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![]() L'Europa OrientaleNOTIZIE EST #38 - NATO LA LOBBY AMERICANA DELLE ARMI INVESTE PESANTEMENTE NELL'ALLARGAMENTO DELLA NATO WASHINGTON - I produttori americani di armamenti, che guadagneranno miliardi di dollari con la vendita di armi, sistemi di comunicazione e altre apparecchiature militari se il Senato americano approverà l'allargamento a Est della NATO, hanno effettuato enormi investimenti in attività di lobby e per il finanziamento di campagne tese a promuovere la loro causa a Washington. La fine della guerra fredda ha ridimensionato il settore degli armamenti, costringendolo a una diversificazione. Ma l'espansione della NATO - in un primo tempo alla Polonia, all'Ungheria e alla Repubblica Ceca e, forse, in un secondo tempo a più di una dozzina di altri paesi - offrirà ai produttori di armi un nuovo mercato dalla enorme redditività. Le sei maggiori aziende americane produttrici di armi hanno speso negli scorsi due anni $51 milioni in attività di lobby, secondo quanto riporta un'indagine eseguita per il "New York Times" dal Campaign Study Group, una società di ricerca con sede a Springfield, in Virginia. Se fossero stati inclusi i costi delle attività di lobby svolte da tutte le società che svolgono attività collegate al settore militare, come quelle che si occupano di computer e tecnologia, si sarebbe ottenuta una cifra che farebbe apparire piccoli gli sforzi di lobby di ogni altro settore. Non tutte le attività di lobby erano mirate all'espansione della NATO, tuttavia. Le aziende hanno altri affari per miliardi di dollari proposti al Congresso. Ma l'espansione della NATO è di interesse centrale perché offre una quantità enorme di opportunità. Il settore militare rimane anche il più generoso tra i finanziatori dei candidati al Congresso, come segnala il rapporto, con stanziamenti distribuiti in misura equa tra repubblicani e democratici. La cinquantina di aziende la cui attività principale è quella della produzione di armamenti hanno inondato i candidati con $32,3 milioni a partire dal crollo del comunismo in Europa Orientale all'inizio del decennio. Per fare un raffronto, la lobby del tabacco ha speso $26,9 milioni durante lo stesso periodo compreso tra il 1991 e il 1997. Le sei maggiori aziende americane che operano nel settore militare hanno aumentato anche i loro contributi ai comitati che svolgono campagne di pressione a livello federale, che ora ammontano a $2,4 milioni, rispetto a $1,5 milioni nel 1991. Negli ultimi sei anni, queste sei aziende - Lockheed Martin, Northrop Grumman, Textron, Raytheon, Boeing e McDonnell Douglas - hanno complessivamente dato ai comitati più di $15 milioni. "Come tutti gli altri produttori americani, stanno cercando mercati all'estero," ha affermato il Senatore Daniel Patrick Moynihan, un democratico di New York che si oppone al progetto di espansione della NATO. "Ormai gli abbiamo proibito di vendere alla maggior parte di quelli che erano i loro potenziali clienti". Le regole della NATO prevedono che i nuovi membri debbano aggiornare le loro strutture militari e renderle compatibili con quelle dell'alleanza militare occidentale, che possiede gli armamenti e i sistemi di comunicazione più sofisticati - e più costosi - del mondo. Le aziende che ottengono contratti nell'Europa Orientale per dotare di questa "interoperabilità" i vecchi sistemi dell'era sovietica, trarranno enormi vantaggi dall'espansione a est della NATO. Così, le somme spese per attività di lobby e per il finanziamento di campagne di pressione sono relativamente limitate rispetto ai potenziali vantaggi che se ne otterranno sui nuovi mercati che offre una NATO più ampia, soprattutto dalla vendita degli articoli di maggiore valore, come i caccia. Un F-16, prodotto dalla Lockheed Martin, costa circa $20 milioni; un F-18, prodotto dalla Boeing, costa $40 milioni. La Polonia, da sola, vuole acquistare tra i 100 e i 150 caccia e sta esaminando le relative offerte della Lockheed, della Boeing e di altre aziende britanniche, francesi e russe. "E' un grosso affare," ha detto un funzionario polacco, chiedendo di restare anonimo. "Stanno facendo del loro meglio", ha continuato, riferendosi a queste aziende. "Sono molto attive". [...] [Non sono solo] le aziende del settore militare ad appoggiare l'allargamento della NATO, anche se pochi altri gruppi di pressione negli Stati Uniti se ne preoccupano tanto. Non vi è stata praticamente alcuna opposizione organizzata all'allargamento della NATO e l'opinione pubblica non è stata per nulla coinvolta nel dibattito. I produttori di armi si sono immediatamente buttati sull'idea e hanno aiutato nel corso del tempo l'amministrazione americana a venderla. [...] Il principale canale di sostengno all'espansione della NATO è un gruppo chiamato "Comitato degli Stati Uniti per l'Espansione della NATO", che è sostenuto dall'industria militare. Il presidente del comitato è Bruce Jackson, che allo stesso tempo è direttore della pianificazione strategica per la Lockheed. Sponsor aziendali stanno fornendo supporto anche a gruppi etnici che si sono schierati a favore dell'entrata nella NATO dei loro paesi nativi. Ciò ha portato a un certo scetticismo nel Senato americano. Il senatore Tom Harkin, un democratico dello Iowa, dice che le lobby sono state così efficienti da fare dell'espansione del Patto Atlantico "un Piano Marshall per le industrie militari appaltatrici del governo, che stanno sbavando per vendere armi e realizzare profitti". Un alto esponente del Partito Repubblicano ha detto scherzando che i produttori di armi sono così ansiosi di vedere un'espansione della NATO che "probabilmente riusciremo a vendere un'intera flotta nuova di zecca all'Ungheria, che non ha sbocchi sul mare". Questo zelo da parte delle aziende militari, l'intenso lavoro di avanzamento dei loro interessi da parte del Senatore Jesse Helms, il repubblicano del North Carolina che è presidente del Foreign Relations Committee, hanno portato alla certezza virtuale che il Senato approverà il trattato per ammettere polacchi, ungheresi e cechi. Il dibattito è cominciato due settimane fa, ma è stato rimandato a questa primavera nella speranza che venga ascoltato in maniera più attenta. (da "New York Times", 2 aprile 1998) |