Albania : terra immiserita e terra di conquista.


L'Albania (3.500.000 di abitanti, di cui il 62% vive tuttora nelle campagne, con un reddito medio pro capite di 80 dollari l'anno) è sin dall'inizio del secolo una delle aree di interesse per l'azione economica dell'imperialismo italiano. Di conseguenza è stata sottoposta al protettorato e al controllo politico dello stato italiano. Tale controllo politico si è espresso più volte attraverso l'occupazione militare, ma si è mantenuto anche durante i periodi di formale indipendenza. Attualmente l'Italia detiene saldamente la fetta più grossa delle importazioni albanesi (oltre il 40%, seguita dalla Germania con il 6,6%), mentre sono italiani il 60% degli investimenti esteri in Albania: sono centinaia gli imprenditori italiani trasferitisi sul posto per sfruttare il basso prezzo della forza lavoro.


Lo Slai Cobas esprime la sua profonda indignazione per l'atto criminale dell'affondamento della nave dei profughi albanesi : una strage programmata le cui responsabilità ricadono direttamente sui Comandi della Marina, sul Ministero della Difesa, sull'intero Governo Prodi. Questo crimine è la logica conseguenza della politica scelta dal Governo contro gli albanesi : quella dei blocchi navali, del respingimento con tutti i mezzi dei profughi, dell'indegna campagna xenofoba e razzista contro gli albanesi. Questo crimine si lega alla scelta di intervento militare imperialista e neocoloniale che il Governo sta portando avanti. Un intervento che ha lo scopo di salvare il regime antipopolare di Berisha, vera causa della rivolta popolare e del degrado della situazione generale che produce questa nuova ondata di profughi. L'insurrezione popolare è stata innescata dalla protesta contro la evidente complicità del governo Berisha (Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana) con le finanziarie che hanno illuso e trascinato alla rovina centinaia di migliaia di albanesi. L'intervento militare, dietro la facciata delle nobili motivazioni, è stato sollecitato soprattutto dagli "imprenditori" che si sono trasferiti in Albania chiudendo le loro imprese in Italia, che hanno dissestato il paese, che pagano 200.000 lire al mese i lavoratori e 1 milione al giorno i guardiaspalle reclutati nella malavita locale, e oggi vorrebbero che tale compito fosse assunto dall'esercito italiano alle spese dei contribuenti. Lo Slai Cobas è a fianco dei lavoratori e del popolo albanese, degli immigrati che sfuggono a un futuro di fame, di miseria, di asservimento ai racket italoalbanesi della prostituzione, della droga, delle armi, e contro la politica antialbanese del Governo Prodi e l'intervento militare. Lo Slai Cobas ha aderito alla manifestazione nazionale di Domenica 6 aprile a Brindisi.


Nonostante
l'occultamento di TV e giornali, la presenza dello Slai Cobas a Brindisi, a fianco di altre realtà proletarie e giovanili, non ha permesso che la manifestazione si risolvesse in una ipocrita passerella di associazioni istituzionali e di partiti filogovernativi. Ascoltati gli interventi dei profughi albanesi, contestato il ministro Ronchi, il grosso del corteo ha attraversato la banchina del porto lasciando sotto il palco poche centinaia di persone. Nell'intervento di Mara Malavenda la denuncia del regime di Berisha è stata associata a quella del Governo Prodi, non solo per l'intervento militare in Albania, ma anche per la sua logica antipopolare e antioperaia, tutta a servizio del grande padronato italiano, Fiat in testa.


LA MARCIA EUROPEA CONTRO LA DISOCCUPAZIONE, LA PRECARIZZAZIONE E L'ESCLUSIONE

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Il 14 aprile da numerosi paesi europei (Italia, Francia, Belgio, Germania, Spagna, Portogallo, Svizzera, Bosnia, Irlanda, Olanda, ...) partiranno marce ed iniziative (assemblee, manifestazioni) contro l'Europa di Maastricht. L'appuntamento finale è per il 14 giugno ad Amsterdam, dove si terrà una manifestazione internazionale in occasione del vertice dei governi europei. All'iniziativa delle marce partecipano forze sindacali e politiche, associazioni e comitati di tutti i paesi, in Italia lo Slai Cobas fa parte del comitato promotore.

In questi due mesi si mobiliteranno decine di migliaia di proletari, incamminandosi sulle stessa "strada" aperta dai minatori tedeschi, dagli operai della Renault di Belgio e di Francia, da tutte quelle lotte contro gli effetti delle politiche per il rispetto dei "parametri di convergenza" dell'unione europea, che i vari governi stanno applicando, da quelli di destra (come in Spagna) a quelli di centrosinistra" (come in Italia).

Una mobilitazione internazionale e internazionalista contro:

- la disoccupazione, perchè il rilancio delle economie si fonda sulla riduzione del numero degli occupati

- la precarizzazione, perchè in tutti i paesi sono sotto attacco i rapporti di lavoro stabili e a tempo indeterminato

- l'esclusione, perchè un numero crescente di persone, espulse dal ciclo lavorativo od impedite ad entrarne, siano esse di origine europea o immigrate, sono escluse dalla possibilità di vivere in condizioni decenti.

Quest'iniziativa è il primo tentativo di dare una risposta all'altezza dell'offensiva governativa e padronale, che si sviluppa su di un piano internazionale. Un'occasione per intessere legami e unità d'intenti e mobilitazione con i lavoratori degli altri paesi, per dare vita a rapporti stabili con quelle forze che anche negli altri paesi si collocano in un'ottica realmente anticapitalista. E' un'occasione che lo Slai Cobas non deve mancare.

In Italia non ci saranno vere e proprie marce da città a città, ma manifestazioni ed assemblee nelle varie città. Lo Slai deve impegnarsi ad organizzarle dove è presente, portando al centro di tali inziative la parola d'ordine che la vera e reale contrapposizione all'Europa dei padroni parte innanzitutto dalla mobilitazione contro la politica del proprio governo che, per rispettare i parametri di Maastricht, contribuisce a creare disoccupazione, precarizzazione, esclusione. Non è possibile essere contro quest'Europa se si tace sui progetti del governo Prodi. E' un'opposizione solo a parole se non ci si mobilita contro il "patto per il lavoro", l'accordo sulle aree di crisi, il piano di lavori "socialmente utili".

Dare quest'impostazione alla nostra partecipazione alla marcia europea è tanto più necessario, perchè lo sforzo ad organizzare queste scadenze non sia utilizzato per sostenere politiche come quelle delle "marce per il lavoro" fatte dai sindacati confederali a Roma o da Rifondazione Comunista a Napoli. Trasformare l'opposizione all'Europa di Maastricht nel sostegno ai piani governativi di precarizzazione dei rapporti di lavoro grazie al disegno di legge Treu ed alle misure collegate, in cambio della promessa fasulla di nuovi 100.000 posti di lavoro (sottopagati e a termine), significherebbe bruciare un potenziale di opposizione che sta maturando in tutti i posti di lavoro, nella società. Su questo terreno dobbiamo ricercare mobilitazioni comuni con tutte quelle forze che, in Italia ed in Europa, vogliono effettivamente ampliare il fronte di lotta dei lavoratori, dare ad esso continuità e stabilità, contribuire ad autorganizzare i proletari in termini effettivamente anticapitalisti.

Questa, per noi, deve essere la lotta contro l'Europa di Maastricht, ricordando che tale Europa unita non sarà per nulla meno reazionaria dei singoli governi che dovrebbero darle vita.



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