FAVOLA NOTTURNA
di Emiliano Pecalli
Marzo è appena iniziato, ma fa già caldo.
Posso uscire in camicia e giacca a vento, e andare. La sera. Quella del
sole che si è buttato a mare, del gas che si e' sollevato e ha smesso
di pesare su tutto, quella dei telefonini accesi, delle ragazze in gonnella
e ballerine, dei netturbini che bloccano il traffico e fanno un gran casino
nel repulisti generale della città, delle macchine che corrono a
luci accese per le strade, dei silenzi cupi e sensuali delle viuzze del
Borgo Teresiano - dietro la chiesa anglicana quanti forti abbracci e baci
a quest'ora con i Croati in attesa di tornare alle loro case...
Apro la finestra e aspiro l'aria quasi per assaggiarne
l'odore e riempirmi di quel bel fresco frizzante e stimolante, ossigeno
per i polmoni e per la testa. Due spruzzate di profumo e sono pronto. Spengo
la luce, guardo fuori, il cielo che era azzurro ora è blu denso,
non intravedo neanche più le forme del mandorlo in fiore che si trova
li, in un angolino del mio panorama privato, e posso invece controllare
ciò che avviene negli appartamenti del palazzo di fianco. Le luci
sono accese, che movimento! Che spentolio, tovaglie ancora stese e bicchieri
e piatti sporchi, chi è in tuta, chi in vestaglia, c'è un
uomo in pantaloncini blu e maglietta bianca, un bel maschio, che baffi,
che muscoli, che pancia...Non riesco a pensare, oggi, che tutto questo sia
ridicolo, mi sento complice di ognuno di loro perché compio anch'io
quegli stessi gesti ogni giorno e sera e non me ne pento. Ma un rumore improvviso,
quello dell'autobus che si ferma proprio sotto casa, quello che avrei dovuto
prendere io, mi restituisce alla realtà; Cristo, dovrò andare
a piedi. Pazienza. Sant'Andrea, giusto ai margini del centro, giusto fuori
dalla periferia, da un lato piccole case colorate, più in alto i
palazzi signorili e le vie ricche della città; in basso, la strada
e i binari percorsi solo talvolta da treni merci che trasportano legname
al porto, la voce a me incomprensibile dell'omino che annuncia il passaggio
e lo spostamento dei convogli rompe il silenzio, che in questo caso non
è assenza di suoni ma un continuo sordo rumore di automobili che
sfrecciano a gran velocità. Caspita, è tardi, c'ho del tempo
ad arrivare. Sarà già tutto affollato, neanche un cespuglio
libero. Avranno già tirato su tutti, tranne me...no, non è
così, sono tutti ancora qua, strano, mica è venerdì
oggi, si può mangiare carne. Non amo chiacchierare con i compagni
di battuage, per le parole con gli amici ho bisogno di luce, e qui ce n'è
di molto poca e brutta, grigia, verde, fredda. Del resto non avrei nulla
da dire, perciò saluto e tiro avanti, piano; adocchio un posto vuoto
e mi fermo: sarà questa la mia nicchia. Accendo una sigaretta, passeggio
su e giù, non ho pensieri né sensazioni, soltanto un po' di
nervoso. Quando batto voglio che assolutamente non mi vada buca, cosa che
accade di frequente perché qua gli orsi sono molto pochi e molto
spesso chi mi si propone non fa per me; io sono una puttana difficile, del
resto non lo faccio mica per i soldi...Dai, non voglio andare in bianco,
fa che arrivi qualcuno di interessante. Ma è tardi, tanto tardi,
e chi è arrivato ha già avvistato e ad ogni modo non mi sarebbe
piaciuto. Mi siedo, almeno mi, riposo e mi godo l'arietta e il fruscio delle
foglie. Ma mi rialzo subito, perché odo dei passi in direzione del
piazzale dove noi froci non possiamo andare a battere perché c'è
troppa luce. Guardo un po' spudoratamente chi è, perché come
passa cerco proprio di far capire che sto guardando. E' un uomo bellissimo,
oddio, un orso meraviglioso. Né troppo grasso, né troppo magro,
barba, coroncina di capelli; è in pantaloni chiari, maglioncino e
giubbotto jeans; ha una camminata sicura, a testa alta, lo sguardo pensieroso.
Forse un po' troppo pensieroso, perchè mi passa accanto senza nemmeno
accorgersi di me, tira dritto insomma. No caro, non puoi- Ti fermerò
io. Di colpo, chissà perchè, nervoso e stanchezza sono scomparsi,
l'eccitazione invece è tanta e mi dà forza. Lo seguo, studio
il modo di avvicinarlo, gli guardo il sedere e le spalle larghe, il pelo
del collo che intravvedo non appena giubbotto e maglione me lo permettono.
Stupendo, si dirige verso la balaustra, vuole fermarsi a guardare il porto
di notte. Eccolo là, si appoggia al parapetto, il corpo è
teso e mollemente adagiato, lo posso ammirare bene. Chissà se è
al corrente del fatto che attorno a lui si stanno consumando veloci amori
fatti di futile focosa e rapida eccitazione, gemiti e gocce di sperma che
cadono sul suolo; saprà che gli uomini vengono a cercarsi, saprà
che io sono qui, dietro a lui per abbracciarlo e baciarlo, chissà
se è della famiglia. Che fare, avvicinarsi, parlare, toccare...basta,
ci provo. Vado, gli dico "Buonasera" e lo guardo dritto negli
occhi, meravigliosi, di un profondo e forte color nocciola. Lui è
attonito, mi osserva, mi interroga: "Buonasera?" "L'ho vista
passeggiare solo, a quest'ora di notte, e bloccarsi qua alla balaustra.
Ero solo anch'io e volevo parlare, cosi ho pensato di avvicinarmi. le spiace?
non volevo seccarla, se desidera me ne vado." Ho provato con questa
frase idiota per vedere quanto costui sia cosciente di ciò che davvero
desidero di fare con lui- Spero che mi dica "come no, vuoi parlare,
qui o a letto? in ogni caso parlerai al mio uccello." Ma non è
tipo, arrossisce e mi dice "non mi spiace, tuttavia non ho voglia di
parlare, sono venuto qui per pensare. non riuscivo a dormire, cosi ho pensato
di fare una passeggiata." "Dove abita?" "A Campanelle,
ma nella parte bassa, vicino alla Maddalena-"
"È lontano; è un gran camminatore."
Lo guardo ancora più attentamente, lo trovo perfetto. Lui si imbarazza
del mio impicciarmi indagatore, gira la testa e ricomincia ad osservare
il panorama. Non dice nulla, guarda fisso in là. Io mi metto come
lui, vicino a lui, guardo anch'io. Vedo nero e punti di luce di tutti i
colori, gialli, bianchi, azzurri; mi sembra di vedere le stelle che brillano
e paiono vive, con quel loro mutare d'intensità e tremore. La brezza
mi sfiora, pare quasi essere la causa dell'incerto lampeggiare di quei lumi.
Mi osservo le mani, poi il resto attorno a me, il colore è il grigio
blu della luna e delle luci artificiali, le cose appaiono più nitide,
più chiare. Posso penetrare negli oggetti e sezionarli, vedo inspiegabilmente
meglio a quest'ora e con questa luce che di giorno...Ha uno strano odore,
l'Uomo. Non è profumo, ma nemmeno puzza. Un odore leggeraente acre
ma non fastidioso, un odore che non ho mai sentito prima. Non resisto, lo
osservo di nuovo - E' sempre là, immobile, fisso verso le luci in
lontananza. Ha un bel profilo; gli guardo le mani, piccole, tozze e larghe.
Mi piacciono, vorrei sentirle addosso. Guardo i piedi grandi, o meglio le
grandi scarpe da operaio, sporche di pittura. Le gambe, forti e muscolose,
i pantaloni sbiaditi, la cerniera lampo leggermente abbassata. Non posso
trattenermi, più lo vedo più mi piace - Gli metto una mano
attorno alla vita, con l'altro lo tiro a me, gli dò un bacio sulla
guancia, Lui si irrigidisce, i suoi occhi sorpresi non mi lasciano presagire
nulla di buono, e difatti si allontana con uno spintone, mi tira un ceffone,
grida "vai via brutto frocio, non sono un culattone"; scoloro,
mi tiro indietro, mi riappoggio sulla balaustra, incapace di reagire e pensieroso.
Non piango, anche se mi ha fatto male. Lui si è calmato, si è
rimesso come prima, senza darmi nemmeno un'occhiata. Silenzio. Io penso,
ora, no, non è della famiglia, però è venuto qua...potrei
prenderlo con le buone...certo che sono stato rozzo e goffo, abbracciarlo...poteva
menarmi molto di più. Uff, non mi puo andare buca, devo utilizzare
un'altra tattica, certo che è un casino, adesso. Comincio a sentire
freddo. Impietrito, incazzato con me stesso, mi sono accovacciato a terra.
Me ne dovrei andare, ma non voglio. Potrei tornare alla mia postazione,
raccattare un avanzo per farmi inculare e poi riportare a casa, a dormire.
Però lui è cosi bello, ne sono seriamente innamorato. Sento
i suoi passi, se ne va, no, non lo devo seguire, sarebbe troppo, sarebbe
andarsele a cercare. In realtà è venuto da me, mi ritrovo
le sue gambe davanti al viso, alzo gli occhi e vedo che mi fissa, serio.
Mi tende una mano, mi aiuta ad alzarmi - "Ti chiedo scusa, non volevo
farti male nè insultarti. Anche se mi hai colto di sorpresa."
"Non fa nulla, è colpa mia." Deglutisco saliva che non
ho in bocca. "Ma se non ti avessi preso di sorpresa?" Arrossisce,
imbarazzato. Ho colto nel segno.
"Ti avrei rifiutato lo stesso, ma con rispetto."
Io non demordo: "Vieni qua spesso?" "No, solo oggi...per
pensare. Venivo da piccolo, mio padre mi portava sul pontile vicino alla
strada per farmi vedere dall'alto i treni che passavano. lui lavorava là,
in porto, faceva il facchino.". "Anche mio padre mi portava qui
da piccolo - e anche lui lavorava in porto, era capo magazziniere."
La coincidenza era tale da non poter essere celata, se non l'avessi detta
mi sarebbe sembrato di non aver sfruttato ogni discorso possibile. Mi piace
come parla, è maschio anche nella voce e nelle parole. Pronuncia
molto bene tutte le lettere, sembra quasi che lo faccia apposta. Lo guardo
con occhi d'amore, li sento brillare bambinescamente, sono pieno di gioia
solo per il fatto di essere riuscito a scambiare due parole. "Quanti
anni hai?" "Venti. E tu?" "Trentaquattro." Pesa
ogni parola. Mi osserva in modo strano, distaccato e curioso assieme. Sento
l'aria mutare, inebriarmi. Sono di nuovo vicinissimo a lui, vorrei riprovarci
ma non oso. "Tu sei omosessuale, vero?" Che domanda idiota, lo
sa già. Deve essere imbarazzato, non sa cosa chiedermi, si sente
in dovere di parlarmi dopo che mi ha picchiato. "Sì, mi pare
chiaro." "Ma sei sicuro'?" "Di cosa?" "Di
essere omosessuale." Oddio, mi cadono le palle; non vorrà mica
farmi la predica o che so io. "Mi pare di sì. Prima ti ho baciato,
se non sbaglio. E non l'ho mica fatto senza un'intenzione ben precisa."
"Scusa, sono uno stupido." "Sono abituato alle domande sciocche."
Ribalto la domanda: "e tu, sei sicuro di essere eterosessuale?"
"Si, credo. non mi piacciono...gli uomini." "Hai una donna?"
"... no. sono un tipo molto...difficile, io." Si capisce. Io tremo
perché vorrei uscire con qualcosa di sensazionale, che faccia colpo;
no, vorrei solo dirgli che mi piace. Ma lo ha già capito prima, e
con quello schiaffo ha davvero chiuso la questione; le scuse non c'entrano,
le deve fare perchè è una persona civile, non perchè
se le senta davvero dentro.
Il silenzio, di nuovo. Ma questa volta ci guardiamo dritti
negli occhi vicendevolmente, lui sempre molto serio, io con gran passione.
Mi preoccupo delle occhiaie croniche che mi ritrovo, qualsiasi prodotto
usi non riesco ad eliminarle - Questa per me ora è più che
una seccatura, è una paranoia. Penso, se a lui piacciono le donne,
io per piacergli dovrei avere qualcosa di femmineo. Chissà chi gli
piace, la Bellucci, o Linda Evangelista..-no, è tipo da Sophie Marceau:
ha la classica faccia di chi va al cinema sciroppandosi filmacci tipo "Eloise
la figlia di D'Artagnan" solo per vedere la bella e scatenata Sophie.
Io invece vorrei essere la classica bionda fatale, avere la lingua di Marlene
Dietrich, il carattere di Madonna, lo stile di Kim Novak, o forse essere
banalmente Marilyn...smetto di osservarlo e guardo invece me, con le mani
pelose mi tocco barba e pancia, non trovo niente di niente in me che sia
vagamente femminile, non ho gesti da diva per ammaliarlo. Basta, non ha
più senso star qua e temporeggiare. Adesso parto in quarta, gli chiedo
di potergli fare un pompino e via, a casa; sempre meglio di niente. Sono
pronto, adesso glielo chiedo e sia finita. Commetto però l'errore
di guardarlo. Lo trovo più oscuro e pensieroso di prima; cosi gli
chiedo "Che hai'?", lo accarezzo su una mano. Lui non la ritira,
mi guarda e mi risponde che è tormentato dai rimorsi. Ci incamminiamo,
io lo abbraccio per affetto vera, non per desiderio sensuale. Mi stronca
quest'uomo perchè sembra davvero disperato. "Che genere di rimorsi?"
"Non lo so... io dormo in albergo, qui vicino. A Campanelle abito con
la mia compagna...l'ho lasciata oggi. Ho preso e me ne sono andato, dopo
il lavoro le ho telefonato chiedendole di non cercarmi; d'ora in poi dovrai
stare da sola, io non posso più sostenere la situazione; vedi amore,
non posso, non so cosa io desideri per me, non so come fare...non ci sono
abbastanza soldi per ambedue...io ho un'amante. ciao. Così le ho
detto. io...ho un'amante. non è vero, è una balla; capisci?"
"No, veramente no. Perchè l'hai lasciata? hai un'amante o no?
e la faccenda dei soldi?" Sono stretto a lui, mi stringe forte a sé.
Le sue mani premono sulla mia schiena, una in alto sale fino alla nuca,
l'altra è ferma in basso, vicino al sedere. è strano, sono
come a disagio. Perchè mi accarezza, ora? "Io non sto bene con
lei. non la sopporto, mi fa male vederla. torno a casa stanco da lavoro,
lei è là, bella, e non mi piace - cerco un po' di consolazione,
e lei non me ne dà. mai una volta mi ha detto 'Caro, vieni qua, sei
esausto, cercherò di calmare io la tua stanchezza - non mi piaceva
nemmeno quando ci siamo messi assieme; e poi, la faccenda del sogno."
Io sono incredulo, mi chiedo se sia possibile tutta questa storia. "Che
sogno?"
"Da qualche mese sogno di camminare proprio in questa
zona, notte fonda. mi appoggio sulla balaustra, e guardo il porto, nella
notte. Si avvicina qualcuno che non conosco e non riconosco, mi abbraccia
e mi bacia...come hai fatto tu prima. e nel sogno io sono contento, è
come se il messaggio fosse: vai là e attendi, chi ti bacerà
ti renderà felice. Così ho fatto, ma mi sei capitato tu..."
Devo interromperlo, glielo devo chiedere. "E quel bacio, ti è
piaciuto?" -' Lui si blocca, smette di massaggiarmi la schiena, mi
alza il viso, si avvicina e mi bacia, a lungo. Io vorrei dimenarmi, non
riesco perchè stringe forte, o forse sono io che non voglio liberarmi,
in realtà. Smette, mi guarda teneramente, mi accarezza il viso. "Temo
di sì", mi risponde. Credo che non sappia cosa pensare di sé.
Nemmeno io so cosa pensare di lui, e di me - L'aria è fresca ora,
ma ci scaldiamo a vicenda. Ho la testa appoggiata sul suo torace, siamo
una coppia di statue in mezzo al piazzale, immobili, marmoree, eppure incredibileente
fisiche, sensuali; dietro le sue spalle riesco a scorgere lontano quelle
stesse luci che già prima avevo guardato, ora sembrano grandi spirali,
un turbinio di colori mossi dal vento, gli occhi quasi accecati dal bagliore
aumentato, dal brillare tremante, io stesso tremo e per non farglielo capire
mi avvinghio ancora di più al suo corpo. Ci baciamo di nuovo. Sospiro:
"Tu mi piaci, sei bellissimo. Non appena ti ho visto sono stato rapito.
Potrei quasi dire che ti amo, io ti amo." "Penso anch'io di amarti...prima
ti ho schiaffeggiato per paura, ma non avevo nemmeno il coraggio di allontanarmi,
ero sicuro, tu eri la persona del sogno...- desidero fare l'amore con te
qui, ora." Prende a slacciarmi i pantaloni; sempre restandomi vicino.
Sbottona anche i suoi, sento il pene dritto tra le mie gambe; ma non me
la sento, mi allontano. Mi guarda, stupefatto, quasi smarrito. "Perchè?"
, mi chiede. Si riaggiusta, nel frattempo. "Non hai detto che sei pieno
di rimorsi? allora ti spiace di averla lasciata - sappi che io non accetto
a questo punto la scopata pura e semplice; si è parlato d'amore,
e io voglio poterlo vivere con te, nel caso decidessimo di continuare..
" vero, i rimorsi ci sono, perchè mi chiedo come farà
da sola .. non ha lavoro, poverina - ma io con i miei non riuscivo più
a mantenerla...non la amavo...io amo te; lo vivremo assieme, questo amore,
vedrai." "Molta calma, molta. Ne sei sicuro? non dirmi che ti
fidi alla cieca di un sogno, per quanto fortemente coincidente con la realtà,
per quanto significativo possa essere...pensaci bene. ti piacciono gli uomini?
o le donne? prima mi hai detto, seppur titubante, di essere etero. Io non
ti voglio forzare a fare ciò di cui non ti senti convinto. tu ora
vuoi inculare me, ma se un giorno volessi io inculare te, ti piacerebbe?
perdona questo discorso, ma non voglio prenderti in un attimo di debolezza.
Devi essere certo di ciò che vuoi. Non posso pensare di stare assieme
a te con il tormento per averti catturato in un momento cosi delicato della
tua vita...è meglio aspettare." "Ma io non posso aspettare...io
ti voglio, vieni qua, vieni. Voglio provare con te, baciarti mi è
piaciuto...ti ho detto che ti amo - vieni, te ne prego." Si avvicina,
lo tira fuori, a forza mi inginocchia. Mi prende la testa, la avvicina al
suo uccello, mi chiede di succhiarglielo; io non so resistere. Credo che
rimpiangerà a lungo questo rapporto. La fine; è mattina, quasi.
Ci siamo addormentati uno vicino all'altro, abbiamo fatto all'amore all'aperto.
I primi cinguettii, le prime campane, i rosa e gli arancioni commestibili
del cielo - quasi morbida gelatina, mi piacerebbe affondare un dito tra
le nuvole ed assaggiare- annunciano una bella giornata. Mi alzo, lo guardo
ora, non mi capacito di ciò che è successo. Dorme, serio,
le mani sulla pancia. Mi sgranchisco le gambe, passeggio fino alla balaustra.
Vedo i magazzini del porto, i cavalieri e le gru all'opera, riesco ad udire
le voci lontane dei facchini e degli operai. In fondo, il mare, calmo. Mi
passo una mano sui capelli, cerco di pettinarli, mi spolvero alla meno peggio;
inspiro profondamente, mi sento felice di rivedere il sole e i colori del
giorno. Non voglio pensare, per ora, a quel che accadrà quando andrò
a svegliarlo. Osservo in fondo alla via, non c'è nessuno, chissà
come sarà andata la battuta agli altri. Mi volto di scatto, il rumore
della saracinesca del bar del piazzale, l'omino guarda il mio uomo dormire
per terra. È meglio che vada a prenderlo, prima che lo cacci via
con la scopa, pensando che sia un barbone..."ehi, Dario, svegliati."
"Ciao, Emanuele; come stai?" Ora che si è svegliato ha
gli occhi piccoli e lucldi, fatica a parlare, pronuncia le lettere in modo
meno sonoro; la stessa voce è rauca, fioca, stentata...lo accarezzo
sul viso. Si alza, si guarda attorno. Non ritrova più niente della
sera prima nella sua testa, quasi non riconosce il posto. Mi dice "non
è mica stato un sogno?" "In un certo senso si, se non un
sogno, una favola. va' a casa, Dario, pensaci. o vuoi fare altro'?"
"Non so...stiamo assieme, allora? ci vediamo stasera?" "Si,
se vuoi...tuttavia pensaci...prendi tempo, non aver fretta. io non scappo
mica." "Dove posso trovarti?" "Qui. o nel luogo di uno
dei tuoi sogni. Non temere, io ti amo, ma voglio che prenda ancora un po'
di tempo per riflettere. Anche se abbiamo fatto l'amore, non vuol dire che
tu non possa cambiar parere...non è facile essere gay, Dario; è
difficile persino esserne consapevoli. Rifletti; quando avrai deciso, se
vorrai, ci rivedremo, ne sono sicuro.
Zitto, rimane zitto. Guarda in basso, confuso; mi chiede
un bacio, "perchè no", dico io.
Ci baciamo mentre il camion del latte arriva per le consegne
mattutine.
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