EDITORIALE

Abbiamo pensato che poteva essere chiarificatore inaugurare questo strano luogo, risultato dall’incontro della termodinamica con la filosofia, con un editoriale composto di piccoli frammenti di pensatori interessanti...ma non pensate che saremo sempre così rispettosi della forma in cui ottime idee sono state espresse dai rispettivi legittimi autori. Non è detto neanche che le citazioni siano corrette, che ci volete fare: amiamo così tanto i nostri mille maestri che non vediamo l’ora di sbarazzarci delle loro parole, di dimenticare i loro nomi...

SILENZIO

Il problema non sta nel troppo già rivelato, ma nel fatto che ogni rivelazione trovi il proprio sponsor, il proprio amministratore delegato, la propria pr fica. Non ci si ammala di troppa conoscenza, ma possiamo soffrire della virtualizzazione della conoscenza, della sua alienazione da noi e del suo rimpiazzo con un opaco simulacro-gli stessi dati sì, ma morti- come per le verdure da supermercato, non c’è più aura.

All’interno della sfera del bios È incastrato un tipo di silenzio che non è solo stupidità, un buio che non è mera ignoranza, una segretezza che è anche un’ affermazione, un’accortezza che sa come cambiare le cose, come respirare dentro di esse. Ci sono cose che i burocrati non sono destinati a sapere, e così ci sono cose che anche gli artisti debbono mantenere segrete. Questa non è autocensura nè autoignoranza. È tatto cosmico. È il nostro omaggio al biotico, al suo flusso irregolare, alle sue correnti e ai suoi mulinelli, alle sue paludi e ai suoi nascondigli.

Giocheremo nel silenzio e lo renderemo nostro. Un sasso nel torrente, che ne condivide la turbolenza. Visualizzatelo: muschioso, bagnato, verdeggiante come rame ossidato dalla pioggia e colpito dal lampo. Un grande rospo come uno smeraldo vivo. La forza del bios, come la forza dell’arco o della lira, sta nel potersi piegare.

Peter Lamborn Wilson - Hakim Bey

NERO

Le opere d’arte, se sono tali, mostrano i segni lasciati dai rapporti di produzione di tempo in tempo vigenti, la loro disumanità e ingiustizia, e per questo sono inquietanti, cupe, disarmoniche. Questo è il concetto di nero come impulso astrattivo.

L’arte può denunciare la povertà superflua attraverso la povertà dei propri colori e l’impoverimento dei propri mezzi; le arti più progredite immettono un’energia vitale in ciò che sta per tacere per sempre.

Questo non significa che l’arte sia la perversione che gode della catastrofe ma che non vi possa essere nell’arte altra felicità che nella sua capacità di tener duro. Dall’interno dell’opera d’arte questa felicità manda i suoi raggi attraverso la manifestazione sensibile, questo spiega perchè oggi vi sia più piacere nella dissonanza che nella consonanza.

ENIGMA

Secondo la dottrina kantiana c’è un blocco che sbarra agli uomini la strada verso la conoscenza delle cose così come esse sarebbero anche se non fosse mai esistito l’uomo (ontologia). Tale blocco sussiste nell’arte solo in maniera dialettica, più che essere l’in-su a formare le opere è il blocco stesso a farlo.

Se il trascendente fosse veramente presente in esse le opere d’arte sarebbero misteri invece sono enigmi, l’arte deve anche cautelarsi dal divenire superstizione, abracadabra. Invece gli enigmi sono indovinelli che si fermano all’indovina indovinello? e dai quali la risposta è meno che data e più nascosta: essa viene promessa.

Le opere d’arte promettono conoscenze metafisiche.

Queste promesse sono ingannevoli? Questo è l’enigma.

FORMA APERTA

Dissociare la propria unità, permettere l’ingresso di tendenze disgregative all’interno di una costruzione ben compatta è il modo con cui l’arte moderna sottopone a critica la propria cieca autonomia rispetto ai concreti problemi del mondo empirico che essa evidentemente non può neanche tentare risolvere se vuole mantenersi vicina al proprio concetto.

Una opera d’arte che ha caratteristiche di apertura è una opera d’arte il cui significato non subordina militarmente gli elementi che la compongono, benchè in qualche modo assemblati nella forma essi mantengono la propria irrequietezza di frammenti. Tale opera risulterà ostile alla ricezione, se si tratta di musica sarà stridente e rumorosa. Questo è un primo significato dell’affermazione che l’arte oggi deve essere contro se stessa.

Theodor W. Blissett

Se nel pensiero oggi qualcosa non va, è perchè, sotto il nome di modernismo, c'è un ritorno alle astrazioni, si ritrova il problema delle origini, tutto questo... Di colpo, tutte le analisi in termini di movimenti, di vettori, sono bloccate. E' un periodo molto debole, un periodo di reazione. Tuttavia la filosofia credeva di averla fatta finita con il problema delle origini. Non si trattava più di partire, nè di arrivare. La domanda era piuttosto: che cosa succede « tra »? Ed è esattamente la stessa cosa per i movimenti fisici.

I movimenti, al livello degli sport e dei costumi, cambiano. Si è vissuti a lungo in base a una concezione energetica del movimento: vi è un punto di appoggio, oppure si è origine di un movimento. Correre, lanciare il peso, etc.: è sforzo, resistenza, con un punto di origine, una leva. Al giorno d'oggi vediamo che il movimento si definisce sempre meno a partire dall'inserimento di un punto di leva. Tutti i nuovi sport - surf, windsurf, deltaplano... - sono del tipo: inserimento su di un'onda preesistente. Non è più un'origine come punto di partenza, è un modo di messa in orbita. Come farsi accettare nel movimento di una grande onda, di una colonna d'aria ascendente, "arrivare tra" invece di essere origine di uno sforzo, è fondamentale. Ciò nonostante, in filosofia, si torna ai valori eterni, all'idea dell'intellettuale guardiano dei valori eterni. È quel che Benda già rimproverava a Bergson: essere, cercando di pensare il movimento, traditore della propria classe, della classe degli esperti. Oggi sono i diritti dell'uomo che assumono la funzione di valori eterni. Sono lo stato di diritto e altre nozioni che tutti sanno essere molto astratte. Ed è in nome di tutto ciò che ogni pensiero è stoppato, che tutte le analisi in termini di movimenti sono bloccate. Pertanto, se le oppressioni sono tanto terribili, è perchè esse impediscono dei movimenti e non perchè offendono l'eterno.

G. Bezeuze o qualcun’altro

Se x esprime y allora y denota metaforicamente x. N.Goodman

Sono responsabile, malgrado la mia giovane età di rendere giustizia in questa colonia. Perchè ho sempre assistito il precedente comandante in tutte le questioni disciplinari, e sono io che conosco meglio la macchina. Il principio secondo il quale decido è questo: la colpa è sempre certa. F. Kafka: Nella colonia penale

...Ne farei volentieri una "parola finale". Che è la parola iniziale. La colpa è certa, giacchè siamo stati toccati "prima" che la legge ci tocchi. La legge non può che ri-toccarci. Il ritocco ritocca soltanto se è perentorio. Cioè, se mette fine al dissidio tra il "prima" che è il corpo e il "dopo" che è la legge. Dico: il dissidio. Non c'è tribunale che possa impadronirsi di questo conflitto tra l'estetico e l'etico, che possa decidere. Qui una disputatio sarebbe una menzogna. Il corpo non argomenta; dice l'ufficiale:_ " Se avessi cominciato facendo comparire l'uomo e interrogandolo, ne sarebbe risultato soltanto confusione. Avrebbe mentito; se fossi riuscito a confutare le sue menzogne, ne avrebbe create di nuove, e cosi via, mentre adesso lo tengo e non lo lascio più (Jetzt aber halte ich ihn und lasse ihn nicht mehr)".

Il dissidio tra il corpo e la legge non è convertibile in lite. Soltanto il sacrificio del corpo conserva la sacralità della legge. L'esecuzione sacrificale dovrà ripetersi ogni volta che avviene la nascita criminale, senza discussione, ne giudizio motivato: automaticamente. La crudeltà sarà meccanica. Il condannato non viene salvato in un altro modo: viene gettato, morto, nella fossa comune. La legge viene cosi affermata, è nel mondo. Se la legge si deve eseguire, deciderà allora nel corpo, con i mezzi del corpo, ma contro di essi. Con il sangue, ma affinchè coli e scorra. Ciò che l'ufficiale descrive è la condizione assoluta della morale. La sua crudeltà nei confronti dell'innocenza. Quest'ultima è certamente il peccato, perchè non sa niente del bene e del male. Non è jenseits, al di là di essi, ma al di qua, disseits. La legge prescrive, ma non nel senso di iscriversi a mo' di intestazione o di titolo. L'epigrafe, ciò che viene prima di tutto, non è l'ordine, ma è la nascita o l'infanzia, il corpo estetico. Questo è scritto talmente in anticipo, preliminarmente, da questa parte, disseits, che la legge stessa può iscriversi solamente reiterando sul corpo e nel corpo un'iscrizione analoga a quella che l'ha istituita. La legge è sempre una postfazione al corpo. Cerca di scrivere la prefazione a quella prefazione che è il sanguis. Cosi facendo, lo trasforma in cruor, in un sangue che scorre fino alla morte. E' il contrario di una transustanziazione.

Jean-Luther LiotHard: Letture d'infanzia