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Quando Guyelmo nacque, nacque in una casa di calce bianca dove la gente andava e veniva per cercare conforto e denaro dal buon cuore della sua padrona Donna Luisa e dai i suoi 13 figli. Il 13° era proprio Guyelmo El Pesado. Venne alla luce tutto bianco che già sapeva parlare in un giorno di sole giocoso. Appena partorito, El Pesado saltò giù dal letto e fece un giro per la casa, trovandosi tra le sorelle e le comari che gli toccavano il pistolino bianco per vedere se si trattava di un uomo o di uno di quei diavoletti che si inseriscono nella placenta al posto dei bambini. Ma Guyelmo era proprio il figlio di Donna Luisa e la sera si fece una festa dove lui cantò tutte le canzoni che aveva composto mentre aspettava di venire alla luce.
Quando qualcuno gli chiese cosa voleva fare da grande, lui rispose, "Da grande voglio fare la rivoluzione!", ma sua madre si arrabbiò "La rivoluzione è un mestiere pesante e tu sei troppo bianco per sopportarlo!". "Allora io sarò più pesante della rivoluzione, così potrò sostenerla!". Il giorno successivo, El Pesado imparò a leggere e a scrivere, ma sua madre si preoccupò anche che imparasse a cucinare. Così, partendo dalle tortillas, impiegò un mese intero per riuscire a cucinare il pesce a dovere e quando i suoi fratelli gli chiesero "Hai cambiato idea, Guyelmo? Da grande vuoi fare il cuoco?" lui, preparando l'acqua pazza per il pranzo domenicale, rispose "Non chiedetemelo più, io da grande farò la rivoluzione!".
Un giorno, mentre passeggiava per la piazza della città, Guyelmo vide un gran casino di carpentieri e di muratori. "Cosa succede?", chiese ad un suo conoscente. "Domani arriva un senatore americano a cui il Presidente ha promesso di vendere il nome della nostra città così l'americano può utilizzarlo per chiamare il suo cane". "E qual'è il nome della nostra città?", chiese El Pesado. "Veracruz" gli risposero. "Va bene come nome, non c'è bisogno di cambiarlo!", ribatté il bimbo bianco bianco. Poi cercò la buccia di una banana acerba e la stese per terra. "Non toccatela, ci verrà utile!". Il giorno dopo, durante la parata in onore del senatore americano, uno dei cavalli volò sulla buccia di banana contro un grosso palo di legno che si abbatté proprio sulla testa del senatore facendogli perdere i sensi. Quando questo rinvenne, non poteva più pronunciare la lettera V e la lettera C e non sapeva proprio più che farsene del nome di Veracruz. Per festeggiare, si fece una festa in casa di Donna Luisa che confessò: "Questo figlio qui, non so proprio da chi abbia preso!". Così, si sparse la voce che Guyelmo fosse figlio del comandante Che Guevara, passato di nascosto, una notte, per Veracruz e per il letto caldo e generoso di Donna Luisa. Nessuno smentì mai ma nemmeno lo confermò.
Ad undici anni, Guyelmo organizzò una visita guidata alle prigioni e fu talmente divertente che molti vollero restarci ad abitare. A dodici, mise in giro la voce di aver distribuito agli ammalati degli ospedali pistole ad un sol colpo, e fino a che non fu scoperto che si trattava di una bugia, gli ospedali funzionarono magnificamente. A tredici anni, approfittando di un'eclissi di sole, pitturò tutti i palazzi dei quartieri popolari con delle fantasie a fiori e a pois così che non soltanto divennero la zona più felice della città ma molti ricchi vollero andare ad abitarci prendendo l'abitudine della gente del posto di gridare "Abbasso la miseria! Viva la rivoluzione!".
Una notte di luna piovosa, mentre Guyelmo era nei campi a convincere i pantani e le pozzanghere ad appoggiare la rivoluzione, i carabineros entrarono in casa sua e presero i suoi 5 fratelli con l'accusa di tramare contro il Presidente. Furono rinchiusi dentro una cella dal tetto sfondato, ma quella notte piovve così tanto che in breve la cella si allagò ed i 5 giovani morirono annegati. Quando questa notizia arrivò a Guyelmo, lui non si scompose: "Vuol dire che il giorno della rivoluzione, prima di entrare a Palazzo, dovrò passare per il cimitero a prendere i miei fratelli.".
Quando compì 18 anni, El Pesado era un giovane pieno di esperienza, bello, forte ma innocente come l'ultimo sguardo del suo padre-comandante. In pochi anni aveva causato allo Stato danni per 200 milioni di pesetas, era conosciuto in tutte le prigioni e temuto in tutte le chiese e se qualcuno gli chiedeva quando ci sarebbe stata la rivoluzione, lui rispondeva: "Mañana.".
Un giorno partì da solo con una bisaccia ed un sacco a pelo, "Vado a preparare la rivoluzione. Quando tornerò a Veracruz, cominceremo.". Viaggiò per tutti i borghi e i villaggi della nazione, osservando e studiando come la gente di campagna viveva le oppressioni, misurò le case dei ricchi e quelle dei poveri, ed ogni volta non credeva ai suoi occhi: "Un bambino ricco occupa un chilometro, un bambino povero occupa un centimetro!".
Una volta, nel pueblo di Santa Sofia, Guyelmo insegnò agli abitanti dei sortilegi da lanciare contro i potenti che li tartassavano. Si videro aristocratici e latifondisti inseguire le loro teste trasportate dal vento del deserto ed intere truppe militari levarsi verso l'alto e scomparire nell'azzurro, dietro le nuvole.
Lo stesso accadde in altri villaggi del sud e del nord; inoltre, ma questa credo che sia solo una leggenda, ipnotizzò il cavallo del generale Francisco Isidoro e gli insegnò a parlare per fargli dire, durante una parata per il Presidente, "Viva la rivoluzione. Abbasso gli oppressori del popolo!", e lo ripeté tante di quelle volte che per farlo smettere dovettero abbatterlo con una carabina.
Infine, un giorno, disse che era giunto il momento di radunare il suo esercito e di ritornare a Veracruz per iniziare la rivoluzione. Si ritirò su una collina ad aspettare. Per primi, arrivarono da lui 10.000 paesanos armati fino ai denti, ma lui rimandò tutti a casa tranne i venti più bassi e panciuti che tenne con sé. Poi vennero 10 famosi rivoluzionari e cospiratori su altrettanti muli, ma Guyelmo li rimandò indietro e si tenne i 10 muli. Si presentarono allora 100 donne con fasce ed unguenti per curare le ferite e con i loro figli piagnucolanti aggrappati alle sottane, El Pesado disse alle donne di ritornare a casa e le pregò di lasciargli i loro figli e un po' di latte per non farli piangere e così fu.
Passarono altri dieci giorni ma non venne nessuno, i dieci muli avevano fame, i bambini erano stanchi ed i venti paesanos non sapevano più da che parte mettere le loro enormi pance, ma lui disse che bisognava aspettare ancora. L'undicesimo giorno capitò da quelle parti un vecchio pazzo che si faceva chiamare Zara Musicopoeta, esperto bevitore e maestro di convivialità. "Ti aspettavo", disse El Pesado, "Ora possiamo andare", e tutta la truppa si incamminò alla volta di Veracruz.
In tutte le strade della nazione dove passavano c'erano migliaia di persone ad attenderli e non si poté evitare che li seguissero, qualcuno si offriva di portare i bambini e qualcun altro di sostenere le enormi pance dei paesanos. A questo punto le autorità decisero di intervenire per salvaguardare i propri interessi. El Pesado era troppo benvoluto dalla gente per ucciderlo spudoratamente, si dovevano usare maniere segrete durante la sua marcia su Veracruz!
Prima provarono ad avvelenarlo offrendogli una cesta di pesci al potassio ma, quando Guyelmo stava per addentarli, uno dei pesci si risvegliò e lo avvertì di non mangiarlo. Poi provarono a sommergerlo nella piena di un fiume ma l'acqua era stata talmente assente dalla terra che quando la rivide si fermò a parlare con lei, dando tutto il tempo all'esercito di Guyelmo di passare.
A nulla servirono le fatture e i sortilegi che ritornavano immediatamente al mittente nè i tentativi, durante le lune piene, di farlo innamorare di donne pagate dal governo. Alla fine, Guyelmo e il suo esercito arrivarono alle porte di Veracruz con la popolazione tutta fuori dalle case che invocava il suo nome.
Le mura della città erano bianche come la pelle di Guyelmo e la gente, arrampicata dappertutto e sventolando bandiere e fazzoletti, urlava "Viva la libertà, la rivoluzione sta per iniziare. Guyelmo El Pesado vendicherà tutti i torti del popolo!".
C'erano bambini armati con fucili più lunghi dei loro anni e donne che sventolavano sciabole con un nastro rosso. Una di queste si avvicinò a Guyelmo, urlando " Stanotte abbiamo succhiato ogni energia dai corpi dei soldati, oggi non valgono niente. Abbiamo servito la rivoluzione, ricordatelo!". Un uomo venne con una mappa, "Ecco tutti gli accessi segreti al Palazzo del Governatore e qui ci sono i nomi di tutte le sue amanti ed informatrici. Prendili ma ricordati di me quando diventerai nostro presidente!".
Un giornalista scozzese, Vincent Mc Dub, che in quel momento sorvolava la città col suo biplano, vide la zona est nel subbuglio dei rivoluzionari e la zona ovest che si riempiva di soldati arrivati da ogni caserma del paese. Il presidente, in collegamento telefonico dalla capitale, si era riservato l'esclusiva dell'ordine di attacco e intanto se ne stava a comporre un'ode sul luccichio delle baionette che sarebbe stata diffusa, via radio, in tutto il mondo. Grande è il casino sotto il cielo, la situazione è favorevole, gridavano i cospiratori accorsi in massa per accendere i fuochi della rivolta, mentre, dall'altra parte, erano state distribuite ai soldati le foto del figlio minore del presidente e tutti, ogni 3 minuti, dovevano estrarle dalla giacca e baciarle sospirando appassionatamente. Ma Guyelmo cosa stava facendo in tutto questo disordine fisico e mentale? Era in preda agli osanna della gente che da tutte le parti lo toccava e lo invocava, impedendogli di prendere una decisione. Chi gli metteva un bambino tra le braccia, chi lo invitava a fermarsi a bere un bicchiere a casa sua, chi voleva prendergli le misure per il vestito da presidente o fargli un ritratto e si lamentava perché lui non stava mai fermo.
Per fortuna, tra quell'oceano di mani e di visi, El Pesado riuscì a scorgere Zara Musicopoeta e a gridargli "Va nella piazza municipale, lì c'è un palco, sali e suona le tue canzoni. Ma mi raccomando, prova a capire di cosa ha bisogno la gente!". Zara si fece largo tra la gente e salì sul palco, da lassù vide la folla agitarsi follemente, scorse lo scoglio bianco del Pesado da una parte e la barriera armata dei soldati dall'altra.
"Di cosa ha bisogno la gente?" si chiese "Di cosa ha bisogno?". Prese un sorso dalla sua fiaschetta di rum e mentre l'elisir di canna da zucchero gli entrava nel circolo delle vecchie vene da poeta bevitore esclamò "Acqua, c'è bisogno di acqua!". Cercò con lo sguardo il volto del Pesado che incrociò il suo. Sofferente di sudore per l'asfissia del tempo di rivoluzione, il bianco profeta urlò "Siiii!". Zara, allora, cantò la musica dell'acqua e dei temporali Venite su, venite a brindare con me, bianche bocche di nuvole La pioggia cadde dal cielo sulle rosee carni e sui sombreros, ridusse a zuppe grondanti gli abiti e i capelli, riempì i fucili, ammansì le sciabole e colmò le bocche che non poterono più urlare. Tutti fuggirono, lasciando nella piazza, inondata d'acqua dall'alto e dal basso, Guyelmo, i 10 paesanos panciuti, i muli e i bambini. Zara Musicopoeta era morto, sul palco giaceva il suo corpo allergico all'acqua, la bocca ancora aperta in un cantoVenite bianche compagne, danziamo Soltanto un giovane ufficiale era riuscito a tenere i suoi uomini in armi che ora, gocciolanti di fango, fronteggiavano l'esercito del Pesado. Cadeva una pioggia ininterrotta, ogni goccia da terra risaliva su.
"Fermati, sei in arresto!". Grida l'ufficiale (El Pesado comincia una danza). "Smettila o ti faccio fucilare!" (El Pesado invita tutti a danzare sotto la pioggia). "Un'altro passo e sparooo!", urla il giovane armato (El Pesado chiama gli uccelli della pioggia che calano lenti dalle nuvole). "Maledetto sobillatore, hai avuto la tua morte. Fuoco, fuoco!", (Gli uccelli sollevano tutto l'esercito del Pesado e lo trascinano in alto, le pallottole sibilano nel vuoto, vanno a cadere nell'oceano a 300 miglia, colpendo a morte un cacciatore di balene che voleva fiocinare un capodoglio. Il cetaceo lascia nell'acqua una striscia di sangue che a riva diventerà oro per la vedova del cacciatore che passava di là).
La pioggia si interruppe ad un sole bollente, sensuale, che mise in fuga i pantani e i rivoli, a molti gli venne duro. El Pesado marciava sul Palazzo, la gente lentamente si univa in schiera dietro di lui, un immenso silenzio, il giovane ufficiale scoppiò in lacrime, uno dei cento bambini lo abbracciò in un bacio bianco, i suoi soldati disertavano in prese di tabacco. Fu a quel punto che il Presidente cominciò a tremare, trovò persino brutta la sua ode. Il Governatore preparava le valigie, voleva raggiungere la capitale, andare dal suo Presidente, avrebbe lasciato Veracruz ai ribelli sospettò che da morto sarebbe finito all'inferno.
Davanti al palazzo del Governatore si erano radunate tutte le truppe, molti soldati erano sfiduciati ma attendevano il Pesado, fucili aridi cercavano il suo corpo. Il sole prese tutto, nella piazza immensamente silenziosa si fronteggiarono due blocchi di sguardi: teneri, inesperti quelli dell'esercito (schiavi delle stalle), smaliziati, rossi di fucine quelli del popolo (schiavi delle stelle). Si fermarono, sempre in silenzio. El Pesado fece segno ai dieci paesanos che vennero avanti e cominciarono: "Il miglior rancio è quello dopo la marcia del pomeriggio e fumare di nascosto dal comandante dà al sigaro sapore di cosce calde. Se più di cinque russano la notte l'indomani ci sarà battaglia". "Ma io ho scoperto che se pisci in un pantano la notte fa luce", urlò uno dei soldati dall'altra parte, ed un altro aggiunse "Io mangio la carne solo se piace già ai vermi.". Si aprì un dibattito tra i paesanos e l'esercito sulla vita militare di tutti i giorni, l'atmosfera si sciolse, gli ufficiali non potevano più comandare i loro soldati, "Fuoco, fuoco!", urlavano. "Mi pirchì dibbiamo spirire ai nistri fritilli?"chiese un soldato che amava le i. I dieci paesanos proposero ai militari di cercare un posto dove andare a parlare tranquillamente male degli ufficiali: tutti accettarono. Enrique, uno dei cento bimbi, si occupò di assistere gli ufficiali e di insegnargli sul serio come si gioca a fare la guerra.
Ormai, tra El Pesado ed il Palazzo non c'era più niente. Dalla destra del popolo si levò un clamore: erano i fratelli di Guyelmo morti annegati in prigione, stavano ritornando dal cimitero. Avevano fiori su tutto il corpo ed uno di loro si trascinava una grossa talpa gianani che lo aveva battuto a scacchi e che voleva iscrivere al prossimo torneo nazionale. "Eccoci di ritorno", dissero "Abbiamo saputo che alla fine della rivoluzione ci sarà una festa e che sarai tu a cucinare", El Pesado li abbracciò ed odorò i loro fiori poi, da solo, salì dal Governatore. Questo si era chiuso in camera sua, armato fino ai denti, deciso a vendere cara la pelle. Le porte non furono un problema, ogni porta aveva un sentimento nascosto che Guyelmo individuava e accarezzava fino a che si apriva. Quella della camera da letto del Governatore fu più restìa perché il legno era abituato a contenere i segreti pesanti della notte, ma El Pesado conosceva bene la tenerezza dei gufi e la utilizzò per ritrovarsi di fronte ad un uomo con mostrini e medaglie, barricato dietro il suo letto a baldacchino con un piccolo cannone e 101 pistole dal ghigno assassino.
"Vattene, mostro, squallido bifolco, pidocchioso, ignorante cagatores! Vattene!" urla il Governatore. Il bianco corpo, figlio del Che assassinato, attraversa la sala e sembra luce. "Non cederò ai tuoi ricatti, altre truppe inviate dal Presidente stanno per raggiungere Veracruz!". El Pesado apre le braccia nella luce e la sua bocca lascia nell'aria il suono metallico di tutte le posate cadute ai camerieri che servono ai pranzi dei re che è lo stesso di quelle che cadono durante i litigi sanguinari nelle famiglie numerose dei poveri assassinati dalle parole tutti i giorni. La sua bocca lascia le urla dei bambini impauriti dalla povertà, delle loro insicurezze nelle piazze affollate, del sangue delle loro ferite inutili, le lacrime di tutte quelle cose che si potevano evitare. La sua bocca lascia la rabbia degli sconfitti eterni, l'insonnia delle donne preoccupate che si girano ed aprono le cosce notturne per accogliere la fame e le durezze di chi puzza di lavoro. Le risate delle future vedove la sua bocca lascia, le impronte dei fuggitivi, le urine dei carcerati e lo sprofondare degli ammalati abbandonati, la sua bocca lascia, e la stanza si fa rossa e bianca di latte e di sangue, di notte e di terrore, di lacrime e di sole. Non c'è più aria in quella stanza, come nell'angoscia della miseria, nell'attesa delle ore notturne che non solo non passeranno ma nemmeno partiranno. Tutto questo El Pesado dice a quell'uomo dai lustrini e dalle medaglie, e le medaglie e i lustrini piangono e si fanno di cioccolato e miele, e quelle lacrime si fanno le sue lacrime e le lacrime di tutti e tutta Veracruz piange e i fiori e i pantani. Le chiavi nelle toppe non si vogliono più aprire e i giardinieri non tagliano più rami ma spirito, spirito che biancheggia dappertutto, l'ora non è più l'ora solita ma un'altra ora e il pomeriggio si spegne e se ne va con la sua valigia come la vita del Governatore che non regge a quelle prime lacrime e se lo porta via. Di lui non resta un ricordo, solo un oggetto scuro, un suo sputo di carità, una volta, ad un fosso in un giardino. "Chi ci governava, Pedro?". "Boh!?" fa Pedro e niente resta di lui uno sputo!
In quel momento, il giornalista scozzese Vincent Mc Dub atterrava col suo biplano nella piazza del mercato. Gli squali, a 300 miglia nell'oceano, divoravano il corpo del cacciatore di balene. Quando Mc Dub pose i suoi stivali sulla terraferma, la città era in lacrime per tutto quello che El Pesado le aveva ricordato. Mc Dub si accese un sigaro, unica cosa asciutta nel giro di un chilometro, misurò con i pollici la distanza dell'ala dal busto di marmo del Governatore che nessuno ricordava ed esclamò: "Giusto quei 5 centimetri con cui dormire tranquillo!". Uno dei cento bambini gli si avvicinò e lo prese per mano conducendolo da Guyelmo. Quando Vincent passò tra la folla, alcuni lo scambiarono per la reicarnazione di Zara Musicopoeta, altri per un agente commerciale di banane parlanti ed altri ancora per l'ultimo sopravvissuto di una famiglia di giocatori che era arrivata a scommettere la propria testa su cinque dadi uguali. "Ora che hai la città, non ti daranno tregua!", disse lo scozzese al Pesado che stava seduto sul cornicione dell'ultimo piano, "Sferriamo un attacco totale e avremo l'intera nazione!". El Pesado svolazzava sulla testa dei paesanos che ripulivano il Palazzo dall'orgoglio della cattiveria, poi si passò la mano tra i capelli, ne trasse un corvo che lì si era fatto il nido, gli sussurrò qualcosa nelle orecchie e poi lo lanciò nell'aria. Il corvo sparì veloce. "Andrà dal Presidente con un messaggio" disse El Pesado. "Quale messaggio?". "Gli dirà di addormentarsi, in modo da poter avere un incontro con me in sogno."."E cosa gli dirai in sogno?" chiese sorridendo Mc Dub. "Gli darò dei numeri da giocare alla lotteria!".
Si passò così all'organizzazione della nuova Veracruz. Fu costituito un Consiglio Rivoluzionario: un prestigiatore si occupò dell'economia, un poeta dell'agricoltura, un comico dell'ordine pubblico. Ai trasporti e alle comunicazioni furono eletti un sordo, un cieco e un invalido affinché sospettassero sempre dell'efficienza del servizio, Mc Dub fu incaricato dei rapporti con l'estero e alla sanità furono chiamati, di volta in volta, coloro che avevano avuto tutte e 40 le malattie del deserto. La città fu divisa in quartieri/emozioni, c'era il quartiere dell'amore, quello dell'odio, della pace, del dolore, del gioco etc E ognuno girava alla deriva nella città, stazionando nel quartiere che più rispecchiava il suo stato d'animo. I bambini venivano allevati assieme, i più grandi costruivano giocattoli per i più piccoli, inoltre, vi era un Consiglio degli Infanti a cui venivano fatte visionare tutte le decisioni del Consiglio Rivoluzionario. Ogni abitante svolgeva tutti i lavori che voleva a seconda dell'ora del giorno, la sera prima uno poteva decidere di svegliarsi alle sei e di fare il postino fino alle nove, il mangiatore di fuoco dalle undici alle tre e il pescatore dalle cinque in poi. I poeti, i pittori e gli amanti giravano tra i campi invogliando i raccolti ad essere prosperosi, mentre gran parte dei cittadini si impegnava nella ricerca scientifica; tutti, massaie o netturbini a seconda dell'ora del giorno, venivano interrogati su un problema da risolvere e coinvolti nella sua risoluzione. Chi ne sapeva di più aiutava gli altri e fu meraviglioso quando, alla richiesta di maggior energia elettrica, Sandrine, una ragazza francese, si offrì di alimentare l'intera città con il suo grande cuore capace di un immenso amore. Fu istituita un 'Università della Magia e dell'Astrologia e le sue ricerche furono utilizzate per trasformare l'odio in amore ogni volta che esplodeva e per far si che il clima fosse sempre giusto.
Ma l'avvenimento più sconvolgente fu quando il Presidente ricevette in sogno la visita del Pesado e dei suoi numeri per la lotteria. Gli furono dati il 21, il 67 e l'85 da giocare sulla ruota di New York numeri sicurissimi Il Presidente si giocò gran parte del patrimonio nazionale per potersi pagare un assalto poderoso alla città di Veracruz che ormai suscitava la sua invidia. Perse tutto! Quei numeri non uscirono a N. Y. ma nella lontanissima città di Napoli (dove vive il mio amico Michele Corrado) facendo guadagnare al Pesado, che li aveva giocati, centinaia di milioni. Veracruz è in visibilio, tutti festeggiano e c'è talmente gioia che la luce del giorno dura tutt'e ventiquattr'ore. Arrivano delegati da tutto il mondo: un Cobra dall'India, una pallonata dall'Argentina, un Luther Blissett bianco dall'Alaska, un Esposito da Napoli, King Kong dall'Africa e la Maria dalla Giamaica. Si fa talmente festa che ad ogni abitante spunta una terza mano per tenere i bicchieri colmi di vino ed una quarta per applaudire la sfilata di Sogni del Popolo. Si fa talmente festa che 100 persone muoiono di risate e 30 donne incinte partoriscono all'istante 30 fabbri belli e fatti che cominciano a costruire un Luna Park che funziona a risate. Si fa talmente festa che la musica altissima rompe le calotte di ghiaccio del Polo Sud e trasporta nel mezzo della piazza di Veracruz un'intera famiglia di Jedi che si mettono a ballare il Mambo dell'igloo.
Solo, dalla porta ovest, un uomo abbandona la città. Il suo nome è Chico Maligno, ha girato per i quartieri per tre giorni, conosciuto gente, preso informazioni, dormito in letti diversi e in diverse situazioni. Si allontana con un piano preciso! Ritornerà
Tutta la nazione, dopo la perdita del Presidente alla lotteria, è in ginocchio, l'economia non tira più, si importano molte Bibbie, si esportano canzoni tristi e di protesta. Tutta Veracruz è in fiore, l'economia è un affare poetico, si erigono palazzi a mezz'aria senza fondamenta, nascono bambini dal blu al magenta, si importano strumenti musicali, si esportano maestri di vita.
Ma chiedetevi quanto tempo può durare una storia così: con una città più forte della nazione che la contiene, con uomini più umani dell'umanità che li circonda.
Una mattina di aprile, in un'aria profumata, El Pesado smise quella specie di sonno che lo prendeva la notte e uscì dalla sua camera su una tazza bianca di latte. Aveva piedi scalzi come sempre da un po di tempo e mani dal tenero blu delle vene. Era giovane ancora e sereno, su una sedia di paglia seduto, la schiena sudata dal tempo che si infervorava lento, senza parole omesse nel cuore. Augusto, il bimbo più capriccioso, correva nel cortile, Guyelmo lo chiamò, pulì i suoi piccoli talloni dalla terra calda, lo tenne sospeso al di sopra di sé, lo guardava: "Niente è più bello di un uomo, Augusto, il dio più onnipotente non è nulla di fronte a una canaglia che sta qui" gli disse "Gli immortali sono noiosi, non pisciano, non cagano, non si fabbricano le caccole da soli come fai tu. Questo è il tuo mondo, digli di non romperti le scatole se li vedrai.". Lo mise giù, gli diede un bacio sulle labbra e uscì. Nella piazza un silenzio, le molecole dell'aria erano sguardi di zitelle che lui passava, diretto alla fontana nel centro che scrosciava. Dall'alto di un palazzo alle sue spalle, Chico Maligno era appostato dall'alba, uno splendido fucile stretto in pugno. Aveva il Pesado a trenta metri, la sua nuca bianca scoperta, quando lo vide allentò la tensione delle mani aprendole. Attese che arrivasse alla fontana, il dito sul grilletto tre secondi tirò indietro le labbra con un ghigno due secondi il gomito si spostò in dentro, deglutì piano un secondo le dita del Maligno avevano ancora l'odore rancido delle strette di mano con il Presidente, con i Cospiratori e con i Rivoluzionari che lo avevano incaricato e già pagato. El Pesado si piega, il dito sul grilletto fa FUOCO, un botto ed il proiettile parte rabbioso alla sua meta l'aria si apre in mille urla e fa il lavoro suo viaggia viaggia ruotando il piombo viaggia alla nuca aperta con la cervicale rigida la pelle bianca più bianca in quel giorno che mai e l'aria vigliacca che lo aveva nutrito spinge il metallo appuntito verso la carne ed entra!
"Chissà perché lo chiamavano El Pesado?", si chiede Chico squagliandosi dal posto. Cade per terra Guyelmo, lentamente, come danzasse, come per finta, Augusto dalla casa piange in un grido (volevo ancora sentire Guy, non andare !) sangue scende veloce, corre la gente, il corpo è a terra, ha fatto un giro cadendo, vediamo il viso bello.
Il medico è là ma sa che non c'è da fare, io sono alle sue spalle e piango come se fossi stato tutti quei giorni a conservare il pianto. Urla una donna "Bastardi", un'altra "E' vivo ancora, dottore, dottore salvalo!" e giù al dottore a dargli addosso perché non è capace "Salvalo, salvalo!". Arriva Mc Dub e guarda e non sa altro che guardare, solo il "vecchio mai in amore" si china e prova a sollevare il corpo e non ce la fa e chiede aiuto e un altro pure e un altro non ce la fanno. E' pesante, quel corpo non si muove, diventa sempre più pesante sempre più la terra cede, si affonda, spacca il cemento della fontana il corpo del Pesado e i tubi sotto e arriva alle radici che lo avvolgono veloci, pesante, pesante, pesante come niente mai lo è stato sulla terra e la terra tutta non sostiene il corpo del Pesado e il pianeta si inclina sul suo asse piega verso destra poi a sinistra, il sole si sposta a zig zag nell'orizzonte, tramonta tre volte poi, infine il Mondo si rovescia! La natura muta, le galline fanno miele e il gallo balla, gli alberi cambiano colore ogni tre ore, passano treni dentro le case, nelle città arriva la foresta il sud non è più sud, gli oceani sopra e i pesci in volo, nessuno lavora più se non si ride, continenti pieni di cantanti. E' un nuovo mondo il Mondo al rovescio nè sfruttati nè sfruttatori è la Rivoluzione senza rivoluzionari ognuno nella sua natura la festa eterna
FINE
all'I.S.
a Massimo Liutaio
a Plutone
dovunque viaggino
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