J.L. Vives, De Dissidiis Europae et Bello Turcico - PREMESSA
Chissà se nel 2492 i celebratori del 1° millenario della gloriosa scoperta dell’America sapranno rispondere alla formidabile sfida lanciata loro dai colleghi del cinquecentenario? Chissà se anche loro disporranno di un Bob Dylan mummificato, ma pronto ad essere mostrato come trofeo sul "carro dei vincitori"? Chissà se gli sfollagente dell’ Expò di Siviglia saranno ancora in voga 500 anni dopo? Chissà se in quell’ anno luminoso vivranno ancora gli orfani del terzomondismo che, nei loro piagnistei, supplicheranno: "Per favore, depredate sì, ma con umanità"? Noi, sinceramente, ci auguriamo che queste sane tradizioni restino immutate.
Come gruppo di studio all’ interno del Centro Sociale "Godzilla" di Livorno, vorremmo semplicemente mostrare il contributo che il grande umanista spagnolo, J. L. Vives, ha dato alla formazione della prospettiva eurocentrica. Naturalmente, nel dialogo che qui presentiamo, il termine di confronto non è costituito dall’Amerindio, ma dal Turco, che, in quel momento, rappresentava una terribile minaccia per le sorti dell’ Europa; e l’ immagine del Turco è l’elemento saliente che emerge dalla lettura del De Dissidiis Europae et Bello Turcico.
In questa pubblicazione, oltre allo scritto di Vives, compaiono tre interventi che hanno l’intento di introdurre all’opera del filosofo spagnolo e al dialogo citato, in particolare:
- Vives, un uomo del suo tempo, fornisce alcune informazioni biografiche dell’umanista e tratta brevemente della sua posizione in merito a questioni etico-politiche;
- Vives e il linguaggio dell’ occidente, si interessa del dibattito cinquecentesco della lingua e dell’uso del linguaggio e della retorica in Vives, utilizzando queste osservazioni per una lettura del De dissidiis;
- La naturalità inesistente. Glosse al capitolo sulla memoria nel De anima et vita di J. L. Vives, si sofferma in particolare su questo aspetto, in rapporto alle condizioni in cui avvengono i processi pedagogici.
Questi articoli non hanno certo la pretesa di esaurire l’argomento "Vives", vogliono piuttosto offrire degli spunti di riflessione su aspetti dell’imponente produzione di questo autore. Comunque, ciò non toglie che essi possano valere come stimolo per una più larga considerazione di Vives e delle sue opere, dato che gli studi italiani in materia sono sempre stati scarsi.
Rivolgiamo quest’invito alla luce dei consistenti contributi che l’autore spagnolo ha dato in ogni campo della mai tanto deprecata, ma ineludibile, cultura occidentale.
Desideriamo, in questa sede, ringraziare sentitamente la prof.ssa Lucilla Serchi per la collaborazione nella revisione del testo tradotto e il caro amico Silvano Cacciari per i suoi notevoli apporti nella discussione comune, durante i nostri incontri seminariali. Mai, tuttavia, avremmo potuto presentare il nostro lavoro senza la determinante lettura critica dei dattiloscritti, unita a numerosi consigli, da parte del prof. Michele Olivari.
Estate 1992