PERCHE' UNA PROPOSTA DI LEGGE
SULLE RAPPRESENTANZE NEI LUOGHI DI LAVORO.

Storicamente la rappresentanza sindacale dei lavoratori ha coinciso, in Italia, quasi esclusivamente con quella dei sindacati "maggiormente rappresentativi", nati e cresciuti all'ombra dei tradizionali partiti di massa, da cui hanno tratto appoggio giuridico e istituzionale. Lo stesso Statuto dei Lavoratori, che all'inizio poteva essere letto come la conquista di un argine legislativo a difesa dei diritti sindacali, è stato voluto dal legislatore soprattutto come strumento utile a evitare il prodursi di conflittualità difficilmente riconducibili nell'alveo delle compatibilità istituzionali e economiche.

L'art.19 di questo Statuto è stato, in particolare, la norma di sbarramento che ha garantito al sindacalismo confederale privilegi di rappresentanza tali da rendere impossibile una effettiva concorrenza nei suoi confronti. Questo monopolio sindacale, solo apparentemente scalfito da sindacati minori costituitisi sullo stesso modello, ha favorito la creazione di una burocrazia sindacale sempre più distaccata dai bisogni dei lavoratori. Sono nati così accordi aziendali, di gruppo, di categoria e accordi triangolari con Confindustria e Governo, firmati da Cgil, Cisl, Uil in nome e per conto di tutti i lavoratori (anche quelli non iscritti, che sono la maggioranza) nonostante l'opposizione dei lavoratori stessi.

La vittoria del referendum sulla abrogazione parziale dell'art.19, eliminando il concetto di "maggior rappresentatività" ma mantenendo quello che lega i diritti sindacali alla firma dei contratti, ha peggiorato ulteriormente le cose. Nei fatti viene assegnata ai padroni la facoltà di legittimare la rappresentatività sindacale, privandone gli unici e veri depositari, che sono i lavoratori.

L'abrogazione totale non avrebbe permesso questa scappatoia peggiorativa. Lo Slai Cobas lo aveva intelligentemente previsto ma si è trovato da solo a volerla coerentemente difendere. Non si può non ripensare con rabbia alla testardaggine con cui forze politiche e sindacali hanno voluto a tutti i costi affiancare all'abrogazione totale quella parziale. E' forte è il sospetto che in fondo si volesse parare a disinnescare il potenziale dirompente dell'abrogazione totale. Nonostante ciò occorre ricordare che il referendum abrogativo totale non è passato solo per una manciata di voti, con forti sospetti di brogli elettorali e un infruttuoso esposto alla magistratura.

La stessa cosa si è verificata a proposito del referendum che aboliva la trattenuta sindacale in busta paga. Scopo di questo referendum, nella accertata volontà dei promotori così come era stata registrata dalla commissione che ne aveva deciso l'ammissibilità, era quello di rimettere in discussione il meccanismo del rinnovo automatico ed eterno della tessera costringendo tutte le forze sindacali a una riverifica periodica della reale volontà associativa dei propri iscritti. Come sappiamo l'assurda applicazione di questo referendum vinto è stata quella di abolire le trattenute a tutti gli altri sindacati tranne a quelli che il voto aveva chiaramente indicato di voler riportare sotto controllo. Difficile è immaginare un livello più incredibile di disprezzo e di distorsione della volontà popolare.

Rimane comunque il fatto incontestabile che esiste nei luoghi di lavoro un deficit di democrazia difficilmente sostenibile anche a una mente semplicemente liberal. Un deficit a danno dei lavoratori, ai quali è negata la possibilità di far pesare le proprie opzioni attraverso rappresentanti scelti da tutti, vincolati nel loro mandato, chiamati a render conto del loro operato in qualsiasi momento della vicenda negoziale.

A questo bisogno stanno tentando di rispondere sul campo, in condizioni di palese e violenta discriminazione, le forme di autorganizzazione che si sono sviluppate nei vari settori di lavoro. C'è però la necessità di riformulare una legge sulle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro in senso maggiormente democratico. Ad essa hanno messo mano un po' tutte le forze politiche e sindacali, presentando le loro proposte di legge. Con quali finalità non è difficile da immaginare.

Anche lo Slai Cobas si è cimentato nella difficile impresa di tradurre nella rigidità di schemi normativi la ricchezza e l'originalità delle lotte reali dei lavoratori e ha presentato una propria organica proposta di legge. La nostra proposta di legge era già stata presentata nel 1992 (11ma legislatura) da Emilia Calini e altri deputati del Prc, Verdi, Rete. Ed era già stata posta in discussione, assieme ad altre, nella commissione lavoro della Camera. In questa legislatura (13ma) è stata ripresentata da Mara Malavenda, M. Paissan (Verdi) e G.Lento (Sin. Dem.).

La scheda riporta, in sostanza, l'impianto della nostra proposta di legge. Non nutriamo nessuna illusione che essa venga accolta dalla maggioranza dei parlamentari. Neppure dalla "sinistra" che vede Rifondazione Comunista propensa all'approvazione della proposta Smuraglia (Pds) emendata. E' interesse di tutti mantenere una situazione di bassa conflittualità, perfettamente garantita dall'attuale situazione di predominio delle confederazioni. Il neo protezionismo nei confronti di Cgil, Cisl, Uil, con la scusa di difenderle dalle intrusioni della destra, servirà soprattutto a proibire che emerga una rappresentanza antagonista.

Nessuna illusione istituzionalista quindi da parte nostra, ma il tentativo di dare il massimo di pubblicità ad un testo di legge che possa essere dignitosamente sventolato davanti ai lavoratori come una bandiera di reale democrazia. Svelando chi sono coloro che si accontenteranno di meno di questo.

Questo cammino siamo pronti a farlo con tutti coloro che condividono con noi la scelta irrinunciabile di costruire un processo unitario che, partendo dal basso, dia ai lavoratori organismi rappresentativi liberamente eletti e senza preclusioni di appartenenze sindacali. Su questi contenuti, e non sulla scorciatoia di una disinvolta aggregazione di sigle, ci siamo resi disponibili a un confronto con tutti. Con questo spirito, nei mesi scorsi ci siamo incontrati con i rappresentanti dell'Arca (Unicobas, SdB, Usi, Cnl, Siluel .... ) per verificare la possibilità di arrivare a una comune proposta di legge. Nonostante la concordanza su molti punti abbiamo registrato una divergenza : per noi i diritti contrattuali, anche a livello nazionale, devono essere di esclusiva proprietà dei lavoratori e dei loro delegati eletti, mentre per l'Arca il reale esercizio di tali diritti, in questa fase politica, può essere realizzato solo garantendo un diritto di rappresentanza anche alle OO.SS. Si è ritenuto quindi di porre al dibattito le diverse proposte di legge, ritrovandoci d'accordo in ogni caso di aprire una battaglia sui punti in comune, a partire dai luoghi di lavoro.

Noi in controtendenza con il resto del mondo extraconfederale, abbiamo fatto la scelta di partecipare con nostre liste alle elezioni delle Rsu. Pur riconoscendo i limiti di potere riservati a questi organismi, essi rappresentano oggi l'unica strada pratica per dare ai lavoratori la possibilità di scegliere liberamente i propri rappresentanti, in coerenza con la nostra linea sindacale. Questo principio, anche se pesantemente intaccato dalla incredibile antidemocraticità della quota garantita, è in grado, almeno localmente, di cominciare a visibilizzare la possibilità di intaccare il monopolio confederale. Tant'è vero che, là dove appaiono liste Slai Cobas, Cgil, Cisl, Uil tendono, in tutti i settori, a rimandare il rinnovo delle elezioni, a impedirne l'indizione o, come sta succedendo nel gruppo Fiat, a utilizzare tutti i mezzi, anche i più indecenti, per spazzarci via.

Mercoledì, 11 giugno è partita nella Commissione Lavoro della Camera la discussione sulle varie proposte di legge. E' importante sottrarre questo inizio dalla clandestinità cui sembra destinato.


La proposta di legge dello Slai Cobas.
Si divide in due parti.

La prima parte (Titolo 1) si riferisce alla identificazione ed alla costituzione di rappresentanze unitarie nei luoghi di lavoro, denominate "consigli unitari".

La seconda parte (Titolo 2) è dedicata ai poteri negoziali conferiti all'agente contrattuale unico (il consiglio unitario), rappresentante di tutti i lavoratori, iscritti o meno a un sindacato, e operante a diversi livelli (aziendale, provinciale, regionale, per categoria o comparto).

I diritti sindacali "forti" (trattative a tutti i livelli, indizione di assemblee, permessi) sono esclusivamente appannaggio dei delegati eletti dai lavoratori, coordinati territorialmente e per categoria. Ai lavoratori spettano sempre le decisioni definitive, prevedendo, sia nella fase di definizione delle piattaforme che dopo gli accordi contrattuali, il referendum obbligatorio e vincolante (oltre naturalmente il diritto di revoca del mandato). Nella nostra proposta di legge si garantisce contemporaneamente il diritto di associazione sindacale, garantendo a tutti i gruppi di lavoratori che abbiano almeno un eletto nel consiglio unitario, la possibilità di organizzarsi, diffondere le proprie opinioni e i materiali di stampa, indire assemblee fuori orario di lavoro, usufruire di parte di contributi sindacali assieme ai consigli unitari. Quei diritti insomma che lo Statuto proclama nel primo articolo e calpesta negli altri.



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