25 agosto 1995: occupazione di una grossa struttura nel centro di Napoli.

Nasce il DAMM.


BODHISATTVA

(Sulla creazione di una Zona Autogestita)

Perché ho accettato di prendere parte a questa occupazione? Non so, i legami, forse anche l'orgoglio che mi impediva di dire no. Ho quasi 29 anni, vivo come se ne avessi 18, il tempo, il tempo, per quanto non esista, il tempo mi fotte. Napoli è una città immaginaria, in fondo non c'è veramente. Ho detto a qualcuno che avevo ucciso un uomo, ci ha creduto, la paura che io uccida anche lui mi ha dato il suo rispetto. Se il mondo è un'illusione ed anch'io lo sono, che c'è di strano? Mi trovo a casa, tra le illusioni un illusione anch'io. Forse per questo ho detto si a questa occupazione, volevo scavare dentro, togliere l'apparenza, capire fino a che punto ero reale, arrivare al centro. Ci sono riuscito? Vi dirò!Vedevo spesso quel parco enorme, abbandonato, un gigante che dorme, giallo, assurdamente giallo. Le piante, mi colpivano le piante, c'è tanto di quel cemento nel centro della città e macchine e motorini che portano bambini, intere famiglie di bambini. Non sono adatto a capire questa zona, ci sono nato. Questo parco stava proprio nel mio quartiere, 10.000 metri quadrati incustoditi, due edifici e aiuole, scale lungo una montagna di tufo, a bloccarla, a reggerla, uno spiazzato giù e sopra terrazze con piante, piante. Ci andavo spesso a vedere. Tenevo un laboratorio di Teatro dell'Oppresso ad Officina 99, una volta ci sono stato con i ragazzi, si parlava di occuparlo. Io non ero tipo da starmene con le mani in mano, però di occupazioni non me ne intendevo, sapevo ma non mi ci applicavo. Quella volta fantasticammo, io continuavo a cercare gente, ogni tanto tornavo al Parco con qualche sognatore, poi ci andai con quello giusto. Si chiamava Fiore, eravamo lì all'alba di maggio, dopo una notte passata a girare, vedemmo la luce entrare in questo lago di siringhe e cacate che ci avevano buttato, il Gigante Giallo voleva vivere e ci parlava attraverso quella lota. Fiore decise di farci un film, aveva pellicola "Occupiamolo, ci sto!". Pensammo ad agosto e lo fu per davvero. Pochi giorni prima del 25 una troupe di cinema creata da Fiore con una pellicola russa in parte scaduta, io e Virgilio ci appropriamo tutti, vicino al Parco, di una casa del nostro amico Corrado il cui vero nome è però Michele (?). Titubanze, per non dire paure, adesso cosa sarebbe successo? Virgilio, sposato con due figli, sta all'ASL, è veracemente del quartiere, organizza la gente, parla, annuncia che occupiamo, che Fiore ci fa un film, che tutti quanti possono venire, riapriamo quel posto. Io non faccio un cazzo, immagino come dovrà essere e gli do un nome: Diego Armando Maradona, un centro sociale occupato, il solo motivo è che mi diverte. Non c'è nessun gruppo. Tra me, Piero e Fiore, delle idee in comune sull'arte, esperienze condivise a distanza, ma amicizia. Poi altra gente eppure non so come, dopo che fummo entrati nella palazzina di tre piani, a continuare a pulire e riparare eravamo in due, di cui io non pulivo nè riparavo, Virgilio e la sua scopa continuavano a pulire e a parlare con la gente. In tutto il quartiere eravamo famosi per il film, Fiore girava con la troupe e il suo accento romagnolo affascinando tutti, sognava, ma seriamente. I napoletani non aspettavano altro che uno come lui che gli dicesse che stavano appoggiati sulle porte del paradiso e che bastava spingere e poi bambini, bambini, bambini. Bande di più età, alcuni senza età, gli stessi che avevano distrutto vetri e porte dell'edificio si erano alleati a noi e nello stesso tempo contro di noi, secondo quella marcia senza senso per cui l'infanzia è la verità del mondo. Alcuni usavano da tempo i saloni della palazzina come campetti di calcio, perché a terra c'è il linoleum, altri avevano utilizzato tutte le pietre del parco per rompere i vetri ed era sfuggito solo il terzo piano perché irraggiungibile ai tiri. Ora ci aiutavano e ci facevano girare le palle. Con loro eliminiamo centinaia di siringhe di eroina, è fin troppo facile dirgli che è sbagliato bucarsi. Emergono le prime individualità, Alessandro, Giò Giò, Ciro, Sabrina Famiglie della zona ci vengono a fare visita, portano cose, aiutano. Nella mente di molti c'è un intreccio mitico tra il film che si gira e il gesto di riattivare uno spazio, rispetto e approvazione, ma, ahimè, lo capiremo poi, questo avviene solo su un piano inconsapevole, da spettatore delle apparenze. Ci si inizia ad organizzare, esce un volantino di invito a tutti (poeti, individui, guru e gruppi antagonisti) per partecipare all'occupazione. Ha un titolo: Maradona è tornato a Napoli per giocare insieme ai Napoletani. Si profila la necessità del plagio per affermarsi nell'opinione pubblica. I più intellettuali disapprovano, la gente comune sorride. Cerchiamo di tenere in mente le poche cose che c'eravamo detti durante la preparazione, c'è un'idea di sperimentare. Arrivano molti, per capire, è una proposta strana! Elementi di Rifondazione comunista pure, li accettiamo ma chiariamo che non vogliamo partiti, entrano solo persone. Uno comincia a predicare, sfoggia tattiche e dottrine, ci chiede di cambiare il nome dell'occupazione ma non ha capito. Infine pubblica con i suoi un volantino equivoco e banale eliminando Maradona e firmandolo come sezione di Rif. Com.. Scatta un allarme nevrotico, vengono buttati fuori maleducatamente, i bambini gridano "Fuori i comunisti!", Virgilio, comunista, li ha aizzati. Questo avvenimento traccia la prima spaccatura tra noi e la sinistra, non ce lo perdoneranno mai. Gli altri Centri Sociali arrivano, un po' perplessi ma disponibili. Primi articoli sul giornale, Il Corriere della Sera ne fa uno pittoresco sul folklore Maradona, ci guardiamo soddisfatti e poi assemblee e assemblee. Folte assemblee, visitatori, primi scontri, chi lavora che? Io sto sull'intellettuale, ho scritto i volantini, prendo contatti all'esterno, fa caldo, il DAMM è immenso, sono da poco vegetariano e il mio metabolismo ne risente, magrissimo, alcuni pensano che mi faccio le pere, ho paura. All'arrivo di nuovi aspiranti all'occupazione cerchiamo di disporre di un pensiero forte, scriviamo un volantino in cui esponiamo le nostre idee su arte e politica, lo mostriamo ad alcuni "inviati" dei Centri Sociali, non gli piace, specie il passo che noi non vogliamo ereditare il fallimento dei movimenti rivoluzionari del passato e realizzare quell' elogio della sofferenza e del sacrificio proprio dei militanti politici antagonisti. Si zappa la terra nel Parco e si comincia a mettere in sesto la palazzina di tre piani. Organizziamo il primo concerto, "Festa Grande", suonano Puparuolo (un vecchio cantante napoletano del quartiere) e i Le Loup Garou col loro folk francese, i bambini all'ingresso offrono mazzetti di rosmarino. Si profilano quelle problematiche che caratterizzeranno il seguito dell'occupazione: divisione tra lavoro intellettuale e manuale, piena disponibilità solo da parte di quei pochi su cui pesa tutto, inesistenza di un gruppo operativo. Prime vittime della nostra condizione in un quartiere popolare, la violenza e la necessità di una grande forza d'animo allontanano la troupe cinematografica e Fiore. Durante una giornata di riparazioni e di pulizia per preparare un concerto, tutta la banda del film si assenta senza avvisare, tornano a sera con materiale per una mostra ed una proiezione, tutti li attaccano, si esagera, non vogliono dargli le chiavi per aprire il piano ed allestire, scene nevrotiche, non piacciono gli intellettuali, loro si indignano e vanno via, non torneranno mai più. Emerge una figura furiosa, Sergio, del quartiere, arrivato dopo una settimana di occupazione, è un fabbro, un fabbro che ci forgerà. Assemblee sempre più caotiche, Sergio è in una specie di delirio di ordine e pulizia, spaventa tutti con assalti alla coerenza dei discorsi, chiacchiere per lui, molti non reggono al ritmo, hanno capito che si tratta di un impegno profondo, dicono che è colpa del fabbro, gli intellettuali hanno vita dura. Sta accadendo qualcosa, sempre più pochi alle assemblee, ho perso tutti gli amici che hanno iniziato l'occupazione, Virgilio e Piero vanno via gradualmente, Valentina, la più brava con i bambini, che mi dava coraggio, parte per la Germania, aumenta la violenza del quartiere, le famiglie vengono su sempre meno, "ci sono i drogati" dicono, scambiano la furia di Sergio per cocaina, vedono gli inevitabili spinelli come un'anomalia e un fallimento, finchè, del primo gruppo occupante e delle sue idee non resta più niente, tutto è da rifare, da creare, compreso il rapporto col quartiere. Questo rapporto non si era mai instaurato su un piano reale, sull'onda dell'entusiasmo ci avevano approvato, si erano fatti plagiare dalla macchina da presa e da promesse di un deus ex machina che portasse loro un miglioramento, questo deus ora si era fermato di fronte alla vastità delle problematiche, non credeva più alle proprie promesse. Perduta quella dimensione di gioia, l'entusiasmo è un'agonia ridicola, vi dico che cala il buio, scendiamo nell'oscurità, ora lo so, alla ricerca di una tecnica che sorregga questo progetto, ma il progetto qual'è?

Nel giro di pochi giorni restiamo in cinque a mantenere l'occupazione: Sergio, io, Pasquale e Lino, in più c'è Renata che lavora ad un gruppo delle donne. Per fortuna inizia il corso di Aikido, una tecnica di combattimento giapponese, da un concerto erano usciti dei soldi per comprare il tatami, tappeto di gomma di riso, Vito, l'istruttore, mette insieme il resto della cifra e comincia ad insegnare al secondo piano. Al terzo piano, Lino vuole fare una palestra di pugilato, lui è il figlio di un famoso maestro di boxe, non so come sia arrivato fino a noi, Sergio gli vuole costruire il ring, in due fanno coppia. Al primo piano abbiamo il doposcuola, ragazzi volenterosi si impegnano e seguono i bambini più difficili, sparisce tutto, penne, quaderni, non riusciamo a tenere niente per più di un giorno. Quelli del doposcuola fanno un'assemblea a parte, spesso io scendo, vorrei che partecipassero all'autogestione, non se la sentono, preferiscono non prendere responsabilità, qui vedo per le prime volte Luca, è amico di Renata. Anche qui il gruppo non si fonda su un progetto, passioni, i due responsabili sono due giovani fidanzati, vorrebbero fare molto di più, ce l'hanno con noi, specie con me, fanno un gruppo a parte. Sergio è un uragano, sta in canottiera, pulisce, brucia le erbacce, litiga con tutti. Ci bruciano gli striscioni, becchiamo il bambino, dice che lo hanno pagato i naziskin, facciamo un volantino e una festa "Hanno attaccato Maradona, sono stati i naziskin, tifosi interisti" scriviamo, partecipano gli altri Centri Sociali, sono contenti che siamo antifascisti. Nel pieno della serata arrivano i fasci, dicono che loro non ne sanno niente, chi ce lo garantisce? Uno dice di essere il capo di tutti i fascisti di Napoli, Sergio va a parlare nella piazza dove si incontrano, tutto a posto. Ritornano dopo poco, entrano. Siete apolitici? Entriamo pure noi! I comunisti inorridiscono, partono slogan, eroina fascisti e polizia, se ne vanno, boicottare il Damm dicono, siete fascisti pure voi! Diciamo ai fasci di uscire pure loro, dicono che torneranno per bruciarci. Restiamo soli, comunisti contro fascisti e tutti e due contro di noi. Non so dire come sia stato difficile quel periodo, dov'erano i propositi iniziali? La gente dov'era? Esce un manifesto di una sezione di Rifondazione Comunista, ci accusa di esserci appropriati di uno spazio, "Maradona è meglie 'e Pelè?" si intitola, sono afflitto, Sergio mi guarda e dice di non preoccuparsi, Maradona è meglie 'e Pelè! Abbiamo l'Aikido, un corso di danza, teatro e doposcuola tra duemila e duemila difficoltà. Il tempio, il tempio decorato da un maestro, Salvatore Vitagliano, ogni tanto ne abbattono un muro, lo sfondano a colpi di mazze di ferro, doveva essere un tempio a tutte le religioni, cioè all'Amore, invece siringhe e violenza.

Il Parco, lo spazio all'aperto, è difficile da gestire, i lavori sono stati fatti male, al posto del cemento c'è terreno e acqua. I muretti che si affacciano sul vuoto sono pericolosi, ogni tanto qualcuno li prende a calci e cadono mattoni. La struttura della scala mobile, fatiscente lingua di acciaio che doveva unire due quartieri, è affidata ai tossicomani che ci entrano a farsi, ogni tanto ne buttiamo fuori qualcuno, non sempre è facile, a volte sono bande, ci aiutano i bambini ma dobbiamo frenarli sennò li prendono a pietrate, io cerco di fargli capire che non è giusto offenderli, dico che sono come degli ammalati, ma ci lasciano siringhe e sangue. Il gruppo delle donne si riunisce malgrado tutto, sono un po' snob, si chiudono e parlano tra loro, pare che debbano difendersi a tutti i costi, ci sono donne del quartiere e donne della borghesia, litigo spesso con Renata, non siamo d'accordo, però sono contento che ci sia, mi rendo conto che qui essere donna è una grande sfida. Ormai subiamo incursioni, entrano nella palazzina e rubano, rompono, ogni giorno una scoperta nuova, i ragazzi più grandi vogliono sempre stare a pian terreno a farsi le canne, distruggono quello che possono, gli anarchici ci hanno regalato un orologio con la faccia di Maradona "L'ora della Vendetta", lo appendo, venti minuti dopo non c'è più. Se provi a non farli entrare, i ragazzi ti dicono che questo è un Centro Sociale, non è di tua proprietà, che loro possono stare lì quando vogliono e tu gli dici che c'è, allora, il cesso da pulire e il Parco da aggiustare e loro ti ridono in faccia o fanno finta di niente, canne, solo canne per loro, ogni tanto citano la musica Underground e i Rave, fortunatamente c'è ancora qualche pezzo di musica napoletana. Ripenso al proletariato, a quelli dei Centri Sociali che ne parlano e guardo le scarpe di marca e il sogno di un rolex che girano tra i ragazzi chiusi in un cerchio mentre tre o quattro rollano una canna e mentre altre canne arrivano e vanno, hanno una prevalenza di colore nero e capelli unti, ridono in un modo assurdo, da orchetto, mi viene in mente la Bioenergetica, Reich, quante cose si potrebbero fare, loro sono lì, ho fatto un bel po' di Teatro dell'Oppresso, sarebbe l'ideale, ho le mani legate, non ce la faccio, da dove cominciare? Le porte non si chiudono dall'interno, non c'è privacy, sono solo, forse sono morto, forse no. Oggi Pasquale è andato via, un senso profondo di disperazione, insieme facevamo meditazione, parlavamo di rivoluzione interiore e generalizzata. Vado via anch'io, adesso basta, mi dileguo, non mi faccio più vedere, parto, senza lasciare notizia, poi si vedrà, del resto la mia vita privata non esiste più, ero entrato qui con amici, con idee, non c'è più niente, cosa ci faccio? Sergio e Lino sono superficiali, sono lontanissimi dal tipo medio da C.S.O.A., Sergio si incazza sempre, Lino pensa a mettere su la palestra, dormono al DAMM spesso, si alzano e puliscono, c'è sempre un tira -acqua in giro, siamo pulitissimi ma che ci stiamo a fare? Vado via, adesso! Vado via! Un ns. volantino rifiutato in una facoltà perché dicono che siamo fascisti, quelli con cui parlo mi suggeriscono "ma si vattene è un merdaio, vattene", la gente del quartiere ci disprezza, i ragazzi ci offendono continuamente, ormai anche Sergio non li tiene più a bada, dimagrisco sempre più, è il novembre 1995, getto la spugna! Una ragazza porta un piccolo cane con guinzaglio, vuole mollarlo a Sergio che non c'è, lo prendo, lo do ai ragazzi, un volpino spaventatissimo, lo lascio e me ne vado. Addio DAMM, Diego Armando Maradona Movement, ma quale Movement? Siamo solo noi! Addio! Rivoluzione, situazioni, plagio e critica radicale, niente si è veramente realizzato, parole, parole, parole.

Due giorni dopo sono di nuovo lì

Per quanto critiche possano essere la situazione e le circostanze in cui vi trovate, non disperate; è proprio nelle occasioni in cui c'è tutto da temere che non bisogna temere niente; è quando siamo circondati da pericoli di ogni tipo che non dobbiamo averne paura; è quando siamo senza risorse che dobbiamo contare su tutte, è quando siamo sorpresi che dobbiamo sorprendere il nemico. Questa frase di Sun-Tsè si riferisce ad un'esperienza, il pericolo, sempre ad evitarlo e invece questo è il momento di agire, si, ripensandoci, appena decisi di andare via io mi legai profondamente con questa storia. Vogliono che me ne vada? Allora resterò! E' una situazione disperata? Allora l'affronterò! Sconfitti, sempre sconfitti quelli come me perché la realtà è così diversa dalla teoria. DAMM come sei reale, quanto devo imparare da te, dalle tue sputazzate, dai tuoi guai, dalla tua assurda violenza e dall'ignoranza presuntuosa che ti porti dentro. Risalgo quelle scale sconfinate, sempre le bande di ragazzi, ma li vedo bene sono degli sconfitti, si devono inventare una potenza per celare il loro eterno sfruttamento, la loro sofferenza. E sia, prendo quel cane che avevo lasciato, diventa il mio cane, lo chiamo Plutone, Dio degli Inferi, andiamo a vedere che carte ha in mano il mio nobile avversario.

Dunque, cosa volevo fare qui? Organizzo una performance, un rituale alla Luther Blisset, canti e mantra, maledizione del Jolly Hotel, incappucciato con altri incappucciati, tammorre e flauti, contro il Comune che vuole fare un Archivio nella Palazzina, nessuno capisce ma funziona. Facciamo concerti, il primo va uno schifo, un fallimento, meno male che c'erano altre due serate a seguire, riusciamo a coprire i costi del noleggio di amplificazione, imparerò. Questo posto deve volare, arriveranno altri, lo so, devo mandare messaggi, buoni messaggi, sono convinto che ci saranno degli aiuti. Il doposcuola si interrompe, anche qui danno la colpa al DAMM, invece il metodo non vale più secondo me, la merce si è presa l'anima di tutti, i bambini non si accontentano, vogliono cose scintillanti. Invento una serata, BODHIDHARMA, quiet bar, musica sperimentale, allestimenti, arte, letture di critica radicale, si beve il the, si proiettano immagini, appendo la Madonna insieme a Shiva, da un microfono testi di Debord e canzoni dal vivo. E' un messaggio, sono io, quello che penso. Arriva Pietro, Bodhidharma lo facciamo insieme, diventa un appuntamento fisso, Danilo e Pasquale due DJ che mi danno fiducia, si mettono a smanettare con suoni registrati e canti popolari, la cosa incuriosisce, si parla di questa strana serata dove la gente sta insieme, seduta comodamente, comunitaria. La domenica mattina, Radio Damm, mettiamo le casse sulle finestre del secondo piano e musica e parole, salutiamo il quartiere, inventiamo personaggi e telefonate in diretta, mandiamo messaggi. Comincia a spuntare gente, non so da dove, si vedono volti nuovi, l'assemblea non si riunisce più da mesi, Sergio e Lino non ne vogliono sapere, scottati dal caos di quelle precedenti, ma ora bisogna colpire, ne indico una. C'è Giulia, spuntata dal nulla, Pietro, Luca, Renata, Gilda. Invito una ragazza a leggere cose per Bodhidharma, Sabina, non se ne andrà più, diventerà del DAMM e il DAMM diventerà suo. Sento che si rinasce? Sgombrano il Tien'a'ment, si fanno le riunioni da noi, tutti i Centri sociali da noi! Un mese prima avevo pubblicato un giornalino con un cruciverba le cui definizioni erano una presa per il culo dei rivoluzionari ortodossi, incazzatissimi tutti. Ora sono qui, freddezza ma ci sono. Si fa una manifestazione, a me e Pietro il compito di fare lo striscione, decidiamo di farlo tutto e solamente bianco, ma gli altri, alcuni del doposcuola ce lo pittano, mi incazzo, comunque hanno scritto Zona Autogestita, basta con "Centro", centro di che? Daniele Sepe lo legge e ci ride su? Gli dici che è facile essere ciò che è già stato. Assemblee, in pochi, ma si decide, Luca sta partendo con un serio progetto per i bambini, parla poco ma fa Lino e Sergio non accettano facilmente i nuovi, è una lotta, ogni tanto rivendicano il fatto che loro stanno da più tempo, che significa? Il tempo non esiste. Parte la palestra di Lino, alcuni ragazzi del quartiere lo odiano, perché lui è un pugile, un degno avversario per chi fa della lotta la sua giornata. Devo dire che Lino dimostra una determinazione e una pazienza molto rare in una persona, porta pugili e agonismo. Sergio viene a fare un laboratorio di Teatro dell'Oppresso all'associazione Quartieri Spagnoli, quasi mi commuovo, è bravissimo. Divento spietato, nelle assemblee sono un rompiballe: e perché non hai fatto questo?, e tu cosa ci fai qui, qual'è il tuo ruolo?, dobbiamo organizzarci, dobbiamo essere come la NASA. Ma imparerò che bisogna lasciare il tempo per crescere a tutti. A marzo arriva anche Antonella, diventa anche lei parte del DAMM, ormai stiamo crescendo, piano piano, Concerti all'aperto, ci compriamo l'amplificazione e finalmente, finalmentissimo, un computer! Da quella primavera sono accadute tante cose, siamo cresciuti, ma mai abbastanza, ci siamo scontrati, offesi, abbiamo avuto crisi e situazioni di pericoli, ci hanno tagliato la corrente sei volte, una di noi è stata menata sotto casa dalla madre di una ragazza del quartiere, i ragazzi più grandi ci hanno minacciati, violentati, disturbati, derubati migliaia e migliaia di volte, eppure stiamo ancora qua. Abbiamo chiuso e stiamo lavorando nella Scala Mobile, uno spazio bellissimo, ci facciamo i concerti ma ci sono in programma molte cose, come una libreria e laboratori artistici, devo dire che quello che ci manca di più è un telefono. A noi si è aggiunto Antonio, abbiamo creato dodici corsi di attività sociali e sportive, abbiamo un ambulatorio, una ludoteca, corsi di formazione per educatori di infanzia, abbiamo girato un cortometraggio che è andato in concorso al Festival di Venezia, Fiore è ritornato e ci ha portato il film dell'occupazione, si intitola "La Rivoluzione non è più quella". Abbiamo prodotto due spettacoli teatrali, uno per il premio Scenario fortunatamente bocciato, organizzato due manifestazioni pugilistiche, e una volta messo centinaia di piatti sul pavimento del Parco, dal tempio a scendere giù, e c'è piovuto dentro all'alba della giornata di festa che abbiamo fatto per Antonio Neiwiller e poi abbiamo cambiato la M di DAMM in Montesanto, il quartiere. Prima stava per Movement, ma per andare dove? Meglio stare qui e ora, confondersi con l'intorno, come dice Salvatore Vitagliano. Siamo andati in televisione Rai 2, a fare un détournement, un dirottamento della canzone "Parole Parole"di Mina, Antonella cantava e Piero recitava passi di critica radicale Ma la realtà e tosta, quando facciamo i concerti, cioè i soldi e un po' di Arte, viviamo dei momenti di tensione fortissima con i ragazzi, specie con alcuni, i più ganga style, e allora capisci perché ti lasciano stare lì senza pagare l'affitto, ti rendi conto di quello che hanno combinato i potenti sulla gente, o meglio "te lo ricordi sulla tua pelle" e dietro c'è il vuoto. Lì scopri il punto di convergenza tra non violenza e violenza, chiamiamole così, e dico che innanzitutto la forza non è la violenza ma la violenza è perdente sulla forza, la non violenza è la forza che si è liberata dalla violenza per diventare inafferrabile, la violenza nasce da una comprensione distorta della realtà, la non violenza è la Verità. Perché la Verità o è "una" o non è la Verità. In giro si impongono certezze. Ecco, diciamo che qui al DAMM certezze non ne hai mai, c'è il vissuto, questo telo di dolore e percezione che ci copre e ci protegge, da cosa? Da noi stessi, dalla nostra mente personale, messa in discussione, e soprattutto dalla Mente distruttiva di questa Società, si Società, appropriatrice di reale e di percezione e che distrugge le cose fragili, le cose delicate e lo fa in doppiopetto, con le lacrime agli occhi, con un progetto di buoni propositi piegato in tasca e la volontà di capire i deboli e i veri per farli martiri e falsi. A questo punto le istituzioni vorrebbero inglobarci, metterci in una categoria, burocratizzarci. Contro questo dobbiamo vedercela da soli, con pochi amici, cercando di passare oltre la finzione che ci viene proposta, per trovare una forma sfuggente ma concreta, che vada al passo con la realtà e sia utile adesso, è una scelta che mette molta paura, terrore di contaminarsi, di snaturarsi. Da una parte i burocrati col loro modo semplicistico di pensare il Mondo, dall'altra i tifosi da Centro Sociale, che vogliono godere di tutti i benefici dell'ordine economico attuale lasciandosi un'isola di martiri volontari e militanti a cui guardare per sollevarsi dall'incubo che non tutto è Merce e Scambio. Noi dobbiamo diffidare degli uni e degli altri, perché non siamo come gli uni e non vogliamo essere come gli altri.

Questa esperienza, la chiamerò DAMM, anche se non è giusto così, dal momento che dovrei darle il nome di tutti coloro che ci hanno contribuito e anche osteggiato, di quelli che sono passati o che sono rimasti, che vanno e vengono e così via, questa esperienza ha aperto la nostra mente, in città qualcuno ancora non accetta, specie gli altri Centri Occupati, noi non mettiamo simboli, nè legami col passato, quindi non siamo rassicuranti per chi vuole conquistare il mondo, non siamo affidabili per una strategia politica. I nostri volantini, scritti chiaramente, con grafica non arrangiata, hanno convinto gli altri CSOA a fare altrettanto, anche se non lo ammetteranno mai, le nostre azioni li hanno spinti a essere più presenti sul territorio come facciamo noi, e anche questo non lo ammetteranno mai, ancora vanno in televisione e quando elencano i Centri Occupati della città non citano il DAMM. Molti vengono da noi solo per lo spazio o per raccattare qualche lira o un'ora di esibizione narcisista, li sgamiamo subito, eppure abbiamo deciso di socializzarlo lo spazio, di metterlo a disposizione, tanto al DAMM non resti quello che sei, è troppo tosto, troppo reale. Ho visto gente venire con una convinzione e doverla ridiscutere due minuti dopo a causa dei bambini che lo assalivano o dei ragazzi che lo infastidivano e soprattutto ho visto gente crescere, crescere, come innaffiati dall'oceano. E' un posto pericoloso se sei masochista, ti fornisce tutti gli strumenti per affliggerti e torturarti, in alcuni di noi questo è forte. E' un posto dove capisci come funziona la violenza, agganciandosi alla tua violenza interiore, cercandola, suscitandola e amplificandola. E' un posto dove capisci che la Non Violenza è invece l'arma più forte e più difficile da usare e che ci vuole pazienza, dedizione, ma anche rispetto di se stessi e forza. Attualmente il DAMM è compresso dalle forze del sottoproletariato che ci assale e della borghesia che ci critica e reagiamo a ciò affiancando ad una politica reale una di immagine, cercando di creare qualche piccolo mito di sostegno alle nostre azioni. I ragazzi, i ragazzi, amano le droghe e i messaggi subliminali che la Società gli fornisce, cercano merce e pasticche, eppure qualcuno sta capendo. Abbiamo fatto la lotta al Cobret, nuova eroina, e siamo riusciti a scacciarla dal quartiere, nel senso che l'abbiamo associata, nella retorica quotidiana dei più giovani, ad un aspetto fallimentare, abbiamo spiegato che le pasticche devono essere capite e lo abbiamo fatto durante delle serate di musica tecno con il cabaret e i volantini strani. Abbiamo molta pazienza con loro, a volte eccessiva, ma sappiamo che certi atteggiamenti li ereditano dalla paura e dal fallimento della loro quotidianità. Sappiamo che il lavoro non serve più ma anche che qui da noi dare lavoro ad un disoccupato è ancora un gesto rivoluzionario, certo dipende dal lavoro! Ma soprattutto scommettiamo sulla riappropriazione della qualità, sul tentativo di fare le cose bene, Al Livello, tecnologia, serietà, precisione, puntualità, autodisciplina, le cose più difficili, basta col compiacimento del "però l'ho fatto, ci so' riuscito, ghettizzato e buono", diventiamo la NASA Autogestita. Astronauti Indipendenti è un'idea, una serie di persone che attraversano il tempo e lo spazio, disincantati all'illusione dell'eterno mito sociale, dotati di tecniche strappate all'esperienza, connessi e indipendenti, immersi con tutta la loro corporeità nel Qui ed Ora, affamati di disalienazione, ovunque, calzolai o tecnici del suono, passeggiatori o piloti di TIR, amanti, soprattutto amanti dell'immenso Mistero e quindi liberi dalla paura della morte e dell'uomo.

Noi siamo qui, alla ricerca, in una postazione di frontiera, dove navi individuo partono e ritornano, dove stelle esperienze esplodono ogni giorno! In alcuni momenti arte ancora Arte, utile ancora Utile. Qui ma sarebbe altrove, in una condizione simile, perché la realtà non esiste nè la materia esiste, esistono delle condizioni, condizioni maschio e condizioni femmina, condizioni bianco e condizioni nero e così viaggiando sulle cose. Ma non siamo ancora indipendenti, non siamo i depositari della Verità, stentiamo e sbagliamo ma ogni giorno qualcosa ci attraversa e va in quella direzione, qualcuno è più vicino o più lontano.

Ho scritto tradendo i fatti, lo so, ma è inevitabile. Sono entrato in questa storia naturalmente e forse così va bene.

Da questo foglio saluto tutte le tribù.

Pace.

 

DiegoArmandoMaradona

 

DAMM Zone Autogestite



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