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La NATO a Est


ESAME DI CONDOTTA PER LA SLOVACCHIA
di Juraj Janosovsky

Il parlamento slovacco ha approvato il 14 febbraio 1997 una proposta di referendum sull'entrata del paese nella NATO. Questa decisione è il risultato non solo di una massiccia richiesta in tal senso da parte dell'opinione pubblica (secondo un'indagine AIS, nel gennaio 1997 a favore del referendum si è espresso il 71% degli intervistati, e secondo l'agenzia FOCUS, in un'indagine svoltasi tra il 28.1. e il 4.2.1997 al referendum intende partecipare il 61% degli aventi diritto al voto), ma anche di una politica interna conflittuale. Ancora prima che sia avvenuta l'integrazione economica della Slovacchia nell'Unione Europea e nella NATO, i rappresentanti di queste due istituzioni internazionali si immischiano ripetutamente negli affari interni del paese e appoggiano senza riserve, sia materialmente che politicamente, i partiti politici che hanno perso le ultime elezioni. Per questo il vivo interesse per la propria sovranità, evidenziatosi per alcuni mesi, ha costretto alcuni partiti parlamentari ad adottare una posizione di aperto scetticismo riguardo a un'eventuale sottomisione del paese al comando della NATO.

La Slovacchia, un piccolo paese nel centro dell'Europa
Quando nel gennaio 1993 l'ex Cecoslovacchia è stata divisa in due nuovi stati (in maniera estremamente civile) si è trattato della conseguenza non solo dei tentativi sistematici di emancipazione da parte della Slovacchia, ma anche di una decisione delle grandi potenze. Si sta evidenziando con molta chiarezza, dopo la riunificazione della Germania, una contemporanea tendenza al rinnovo del modello più ampio di un grande Reich tedesco. La Cechia ha fatto parte sotto forme diverse della sfera di influenza politica della Germania, l'ultima testimonianza della quale è stato a metà secolo il protettorato del Reich. La Slovacchia, fin dai tempi di Cirillo e Metodio ha tradizionalmente cercato una propria indipendenza. Inoltre, i traumi subiti nella storia da parte della nazione ceca, hanno costretto quest'ultima ad adattarsi politicamente a una politica di lealtà dettata dai fatti. [...] La diaspora slovacca si è invece evoluta, grazie alla difesa costituita da un territorio montagnoso, secondo una politica autoctona di resistenza attiva. Le similitudini con la situazione della ex Jugoslavia non sono casuali.
        Anche la capitolazione dopo la Guerra Fredda è stata, ed è ancora, interpretata diversamente nella Repubblica Ceca e in Slovacchia. Mentre l'élite ceca appoggia senza riserve l'annessione e la sua priorità è quella di accumulare su di essa il maggiore capitale possibile, in Slovacchia, dopo l'euforia per l'acquisita indipendenza dal centro di potere moscovita e dalla tutela di Praga, domina evidentemente un'indisponibilità a rinunciare alla propria sovranità e a consegnare il proprio destino a istituzioni sovranazionali che ignorano gli interessi slovacchi e tradizionalmente sono più comprensive nei confronti delle pretese locali degli ungheresi.
        Il risultato naturale della pressione massiccia esercitata da parte dell'Occidente e della forma brutale assunta dalle "riparazioni di guerra", con le relative conseguenze sociali e ormai anche demografiche, è una maggiore sensibilità della politica slovacca nei confrtoni degli interessi della Russia e dei paesi del Terzo Mondo. La dottrina della "casa comune europea", che concepiva la fine della Guerra Fredda come l'inizio di un nuovo modo di pensare europeo, è stata nella realtà politica sostituita da un'interpretazione incentrata sulla sconfitta della Russia sovietica e dei paesi socialisti dell'Europa Centrale e Orientale. Gli ultimi cambiamenti hanno portato in queste regioni a una sensazione di frustrazione, a una mancanza di fiducia nei confronti del tentativo della Germania e della cultura europeo-occidentale di sostituire la collaborazione con la subordinazione.

A cosa mira la NATO
Svariati trattati europei contenevano l'impegno da parte della NATO e del Patto di Varsavia a sciogliersi nel caso in cui il blocco militare avverso avesse cessato di esistere (come per esempio il documento finale della Conferenza di Helsinki). Cinquant'anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale assistiamo invece a una violazione di questi patti, che sta già dando i suoi frutti a livello politico. La Germania si è riunificata, l'esercito russo si è ritirato dal suo territorio e successivamente anche dall'Europa Centrale. In Germania sono rimasti solo le truppe di occupazione americane e gli USA devono fare fronte alle conseguenze della nuova situazione sotto la pressione di una crescita della "nuova destra" tedesca e dei suoi sentimenti antiamericani. Fino a oggi, tuttavia, gli USA non avevano ancora lasciato chiaramente capire se intendevano abbandonare l'Europa oppure solamente riorganizzare la propria presenza militare. La presenza americana in Jugoslavia, la nuova base militare nella città ungherese di Kaposvary, sono fatti che dimostrano chiaramente come l'America non abbia alcuna intenzione di abbandonare l'Europa a se stessa. I paesi europei, tuttavia, dopo essersi liberati della paura della Russia, hanno la sensazione che l'attuale situazione sia un anacronismo militare e i timidi tentativi di rafforzare il "pilastro europeo della NATO" si scontrano con un atteggiamento di disprezzo politico. La NATO sta vivendo una profonda crisi strutturale e il suo allargamento ha pertanto una motivazione differente per i paesi membri europei e quelli transatlantici. La Germania e i suoi alleati europei si attendono un rafforzamento dell'influenza europea e della propria posizione, gli americani un nuovo mandato alla presenza militare in Europa, con la possibilità di intervenire direttamente nei Balcani, non lontano dal focolaio di crisi mediorientale, e nella regione baltica, che dà loro l'opportunità di giocare una sottovalutata carta russa nella politica europea.
        Gli interessi dei paesi dell'Europa centrale e orientale sono quindi secondari e tale sarà evidentemente anche la loro posizione nell'Alleanza per quanto riguarda le facoltà di decisione. Il loro ingresso nella NATO dovrà affermare e sancire formalmente la nuova interpretazione della fine della Guerra Fredda come vittoria della NATO, rendendo possibile rinnovare in maniera più economica gli arsenali dei membri fondatori della NATO (i nuovi membri, più poveri, sono stati costretti a comprare armamenti di seconda mano) ed eliminare anche le spiacevoli conseguenze che gli interventi NATO nei conflitti internazionali possono avere a livello di politica interna dei paesi membri (i nuovi stati avrebbero l'occasione di sacrificare le proprie vittime per la causa dell'Alleanza...). L'allargamento della NATO costituisce però una minaccia aperta ai paesi del Terzo Mondo. Aumenta l'effetto della minaccia militare, la possibilità di mobilitare gli eserciti NATO, altrimenti limitata da posizioni contrarie all'interno dell'alleanza e la crescente aggressività che ne deriva...

Referendum prima o dopo l'invito
L'opinione pubblica slovacca avrà quindi un'occasione unica per decidersi. Il referendum si svolgerà prima del summit NATO di Madrid, il cui svolgimento è previsto per i primi di luglio e nel corso del quale un numero selezionato di paesi riceverà l'invito a partecipare all'Alleanza. Il primo quesito riguarderà l'entrata nella NATO, il secondo il dispiegamento di armi nucleari sul territorio della Slovacchia e il terzo la creazione di basi militari NATO sul territorio dello stato. Mentre nel 1995, secondo un'indagine dell'agenzia americana USIA, il 23% dei cittadini slovacchi era univocamente favorevole all'entrata nella NATO, nel 1996 il loro numero si era ridotto a solo il 18%. I timori di fronte all'eventuale possibilità di un voto degli slovacchi anche in merito alla neutralità (una proposta in tal senso è stata bocciata di stretta misura dal parlamento) sono una testimoniannza del fatto che la politica slovacca si trova sull'orlo di un ulteriore intervento politico da parte dei paesi della NATO. Gli esiti del referendumo potrebbero quindi scatenare una reazione a catena in altri paesi. L'eventuale mancata partecipazione della Slovacchia alla NATO potrebbe caricare di nuovi doveri i paesi che diventerebbero così degli stati di confine dell'Alleanza al posto della Slovacchia. Il confine tra Ungheria e Slovacchia si "irrigidirebbe" oppure diventerebbe non più un confine tra stati, ma il confine di un blocco.

(Juraj Janosovsky è portavoce dell'Associazione slovacca per la neutralità)