EDITORIALI

Questo giornale esce con due parole scritte da una squadra ricoverata e fuori, che dice un po' di tutto del mondo di fuori di dentro di dove ci si trova.

E' scritto da pazienti che hanno vissuto una vita in O.P.(ospedale psichiatrico) e vorrebbero riemergere con le proprie forze.

Esprimiamo le nostre lacune - le nostre ansietà - le nostre preoccupazioni di come ci si sente nelle fasi alterne di miglioramento e peggioramento che bilanciano lo stato predispositivo di se stessi. Raccontiamo il passato che viene esaminato dal pubblico forse per capire l'essenza della malattia.

Ci scarichiamo da pesi e tensioni. Le persone che lo leggono, che hanno pazienza - leggono e ripensano a quello che abbiamo scritto

se stiamo bene - se stiamo male - se abbiamo parenti - che cure - che medicinali e anche che cosa pensiamo - il nostro campo di pensiero. Per sapere di noi, non di noi pazienti psichiatrici ma di noi.

Si va di meglio in meglio.

In passato si viveva peggio.

Il tempo passato qui è stato un vuoto di tempo che non si rimarginerà mai. Il vuoto finisce quando uno capisce. Col tempo e coi ricordi si può recuperare il periodo in cui eravamo nel nero, nel vuoto. Se vi piace leggete, sennò fate come volete.


"I Ptussi" giornale autoprodotto della Residenza Altinate di Oderzo esce per la prima volta nel giugno del 1990, in formato economico - un fascicoletto di fogli A3 fotocopiati, piegati e graffettati. Venivano pubblicate poesie - racconti - disegni e scarabocchi dei (cosiddetti) pazienti psichiatrici che all'Altinate (l'ex quinto padiglione della succursale maschile dell'ospedale psichiatrico provinciale di Treviso) ci vivevano da decine d'anni. Sono passati più di sei anni da allora e di iniziative, per innescare processi per la comunicazione e la visibilità nel territorio ed oltre, ne sono state fatte tante, eppure con la fine dell'anno in corso (il 1996) ci sembra di dover ricominciare da capo.

Sarà un caso ma "i Ptussi" viene pubblicato per la prima volta come rivista vera e propria alla fine del '96, periodo che vede il network della grande comunicazione ufficiale stra- impegnato con tutte le sue testate di spicco, nel mettere in risalto l'evento psichiatrico dell'anno - la (ri)chiusura dei manicomi.

Strano ma vero!!! Eppure eravamo in molti a credere (anche tra gli addetti ai lavori)che la legge 180 del 1979 avesse già affrontato il problema, e che nel contesto attuale il lavoro da sviluppare nel rapporto tra psichiatria e marginalità sociale, fosse d'altro tipo. Tanto che in questi anni ci siamo preoccupati di qualità della vita, di comunicazione e di integrazione, proprio all'interno (e all'esterno) di uno di questi spazi - un cosiddetto Residuo Psichiatrico - cercando di inventarci situazioni sostenibili calandoci nella realtà della persone che hanno vissuto e tuttora vivono in questi spazi.

In sei anni il nostro lavoro ha sempre messo in primo piano tutti quegli interventi finalizzati al miglioramento dell'integrazione, perciò "i Ptussi" e i loro dintorni hanno definito nel tempo e nello spazio un luogo di scambio intersoggettivo e sociale che saputo innescare tante re-azioni sinergiche-comunicative. Una specie di contenitore-appuntamento, che ha permesso, in connessione con i laboratori espressivo-linguistici permanenti, di ri-costruire la visibilità a persone che, grazie all'istituzione psichiatrica- manicomiale, erano diventate invisibili.

Ed proprio rispetto a questi contenuti che intendiamo sviluppare il nostro lavoro presente-futuro, nella di ricerca ed applicazione di strumenti e percorsi di rottura e superamento dello status della marginalità sociale. Crediamo che il diritto all'esistenza di ogni individuo si esplichi attraverso il riconoscimento di alcuni di diritti fondamentali quali il diritto al cibo, alla casa, all'assistenza, al reddito ed altri, ma - da un'analisi della struttura dell'attuale tessuto sociale - è oggi fondamentale parlare anche di diritto alla comunicazione. Solo così (forse) potremmo evidenziare-affrontare-combattere la marginalità ovvero la moderna detenzione sociale. Questo numero de "i Ptussi" ha cercato fornire un maggior spazio ai vari autori- publicisti-scrittori, al fine di offrire al lettore un panorama articolato su argomenti e discussioni tra dentro e fuori, nelle relazioni interpersonali, nei sogni e nelle aspettative di chi scrive. Il risultato perseguito è l'utilizzo del giornale (o qualsiasi altro strumento) come mediatore-comunicatore per diminuire le distanze (forse le paure) tra chi ha scritto e chi legge. L'integrazione del paziente psichiatrico non dev'essere necessariamente un processo di omologazione ma ma piuttosto un percorso reale finalizzato all'accettazione e all'interazione sociale tra soggetti differenti.

I Pussi attraverso una carrellata sincopata di immagini non omologate dal cosiddetto mondo de "matti", senza censure ed inutili pietismi sulla sofferenza, propongono una prassi comunicativa per la liberazione e l'autorizzazione della "diversità", proponendosi come area di contaminazione rispetto alla cosiddetta "normalità".

I Ptussi è una finestra aperta su una realtà per molti sconosciuta, attraverso la quale è anche possibile interagire contattando la redazione mandandoci:

- una lettera - un telegramma - un fax - una e-mail (diversa@ecn.org) - un piccione viaggiatore - o (meglio ancora) venendoci a trovare di persona.

 

Stefano Mantovani - coop Salto Biralto