MAASTRICHT:NON E' QUESTA LA NOSTRA EUROPA
Dossier a cura del Centro Popolare Autogestito Fi-Sud
in occasione del Vertice Europeo tenutosi a Firenze il 24 e 25
Giugno 1996
"Nuovo ordine mondiale"
Per 40 anni il panorama internazionale è stato dominato dal
bipolarismo USA-URSS uscite vincitrici dalla II° guerra
mondiale. Gli Stati Uniti, da un lato, e l'URSS dall'altro
avevano creato due diverse aree di influenza con due mercati
separati, arrivati, con alterne fortune, fino alla fine degli
anni '80.
Il crollo del muro di Berlino e via via di tutti i paesi
appartenenti all'area dell'ex Patto di Varsavia ha generato un
notevole cambiamento nell'assetto politico-economico mondiale.
Due paesi, Germania e Giappone, usciti sconfitti dalla II°
guerra mondiale, vassalli per anni degli Stati Uniti, si sono
affacciati prepotentemente sulla scena internazionale addirittura
insidiando il predominio yankee.
Questa nuova fase di espansione del capitalismo si sta
realizzando in un unico mercato (mondializzazione dei mercati) ma
tendenzialmente sempre più diviso tra blocchi economico
commerciali aggregatisi intorno ai tre paesi più forti : USA
-Germania-Giappone. Comprendere questo rapporto é molto
importante per riuscire a capire le contraddizioni che il
capitalismo sviluppa poiché se é vero che il sistema di
produzione capitalistico é, in questa fase, il modello vincente
e dominante a livello mondiale, é altresì vero che sta
aumentando la competizione tra ciascuna di queste aree, fermo
restando che la conformazione dei poli imperialisti é di classe
e non geopolitica.
Le mutazioni avvenute a livello mondiale hanno ridimensionato
anche la funzione degli stati nazionali subordinandola al potere
transnazionale (organismi sovranazionali).
Cerchiamo di capire meglio la mutata situazione internazionale
prendendo in esame le bufere valutarie che si sono succedute
negli anni '90 le quali hanno dimostrato l'instabilità del
sistema finanziario ed anche la riduzione del peso del dollaro
nelle transazioni finanziarie (nel 1980 avvenivano per il 94% in
dollari, nel 1992 sono scese all' 81%) a scapito di un sistema
trivalutario basato su dollaro,yen e marco.
Come è stato scritto anche dal Centro Studi della Confindustria:
"l'unificazione della Germania, le privatizzazioni
nell'Europa dell'Est, lo sviluppo dell'area asiatica hanno
spinto i grandi investitori ad impiegare i propri capitali in
mercati diversi a quello statunitense". La mancanza di
questi capitali deviati in altri mercati più convenienti e
redditizi ha generato una grave crisi nelle attività finanziarie
statunitensi che si presentano ridimensionate a livello
internazionale ed addirittura esposte sul mercato nazionale a
causa dell'afflusso di capitali provenienti sopratutto dal
Giappone.
Il crollo della vecchia stabilità finanziaria e la conseguente
ristrutturazione monetaria hanno posto in questi ultimi anni in
imbarazzo anche le banche centrali dei singoli stati nonchè il
Fondo Monetario Internazionale che per anni ha rappresentato
l'ago della bilancia negli scambi commerciali internazionali.
Ma torniamo al punto iniziale e cioè l'esistenza di tre blocchi
economici separati con a capo tre diversi paesi
(USA-Germania-Giappone). Dopo la nascita dell'Unione Europea, del
NAFTA e dell'APEC stanno acutizzandosi e rafforzandosi tensioni
commerciali e politiche tra questi diversi organismi.
La Conferenza economica di Casablanca (Novembre '94) organizzata
da Israele e dagli Stati Uniti escludendo l' Unione Europea ha
dimostrato quali siano gli interessi contrapposti che si stanno
sviluppando in Medio Oriente. Inoltre gli USA ancora oggi
rappresentano i primi investitori in Europa dell' Est ed hanno
usato apertamente la guerra nella ex Yugoslavia per bloccare o
quanto meno rallentare la penetrazione e l'egemonia dell'Europa
verso Est.
L'Unione Europea sta preparando la Conferenza Euromediterranea
per recuperare terreno in Medio Oriente ed inoltre sta tentando
di entrare nel mercato latino-americano tramite accordi di libero
scambio. In questo contesto va letto l'ammonimento dell' UE verso
gli USA per far cessare il blocco economico imposto a Cuba.
In questo scontro tripolare nascono e muoiono alleanze tattiche
che vedono sempre due dei protagonisti allearsi contro il terzo.
Ne è esempio l'accordo UE-Giappone sul commercio degli
autoveicoli stipulato proprio nello stesso momento in cui
esisteva una feroce battaglia fra Giappone e Stati Uniti sullo
stesso argomento. Lo scontro Giappone-USA è dovuto soprattutto
alla ricerca del predominio sul mercato asiatico. La nascita
dell' APEC rappresenta il tentativo di inserirsi nella
competizione da parte del Giappone, che lo ha forte mente
voluto, poiché è impensabile affrontare gli altri due blocchi
economici senza poter contare su un forte mercato interno di
supporto. Da questo punto di vista l'Europa appare avvantaggiata
poiché dispone di un grande mercato interno abbastanza omogeneo,
a differenza del NAFTA composto oltre che dagli USA e dal Canada,
anche dal Messico, alle prese da anni con una cronica crisi
economica; o dell' APEC dove la differenza di ricchezza e di
sviluppo tra i Paesi che lo compongono è altissima ( il reddito
pro capite del Giappone è 20 volte superiore a quello del
Bangladesh).
Nella strategia imperialista del nuovo ordine mondiale il
problema del lavoro è una questione estremamente importante. Nei
Paesi ricchi ed industrializzati gli addetti diretti alla
produzione diminuiscono mentre nei Paesi in via di sviluppo
aumentano.
Il lavoro nei Paesi industrializzati tenderà ad avere sempre
più queste caratteristiche:
1) Non ci sarà più nessun tipo di garanzia della continuità
del lavoro.
2) I trattamenti economici e normativi saranno fortemente
meritocratici.
3) Verrà abolita qualsiasi forma di previdenza sociale e verrà
sostituita da assicurazioni private.
4) Diventerà normale per il lavoratore specializzato cambiare
più volte nell'arco della sua vita lavorativa il posto di lavoro
mantenendo più o meno le stesse mansioni, mentre il lavoratore
non specializzato sarà costretto, oltre al luogo di lavoro, a
cambiare spesso anche il tipo di lavoro.
5) Nascerà una nuova forma di lavoro a domicilio con
l'affermarsi del telelavoro.
Tutto questo sarà uguale in tutti e tre i blocchi imperialisti,
nel senso che un lavoratore tedesco o francese si troverà nella
stessa situazione di un lavoratore giapponese o statunitense.
Le multinazionali stanno espandendo il loro modo di produzione in
tutto il mondo, portando le catene di montaggio dovunque, e
distruggendo, per fare questo, habitat, tradizioni, costumi ecc.
Nei Paesi ricchi costruiscono invece forme di lavoro sempre più
avanzate con colossali investimenti nella ricerca di nuove
tecnolo gie, di nuovi macchinari sempre più evoluti e
veloci.
L'industria pesante e quella chimica di base sono state
trasferite nei Paesi poveri dove è possibile per il capitalista
risparmiare, oltre che sul costo del lavoro, anche sulla
instasllazione degli apparecchi necessari per la depurazione e la
salvaguardia dell'uomo e dell'ambiente.
Se è vero che stiamo procedendo verso un ordine mondiale che
vedrà tre potenze imperialiste dominare l'intero pianeta, è da
notare che i mercati interni di questi tre blocchi, pur essendo
abbastanza grandi da supportare l'azione imperialista dei blocchi
stessi, non sono potenzialmente i più vasti. Indubbiamente
questi mercati sono mercati ricchi, in grado di assorbire i
prodotti più costosi e frutto della ricerca più avanzata e
pertanto in grado anche di finanziare la ricerca ed il progresso
richiesti dalla concorrenza, ma, potenzialmente, sono più
piccoli dei mercati esterni alle cittadelle dell'imperialismo.
Questi tre blocchi sono imperialisti proprio perchè impongono,
ognuno nelle aree controllate, i propri prodotti sul mercato.
I prodotti per i mercati poveri sono nettamente diversi da quelli
per i mercati ricchi. Il livello della produzione ad essi
destinata nasce da precise inchieste sulle potenzialità del
mercato. Viene in mente Pinocchio. Quanto costa? E la Volpe:
Quanto hai in tasca?
Nessun blocco può rinunciare alla sua quota di mercato esterno.
Circa un settimo degli abitanti della Terra vive nelle cittadelle
dell'imperialismo. I rimanenti sei settimi sono mercati da
conquistare e sono mercati estremamente appetibili.
Il fatto che siano mercati arretrati li rende ancora più
appetibili, dato che permettono di riciclare ciò che non è più
vendibile nei mercati ricchi e dato che, essendo solo all'inizio
dell'iter della società mercantile, saranno sfruttabili per
lungo tempo.
L'imperialismo si basa sullo scambio iniquo derivante dallo
sviluppo diseguale.
Tutto il flusso di merci che corre dai paesi industrializzati a
quelli non sviluppati, viene strapagato, dato che il paese
oppresso è obbligato a comprare da quello oppressore. Per contro
esporta materie prime o produzione a bassa tecnologia, che viene
sottopagata dato che il prezzo viene comunque fissato dal paese
oppressore.
Se dessimo ai due flussi di merci dei valori usando lo stesso
metro, molte più merci migrano dai paesi non sviluppati a quelli
sviluppati, rispetto a quelle che seguono il cammino inverso.
Se, in modo marxista il capitale è solo la rappresentazione
della merce generica, possiamo affermare che il capitale si muove
dai paesi non sviluppati a quelli sviluppati.
Questa è in fondo l'essenza dell'imperialismo.
La vecchia tendenza era esportare prodotti finiti verso i paesi
meno sviluppati, ottenendo in cambio materie prime e
semilavorati.
Sempre più i Paesi ricchi e sviluppati esportano verso quelli
poveri, non più prodotti, ma tecnologie di produzione. La
contropartita sono materie prime, semilavorati, ed in alcuni
casi, prodotti finiti.
Mentre le materie prime, i semilavorati ed i prodotti finiti non
sono più fruibili da chi li vende, le tecnologie sono
riproducibili all'infinito, come la duplicazione di un disco. I
Paesi ricchi cedono, di fatto, solo licenze d'uso. Chi vende
materie prime, merci o prodotti, è costretto a privarsene,
impoverendosi sempre più. Chi vende tecnologia (spesso già
dismessa) continua ad averla totalmente a disposizione, e si
arricchisce con ciò che ottiene in cambio.
Lavoro e politiche antisociali
Entro il '99, per entrare tra quei paesi che si doteranno di una
moneta unica, dovranno essere rispettati alcuni parametri che
riguardano inflazione, rapporto PIL/debito pubblico, consistenza
del disavanzo di bilancio, tassi di interesse, ma parallelamente,
adeguarsi alle politiche sul lavoro, flessibilità, mobilità,
massimo sfruttamento degli impianti, contenimento dei salari,
dettate dalla globalizzazione dei mercati di cui l'UE è una
conseguenza.
Ognuno di noi continuerà a subire le conseguenze relative alle
politiche antisociali, dirette all'adeguamento dei parametri
dettati, riassunte nell'ormai vetero concetto dell'abbattimento
dello stato sociale, nella diminuzione di tutti quei diritti che
le lotte di milioni di lavoratori/trici e non, avevano
conquistato in tutta europa: diritto alla sanità,
all'istruzione, ad una pensione dignitosa e tutto ciò che andava
in sostegno alle classi economicamente più deboli, e a
tutti coloro che subiscono le contraddizioni intrinseche
nella società del profitto.
Il percorso inverso, da un punto di vista di arretramento delle
conquiste, che i governi Amato e Ciampi (accordi di luglio,
finananziarie), Berlusconi e Dini (pensioni, sanità) ci hanno
imposto è lo stesso che vediamo imporre ai danni dei proletari
di tutta europa: privatizzazione dei servizi essenziali come la
sanità, la previdenza, eliminazione o forte riduzione del
diritto allo studio, eliminazione della possibilità di
adeguamento effettivo dei salari al costo della vita.
Sono solo alcuni dei provvedimenti che i governi europei hanno
preso per adeguarsi ai parametri dettati da Maastricht. Ad oggi
possiamo dire che non è finita, l'esempio è il tentativo di
ridurre le retribuzioni dei giorni di malattia ai lavoratori
tedeschi e gli altri tagli alle spese sociali come i sussidi di
disoccupazione e povertà, le discriminazioni delle donne nel
mondo del lavoro1.
Queste politiche certo non sono nuove all'interno dello sviluppo
del nuovo mercato mondiale. Possiamo ritrovare molte analogie,
con le dovute differenze nell'imporre i sacrifici, nelle
politiche reaganiane di deregulation, (ad esempio la
privatizzazione della sanità da la possibilità di accedere alle
cure, spesso estremamente costose, ai soli titolari di
assicurazioni o ai possessori di alti redditi, ecludendo così da
queste possibilità ampi strati sociali), o nelle politiche della
Tatcher in Inghilterra a cui migliaia di proletari si sono
opposti2.
Il problema per i fautori della UE non è quindi l'esclusione di
ampi strati sociali dai diritti più elementari (finalmente
rivelando la vera faccia che per molti anni si era nascosta
dietro le famose direttive CEE o i "bei propositi" del
parlamento europeo), ma favorire il più possibile, con lo
spauracchio del debito pubblico, la spartizione dei profitti
derivanti dalle privatizzazioni dei servizi basilari, dalla
acquisizione di nuovi mercati, dalla accentuazione dello
sfruttamento della forza lavoro. Le privatizzazioni serviranno
poi a non rischiare di dover incidere sui bilanci, che siano
europei o nazionali, per le spese sociali.
Queste sono le conseguenze, come abbiamo visto di una
ristrutturazione che il sistema economico capitalista, sta
operando per cercare di riprendere un nuovo periodo di
accumulazione.
E' necessario quindi individuare cosa sta succedendo nel
mondo produttivo e in maniera più generale nella
ristrutturazione del mondo del lavoro. Flessibilità, mobilità,
contenimento dei salari, massimo sfruttamento degli impianti e di
conseguenza aumento di ritmi e dei tempi di lavoro, sono le
soluzioni che a più riprese ci vengono prospettate per risolvere
il problema della disoccupazione o in altri casi come forma di
ricatto per il mantenimento del posto di lavoro. Sono soluzioni
unicamente funzionali a coloro che hanno come interesse
prioritario, dotarsi di strumenti che gli consentano di
inserirsi, in maniera concorrenziale, all'interno del
"mercato globale".
Le conseguenze di tutto ciò per lavoratori/trici sono
sicuramente diverse. In questi ultimi quattro anni abbiamo visto
pesanti espulsioni dal ciclo produttivo di forza lavoro (come se
negli anni precedenti già non ci fossero state) e un
peggioramento notevole delle condizioni di lavoro per chi resta,
con l'intensificazione dei tempi e ritmi di lavoro, con
conseguente diminuzione della sicurezza, in nome del massimo
sfruttamento dei mezzi di produzione. Massimo sfruttamento solo
quando il mercato lo richiede; qui entra in ballo la
flessibilità. La mobilità come dilatazione all'infinito
nell'uso della forza lavoro, come possibilità di attingere
manodopera nel ciclo produttivo, quando questo funziona a pieno
regime, espulsione quando questo si contrae. Se uniamo a questo
il tentativo, di desindacalizzare i lavoratori (inteso come
prevenzione del conflitto di cui i sindacati
"tradizionali" sono una componente) vediamo comporsi i
diversi aspetti di quella "nuova organizzazione
produttiva" definita "fabbrica integrata"3.
Questo è solo uno degli aspetti organizzativi, con cui guardando
al modello toyotista3, il capitalismo italiano, si pone come
soggetto interno al blocco europeo, nel "nuovo" sistema
concorrenziale mondiale.
Parallelamente si verifica un trasferimento delle produzioni di
merci, (perchè non consentono un'inserimento di nuove tecnologie
per lo sviluppo della produttività e sfruttare le tecnologie
esistenti, per scelte di mercato in cui distribuire il prodotto
stesso) verso zone dove i costi relativi alla manodopera sono
notevolmente minori. Fenomeno che genera da una parte perdita di
posti di lavoro e un maggior sfruttamento della forza lavoro nei
paesi di origine ricorrendo al ricatto dello spostamento della
produzione, dall'altra lo sfruttamento dei lavoratori delle zone
designate che dovranno subire le condizioni a cui gli
"investitori stranieri" sono disposti ad investire.
Sono di questi giorni le decisioni del gruppo FIAT di trasferire
alcune linee di produzione in Polonia e di creare una nuova linea
in America Latina per creare un nuovo modello a basso costo da
lanciare sul mercato extraeuropeo, come quello della Superga di
trasferire il rimanente della sua produzione in Vietnam
espellendo i lavoratori attualmente occupati. Lo stesso stanno
facendo grandi industriali, e non solo, di tutta Europa, ma anche
di USA e Giappone.
Un risultato di tutti questi passaggi è lo stesso tasso di
disoccupazione che in europa si attesta attorno al 12% e la piena
occupazione (concetto abbastanza astratto per i capitalisti) i
più obiettivi la considerano oramai un obiettivo non possibile
da raggiungere nel "capitalismo avanzato". Le soluzioni
che si prospettano, all'interno di questo panorama, sono gabbie
salariali, salari di ingresso, lavori socialmente utili.
La necessità di ognuno di noi procacciarsi reddito sicuramente
ci imporrà di subire tutto ciò, a seconda della misura in cui
saremo in grado di darci prospettive diverse, ma sappiamo fin da
ora che quelle sono scelte funzionali unicamente alle leggi del
profitto.
In questo momento sicuramente creare una forte opposizione di
classe contro Maastricht e le altre logiche che governano l'UE
sarebbe già un buon punto di partenza. Opporsi a questa unione
europea vuol dire opporsi al compimento di una ristrutturazione
del sistema capitalista sulle spalle di milioni di
lavoratori/trici e proletari/e. Creare su questa lotta, una rete
di contatti nazionali e internazionali in modo da confrontarsi
sulle forme che consentano di bloccare i processi di
internazionalizzazione della produzione può essere un obiettivo
qualificante.
Abbiamo visto i lavoratori francesi, italiani, tedeschi, spagnoli
opporsi in tempi diversi agli stessi disegni del capitale come
studenti e proletari di tutta europa. Questo può essere il punto
di partenza perchè il problema di unirsi non sia soltanto dei
signori del profitto.
Sicurezza interna ed esterna
Introduzione
Il processo di unificazione europea, segna indiscutibilmente un
passaggio fondamentale per la borghesia europea: nella
ridefinizione delle forme, strategie, di dominio e controllo
dell'intero processo produttivo. E' chiaro che tutto ciò è teso
a ricollocare, il polo imperialista europeo all'interno del
processo più ampio, di integrazione globale dei mercati
commerciali, finanziari, produttivi.
Se questa direttrice di politiche economiche, che determina
la sovrastruttura della organizzazione politica del grande
e medio capitale europeo, nel ricollocamento strategico del
dominio sulla classe, è altresì vero che questo processo impone
la necessità di una rifunzionalizzazione della forma
stato-nazione; in altri termini diviene fondante, il consolidarsi
di una forma pensiero dell'organizzazione dello stato e dei suoi
compiti in chiave sovrannazionale. Un organismo che interagisca
con i singoli stati nazionali e che coordini le politiche di
unione economica, monetaria, di sicurezza interna e
internazionale.
Prevenzione, repressione e sicurezza interna
La formazione dell'Ue determina l'accelerazione dei ritmi e dei
tempi di trasformazione e riadeguamento delle politiche in
materia di sicurezza interna da parte dei singoli stati, con la
conseguente omologazione in un sistema repressivo, giuridico e
poliziesco in grado di elaborare strategie di repressione e
controllo sull'intero territorio dell'Ue. Gli accordi di Trevi e
di Schengen, rendono chiaro lo svilupparsi di quella che è la
strategia di fondo di questo progetto. Progetto che vede il
progressivo allinearsi sia delle varie carte istituzionali
(riforme costituzionali), che delle procedure giudiziarie
(riforma dei codici di procedura penale dei singoli stati, alle
molteplici sentenza della Corte di Giustizia Europea). Queste
sono le idee forma attraverso cui la borghesia europea si
appresta a porre la propria egemonia sulla classe. A contenere
quindi, il conflitto, la divisione del lavoro, lo sfruttamento
intensivo delle forze produttive, l'esclusione sociale e
economica (disoccupazione crescente e strutturale, smantellamento
progressivo delle politiche di protezione sociale), determinano,
con lo scopo quindi di interagire sul mercato globale e sul
processo di valorizzazione ed accumulazione di capitale un quadro
complessivo rafforzato e competitivo, rispetto all'imperialismo
americano e sud-est asiatico.
Ci pare necessario approfondire quelli che sono gli accordi di
Trevi prima e di Schengen poi. Definire gli effetti che si
andranno a determinare in una forma giuridica dello spazio-stato
europeo e della conseguente interazione di esso con i singoli
stati nazionali.
Gli accordi di Trevi
Questo organismo, nacque alla fine del '77 come riunione dei
ministri degli interni dei paesi della CEE. Ad essi vennero
aggiunti in funzione di osservatori i ministri di Austria,
Svizzera, Svezia, Marocco e Canada e in qualità di collaboratori
gli USA. La funzione primaria del "Gruppo Trevi" è
stata quella di coordinare a livello europeo, le politiche di
repressione e antiguerriglia in atto nei singoli statio europei.
nel corso degli anni accanto alla funzione primaria se ne sono
aggiunte altri (studio delle forme del conflitto tra borghesia e
proletariato raccolta dati ecc....) fino ad arrivare
all'elaborazione della teoria fondante lo spazio giuridico
europeo. Alla priorità, davanti all'insorgenza dei conflitti
all'interno dei singoli stati, di gettare le basi in materia di
accordi sulle politiche repressive e di controllo.
Tradotto in soldoni, accanto alla funzione di antiguerriglia
preventiva (ne sanno qualcosa i militanti baschi estradati dalla
Francia o massacrati dai Gal in territorio francese su
informazione dei servizi di sicurezza francesi stessi, i
militanti irlandesi estradati dalla Francia o da altri paesi
dell'Ue: l'elenco è lungo, in quanto raccoglie tutti coloro che
si pongono in senso antagonista e rivoluzionario, la questione
della trasformazione "dello stato delle cose
presenti"), se ne sono delineati via via altri, che nel
corso del mutare del quadro internazionale e dell'insorgere di
"nuove emergenze" imponevano la necessità di
definizione e ratificazione in trattati validi per tutta l'Ue.
E' quindi da una necessità strategica, per il capitale e la
borghesia, di alargare e consolidare l'idea forza di uno
"spazio giuridico europeo", che si è passati agli
accordi di Schengen sulla criminalità organizzata, sulla
regolamentazione e disciplinazzazione dei flussi migratori verso
la "Fortezza Europa", sulla riforma dei codici penali e
sulla politica dei circuiti carcerari.
Questi accordi pongono in atto un sistema di banca dati integrata
e l'identificazione informatizzata della popolazione, con la
funzione di controllo in tempo reale su tutto il territorio
europeo.
Per quanto riguarda gli accordi sulla regolamentazione dei flussi
migratori, ci pare necessario fare alcune considerazioni che
riguardano questo aspetto. La prima considerazione è di ordine
economico, ossia per il capitale è necessario fare affluire
quantità di ma nodopera non specializzata e a basso costo,
in funzione strettamente necessaria al proprio fabbisogno e al
tempo stesso determinare le forme del controllo politico sui
lavoratori immigrati, con lo scopo di depotenziare i possibili
conflitti che questi possono determinare. Lo stesso controllo è
necessario su un altro aspetto dell'immigrazione ossia quella
costituita dai rifugiati politici. Un esempio di ciò è
costituita dalla Germania, dove ci sono numerosi immigrati Kurdi
e Turchi. I Kurdi costituiscono una comunità forte e
caratterizzata politicamente (600.000 immigrati dei cui 250 in
carcere per reati politici o legati alle lotte sociali. Questo
dato fa capire, come molti proletari, che emigrano in Germania
dalla Turchia e dal Kurdistan, siano molto politicizzati (in
quanto costretti all'esilio dal proprio paese a causa della loro
militanza rivoluzionaria in partiti e organizzazioni di massa
messe fuorilegge) e che una volta sul territorio tedesco, la
coscienza di classe maturata durante la lotta politica nel
proprio paese, li porta ad inserirsi inevitabilmente all'interno
delle lotte sociali e politiche di questo paese.
Conclusioni
Pensiamo che a fronte delle linee di discussione, tracciate
finora, si vadano a determinare per la borghesia e il capitale
europeo alcune priorità essenziali che stanno alla base del
processo di unificazione e che ne costituiscono l'infrastruttura
fondante.
A) Da una parte la forma stato in cui il capitale interagisce e
consolida il dominio sul proletariato, sui rapporti di
produzione, di scambio e di accumulazione determinati
dall'attuale fase di sviluppo del modo di produzione
capitalistico.
B) La necessità per l'Ue e i singoli stati-nazione di
organizzare le forme guiridiche, politiche e repressive che
sanciscono il controllo e comando dei rapporti sociali e dei
conflitti che lo scenario delineato da Maastricht traccia nel suo
divenire.
E' in questo contesto che vanno letti gli accordi di Trevi e
Schengen e in generale la politica di omologazione dell'apparato
giuridico repressivo in chiave sovrannazionale. Per la borghesia
diventa fondamentale che su questo punto non vi siano
contraddizioni sul lungo periodo, in quanto per essa, è
strategicamente necessario questo passaggio. E' impensabile ad
esempio, che le politiche in materia di immigrazione
extracomunitaria siano disomogenee tra i singoli stati
membri, o che materia di asilo politico alcuni paesi riconoscono
un diritto a differenza di altri. E' insomma impossibile
accettare per lo stato spagnolo, italiano, inglese ecc..,
conflitti che all'interno del proprio territorio sono represse
con leggi emergenziali e carcerazioni, in un altro paese
dell'unione trovino asilo politico e non punibilità. E' in
virtù di tutto ciò che va visto, il progressivo processo di
criminalizzazione della lotta politica e il conseguente tentativo
di ricondurre le forme stesse della conflittualità di classe
all'interno delle norme di procedura del codice penale
Organizzazione della difesa europea
Con la fine del Patto di Varsavia, si pone per la Nato, il
problema di ridefinire l'assetto geopolitico di equilibrio
strategico dell'Europa. Ciò nasce dalla necessità di definire
le linee di controllo e contenimento delle situazioni di crisi
determinate da ragioni di ordine economico, religioso e
nazionalistico, che si affacciano ai confini della "Fortezza
Europa". L'atteggiamento della Nato quindi, si coordina con
le istanze della nascente UEO (Unione Europea Occidentale)
determinandone le seguenti direttrici:
- adozione di una nuova strategia Nato detta della "Presenza
Avanzata"
- istituzione di una nuova struttura delle forze e dei comandi
Nato (forze di reazione più mobili, più flessibili)
- lo sviluppo di una unità europea di sicurezza, ruolo dell'UEO.
L'UEO è chiamata a svolgere un duplice ruolo, mettendo l'Ue in
condizione di porre in atto le proprie misure decise sul quadro
della sua politica estera e di sicurezza comune aventi
implicazioni in materia di difesa, rafforzando nello stesso tempo
il "pilastro europeo" della alleanza atlantica. Le
quattro categoria di appartenenza all'UEO rispecchiano questa
duplice posizione. Membri a pieno titolo: sono membri dell'Ue e
della Nato. Membri associati: membri europei della Nato che non
fanno parte dell'Ue. Osservatori: salvo la Danimarca sono i paesi
tradizionalmente neutrali, membri dell'Ue ma non della Nato.
Associati: i paesi che hanno stipulato accordi europei con l'Ue
- lo sviluppo di iniziative di cooperazione con i paesi dell'est
euro peo, che vanno sotto il nome di "parternariato
per la pace"
- particolare attenzione alle nuove missioni della Nato e
contestuale sviluppo di una nuova struttura detta "a
geometria variabile" che va sotto il nome di CYTF (Combined
Yoint Task Force). Con questa particolare struttura la difesa
europea si prepara ad affrontare non solo la difesa entro i suoi
confini ma ad intervenire su un problema di sicurezza globale e
ad interagire nelle aree di crisi extraeuropea. Questo strumento
militare, imporrà, a differenza della contrapposizione
Nato-Patto di Varsavia (il quale si reggeva su un equilibrio ed
una reciproca conoscenza ben definita) la necessità di
ricollocarsi su scenari diversificati di conflitto in tempi
brevissimi di spostamento in aree assai lontane dall'Europa. Per
qusto diventa necessario l'organizzazione di forze armate ridotte
nel numero ma ad alta capacità di intervento operativo. Negli
ultimi anni abbiamo visto come alcuni reparti dell'esercito
italiano sono stati impegati in alcune aree di conflitto
(Kurdistan, Albania, Somalia, Iraq, Mozambico, Ex Jugoslavia).
Questo comunque consolida la tendenza in atto di una politica
imperialista e aggressiva.
NOTE
1) E' la manovra economica, stangata da 50 mila miliardi, varata
dal governo Kohl, nella quale, tra le altre, si attaccano
l'indennità di malattia per i lavoratori, le pensioni, la
sanità, i sussidi di disoccupazione
2) Politiche di imposizione ma anche politiche di concertazione con i sindacati, come è accaduto in Italia sul taglio alle pensioni effettuato dal governo Dini.
3) Il sistema di produzione totyotista, racchiude al proprio interno la filosofia produttiva fondata sulla "fabbrica integrata" e sulla "qualità totale", ed è il sistema che sta accompagnando, già da diversi anni, la ristrutturazione capitalista. In sintesi si può dire che con la fabbrica automatizzata, informatizzata e flessibile si richiede alla forza lavoro una maggiore conoscenza della macchina che fa il prodotto piuttosto di come esso è fatto. E' essenzialmente un modello di produzione legato al mercato ed alla sua concorrenza; ha come obiettivo la "qualità" ed "economicità" del prodotto da ottenere. Si vuole in questo modo fare identificare il lavoratore con il modo di produrre cioè avere una coscienza produttivistica che sostituisca la coscienza di classe. Questa filosofia già sperimentata nelle fabbriche è stata introdotta anche in quei settori, dei servizi, in fase di privatizzazione come scuola, sanità, poste, ferrovie. (E' consigliabile la lettura di T. Ohno "Lo spirito Toyota" con particolare riferimento all'introduzione di M. Revelli)
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