AZIONE OMOSESSUALE
      Federazione Nazionale di Associazioni Gay e Lesbiche


      Voci dal Sud, storie di donne e uomini omosessuali.

      In occasione del Gay Pride '96 svoltosi proprio al Sud, a Napoli, Azione Omosessuale ha prodotto un Quaderno in cui sono state raccolte interviste e testimonianze sull'omosessualità vissuta in Meridione, con prefazione di Daniele Scalise.

      Il Quaderno Voci dal Sud può essere richiesto direttamente alle nostre associazioni federate oppure via un e-mail all'indirizzo: azione@ecn.org


      Autocoscienza e Amore.

      Sono degli appunti tratti dall'immenso (è proprio il caso di dirlo) lavoro svolto nei gruppi di autocoscienza che per un anno, in tutta Italia hanno ragionato sull'amore. Ci sono stati gruppi di parola tradizionali, c'è stato chi ha scelto di scrivere appunti, diari, poesie, c'è stato chi ha inviato grafici, relazioni, schede. Chi ha lavorato? Gruppi di lesbiche, gruppi di transessuali, transgender, travestiti, gruppi di gay. Non li riconoscerete perché volutamente le affermazioni sono state mischiate. Come utilizzare questi frammenti? Fate conto di essere l'uomo invisibile che ruba brandelli di discorsi... Prendete quello che vi torna comodo, cacciate via quello che non vi interessa (ma siete proprio sicuri che non vi interessi?) e lavorateci sopra all'interno del vostro gruppo senza problemi di manipolazione alcuna. Verranno fuori cose interessanti e nuove. Verranno fuori le differenze di genere, di sensibilità, di vissuti. La cultura omosessuale, forse, si fa anche così.

      Il materiale potrai poi inviarlo a Francesco Pivetta presso l'associazione Il Tram dei devianti.

      Per richiedere gli appunti di Autocoscienza e Amore invia un e-mail all'indirizzo azione@ecn.org


      L'OSCURO OGGETTO DEL DESIDERIO

      2000 domande sulla sessualità omo

      Si è svolto a Milano, il 7 giugno 1997, il convegno annuale di Azione Omosessuale, seminario in cui è stato presentato il lavoro di un anno svolto dai gruppi di Azione Omosessuale sul tema: "IDENTITÀ, GENERE, SESSUALITÀ"

      • Le relazioni presentate sono state:
        Relazione introduttiva di G. Baroni, presidente di Azione Omosessuale
      • "Da oggetto di esclusione a soggetti di trasformazione", riflessioni teoriche sulla liberazione omosessuale (I. Battaglia, F. D'Agostino, Circolo di Cultura Omosessuale "Mario Mieli")
      • "Non sognare, fallo": ovvero come funziona la legge del desiderio nel vissuto e nell'immaginario autocoscienziale maschile (F. Pivetta, Il Tram dei Devianti)
      • "Ho sempre preservativi con me, ogni tanto li spolvero...": riflessioni autocoscienziale sulle insicurezze di una sessualità più sicura (G. Lombardo, Piùomeno)
      • "Interventi formativi sull'esperienza omosessuale in comunità" (F. Mittica, Informagay)

      A seguire si è svolta una tavola rotonda a cui sono intervenuti Pino Anastasi (psicoterapeuta) e Luciano Pierantoni (psicologo).

      Gli atti del convegno saranno disponibili a partire da settembre prossimo, e possono essere richiesti tramite e-mail all'indirizzo azione@ecn.org


      QUALE MOVIMENTO OMOSESSUALE PER IL 2000?

      di Francesco Pivetta

      PREMESSA

      In questo scritto parlo prevalentemente di omosessualità maschile e vorrei partire da due considerazioni:

      1. L'esperienza omosessuale è un percorso di vita: In quanto tale la assumo come punto di partenza. Un percorso che può essere crescita diversificata a seconda dei vissuti e dei portati di ciascuno e a seconda della battaglia che singoli o gruppi hanno fatto contro i pregiudizi propri, altrui o della cultura omofoba di appartenenza.
      2. Spesso parlando di omosessualità si ragiona di una categoria astratta e si dimentica che la sessualità tra persone dello stesso genere di appartenenza è discriminante e punto di non ritorno. La persona omosessuale è uguale o diversa? E se fosse uguale-diversa? Uguale a chiunque altro cittadino per quel che riguarda i diritti. Diversa agli occhi del contesto culturale, sociale e spirituale, che la spinge ad interrogarsi sulla specificità del suo amare persone dello stesso sesso e a cercare strade per l'espressione di sé talvolta differenti dalle altre più consuetudinarie perché più accettate. La sessualità nostra non può essere vissuta nel privato rivendicando a stato, chiesa e cultura l'abbattimento dei pregiudizi. Affermare sé come omosessuali significa portare al centro della scena, inevitabilmente, la propria sessualità. In sintesi, propongo di rileggere in chiave omosessuale ciò che va sostenendo Letizia Bianchi quando afferma che 'la differenza sessuale non è un oggetto da conoscere ma una realtà da cui partire per indagare e conoscere il mondo'.

      L'IDENTITA' SESSUALE

      Affinché il movimento sia in grado di affrontare il tema dei diritti civili è requisito primo affrontare il tema dell'identità omosessuale ricordando:

      1. Che esiste sempre uno scarto temporale tra la scoperta dei propri desideri omoerotici e l'agnizione della propria identità.
      2. Che inevitabilmente la persona omosessuale deve valutare l'identità negativa fornita dalla società e dalla cultura in cui vive per poterla trasformare in coscienza positiva.
      3. Che esistono non una ma molte strategie utilizzate dalle persone omosessuali per evadere lo stigma sociale, morale e culturale che viene associato all'omosessualità.
      4. Che pertanto va esplorata la sottocultura e la socializzazione del mondo omosessuale onde evitare attese messianiche di liberazione o real-politik ciniche e bare.
      5. Che è probabile che prima o dopo la persona omosessuale rinforzata nella presa di coscienza della propria identità senta il bisogno di svelarsi pubblicamente.
      6. Che contestualmente al suo esperire essa indagherà apertamente o anche solo interiormente sui temi connessi a identità, genere, sessualità alla ricerca di punti di riferimento, guadi, obiettivi che meglio la esprimano. Insomma, essere omosessuali significa fare i conti con il proprio desiderio. Scoprirlo vuol dire anche imbattersi nei desideri altri. Chi ha lavorato in gruppi di pari si è accorto che eguali non siamo. Tanto per citare il movimento femminista ( a cui noi del movimento omosessuale tanto dobbiamo) 'abbiamo scoperto che nell'agire effettivo, quello che muove le cose è il più e il meno, non il pari. E' lo squilibrio che mette in movimento il desiderio' (Sottosopra, edizione rossa 1996).

      NEL PIU'E NEL MENO IMPARI SIAMO

      Se le persone omosessuali sono in questo più e in questo meno, come ritengo, ne consegue che è utile riflettere in quale maniera le nostre 'differenze', che ci rendono così 'diversi' agli occhi del vasto mondo, vadano capitalizzate nella battaglia per le rivendicazioni civili.

      1. La parità che rivendichiamo, costituzionalmente parlando, è effettiva parità? Si è passati dalla esaltazione della risoluzione di Strasburgo alla richiesta di unioni civili, nicchiando però sulle adozioni. Abbiamo riflettuto davvero abbastanza su che cosa significa famiglia omosessuale? O meglio, quali famiglie omosessuali sono possibili oggi nel nostro paese? Quali strutture offrire loro? Come cogliere gli elementi di novità da chi ha già vissuto e praticato queste esperienze? Ci siamo chiesti quali relazioni le persone omosessuali possano o vogliano imbastire?
      2. Quella che suona l'arpa dei diritti civili non potrebbe rivelarsi una seducente seppur legittima sirena che fa da sponda ed eco al movimento omosessuale anglosassone che, invece, i diritti civili se li è dovuti sudare e conquistare sulla propria pelle, dovendo fare i conti con norme ben precise di condanna degli atti omosessuali? Per sacrosante che siano le rivendicazioni in tema di diritti civili non rischiamo di seguire un trend occidentale già premasticato e predigerito ma scarsamente dibattuto, per lo meno per contenuti e modalità, in Italia?
      3. Nella nostra parità/disparità in che cosa siamo portatori di esperienze, di valori, di interrogativi? Credo che non basti , come spesso succede, commuoversi sulle poesie di Sandro Penna, facendosi forti della propria diversità per scadere poi in una politica che odora di 'comune' come Sandro Penna stesso o Derek Jarman potrebbero sostenere. Il rischio dell'omologazione col modello sessuale dominante c'è e non può essere considerato come un pericolo intellettualistico da snobbare. Se è l'omologazione col mondo eterosessuale diciamolo apertamente. Senz'altro per molte persone omosessuali questo è un obiettivo. Per me non lo è.
      4. Questo mio riconoscermi come dispari mi porta ad accettare come mio ogni aspetto della sessualità tra eguali. Per questo preferisco parlare delle omosessualità, al plurale, per intendere non quella definitoria della scienza ufficiale o quella perbenista di certe associazioni del movimento omosessuale, ma quelle che si esprimono nel loro agire effettivo. Penso che non esista una sola omosessualità capace di assurgere a categoria metafisica o rassicurante (ognuno potrebbe sostenere che la propria è quella 'giusta') ma che ce ne sono tante e che tutte vanno rispettate intanto perché di fatto ci sono, perché è interessante conoscere il desiderio che spinge il bisessuale, il transessuale, il transgender ad essere tale. E poi perché fare i conti con la sessualità 'altra' impone un dibattito sempre aperto sulla sessualità umana, non solo la mia, mai riducibile alla semplice sessualità normativa. La sessualità è terreno complicato. E' inutile frapporle paletti o confini. E' terra di frontiera, è territorio di passaggio, come la vita. Definirla vuol dire ingabbiarla normativamente, addomesticarla, ebbene sì: snaturarla. Eros è padrone di tutto e smuove il mondo. Perché ridurlo a sindacato di categoria?

      QUALE CITTADINANZA?

      Mi convince il discorso delle donne di Sottosopra quando affermano che 'troppo spesso il volontariato e l'associazionismo si affiancano al potere politico quasi aspettando da questo un riconoscimento simbolico'. Eppure la cultura politica ha nei confronti delle persone omosessuali la stessa cecità che manifesta nei confronti delle mediazioni femminili. Ritengo che diventi sudditanza al modo vetero-maschile di intendere la politica (quella nobilitata da millenni di storia, quella della supremazia maschile e patriarcale, quella del fine che giustifica i mezzi, dimenticandosi che sono i mezzi a qualificare il fine) quell'aspettarsi dai partiti della sinistra un disco verde per poter dire 'noi omosessuali esistiamo'. E' come rivendicare il bacio del papà sociale per sentirsi autorizzati ad esistere in qualità di omosessuali politici. Un po' come quelle persone omosessuali che non escono dal guscio solo perché altrimenti mamma ne morirebbe di dolore. Da qui le vecchie storie di rivalità, di concorrenza spietata, di invidie e calunnie. Non potremmo invece indagare sulla natura dello sguardo omosessuale sul mondo? Lo sguardo vecchio è quello che legge il mondo della politica come mancanza di leggi e squilibrio della rappresentanza. Sono davvero solo le leggi che mancano? Una rappresentanza parlamentare omosessuale cambierebbe le cose? Non rischiamo di scadere nella grossolaneria della politica al maschile, quella del vedere chi ce l'ha più lungo? A mio parere chi identifica la politica col vecchio sguardo, chi pensa ai numeri e ai voti, alle alleanze e alle manovre può anche ottenere qualche risultato nel medio periodo ma si fa delle illusioni. Politica per che cosa? Per assomigliarsi tutti? E la nostra diversità come emergerebbe? 'Ascoltare' il nostro sguardo sul mondo e 'parlarlo' sarebbe il solo modo di riappropriarsi a pieno titolo della cittadinanza.

      LO SGUARDO OMOSESSUALE SUL MONDO

      Nello svolgimento dei vari gay pride ho cercato di trovare le parole per tradurre quello sguardo omosessuale sul mondo che è proprio di chi 'diverso' fa delle differenze una ricchezza e non una divisione. Ce l'hanno insegnato le donne per decenni e noi, maschi omosessuali 'traditori del nostro sesso' abbiamo il diritto e il dovere di rivendicarlo e riadattarlo alla nostra percezione. Non mi faccio illusioni: noi maschi omosessuali siamo anche tante volte 'maschietti' in collusione con i 'maschiacci' etero. Ne condividiamo educazione, valori, lettura del mondo, potere, capacità di gestione. Eppure ai loro occhi restiamo traditori. Dobbiamo proprio 'fare il filo' a loro o possiamo cominciare a camminare sulle nostre gambe? Dicevo che quello sguardo omosessuale l'ho intravisto nei gay pride. Era occhio furbo, sornione, gaudente, labbra allungate dal contento di una fierezza divenuta sorriso. Esprimeva il desiderio, molla potente e cara a Dioniso. Esprimeva anche il simbolo di quel desiderio. Simbolo significa 'tenere insieme' e mi è sembrato che in quelle occasioni tenesse insieme desiderio e corpo (e a chi può appartenere il desiderio se non al corpo?). Nelle sfilate del gay pride è come se il desiderio e lo squilibrio che lo mette in moto emergesse anche da chi assisteva ai cortei giungendo a toccare il desiderio di chi festeggiava (forse per questo non piace al Borghese, il settimanale fascista che di quel desiderio ne ha ricavato una pubblicità!). Un contatto, quindi uno scambio di simboli da cui ciascuno pescava nel mare infinitamente ricco degli altri. Questa la vera forza del movimento omosessuale: saper restituire alla corporeità quello che le è stato proditoriamente tolto (quando sfileremo tutti in giacca e cravatta, come neri che fingono d'essere bianchi, sarà da morire dal ridere vedere se quel desiderio si esprimerà ancora. O esso fa paura a qualcuno?). Trovo infine che quello sguardo benevolo sul mondo che le persone omosessuali avevano nello sfilare nei vari gay pride (e se quello non è il momento per eccellenza del movimento omosessuale, non so proprio a cosa altro pensare come movimento...) manifestava anche tanto rispetto. E quando c'è rispetto delle alterità c'è anche produzione di valori, magari piccola ma produzione di un'etica capace di ridefinire il patto tra persone che permette di individuare gli orizzonti di una nuova politica. Ciò voleva dire non mettere le mutande a nessuno creando soprusi, inevitabili piccoli e grandi omicidi dell'espressione intera del sé (e non dovrebbe esser questo un punto qualificante di un movimento omosessuale?). Mi ha obbligato a chiedermi, come fa Maria G. Di Rienzo, se per caso abbiamo già iniziato a produrre un'etica omosessuale come guado per una liberazione dei desideri nostri e altrui.

      LA SESSUALITA', TERRENO DI CONFRONTO

      A questo punto mi sembra chiaro che l'accettazione della sessualità tutta, come terreno di confronto, sia indispensabile per poter restituire al movimento omosessuale il suo codice genetico. Se il movimento omosessuale perde il suo 'erotismo' rischia di diventare osceno (è o-sceno, cioè fuori scena, tutto ciò che lascia al di fuori della scena della vita la sessualità). D'altra parte di che cosa parlano le persone omosessuali tra loro? Mi pare che i discorsi ritornino generalmente alla pratica sessuale, al battere, alle relazioni, all'amore. Mi sembra che ci sia più omosessualità e più politica omosessuale negli annunci per incontri, nei cessi delle stazioni, tra i cespugli di un giardinetto che non in tanta politica vecchio stile. Con queste mie affermazioni non intendo, vorrei fosse chiaro, sostenere che i diritti civili sono inutili, ma non vorrei nemmeno che essi diventassero le rivendicazioni della riserva indiana, accettati da una certa politica perché inevitabili, subiti più che condivisi. Non dimentichiamoci chi siamo e da dove proveniamo. Quand'anche avessimo ottenuto tutti i diritti del mondo, davvero cambierebbe la cultura, la morale, la società nella quale viviamo? Viene prima l'uovo o la gallina? Penso che un movimento maturo è quello che esprime la capacità di interrogarsi sui propri spazi e sugli orizzonti di affermazione e di liberazione che riesce a darsi. E per liberazione intendo capacità di affermare quella libertà che nasce dalla capacità di costruire la propria vita, ma soprattutto capacità di modificare sé stessi. E' uno slogan vuoto sostenere 'liberi di essere' se non si precisano i contenuti e gli spazi di quel 'liberi'. La rivendicazione ad essere ciò che si è e a non resistere ad essere ciò che si è, è utile per dare visibilità alle persone omosessuali ma anche per costruire un edificio in cui la persona nella sua interezza sia al centro di un proprio progetto di crescita.

      QUALE CULTURA PRODURRE

      La produzione culturale omosessuale in Italia,. chi la fa? E' possibile che sia di massa? Finora l'hanno fatta le discoteche, i bar gay, le feste de noialtri. La ricerca storica è stata l'unica apprezzabile finora, grazie a pochissimi storici omosessuali. Non è senz'altro ancora sufficiente. Tantomeno esaustiva. Bisogna cominciare a produrre di più e meglio sui temi specifici del nostro vivere: rapporti amorosi, vita di coppia, identità, genere, sessualità, conoscenza del proprio corpo. Ragionare sul non detto, il proprio buco del culo, per esempio. E, perché no, sulla nostra 'maschialità' che ci identifica e corazza conflittualmente e nel contempo ci limita e imprigiona. Potremmo unire le forze per mettere in piedi tutti insieme una sorta di gaya università, luogo aperto di dibattito e di confronto tra persone omosessuali sulle tematiche più disparate. In questo il movimento può viaggiare unito. Accanto alla visibilità e alla battaglia per i diritti negati, sarebbe il luogo dove ragionare partendo dalla nostra diversità .

      1. Trovo che a volte ci si dimentica che ognuno di noi è cresciuto all'interno di una cultura dominante (eterofascista?) che ha profondamente permeato il nostro modo di essere e di pensare. Proviamo a riflettere sull'esempio della coppia e dell'amore omosessuali maschili: è come se a volte la nostra testa fosse stata 'improntata' per metà dai modelli etero appresi in famiglia e nella società in cui abbiamo vissuto; l'altra metà, invece, è stata modellata su quello che gli stereotipi eterosessuali pretendevano che noi omosessuali fossimo, come se i nostri comportamenti, necessariamente, fossero 'eterodiretti' secondo schemi - compresi quelli omosessuali - rigidamente determinati. Di qui la necessità di liberarci, di provare a ripartire da noi stessi, aiutati dalla compagnia di altre persone che hanno voglia di confrontarsi. A livello di piccoli gruppi, il modo potrebbe essere quello di costruire una (cultura omosessuale mi sembra troppo forte) rete di narrazioni, dialoghi, ricerca capace di partire dai vissuti di ognuno, una rete di sostegno che sia in grado di smantellare il castello di tabù, paure, pregiudizi che abbiamo ereditato.
      2. Alcune esperienze del genere sono ben vive in Italia e funzionano partendo dal confronto tra pari (e qui sarebbe tutto da discutere su cosa intendiamo confrontarci tra 'pari - omosessuali', appunto, essendo anche 'dispari - diversi' per esperienze, condizioni di vita, riflessioni già avviate). In quelle sedi si riconosce un'identità comune e si mettono in gioco timori e desideri, i propri abiti mentali, le difficoltà di fare i conti con le diversità dei vissuti altri. L'autocoscienza, se la vogliamo chiamare con un termine antico, favorisce inoltre l'emergere del bisogno della propria visibilità e impone necessariamente la propria affermazione. Dimenticare o snobbare tutto ciò vuol dire imbattersi nella battaglia per i diritti civili senza sapere , prima, come articolarli, come identificarli e come ragionare sui doveri, 'in primis' verso sé stessi . Partire da noi, quindi, per scavare non psicoanaliticamente ma attraverso il gioco del confronto con gli altri portati: si tratta di una pratica 'diversa', sconosciuta al mondo etero se non alle donne che ce l' hanno insegnata.
      3. Parliamo da maschi ad altri maschi: sarà o non sarà difficile scoprire l'eterofascista che è in noi nelle nostre piccole o grandi prepotenze? Nelle nostre esternazioni amorose? Nella nostra pratica sessuale? Viviamo modelli appresi da altri o impostici da altri? In che cosa consiste l'essere maschi che amano altri maschi? Non siamo vergini perché siamo cresciuti in 'questa' società e in questa cultura. Trovare una via d'uscita per non cadere in errori già consolidati da altri è già tentativo di costruire un'aspirazione ad una propria cultura. A meno che la scommessa non faccia paura e ci si accontenti di una cultura di basso profilo, genere sindacalese, in cui si evita di riflettere sul contesto e di identificare l'orizzonte preferendo attestarsi sulle rivendicazioni. Secondo me, per costruire cultura è necessario costruire relazioni tra persone che hanno vissuti, portati, bisogni analoghi. In grado di riconoscere, anche nella diversità più estrema, gli elementi - perché non usare questa gloriosa parola così poco espressa nel mondo omosessuale - di fratellanza. Ritengo questa una delle priorità del dibattito per creare i presupposti di una cultura omosessuale. Procedere in altra maniera significa mettere il carro davanti ai buoi, ovvero parlare di diritti dando già per scontato portati non confrontati né messi in gioco. Quando cresce la coscienza della propria condizione, può succedere che cresca anche la percezione del tipo di diritti da rivendicare, la visibilità, il riconoscimento delle radici di un orgoglio da indossare non come slogan, la capacità di esprimere valori.
      4. C 'è ancora da dire che la nostra diversità ha anche altri portati, tutti da esplorare, una specie di terra di nessuno su cui finora sono cresciute ambiguità, fraintendimenti, compromessi. Un esempio per tutti: il ghetto. Per sua specificità il mondo omosessuale - e parlo di mondo nel senso di ambiente, non di movimento - si è creato luoghi e spazi anche mentali in cui ritrovarsi: si parla d'amore con gli amici, ci si confida, si sa dove andare a battere, oppure si usa il tam tam delle informazioni quando necessitano. E' un mondo a parte, per un verso modellato su quello etero (bisogni paralleli?), per un altro differenziato, non comunicabile sempre alle altre persone omosessuali (c'è anche chi l'ambiente lo rifiuta), oggi meno clandestino di altri tempi, ma pur sempre a parte, per questo un ghetto. Nel tempo ha assunto aspetti diversi, si è modellato, nei suoi aspetti più avanzati o più conosciuti, su miti, mode e strutture che provenivano dagli Stati Uniti o dalle grandi metropoli europee più emancipate in materia. Anche questa è cultura, va riconosciuta. Il ghetto dorato ha una sua validità, è rassicurante, ci si sta bene, ci si respira bene, ci si sente a proprio agio, ma è anche omologante e asfittico, riduce cioè spazi e aspirazioni a un modello precostituito, una specie di 'pret-à-porter'.

      LA QUESTIONE OMOSESSUALE

      Nonostante sia risaputo che in Italia l'omosessualità non è un reato e che nessun trattamento sfavorevole è previsto dal nostro codice penale, almeno dal 1880, purtuttavia non esiste nel nostro paese nessuna legge che protegga le persone omosessuali da ingiuste discriminazioni ai loro danni, come invece avviene in alcune nazioni occidentali (Francia, Norvegia, Quebec canadese etc.). In realtà l'omosessualità semplicemente non esiste. E se esiste è un argomento che interessa l'ordine pubblico, il padre confessore e la cronaca nera.

      1. Il tema della discriminazione omosessuale non è stato mai dibattuto nelle aule parlamentari, nelle opportune sedi di governo, nei comandi delle forze dell'ordine. La Chiesa, l'eterosessualità normativa, l'omofobia diffusa e quella interiorizzata - sì anche questa - sono l'anello forte di resistenza a un reale cambiamento morale, culturale e spirituale nei riguardi dell'omosessualità.
      2. Storici del movimento ci hanno spiegato come e perché, a differenza di altri paesi con norme antiomosessuali che hanno prodotto conflitti aperti con le istituzioni e nel contempo rafforzato la coscienza e l'organizzazione del mondo omosessuale, in Italia non si è mai visto nulla del genere. In questo senso l'Italia è a rimorchio di quei paesi e il mondo omosessuale nostrano appare vivere più di rendita delle battaglie e delle vittorie altrui che delle proprie. E' come se da noi il clima gesuitico che ha sempre negato di fare i conti con l'omosessualità (la Chiesa tutto perdona, anche d'essere omosessuali purché non si scopi: dove sta allora la definizione del proprio orientamento sessuale?) stendendo un velo a volte pietoso, altre volte pruriginoso e irridente sulle pratiche omoerotiche, non fosse mai stato seriamente affrontato. Ricordiamoci che il movimento omosessuale italiano ebbe tra gli atti che segnarono le sue origini - e non a caso - le contestazioni contro i congressi psichiatrici che stigmatizzavano l'omosessualità come malattia o perversione.
      3. Per tutti questi motivi parlo di Questione omosessuale con la Q maiuscola: si tratta di una questione storica che solo un movimento antagonista può porre. Non antagonista per principio nei confronti delle istituzioni ma della cultura omofoba. Significa affinare strumenti per combattere l'etica teologica della Chiesa cattolica che tanti mali ha indotto nelle persone omosessuali. Significa interloquire con le istituzioni (problemi d'ordine pubblico) rivendicando diritti ancora negati riuscendo a spiegarli e a risultare convincenti. Significa mettere a punto armi intelligenti per dibattere su famiglie, paternità e maternità omosessuali. Significa entrare nelle scuole proponendo un'educazione alle differenze che ci può far trovare utili alleati in altri movimenti vicini al nostro e che ha come scopo quello di non dare per scontata l'educazione sessuale normativa di cui la scuola è complice, avvilendo o creando difficoltà all'adolescente omosessuale verso cui chiesa, famiglia finora non prestano alcuna attenzione e tantomeno rispetto. E' dalle scuole che bisogna partire per difendere l'identità sessuale dei giovani, rinforzandoli, visto che in famiglia è impossibile.Riuscirà meglio il coming out e potranno essere evitati malesseri futuri.
      4. Penso che siamo tutti coscienti che un clima culturale si cambia solo nel corso del tempo. In questo frangente storico mi pare però giunto il momento di iniziare a discutere anche dell'aspetto politico e istituzionale della questione, senza rinviare a tempi migliori l'approccio alle tematiche relative alle differenze di orientamento sessuale.Come? Non delegando alle sole forze politiche più sensibili il compito di presentare iniziative di legge, una sorta di protettorato a una omosessualità 'minorenne', ma esigendo commissioni parlamentari di inchiesta ad hoc.
      5. Pensiamo per un momento al comportamento delle forze dell'ordine nei confronti del mondo omosessuale: si tratta di azioni più sottilmente discriminatorie in quanto tese ad intimidire chi non ha ancora compiuto interamente il proprio percorso di identità e di affermazione. Si tratta di 'fervorini' ed inviti a non farsi più vedere nei luoghi in cui le persone omosessuali sono state fermate. Si tratta di lunghe ore passate negli uffici delle forze dell'ordine per essere identificati, con un nulla di fatto a parte l'ansia dovuta a minacce ("lo diciamo ai tuoi famigliari, al tuo datore di lavoro..."). Si tratta di interventi in saune, discoteche, cinema conosciuti come luoghi abitualmente frequentati da persone omosessuali. Luoghi troppo ghiotti per chi ha deciso, in nome dell'ordine pubblico, di restringere gli spazi di libertà delle persone omosessuali, oppure di togliersi un capriccio goliardico terrorizzando chi, a suo modo di vedere, 'non è maschio come dovrebbe essere' (poi a qualche psicologo viene in mente di parlare di omosessualità egodistonica. Di chi la colpa?). Qualche omosessuale arriva a sostenere 'bel gli sta, così si sveglieranno'. Io non lo penso. Credo che un movimento debba porsi il compito di difendere i soggetti più deboli creando reti di solidarietà ancora difficili da praticare e non soltanto il compito di rappresentare i gay più tranquillizzanti per le buone famiglie italiane.
      6. La questione omosessuale esiste e va posta correttamente alla luce della Risoluzione di Strasburgo dell' 8 febbraio 1994, cercando di promuovere l'effettiva eguaglianza tra tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalle loro preferenze sessuali. In un Paese come il nostro che ha emanato leggi importanti di garanzia e di eguaglianza e che discute per rendere praticabile una politica delle differenze, la tematica omosessuale non è mai stata seriamente affrontata ma soltanto 'dribblata'. Colpa dello Stato o di un movimento ancora troppo debole?

      QUALE MOVIMENTO PENSARE PER IL 2000?

      Cresce più velocemente il mondo omosessuale o il movimento? Ovvero, il movimento ha da essere la naturale espressione della crescita del mondo gay, oppure dovrà esprimere la sua componente più matura e riflessiva? Ritengo che entrambe le due espressioni abbiano piena legittimità all'interno del movimento omosessuale, purché esso sia inteso come movimento di emancipazione all'interno di un discorso più vasto di liberazione. Senza preclusioni, ostracismi, pregiudizi.

      1. Mario Mieli scriveva a suo tempo che 'l'emancipazione di una minoranza comporta necessariamente la trasformazione dell'intera società'. Con il declino dell'ideologia degli anni settanta la questione omosessuale si è progressivamente spostata verso la cultura della differenza, ha conosciuto contraddizioni e spesso controversie. Per alcuni teorici americani del movimento l'emancipazione omosessuale ha barattato la propria sicurezza sociale con la chiusura nei ghetti delle metropoli (Gregg Blachford). Per altri, con l'emancipazione si è radicalizzata l'assimilazione della persona omosessuale ai comportamenti stereotipizzati del maschio dominante (Robert Connell). Per quest'ultimo, comunque 'non è possibile divenire omosessuali senza mandare in frantumi la maschilità egemonica'. E' sempre difficile prevedere, senza innamorarsi troppo di idee precostituite, quale sarà lo sviluppo di un movimento omosessuale nel prossimo futuro. C'è il rischio di credere troppo al proprio sogno oppure di essere più realisti del re.
      2. Il comportamento omosessuale liberato potrebbe rimettere in discussione la centralità della potenza tipica della maschilità egemone. La pratica della reciprocità nel rapporto tra esseri umani entra in rotta di collisione con la necessità di dominio. La coppia omosessuale, per il solo fatto di esistere, mette in discussione il predominio dell'uomo sulla donna, la necessità stessa della famiglia eterosessuale, il bisogno sociale della famiglia naturale. Probabilmente il movimento omosessuale in Italia non è ancora completamente cosciente dei cambiamenti che con le donne ha prodotto in questi ultimi venti anni. Dovrebbe avere più fiducia in se stesso, credere un po' di meno che l'affermazione omosessuale sia nello sviluppo del ghetto, accettare d'avere un compito proprio (in questo distaccato dall'eredità del femminismo) nel concepire idee altre di famiglia capaci di diventare nuova proposta sociale. Il tema della famiglia e quello delle genitorialità omosessuali, sono senz'altro deflagranti. Significa intervenire sulla realtà della nostra società, non avere paura di discuterne pubblicamente, proporsi come modello positivo di famiglia capace di allevare ed educare figli.
      3. Se un movimento omosessuale è un movimento di liberazione (almeno io lo reputo tale a costo di apparire retrò) e se la sua coscienza procede attraverso quei punti che ho in queste pagine espresso è inevitabile accettarlo in tutte le sue immagini, anche quelle più complesse o che ci piacciono di meno. Significa accettare un dibattito su tutte le sessualità; capire che parlare di identità e genere è all'ordine del giorno perché questi dibattiti già esistono e tantomeno possono essere censurati. Significa permettergli di esprimere i propri agi e disagi democraticamente, senza monopoli preconfezionati, lasciandolo fluire e fluttuare in tutte le sue componenti, evitando pastoie organizzative vecchie e tradizionali. Non credo che all'interno del movimento omosessuale, associazioni, federazioni o singoli individui esprimano idee sempre e per forza avverse. Riconoscersi come persone omosessuali, sapersi confrontare, apprendere reciprocamente, ascoltarsi e dialogare può sembrare utopico, ma se ci spogliamo della voglia di 'potere' e di potenza, può essere una strada comune percorribile. Quel che l'omosessualità mette in moto è terreno di nessuno, sperimentabile, praticabile, avventuroso come il territorio del 'battere' che ben conosciamo. Può essere una casa di tutti, nel rispetto primario delle differenze.

      E AZIONE OMOSESSUALE?

      Posso sembrare presuntuoso ma mi pare che Azione Omosessuale sia tutte quelle cose che ho espresso finora.

      1. Azione Omosessuale è voglia di confronto e di dibattito, è convinzione che in ogni differenza ci sia un pezzetto del vivere omosessuale che non va negato né respinto ma colto nel suo valore e accettato come contributo ad una maggiore e migliore espressione e crescita del sé. E' agire per mettere in piedi in Italia spezzoni, brandelli di cultura che prefigurino scenari nuovi, all'interno dei quali imparare a muoversi per stare meglio. E' agire perché la memoria collettiva sia fortificata e trasmessa, per rendere onore a chi è caduto, per trovare l'orgoglio che sta nelle proprie radici, per favire coscienza e consapevolezza. Azione Omosessuale è sensibile alle idee e alle alleanze con altri movimenti e con tutte quelle forze che all'affermazione della persona, non solo omosessuale, credono. E' anche convinta che partire da sé stessi per leggere il mondo sia l'unica strada onesta e percorribile per una liberazione delle persone e attraverso le persone omosessuali.
      2. Non a caso Azione Omosessuale nasce all'interno di Forum Aids Italia nel 1994 e al movimento delle persone con Hiv/aids deve molto: la dignità, il prendersi cura prima di tutto di se stesse, il non delegare nulla a nessuno, fare i conti con i tempi della vita e della morte, restituire alla sessualità il suo valore di gioco, comunicazione, confronto, forza, accettare la vita come un percorso, creare situazioni di benessere per sé e per gli altri.
      3. Sul modello di Forum Aids Italia, Azione Omosessuale scelse per prima in Italia la formula della Federazione tra associazioni omosessuali, per essere rete, luogo di dibattito, procedendo per progetti e non per linee politiche verticistiche. Nel movimento omosessuale, Azione Omosessuale ha deciso d'esserci e di starci con decisione e forza. E' una scommessa: che la politica omosessuale sia diversa da quella tradizionale, che il suo linguaggio sia espressione nuova e sperimentale di quel che le relazioni omosessuali significano, che il contributo della liberazione omosessuale alla modificazione della società sia effettivamente agito e praticato.
      4. Fanno parte di Azione Omosessuale le seguenti associazioni: Circolo Mario Mieli di Roma, Consulta gay e lesbica di Ravenna, Il tram dei devianti di Genova, Informagay di Torino, Umbriagay di Perugia. Per statuto è l'assemblea, che si riunisce ogni due mesi, ad essere sovrana. Il Presidente attuale, che rappresenta Azione Omosessuale all'esterno, è Gabriele Baroni. Il Coordinatore attuale è Maurizio Salconi.

      Genova, 6 aprile 1997 Francesco Pivetta


      MOVIMENTO OMOSESSUALE E MOVIMENTO DELLE DONNE. UNA LIBERAZIONE COMUNE.

      di Francesco Pivetta

      'La differenza sessuale - scrive Letizia Bianchi - non è un oggetto da conoscere ma una realtà da cui partire per indagare e conoscere il mondo'. La differenza è quella di genere: dell'essere maschio, dell'essere femmina. In parole povere lo sviluppo dell'identità sessuale non è solo di orientamento ma di genere. Se non si parte di qui, non si potrà neppure indagare seriamente sulle diversità d'orientamento sessuale (e uso diversità per non confondere questa parola con differenza) né leggere la storia dell'omosessualità maschile, storia di chi ha tradito il proprio genere di appartenenza vedendosi attribuiti, nel tempo, i marchi di infame, di peccatore, di perverso, di malato. Dal 1° gennaio del 1993 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di depennare l'omosessualità dalle malattie mentali scegliendo di parlarne come 'variante naturale del comportamento umano': questo è dovuto a 28 anni di lotte portate avanti dal movimento omosessuale ma anche a decenni di lotte delle donne per l'affrancamento femminile dal potere maschile. La liberazione delle donne ha punti di contatto con la liberazione omosessuale con cui parla a distanza e s'intreccia al di là degli specifici. E' comunque alle battaglie delle donne che si deve la conquista sociale e culturale di una nuova percezione della sessualità che ha aperto nuove prospettive alle ricerche sull'identità di orientamento sessuale. Di questa nuova frontiera ha saputo giovarsene il movimento di liberazione omosessuale. I due movimenti, per diversi che siano, viaggiano talvolta gomito a gomito. Le conquiste delle donne sono conquiste anche per i maschi omosessuali, a cui viene consegnato il diritto - dovere di riflettere sul proprio genere di appartenenza e sul modo di appropriarsi della propria identità.

      Un vaso da riempire.

      Il 'vas' latino, oscenamente inteso come cavità femminile che può essere riempita solo dall'organo sessuale maschile e dal suo sperma, è quel vaso che da tempo immemorabile la nostra società ha considerato come merce di scambio tra maschi. Una merce di scambio che apparentemente (o superficialmente) può essere elusa dai maschi omosessuali ma sotto il cui segno (che hanno anch'essi complicemente condiviso con i maschi eterosessuali) hanno vissuto e dal cui valore simbolico sono stati condizionati e marchiati. 'Vas' vuol dire anche 'pegno' (gotico wadi), oggetto del corpo femminile dato in cambio per tessere alleanze maschili. Negli scambi antichissimi - come d'altronde in quelli moderni - il corpo della donna è sempre stato considerato come violabile (pertanto fruibile nel suo essere pensato come oggetto) dal maschio. 'La donna, infatti, come vergine ha un corpo sociale messo in circolazione per consentire la relazione tra gli uomini, e come madre ha un corpo naturale da sottrarre alla circolazione per l'uso esclusivo del padre.(...) la prostituta è a un tempo tollerata e condannata dalla legge sociale, perché in lei la separazione tra uso e scambio è meno netta.'(U. Galimberti, La repubblica delle donne, 13, 5, 1997). Proviamo a partire di qui per rileggere la storia del mondo e della società, storia da cui la donna solo negli ultimi decenni e solo in Occidente, ha cercato di emanciparsi affermando l'inviolabilità del corpo femminile. La storia dell'omosessualità maschile, le va dietro a ruota per interrogarsi sulla natura (che è pur sempre maschile), sulla pratica e sui fantasmi della propria sessualità.

      'Io Tarzan, tu Jane'.

      Abbiamo letto tutti che presso alcune scimmie il maschio vinto si affida al vincitore mostrando il deretano, pronto a lasciarsi sodomizzare. La 'stramberia' di quel comportamento consiste nel fatto che il corpo del maschio vinto è utilizzabile come corpo di femmina. Il vincitore dimostratosi più maschio del vinto, esercita su di lui il suo potere ed esplica la sua potenza. Storie d'animali si mormorerà. Storie antiche, invece, d'uomini. Il corpo maschile è per sua natura penetratore e penetrabile. Questa ambivalenza, la possibilità cioè di ridurre il corpo maschile a 'vas' e di possederlo col proprio membro ha sempre funzionato tra i maschi. Gli omosessuali sanno benissimo che il maschio eterosessuale, quando ha da fare una battuta sul maschio omosessuale, esprime contemporaneamente disprezzo e timore: il corpo del maschio omosessuale è come quello femminile, cioè scopabile. Per tale motivo il maschio è checca. Da disprezzare. Ma è anche corpo pericoloso perché è pur sempre il corpo di un maschio che può rivelarsi penetratore. Per cui è meglio stargliene alla larga, soprattutto quando ti sta alle spalle. Da temere. Presso alcune popolazioni del Madagascar, dove è forte la struttura economica e culturale patriarcale, i fratelli minori hanno due strade percorribili: o diventano mogli secondarie ma pur sempre istituzionalizzate di maschi primogeniti o s'avviano alla carriera sacerdotale. L'una o l'altra carriera pregiudicano la possibilità alla procreazione. Così potere maschile ed eredità del primogenito sono salvi in quelle culture (Kardiner, Individuo e Società, 1969). La stabilità sociale del maschio eterosessuale è garantita a detrimento non solo delle donne ma anche di altre potenze maschili, inferiorizzate (le mogli secondarie) o depistate (il sacerdozio).

      Travestiti e preti.

      Travestiti e preti sono sempre stati considerati nella fantasia erotica popolare in maniera ambigua, non a caso, perché convenzionalmente impediti alla riproduzione. Anche nell'occidente medievale le dinastie nobiliari destinavano i cadetti alla carriera ecclesiastica o agli ordini cavallereschi ( celebri, in questo caso, le accuse di pratiche sodomitiche ai Cavalieri Templari). Se non esisteva come in Madagascar una transessualità accettata ciò lo si può ascrivere solo ai divieti della Chiesa (e questa storia è ancora tutta da scrivere) presumibilmente aggirati dalle pratiche 'inconfessabili' ma non per questo meno usuali.

      Vinti e schiavi.

      Tra gli antichi egizi, tra gli assiri ed i babilonesi sodomizzare i vinti era ancora una pratica diffusa. Era come dire: poiché ti ho vinto (quindi non sei maschio e potente come me), di te posso fare l'uso che voglio, reificarti a vaso, simile a quello delle donne. Da penetrare. Da quest'assioma derivava la penetrabilità di quei corpi che, una volta resi oggetti e deprivati del loro ruolo maschile convenuto, potevano essere scambiati in quanto schiavi comprabili e vendibili come animali perché non più maschi e non femmine. L'uso sessuale di quei corpi ne permetteva quindi uno scambio commerciale e (come facevano alcuni romani) il loro non essere umani, cioè 'non' maschi ne favoriva anche l'abuso sessuale.

      Angeli trifolati ?

      La Bibbia è ricca di episodi del tempo. A parte la controversa definizione di sodomia come peccato 'contronatura' (secondo il gesuita americano John J. Mc Neill il peccato di sodomia è piuttosto peccato di mancata ospitalità da parte degli abitanti di Sodoma nei confronti dei tre angeli ospiti di Lot, uno straniero in casa loro. Il libro in cui sostiene tale affermazione - 'La Chiesa e l'omosessualità', 1979 - è uscito con l'imprimatur dell'autorità ecclesiastica, non dimentichiamolo), e l'analogo crimine commesso dagli abitanti di Gabaa (Giudici 19, 1; 21, 25) (ma in questo caso il maschio della situazione salva la sua integrità anale concedendo ai Gabaaiti di violentare, sino alla morte - guarda caso - la sua concubina), è pur sempre vero che gli abitanti di Sodoma e di Gabaa avrebbero volentieri 'conosciuto' biblicamente i corpi di quegli stranieri (il limite di cittadinanza maschile è limite allo spendere l'uso della propria maschilità) proprio perché estranei, non maschi quanto loro e pertanto fruibili sessualmente.

      I prepuzi di Davide.

      Anche il giovane Davide non disdegna di seguire la moda del tempo: "Non erano passati molti giorni e David si mosse, andò con i suoi soldati e uccise duecento filistei e ne portò i prepuzi al re, e glieli contò, per essere genero del re. E Saul gli diede la sua figlia Mical per moglie" (Samuele 1°: 18, 27). In questo caso i maschi sconfitti, i filistei, vengono privati di una parte del loro corpo maschile, il prepuzio appunto, che conferisce maggiore virilità al vincitore, David, che può così sposare la figlia di Saul: una specie di scalpo sessuale per togliere la virilità ai maschi vinti e uccisi da usarsi come merce di scambio per ottenere un'altra merce, Mical, una donna. Se tali erano i comportamenti delle civiltà più antiche (ricordiamo che l'omosessualità come parola e come concetto non esisteva neppure e che il massimo delitto biblico contro natura era l'onanismo, da Onan che sparse il suo seme per terra anziché ingravidare la donna che gli era toccato in sorte. Il seme, aveva 'naturalmente' una sua meta. Deviarlo altrove - per terra, in bocca, nel retto - era abominio agli occhi di Dio) non facciamoci irretire dalle pratiche omoerotiche della Grecia classica, che tanto attraenti sembravano agli uranisti del tardo Ottocento.

      Il porno in Grecia.

      Il mondo greco è mondo di cittadini maschi. Cioè non schiavi e non femmine. Scienza, filosofia, politica e guerra erano i campi in cui quei maschi cittadini eccellevano. Rare le donne accanto a loro, quelle educate a una cultura raffinata, cioè maschile, le etere, ovvero prostitute. La storia ricorda Frine e Aspasia tra quelle donne belle e colte. Pochi nomi a fronte di tutte le altre donne sconosciute che se ne stavano a casa a far figli. Donne con cui i maschi cittadini si sposavano una volta adulti dopo aver 'praticato' altri maschi più giovani, gli efebi, non ancora pienamente cittadini come loro. Pratiche che non escludevano, nel gioco educativo, rapporti sessuali veri e propri. Erano però consigliati i coiti intercrurali (tra le cosce) in quanto penetrare l'amato significava scarso amore da parte dell'amante, che con quella pratica avrebbe avvilito l'educazione civile del giovinetto riducendolo a puro valore d'uso. Uso ammesso solo con donne.(K. Dover, L'omosessualità nella Grecia antica, 1985). Anche il giovinetto doveva guardarsi dal cedere alle brame dell'amante, soprattutto se si trattava d'un uomo ricco e uso a far doni. In tal casa sarebbe stato considerato un 'pornòs', un prostituto con tanto di condanna e privazione del diritto di cittadinanza. "Agatocle nella sua prima giovinezza era un volgare prostituto (pornòs), rotto a tutto, una cornacchia, una poiana, che metteva il suo deretano a disposizione di chiunque lo volesse" (Polibio XII, 15,1). La riprovazione nei confronti di Agatocle sta nel suo assimilarsi alla donna in una pratica solo a lei adatta, indegna del cittadino di una Grecia maschilista, tanto maschilista da innalzare di rango le pratiche omoerotiche (Platone, Il Simposio).

      'Chi si gira è perduto'.

      La sacra legione tebana, non a caso, era composta di coppie di giovani amanti che avrebbero combattuto per amore del compagno ma anche per l'onore: sarebbe stato terribile vedere il proprio amato trapassato dall'asta nemica che l'aveva colpito alle spalle, mentre era in fuga ("Un soldato caduto a terra, mentre il nemico si apprestava a finirlo con la spada, lo pregò e scongiurò di trafiggerlo al petto, 'affinché, disse, il mio amato non arrossisca al vedere il mio corpo ferito sulla schiena'." Plutarco, vita di Pelopida). Onore di guerra, ma anche trasparente allusività all'onore del maschio. Più semplici e più espliciti i romani. Nelle scritte murali salvate dalla cenere del Vesuvio fioriscono accuse postribolari a maschi troppo poco virili che cedendo il loro culo a qualche maschiaccio del primo secolo gli permettevano di vantare la lunghezza del proprio membro. Il vaso femminile venne accuratamente studiato dai padri della Chiesa che oltre ad avere dubbi sull'esistenza di un'anima nel corpo della donna condannavano senza remissione le pratiche omosessuali. La Sodomia diventa peccato terribile, contronatura, perché riducendo il corpo maschile a una inferiorità presunta (subire un coito nell'ano equivaleva ad essere assimilato ad una donna senza esserlo) spargeva in un vaso inappropriato il seme maschile destinato alla riproduzione.

      Roghi al profumo di finocchio.

      Nel Medio Evo non si contano i roghi su cui bruciavano i sodomiti accompagnati dal profumo del finocchio selvatico che bruciava con loro per annunciare l'inizio dello spettacolo in piazza. Se Platone e l'amor greco vennero risuscitati nel Rinascimento, ci pensò la Controriforma a farli dimenticare. E' la storia della censura e dell'intolleranza, della nascita dello Stato assoluto ma moderno e degli istituti di reclusione: da lì parte la sessualità moderna. Non meglio fa l'illuminismo che, accettando in nome della Ragione di riflettere sull'omosessualità, la incasella nelle perversioni ufficiali.

      Un vizio ignobile.

      Da peccatore l'omosessuale diventa malato e la scienza medica e positivistica cerca in tutti i modi di spiegarsi il perché di tale devianza. Omosessuali si nasce o lo si diventa? E' questo l'interrogativo che la scienza medica e psicologica si porta dietro nel novecento permettendo che Hoss, il capo del campo di concentramento di Auschwitz, si lamentasse degli omosessuali lì rinchiusi perché sempre pronti a 'ricadere nel loro ignobile vizio'. Ma ormai le cause antiche dell'omofobia erano (apparentemente) dimenticate. Questa breve carrellata storica ha solo il compito di illustrare come il modo in cui veniva considerata la donna e il modo in cui veniva considerato il maschio omosessuale siano sempre stati dipendenti dalla normativa maschile eterosessuale finalizzata al mantenimento del predominio. Da allora, per il maschio omosessuale convivere col maschio eterosessuale ha voluto dire sudditanza fisica, sociale e culturale; proiezione simbolica del desiderio di potenza che a volte sconfina in quello di potere; incapacità, fino a poco tempo fa, di ribellarsi e di inorgoglirsi per la propria identità (senza insuperbirsi nel ruolo di maschi eletti come facevano molti artisti omosessuali decadenti di buona parte del nostro secolo, che barattavano il mantenimento del potere di maschi con la misoginia); condivisione di alcuni luoghi comuni sulle donne ora madri matrone, ora vampire degli affetti, ora puttane. Da qui una certa difficoltà per i maschi omosessuali nel fare i conti con le donne che a volte appaiono come concorrenti sleali (quando l'oggetto del desiderio è lo stesso) ora le confidenti di sempre (sulla cui spalla piangere o ridere. Sono tanto sensibili!), ora imbarazzanti maghe circi (quando chiedono un approccio sessuale), ora scomode arpie (quando affermano sé stesse anziché starsene al loro posto). Insomma, la solita minestra: o ricorrendo all'armamentario dei maschi di sempre (in più il maschio omosessuale non si gioca sessualmente con le donne) o lasciando irrisolto il problema (possono sempre essere amiche, no!).

      Maschi, pentitevi!

      Mettere in discussione quel dominio che i maschi omosessuali hanno condiviso o di cui sono stati vittime consenzienti significa, similarmente alle donne (e lungi dall'avere chiarito i rapporti con loro) proclamare alcuni principi:

      1. Che il privato è e resta sempre politico.
      2. Che lo sviluppo dell'identità, della visibilità e dell'orgoglio omosessuali è sviluppo cognitivo interrelato a quello sentimentale, affettivo, emotivo e relazionale che non può prescindere dal genere di appartenenza.
      3. Che il desiderio, proprio perché messo in movimento dallo squilibrio, va sempre accettato e compreso.
      4. Che lo sguardo omosessuale sul mondo è doveroso e possibile purché lo si scopra, lo si definisca e lo si affermi. E se l'argomento interessa ci ritorneremo sopra.