CRONACA DI UN ARRESTO

Il giorno 25 gennaio alle 10.30 presso la stazione ferroviaria di Arona, ci si ritrova con i compagni del Centro Sociale "Astronautica", i quali hanno indetto un a manifestazione di protesta verso il loro sindaco perché lo spazio presso cui si riunivano per dar luogo alle loro iniziative socioculturali gli e' stato tolto, e la promessa di concedere loro un'altra sistemazione non e' mai stata mantenuta. Premetto che il giorno 31 gennaio dovevo lasciare libera l'abitazione di Milano appartenente ad un amico che per ragioni di lavoro si era trasferito in Germania dal maggio ‘96 al 31gennaio '97 appunto, per cui il venerdì 24 sera ho caricato parte delle mie cose in macchina per trasportarle nella mia abitazione di Candia Lomellina (Pv). Tra gli effetti personali vi erano inclusi 200 gr. circa di marijuana da me coltivata per uso personale e una mezza boccetta (piena erano 12 gr.) con olio di marijuana da me estratto tramite distillazione sempre per uso proprio; sono oltre 20 anni che coltivo queste piante con lo scopo di non dipendere da un mercato il cui unico scopo e' a fini di lucro. L'intento iniziale era di effettuare il trasloco venerdì sera per poi il mattino andare ad Arona alla manifestazione partendo dalla mia residenza. Invece per ragioni di stanchezza ho pernottato a Milano e al mattino insieme a un compagno sono andato ad Arona. Ora, sapendo come sono controllate le situazioni centri sociali in paesi di provincia, ho ritenuto salubre posteggiare l'auto piuttosto distante dal luogo del concentramento della manifestazione. Quando siamo arrivati nel piazzale della stazione abbiamo subito messo a fuoco la situazione: poco meno di duecento i manifestanti, la maggior parte ragazzi della zona, e uno spropositato, per la situazione, dispiegamento di forze dell'ordine. Senza per questo perderci d'animo, con le compagne e i compagni del C.A.Garibaldi ci siamo inseriti con il nostro striscione e nel corso del corteo ci siamo fatti sentire con i nostri slogan e parole d'ordine. Con me avevo un po' di erba che durante lo svolgimento del corteo e' stata consumata. Conclusa l'iniziativa, mi sono diretto verso la macchina insieme a due compagni a cui avrei dato un passaggio e, aspettandomi un controllo, guardandomi sempre intorno. Mentre ci sistemavamo nella macchina sono arrivate improvvisamente due automobili: una civile con due NOS in borghese e una gazzella dei carabinieri. Per un attimo mi sono sentito perso, poi con la mia proverbiale calma ho affrontato la perquisizione pensando che anche questa volta avrei brillantemente superato l'inghippo come tutte le altre decine di volte in cui ho vissuto la medesima storia. Devo dire che le mie carte le ho giocate egregiamente, i due compagni non erano a conoscenza di quello che portavo dietro, e ce l'avrei fatta (avevo già in mano il verbale di controllo con esito negativo) se non fosse stato per la voglia di incastrarmi a tutti i costi espressa da uno dei NOS. Era la prima volta che mi trovavo in una situazione del genere, i miei pensieri sono corsi ai miei figli, sono separato e voglio loro un bene dell’anima, e al mio lavoro (sono un tecnico di laboratorio adibito al processo chimico-biologico di alcuni depuratori nella provincia del sud milanese) che ho visto in pericolo. Ho comunque sostenuto per tutto il tempo di fermo nella stazione dei carabinieri il mio ruolo nella lotta antiproibizionista affermando che sono oltre 20 anni che coltivo e fumo la mia erba, che non l'ho mai comprata ne’ venduta, ma offerta agli amici tutte le volte che si presentava un'occasione particolare, un po' come offrire del buon vino o un piatto prelibato da me preparati. Le mie prime sofferenze sono venute quando mi hanno messo in cella; mi era già capitato prima, ma ero in condizioni diverse, non avevo nulla da temere in quanto non avevo commesso illegalità. Per fortuna il piantone di leva mi faceva uscire spesso per fumare e chiacchierare in quanto aveva subito compreso che tipo fossi. La seconda "gelata" e' stata quando mi hanno schedato (impronte, foto,...); come e' possibile che oggi come oggi alle persone come me possa capitare un simile trattamento? Per quanto ci possa pensare (pur avendo un senso ampio della realtà d'oggi) mi torna tutto incomprensibile. Le manette, quelle sono state tremende, sono state come una martellata o una coltellata in pancia. Nonostante anche loro si rendessero conto dell’assurdità di quei ferri, me le hanno messe (per fortuna non strette) in onore del "regolamento". Ma non sapevo evidentemente cosa mi attendeva in seguito (e' stato meglio cosi') altrimenti penso che qualche colpo di testa l'avrei fatto. Il carcere: per quanto ne abbia letto o sentito parlare, non avrei mai e poi mai creduto che il mio essere e la mia sensibilità ne sarebbero rimasti cosi' colpiti. Prima realtà carceraria: i secondini. Credo siano le persone meno persone, intese come esseri umani. La loro professione: aprire e chiudere porte più o meno blindate, controllare che le inferriate non vengano segate e perquisire con una precisione e una freddezza robotica da riuscire a guardarti tra i testicoli e nell'ano mentre stai a 90 gradi (solo visivamente altrimenti avrei dato fuori di matto) con un'aria cosi' professionale da fare schifo, perché consci e soddisfatti di arrecare offesa. Poi privato di tutti gli effetti personali (perfino il tabacco), documenti, libri, oggetti metallici e lacci delle scarpe sono stato mandato in una cella di 6-7 metri quadri con una branda e un letto a castello, tre armadi, lavandino e turca, e naturalmente due compagni di cella. Quindi attesa, attesa che venga il lunedì, giorno della mia probabile scarcerazione a detta del medico carcerario, ottima persona dalla quale traspariva un’immediata simpatia nei miei confronti, senza secondi fini, come da tutti i detenuti con i quali ero venuto a contatto. E nell’attesa, oltre alle solite paranoie che assalgono a seguito di sogni e pensieri sui possibili risvolti negativi che potrebbe assumere la permanenza carceraria, due erano le sensazioni fortissime che provavo: il vuoto e l’impotenza. Stati questi che, se vissuti con la l’idea che la carcerazione potrebbe essere di lungo periodo, riuscirebbero a distruggermi fisicamente e psicologicamente in un attimo. Non mi sono mai visto tanta televisione come in quei giorni: più televisione uguale meno paranoie. Finalmente arriva Lunedì; doccia al mattino presto, televisione, alle 10.00 mi chiamano per le impronte e le foto (anche in carcere) e mi comunicano che verso le 12.30 sarei dovuto andare in tribunale. Alle 12.30 in punto vengo chiamato, perquisito ancora una volta e affidato a due carabinieri e una guardia e condotto in tribunale. Qui incontro l’avvocato Sicher (contattato dai compagni del Garibaldi) che mi fa alcune domande veloci per meglio inquadrare la situazione ed entriamo così dal G.I.P. dove c’è anche il P.M. Si svolge l’interrogatorio dove ho continuato a sostenere la mia versione (che poi rappresenta la mia verità) e il P.M. chiede la scarcerazione immediata con l’obbligo della firma due giorni alla settimana presso un comando dei carabinieri; condizione subito rifiutata dal mio avvocato. Il G.I.P. dopo circa 20 minuti decreta la scarcerazione immediata in attesa di rinvio a giudizio. Quindi fisso un appuntamento con l’avvocato per un passaggio a Milano e vengo ricondotto in carcere con uno spirito chiaramente diverso. Qui trovo dieci telegrammi speditimi dai compagni del Garibaldi: consegnati alle 14.00 di lunedì 27 sebbene fossero datati sabato 25 o domenica 26 (leggendoli sono scoppiato a piangere come da tempo non mi accadeva). Alle 15.00 sono uscito in consegna a due poliziotti che mi hanno accompagnato al comando per un ulteriore schedatura dove ho incontrato un ragazzo (ufficiale della scientifica) il quale incuriosito mi ha chiesto perché ero stato arrestato e mi ha tranquillizzato sull’esito delle analisi (eravamo in quel momento due chimici a parlare) in quanto la marijuana che cresce qui in Lombardia e in generale in tutto in settentrione, di solito rivela un contenuto di T.H.C. al di sotto dei valori necessari per considerare una sostanza stupefacente. Una cosa importante ho dimenticato di dire, e cioè che durante i due giorni, tutte le persone a cui ho narrato la vicenda è apparso chiaro che la motivazione reale dell’arresto era esclusivamente politica, compresi alcuni carabinieri e poliziotti (io ne sono stato convinto sin dall’inizio). Infine rientro a Milano insieme a Sicher, che mi informa della strumentalizzazione, fatta da alcuni giornali locali, del mio arresto, dipingendomi come uno spacciatore di eroina e cocaina venuto da Milano a inquinare la gioventù felice e spensierata di quella magnifica cittadina sul Lago Maggiore che risponde al nome di Arona.
Mario Di Salvia