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Per migliaia di anni le donne hanno prodotto il loro cibo e garantito la sicurezza alimentare ai loro bambini e alle comunità. Ancora oggi in Africa l'80% del lavoro necessario alla produzione alimentare interna è svolto dalle donne. In Asia per il 50-60% e in America Latina per il 30-40%. E dovunque nel mondo le donne sono responsabili per la sicurezza alimentare a livello familiare. Nella società patriarcale, tuttavia, questo lavoro è stato svalutato.
Storicamente tutte le società sono sopravissute perchè sono state in grado di garantire la sicurezza alimentare ai loro popoli. Ciononostante questa politica è stata sovvertita dalla globalizzazione, dalla liberalizzazione del commercio, dall'industrializzazione e commercializzazione di tutti i prodotti agricoli sotto gli auspici dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (IMF).
Il prossimo novembre 1996 la FAO, Organizzazione dell'ONU per l'Alimentazione e l'Agricoltura terrà a Roma il Summit Mondiale sull'Alimentazione. L'obiettivo è di raggiungere "la sicurezza alimentare universale" entro il 2010 sradicando fame e malnutrizione. Ma i documenti tecnici preparatori dimostrano che questa finalità sarà perseguita ancora attraverso l'industrializzazione ed il commercio internazionale degli alimenti. Il cibo verrà prodotto dove il lavoro costa meno e le protezioni ambientali sono più fragili. Le comunità povere saranno costrette a produrre merci di lusso da esportare nei paesi ricchi per il consumo delle classi più abbienti. Queste tendenze sono già in atto con risultati devastanti: scomparsa su larga scala dei piccoli agricoltori; fine dell'autosufficienza alimentare; fede nella monocultura; manipolazione genetica degli alimenti; perdita della biodiversità e della sostenibilità ecologica. Le popolazioni rurali impoverite, spiazzate da questa politica agricola mondiale, finiscono per divenire membri marginali della società nelle metropoli sovraffollate, senza lavoro, speranza o cibo. Nonostante sia risaputo come questa politica sia causa di povertà e malnutrizione, viene ancora proposta come rimedio per questi stessi problemi. I gruppi più vulnerabili colpiti da queste politiche sono donne e bambini delle povere comunità rurali.
Questa politica minaccia anche la garanzia e la sicurezza alimentare nel Nord del mondo, dove l'azienda agricola familiare è stata rapidamente rimpiazzata con l'agrobusiness chimico ed intensivo. I consumatori sono divenuti potenziali ostaggi di poche multinazionali specializzate nel trattamento e commercializzazione degli alimenti. Al momento del consumo, anello finale della catena alimentare globale, le donne come casalinghe non possono più garantirsi la possibilità di dare alle proprie famiglie un'alimentazione sana.
In Perù, Cile e altri paesi del Sud le donne stanno lottando contro questa politica monopolistica costruendo a livello comunitario la produzione di cibo e di sistemi sanitari. Le donne nelle comunità indigene lottano contro l'espropriazione della terra; le donne nell'agricoltura orientata all'esportazione si oppongono all'uso di prodotti chimici a rischio. Queste donne hanno il sostegno delle donne del Nord che organizzano il boicottaggio dei seguenti prodotti da esportazione: fiori, ortaggi e gamberetti.
Molti gruppi nel Nord e nel Sud rifiutano la manipolazione genetica del cibo. Ci dicono che la biotecnologia è necessaria per nutrire una popolazione mondiale in continua crescita. Ma il 60% dei cereali sono destinati a nutrire gli animali nei sistemi industriali di allevamento. E sempre più terra nel Sud non viene usata per nutrire la popolazione locale ma per la produzione di prodotti di lusso da esportazione.
Gli interessi commerciali connessi con questa tecnologia sono particolarmente evidenti nella promozione del brevetto di forme di vita -piante, animali ed esseri umani - sotto la protezione del TRIPS, Trade Related Intellectual Property Rights. Nel Sud ci si oppone al brevetto di forme di vita perchè in molti casi si tratta di pura pirateria: furto della biodiversità indigena e del sapere locale. Nel Nord molte persone si oppongono al brevetto di forme di vita per ragioni etiche.
Come consumatori molti europei si oppongono a cibi manipolati geneticamente. Ciononostante l'Unione Europea promuove questi nuovi cibi persino rifiutando di etichettarli come tali negando con ciò ai consumatori il diritto umano e civile di decidere cosa vogliono mangiare. Il consumo in questo cosiddetto "libero mercato" diventa coercizione.
In tutto il mondo le donne stanno esprimendo resistenza nei confronti di politiche che distruggono la base della loro esistenza e la possibilità di determinare e controllare l'alimentazione. Creano anche alternative per garantire la sicurezza del cibo alle comunità di appartenenza basate su principi e metodi diversi da quelli che regolano l'economia dominante orientata al profitto e cioè:
La sicurezza alimentare per tutti non è possibile all'interno di un sistema di mercato mondiale basato su dogmi di libero commercio come: crescita ermanente, vantaggi comparati, competizione e massimizzazione del profitto.
D'altro lato la sicurezza alimentare può essere raggiunta solo se le persone nelle loro economie locali e regionali si sentono responsabili, sia come produttori che come consumatori, della sostenibilità della terra e di altre risorse, delle condizioni sociali ed ecologiche della produzione di cibo come della sua distribuzione e consumo, della conservazione della diversità culturale e biologica dove l'autosufficienza è il principale obiettivo economico.
La nostra sicurezza alimentare è una questione troppo vitale per essere lasciata nelle mani di poche multinazionali e dei loro profitti o di governi nazionali che sempre più perdono controllo nelle decisioni in merito alla sicurezza alimentare, o a pochi - in maggioranza uomini - delegati nazionali ai convegni delle Nazioni Unite che prendono decisioni riguardanti le nostre vite.
Leipzig, 20 giugno 1996
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Maria Mies |
Vandana Shiva |
Raccogliendo l'invito di Maria Mies propongo all'attenzione delle donne in Italia questo appello. Per adesioni si prega inviare la firma preceduta da nome, cognome e indirizzo in stampatello per fax o posta a:
Mariarosa Dalla Costa
Istituto di Scienze Politiche
Via Del Santo, 28
35123 - Padova
Fax 049/8274029