Aprite il vostro cervello tanto spesso quanto i vostri pantaloni


Dal 16 al 19 gennaio, a Milano, l'agenzia "Erotica" ha allestito al Palavobis la manifestazione "Sexilandia": quattro giorni di punti vendita di pornomateriale e varie amenità, aperta dalle 18 alle 2, costo del biglietto £ 30.000. Spaventa non poco la gratuità dell'avvenimento, presentato spavaldamente nel nome dell'allineamento della piazza italiana ai meccanismi di vendita di altri paesi europei, confonde volutamente i termini di erotismo e pornografia (usati come sinonimi, solo il primo più lecito dell'altro) assimilandoli all'esigenza individuale del consumo dei prodotti. Un'altra trappola era la pretesa "universalità" del target, comprensivo di uomini e donne di vari livelli sociali, e che celava in realtà una rigida selezione del pubblico, un invito esplicito all'immaginario maschile a riconoscersi e confermare la predilezione per una rappresentazione della sessualità fra le più squallide e mercificatorie. Spaventa anche il silenzio in cui questa manifestazione ha potuto avere luogo. Nessuna voce, non diciamo di scandalizzata condanna, ma nemmeno di tiepida critica si è levata contro un evento che pure è stato abbondantemente e visibilmente pubblicizzato per tutta la città. Ne ricaviamo dunque che si dia ormai per scontata la necessità di un ritrovo periodico dedicato soprattutto alla clientela dei pornoshop, dove costoro possano affermare "liberamente" la propria esigenza di consumatori. Lo sconcertante squallore dello spettacolo ("live show" con ballerine, partecipazione del pubblico e uno "strip tease" nascosto in uno spaventoso tronco femminile, dove la vagina era l'ingresso al teatrino per un pubblico, rigorosamente maschile, spaesato e guardingo, dall'occhio sfuggente) faceva da contrappunto alla frenesia degli organizzatori, uno dei quali, loquace e meno reticente degli altri, ha indicato allegramente sponsor e agenzie, "Eventi e spettacoli" di Torino e "Star 2000" di Napoli, che hanno organizzato i "live show". Non c'era niente che potesse motivare una qualsiasi curiosità, al di là della conferma che il mercato, gestito dal capitale su modello patriarcale, è al servizio del maschilismo più nauseante, espressione di una secolare mentalità di dominio e sfruttamento, di legittimazione del sopruso ed esaltazione della violenza. La "libertà" della scelta sessuale, evocata e sottesa dagli innumerevoli filmini con animali, rapporti di gruppo, sadomasochismo (all'appello mancavano - sembra - i bambini, probabilmente omessi dai cataloghi sull'ondata dell'indignazione belga) è quindi, per l'ennesima volta, la libertà di comprare chi, per ragioni socialmente più complesse decide o è costretto/a a farsi comprare. La sessualità non c'entra fatto: non quella libera, consapevole, in cui non ci sia come viceversa un grado di sfruttamento economico, umano, sociale dell'altro/a. E' necessario prendere atto che la mercificazione della sessualità non è un male inevitabile, conseguenza del capitalismo, ma piuttosto un dato intrinseco, strutturale del modello patriarcale. La sessualità come merce, forma di scambio, garanzia di status, è presente fin dalle epoche precapitaliste. Il rito dell'abbandono della casa natale, le forme di contratto stipulate dai parenti maschi e così via, sono l'espressione di una sessualità negata e subordinata ai vincoli della proprietà, dell'appartenenza alla casta, al clan. Modificandosi le forme del controllo sociale, il clan si rimodella nella famiglia borghese, più ristretta, e la mercificazione viene esplicitata al di fuori del nucleo familiare, affinché il maschio rafforzi il modello senza contravvenire alle regole dei comportamenti sociali. Da allora ad oggi, la teoria e la pratica dell'azione femminile si sono sviluppate e imposte fino a travolgere e mettere in crisi quel modello; ma non c'è stata alcuna riflessione sulla sessualità maschile, alcun rifiuto della virilità come "potenza" cui subordinare tutto il resto. Manifestazioni come quella milanese del Palavobis sono alla base della mercificazione di un modello di sessualità, a gestione maschile, segnata dal dominio. A questo modello applaudono entusiasti i maschi di tutte le classi e talvolta anche qualche donna, che dimentica che non c'è libertà di scelta in un sistema di sfruttamento.
Collettivo Femminista Baba Jaga