65).
La violazione di Diritti Umani, insita nella dispersione, ha
portato molti organismi internazionali a raccomandare allo Stato
spagnolo il trasferimento dei prigionieri politici nelle carceri
più vicine ai luoghi di origi ne: Rapporto del Human Rights
Watch (aprile 1992), Comitato Europeo per la Prevenzione della
Tortura (rapporti sulle inchieste 1991 e 1994), Rapporto 1994 e
1995 dell'Osservatorio Internazionali delle Prigioni.
Il Parlamento europeo nella sua Risoluzione B4-0043 e 0065/96 ha
mostrato preoccupazione per l'allontanamento dei prigionieri
dalle loro famiglie e ha chiesto agli Stati della Unione Europea
che "vengano applicate rigorosamente le Norme Minime del
Consiglio d'Europa in tutte le prigioni". E il Parlamento
basco con sede Vitoria-Geistaz ha approvato il 28 dicembre del
1996 una Risoluzione chiedendo che "tutte le persone di
cittadinanza basca private della libertà scontino le loro pene
in Euskal Herria".
2) ISOLAMENTO
I prigionieri politici baschi vengono separati da ogni contesto
sociale e culturale dal quale provengono (isolamento sociale) ed
inoltre sono costretti all'isolamento carcerario (isolamento dal
gruppo).
Gli stessi sono incarcerati in prigioni lontane centinaia o
migliaia di chilometri dalle loro famiglie (sebbene la legge
prescriva di evitare lo sradicamento dei detenuti). Le visite -in
molti casi- sono proibite agli amici e sono durata breve (alcune
unicamente di dieci minuti), i colloqui sono di applicazione
arbitraria, entrambi si svolgono sotto controllo e sono
registrati. La corrispondenza privata è limitata, la stampa e le
pubblicazioni di tipo politico sono ristrette o addirittura
proibite.
I prigionieri sono isolati nelle loro celle, a questo si aggiunge
la privazione continua del sonno, la temperatura sfavorevole e le
cattive condizioni alimentari che causano angustia e sfinitezza.
Tutto questo produce difficoltà nel prigioniero, soprattutto al
suo equilibrio psicofisico.
3)DIRITTO ALLA SALUTE
I prigionieri politici baschi hanno difficoltà a ricevere
un'assistenza sanitaria adeguata da parte dei medici
penitenziari. In particolar modo, sono assai gravi i casi di
prigionieri con infermità psichica. Inoltre i prigionieri baschi
non vengono separati dai detenuti che presentano malattie
infettive e contagiose.
Nè l'amministrazione francese ne quella spagnola permettono
l'assistenza di medici esterni al carcere, sebbene questo sia un
diritto previsto dalla legge.
Attualmente 3 prigionieri baschi presentano malattie gravi ed
incurabili , secondo gli articoli di legge (art.60 del Reglamento
Peninciario) essi dovrebbero essere scarcerati. Tuttavia,
malgradola loro grave situazione, il Governo Spagnolo rifiuta di
applicare questa legge nei loro confronti.
4)TRASFERIMENTO DEI PRIGIONIERI
I prigionieri sono sottoposti a continui trasferimenti. Solo nel
1995 sono stati registrati più di 600 trasferimenti da un
carcere all'altro, o da cella a cella senza alcun tipo di
motivazione. L'obiettivo è quello di mantenere il prigioniero
costantemente sotto pressione e di romperne la stabilità e
l'equilibrio. Noi, in quanto familiari, siamo seriamente
preoccupati per i problemi psichici che tutto questo provoca ai
prigionieri.
Inoltre noi familiari non veniamo informati dei trasferimenti,
delle situazioni dei nostri cari, e questo aumenta i nostri
problemi e ci procura una grave tensione.
5)LIBERTA' CONDIZIONALE
Il codice penale spagnolo prevede che scontati 3/4 della
condanna, il restante quarto sia portato a termine in regime di
libertà vigilata, ciò nonostante 125 prigionieri politici
baschi continuano a languire in prigione sebbene dovrebbero
essere in libertà, seppure vigilata.
6)DIRITTO ALLA DIFESA
La Costituzio spagnola ed il Codice di Procedura Penale, così
come gli Accordi Internazionali, prevedono che il diritto alla
difesa è un diritto fondamentale.
La dispersione dei nostri familiari provoca la violazione di
fatto di questo diritto fondamentale. In condizione di
dispersione dei prigioieri è impossibile una strategia comune di
difesa. Tra l'altro, tutte le conversazioni tra avvocati e
prigionieri vengono registrate.
CONCLUSIONI GENERALI
Il Governo spagnolo e quello francese utilizzano la sofferenza
dei nostri familiari per raggiungere i loro obiettivi politici,
usando la violazione dei diritti fondamentali nei confronti dei
prigionieri nel contesto di una strategia politica.
Non possiamo, come familiari dei prigionieri politici baschi,
accettare questa situazione, rifiutata dalla stessa società
basca.
Il nostro obiettivo è che la legge e i Diritti Umani siano
rispettati, per questo motivo chiediamo:
- trasferimento dei prigionieri nelle carceri basche
- libertà per i prigionieri colpiti da infermità gravi e
irreversibili, come previsto dalla legge
- libertà per i 125 prigionieri che, secondo quanto prevede la
legge spagnola, dovrebbero già essere liberati per scadenza
termini
- rispetto dei Diritti Umani nelle carceri
SENIDEAK - GUREAK
LA MAL DENOMINATA"VIOLENZA DI STRADA"
Non c'è dubbio, negli ultimi anni la lotta popolare, che si
svolge nelle nostre città, ha raggiunto una nuova dimenzione. I
continui attacchi e provocazioni da parte dei vari corpi
repressivi, le condizioni a cui sono sottoposti i prigionieri
politici, la mancanza di libertà, la criminalizzazione della
gioventù, la grave situazione economica, il controllo sociale ,
hanno trovato risposta.
È ovvio che che in tutta la società, e facendo un ripasso di
storia possiamo osservarlo chiaramente, la gioventù è stata una
dei principali protagonisti delle lotte per i cambiamenti sociali
e per la libertà. I movimenti giovanili baschi, in questo senso
non fanno eccezione. E' il settore sociale più coinvolto nella
lotta, il settore che sta organizzando risposte immediate, è la
gioventù.
Ovviamente questo fenomeno preoccupa lo stato il quale, invece di
analizzare le ragioni politiche che portano un settore giovanile
a lottare con i mezzi di cui dispone, preferisce criminalizzarlo
tramite varie (e sempre errate) analisi strumentali.
Definiscono "violenza di strada" la risposta
organizzata che questo ampio settore sociale basco sta applicando
contro i continui attacchi dello Stato spagnolo e dei suoi
alleati regionalisti. Parlano di ragazzi emarginati
edisorganizzati, ma tutte le volte che uno di essi viene
arrestato centinaia di amici e familiari si mobilitano per la sua
liberazione.
Tentano di dimostrare, manipolando le informazioni sociologiche,
che questi giovani non hanno alcuna ideologia e che si tratta di
un semplice fenomeno delinquenziale, ma dietro ogno loro azione
vi è rivendicazione politica concreta e giusta.
Sappiamo che è pratica comune di qualsiasi stato il tentativo di
togliere prestigio al nemico per negare il fatto che le proprie
istanze di potere (poliziesche, giuridiche e politiche) sono
rimaste disorientate da una nuova realtà di lotta: la risposta
popolare nelle strade ad ognuno dei soprusi commessi, ad ogni
provocazione.
Vogliamo menzionare in special modo i continui attacchi che
l'organizzazione giovanile basca Jarrai sta subendo. La mancanza
di risultati giuridici, unito all'effettività di questo tipo di
lotta di strada, porta lo Stato ad operare risposte repressive
contro la gioventù organizzata. Ciò che lo preoccupa
enormemente è che la gioventù basca prenda coscienza dei
problemi che li affliggono e che lottino per il loro superamento.
Vogliamo ricordare i continui soprusi repressivi che tutti i
giovani baschi stanno subendo. Viene continuamente criminalizzato
chiunque abbia la fame di contestatario, ma anche chi si trovi a
passare nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Sono già decine i casi di giovani che, senza avere niente a che
fare con la lotta basca, sono detenuti in alcuni casi giudicati
ed in altri incarcerati, senza prove, con l'unica colpa di essere
giovani e la sola testimonianza della polizia. Ciò avviene in un
ambiente nel quale i politici ed i mezzi di comunicazione
giudicano senza avere prove e prima che si esprimani i giudici
quali viene data, in questo modo, una piattaforma perfetta per
incarcerare qualsiasi ragazzo.
I giovani baschi, oggi, non hanno presunzione di innocenza.
LA LEGA NORD ED IL PROPRIO PROGETTO DI "PADANIA"
Quando esigiamo il diritto, che appartiene a tutto il Popolo, di
poter decidere senza ingerenze per il proprio presente e futuro,
per la costruzione del proprio destino e delle proprie relazioni
interne ed esterne, ci riferiamo a processi in cui la
partecipazione della società ed il rispetto delle decisioni
popolari sono condizioni imprescindibili ed insostituibili.
L'essenza di un popolo deriva soprattutto dalle caratteristiche
mille volte menzionate: l'identità di se stessi, la volontà di
essere un "popolo", la coscienza e la dinamica della
propria costruzione nazionale. Il valore di un progetto storico
di costruzione nazionale esiste quando, in questo obbiettivo, la
maggioranza della società possa vedervi riflessi i propri
interessi come singole persone e come popolo.
Non è certo utile l'ambiguità nè l'astrazione; non serve a
niente dire "tutti i popoli hanno il diritto inalienabile
all'indipendenza" e nel nome di frasi come queste
presentare, come fatto consumato, un progetto per il quale non si
è saputo ( o voluto) creare un' indentificazione sociale che lo
legittimasse, soprattutto se chi presenta tale progetto non ha
intenzione di sviluppare una struttura sociale diversa da quella
che attualmente esiste.
Quel che è certo è che le contraddizioni esistenti si stanno
acuendo e stanno divenendo "aggressive"; fra esse vi è
anche quella secessionista che cavalca aspirazioni nazionali e
popolari. Tali desideri sociali vengono strumentalizzati da un
separatismo statalista i cui progetti corrispondono
sospettosamente con quelli dei governi centrali.
La mappa dell'Europa è ancora molto lontana dall'essere una
realtà stabile ed armonica, l' esistenza e l'evoluzione delle
coscienze dei popoli, che mancano di mezzi propri, mettono in
contraddizione l'attuale modello di costruzione europea, e ne
consegue un accrescersi delle tensioni interne.
Questo è un problema reale. L'Unione Europea è un modello
concepito da Stati che si auto-considerano, eccetto quando la
realtà immediata non lo smentisca, inamovibili ed immutabili.
Tutto ciò è in stretto accordo con gli interessi
capitalistici. In tal senzo il progetto dell'Europa della
regioni, proposto dalla Lega, è parallelo a quello dell' unione
degli Stati, poichè entrambe si contrappongono all'Europa dei
popoli.
In un'ambiguità calcolata si muove la Lega Nord, appoggiando
l'attuale modello di Unione Europea apportandovi delle
innovazioni di facciata. L'Europa della regioni, da essa
proposta, non è incompatibile, nè migliore di quella degli
Stati.
Essendo tale progetto puramente al servizio del capitalismo, lo
sono anche le proprie premesse e le proprie conseguenze:
l'autoritarismo degli stati polizieschi che minano le libertà
democratiche, la crescente xenofobia ed il
"protezionismo" verso i paesi poveri, l'appatenenza dei
propri membri alla NATO ed all'ONU, la svendita delle conquiste
sociali in nome della modernità e della convergenza economica ne
sono la prova.
La politica neoliberista che la Lega Nord propone, come quella
attualmente in voga nel così detto "mondo
occidentale", non ci permette di sperare che la
"Padania" abbandoni l'apparato politico militare e
ricacci la politica di sicurezza europea (manovra che ha la
finalita di annichilire le figure politiche dello scontro contro
il sistema attuale etichettandole come terroriste), rinunci all'
attuale politica estera che trasformerà la "Padania"
nella nuova frontiera sud-europea (che servirà a proteggere gli
stati più ricchi dalle eventuali rivendicazioni delle zone
povere che abbondano nella parte d'Italia dalla quale i leghisti
intendono separarsi), propugni la difesa dello stato di diritto e
del benessere comune.
L'indipendenza della Padania ed il proprio desiderio di inserirsi
nell'attuale Unione Europea obbedisce alle stesse ragioni sulle
quali l'UE nasce: ragioni economiche di appropriazione della
ricchezza, non con finalità giuste, bensì per accordo con le
premesse economico-sociali del Neoliberismo. La traduzione
pratica di tutto ciò è garantire e permettere un maggiore
margine di benficio ad una classe dominante poderosa e ricca
(quella nord-italiana) che vede minacciate le proprie
possibilità di accordo dalla sperequazione esistente nello stato
italiano e dalle distanze abissali presenti fra le regioni del
nord ricco e quelle del sud povero.
È in questa prospettiva che si deve intendere questo progetto
economico-secessionista. I poderosi capitali industriali e
finanziari forzano dinamiche e pressioni per favorire i propri
interessi, vista l'incapacità che il centralismo ha dimostrato
nella gestione di tale linea.
La separazione non è, per il grande capitale nord italiano, un
obbietti vo, ma uno strumento di pressione.
L'evoluzione del consenso sarà un mezzo per soddisfare le
proprie aspirazioni; la grande borghesia sarà a posteriori
l'unico beneficiario di questa situazione. Per questo è giusto
far prudenza nel momento in cui si allude all'attuale appoggio
socio-elettorale, derivato da svariate ragioni sociologiche,
poichè esso non significa un'approvazione dei progetti leghisti,
ma dà soltanto un buon esempio di cio che demagogia e populismo
riescono a fare.
Un progetto dal punto di vista dello svolgimento delle condizioni
popolari, per raggiungere un modello nazionale globalmente
definito non esiste nella proposta della Lega Nord. Mancano le
necessarie basi che definiscono una comunanza di identità e la
coerenza sociale sufficientemente omogenea per quello che
riguarda gli obbiettivi essenziali dell'auto affermazione
nazionale, sociale, culturale, territoriale, linguistica, ecc.
ecc.
La stessa modificazione dello spazio territoriale che la Lega
Nord ha operato dimostrano l'assenza di caratterizzazioni
naturali. Le risorse culturali e linguistiche esistenti (presenza
del francese, tedesco,dialetti gallici e naturalmente
dell'italiano), la presenza di rivendicazioni diverse in Friulii
e Valle d'Aosta, evidenziano ancora una volta la debolezza dei
progetti sopra descritti.
È accertato il concetto di "nazionalismo economico"
applicato nel caso padano, viste le caratteristiche che lo
conformano, ma in nessun caso chi lo pratica è autorizzato ad
intenderlo come un progetto di liberazione nazionale e, tanto
meno, tale progetto si profila differente dai nazionalismi
applicati dagli stati dell'attuale Europa. Esso è un modello di
organizzazione ed articolazione interna del corpo economico, di
relazioni sociali di dominio, di aspirazioni espanzionistiche (la
Lega Nord stà già facendo passi in questo senso), di
configurazioni coercitive per disputarsi aree a spese di altri
popoli e soprattutto di quelli più poveri e indifesi, il tutto
basato sul neo liberalismo come pilastro ideologico politico ed
economico. È il blocco capitalista che anima le aspirazioni
della Lega Nord nella creazione della Repubblica della Padania e
non la volontà di un autogoverno né il desiderio di autogestire
i propri destini.
Noi definiamo il progetto leghista come tutto il contrario del
modello di liberazione nazionale e sociale rivendicato dalla
sinistra patriottica. È per questo che non è possibile
ritrovare requisiti di accesso ad un fututo, che ci parli di
libertà e progresso, nella regione che s'intende seccessionare.
La nostra solidarietà va, come sempre, agli uomini e alle donne
della Padania, ai lavoratori e emarginati, giovani e oppressi ma
non a progetti come quelli della Lega Nord.
L'Herri Batasuna fu invitata al Convegno del 15 settembre, e la
nostra decisione fu di non andarci.
HERRI BATASUNA - NOVEMBRE 96
LETTERA DI HERRI BATASUNA SULLE INIZIATIVE ANTI-MAASTRICHT
DI GIUGNO 1996
Innanzi tutto vogliamo ringraziare il Centro Popolare Autogestito
Fi-Sud per averci invitato a partecipare alle attività
organizzate per opporsi al grande show della calunnia
intergovernamentale: il meeting di giugno dell'Unione Europea.
Rigiuardo a ciò vogliamo utilizzare queste righe per lanciare
due messaggi molto chiari.
1) evitando di lasciarci ingannare dal sistema, dai suoi mezzi di
comunicazione e dai suoi intellettuali dobbiamo smascherare i
veri obbiettivi della "costruzione europea".
La pratica quotidiana ci dimostra che questa è l'Europa della
divisione in ricchi e poveri fatta su misura dalle
multinazionali, dai grandi gruppi finanziari, industriali. È
l'Europa della grande scala e della disegualianza, dei 50 milioni
di poveri e dei 20 milioni di disoccupati (in special modo donne
e giovani).
È l'Europa della privatizzazione e del lavoro precario in cui le
decisioni si allontanano sempre più dal volere del popolo, in
cui si chiudono le frontiere e si promuove razzismo e xenofobia,
in cui si prosegue a sfruttare il terzo mondo e ad appoggiare
regimi fascisti come quelli marocchino e turco.
Non dimentichiamoci che nell'Unione Europea si continua ad
incarcerare chi diserta il servizio militare e ad utillizzare la
tortura come pratica quotidiana nelle carceri e nei
commissariati, come dimostrano le indagini di Amnesty
International.
È in questo quadro che si continua a negare ai popoli il diritto
di autodeterminazione.
2) Il nostro compito è ricercare il cambiamento attraverso la
lotta, il lavoro ed il compromesso quotidiano, poichè le
capacità ed i mezzi del sistema dimostrano che è da illusi
tentare di modificare questa realtà "dal suo interno",
i gruppi che che propongono questa via o stanno cercando una
scosa per integrarsi nel sistema o non si sono resi conto
dei rischi di "assimilazione" alle stesso.
Per questo non valgono a niente le riforme ed i cambiamenti
intermedi al trattato di Maastricht, dobbiamo costruire un punto
di riferimento fuori dal trattato che ricerchi una società
alternativa, progressista e solidale. Per questo dobbiamo
lottare, a livello ideologico ed organizzativo, sviluppando
solide alternative e medio e lungo termine organizzando punti di
incontro come quello che abbiamo celebrato a Firenze.
Avanzare verso un futuro più degno per l'umanità è, da Herri
Batasuna, la nostra scommessa ed il nostro compromesso di
lotta.
NOTE
1Ernesto Galindo, capo dell'antiterrorismo ad Irun, ed altri
membri illustri della Guardia Civil sono stati riconosciuti
responsabili del traffico di droga nelle proprie giurisdizioni.
Le indagini non hanno portato a nessun tipo di condanna.
2La tortura ha assunto un ruolo di sistematicità che porta anche alla morte: nel giro di un mese tre cittadini baschi sono morti in tre commissariati di diversi corpi polizieschi a causa dei trattamenti ricevuti.
3Viene definita guerra sporca la creazione da parte del governo spagnolo, ed in particolare da alti membri del P.S.O.E., di gruppi terroristici paramilitari denominati G.A.L. Questi gruppi, ufficialmente illegali, ma di fatto finanziati dallo Stato, hanno mietuto decine di vittime nel movimento basco
4Lo statuto di autonomia è un accordo di facciata firmato fra i partiti della destra basca (P.N.V. ecc)e lo stato spagnolo che in realtà non concede nessun potere autonomo ai Paesi Baschi.
5Alternativa K.A.S. era il piano che definiva le direttrici su cui tutte le forze, legali ed illegali, del movimento di liberazione nazionale si muovevano.
6C.I.U., P.N.V. e Coalizione Canaria sono, rispettivavamente, i partiti di centro destra catalano, basco e canarico.
7Aznar è il presidente del partito popolare. T
8Ertzaintza è la polizia autonoma basca
9E.L.A. e L.A.B sono i due sindacati operai maggioritari della sinistra nei Paesi Baschi.
10Itoiz= progetto di costruzione di una discarica la cui
costruzione è stata soggetta ad un azione di sabotaggio da parte
di ecologisti baschi che ha bloccato i lavori per un anno.
Realizzato dalla Commissione Internazionale
del Centro popolare Autogestito Fi-Sud
Viale Giannotti 79
50126 Firenze
Per contatti:
Tel e Fax 055/6580151