LOTTA FISCALE e STATO SOCIALE

Vecchi vizzi.


Quelli che seguono sono degli spunti per stimolare l' allargamento della discussione su quanto-per che cosa-come-a chi pagare tasse e imposte, offrendo una lettura "di parte" del rifiuto dell'imposizione fiscale, in particolare della trattenuta alla fonte in busta paga dei lavoratori dipendenti, verso una nuova, anche su questo terreno, concezione solidaristica e cooperante, senza ricatti morali com'è abitudine nel dibattito delle "sinistre", tutte avviluppate nei cascami della delazione (117) e del darwinismo sociale.

Piove, governo ladro!

Marx sosteneva che la "lotta fiscale è la forma più antica della lotta di classe..." tutti gli storici, ancor oggi, sarebbero d'accordo con questa affermazione. D'altra parte, nel fuoco delle lotte, nei conflitti di classe che hanno segnato la modernità, nel rapporto lotte operaie-sviluppo capitalistico, questa "memoria" è andata progressivamente svanendo. La lotta contro le tasse e lo sfruttamento fiscale dello stato è diventata monopolio della destra "neoliberista": parola d'ordine di vecchi e nuovi strati imprenditoriali, uniti nella difesa dei loro interessi di classe. Ma per quale motivo i lavoratori dipendenti, i salariati e le cento figure dei nuovi lavori subordinati non dovrebbero ragionare su questi problemi dal punto di vista dei propri interessi? Perchè l'argomento tasse viene considerato tabù? Per quale motivo il rapporto tra tassazione e salario non viene mai posto in discussione, se non altro, in termini critici e problematici?
La questione è sicuramente complessa ed assai profonda, coinvolgendo non solo aspetti economici materiali, ma anche sociali ed ideologici.
Il problema ruota attorno alla concezione di stato sociale. La formazione del moderno "stato sociale" è stata determinata, in estrema sintesi, da un insieme di fattori storici:
1) le lotte operaie nei paesi capitalistici, la peculiare virulenza del conflitto di classe, il tentativo da parte dello stato del capitale di assorbire e rendere compatibili le spinte rivoluzionarie di massa...
2) il ruolo della Rivoluzione d'Ottobre nell'immaginario mondiale; la necessità del Capitale di dare una risposta ai bisogni sociali ed al "pericolo rosso"
3) un determinato modello produttivo in cui doveva, almeno in teoria, funzionare il circolo virtuoso tra sviluppo, produttività, piena occupazione, alti salari, consumi di massa del sistema fordista-taylorista-keynesiano.
Da queste brevi considerazioni possiamo, dunque, cogliere il concetto di stato sociale come un campo dinamico di rapporti di forza, di lotte e conflitto di classe, la genesi e lo sviluppo del quale sono legati ad una determinata fase storica.
Oggi, al contrario, quando lo stato sociale è irreversibilmente in crisi, se ne parla come se fosse una categoria eterna - sempre esistita, che sempre sarà - come di una necessità naturale. Quale paradosso!! Questa è la più terribile delle mistificazioni ideologiche: siccome lo stato sociale è concepito come un dato naturale, come l'unica forma possibile di difesa degli interessi dei lavoratori e degli strati più deboli della popolazione, come l'unico erogatore di spesa sociale e di servizi, allora pagare le tasse è giusto. Dunque, come potrebbe succedere se vivessimo tutti in un'unica grande famiglia, ognuno deve contribuire, per quanto è nelle sue possibilità, al bene collettivo, per un principio di solidarietà; ma è proprio così? Non è forse questa la più colossale mistificazione che occulta e maschera la natura di classe dello stato?!? Di più. Se, in qualche maniera, nel pieno sviluppo dello stato sociale le tasse potevano trovare una loro legittimità nella offerta\conquista di servizi, salute, pensioni, istruzione... che senso hanno oggi, all'interno della crisi dello stato sociale, quando tutto ciò viene progressivamente ed inesorabilmente messo in discussione (cfr privatizzazione e mercato come drastici tagli ma anche rivisitazione "culturale" di bisogni e diritti) e smantellato? Quando non c'è più nessuna proporzione e rapporto tra ciò che viene trattenuto dalla busta paga dei lavoratori ed i servizi approntati "in cambio"? Qui siamo ben lontani non solo dagli elementi "di socialismo" che lo stato capitalista ha dovuto introiettare sotto la pressione delle lotte operaie e popolari, ma perfino dalle più elementari regole "borghesi" dello scambio di merci!!

Furto di Stato.


E' chiaro che la ritenuta alla fonte nei confronti del lavoro dipendente, in questo contesto, è veramente un "furto di stato", un sopruso iniquo perpetrato su milioni di lavoratori. Sfruttamento fiscale, appunto, non meno feroce di quello salariale. In sostanza, sarebbe ora di riscoprire - nell'analisi teorica e nella pratica sociale - la natura di classe dell'imposizione fiscale, del bilancio statuale e delle sue voci, della composizione della spesa sociale...
Dove si esercita il controllo dal basso?
qual' è il potere dei lavoratori sulla ricchezza che viene tolta dalle loro tasche?
La difesa di questo stato sociale, cosi' com'e' (e come progressivamente si "scarnifica"), non e' in nessun caso difesa della solidarietà'.

La solidarietà va riscoperta dal basso, in maniera del tutto nuova, attraverso la lotta, il conflitto, la conquista di nuovi diritti, il controllo e la gestione della ricchezza prodotta. Come utilizzare il denaro e per che cosa? Quanto e per chi?
Il "sociale" non può che essere contro lo stato: solidarietà, cooperazione e conquista di nuovi diritti non possono essere altro che contro l'ordine costituito, le burocrazie, "le clientele", i privilegi di cui esso è garante. Stato e sociale sono oggi due termini inconciliabili proprio perchè si è rotta la vecchia dialettica che stava a fondamento della loro unità! Da sempre l'imposizione fiscale è uno dei centri fondamentali del potere dello Stato: attraverso di essa funziona il meccanismo di ridistribuzione del reddito, si misura il rapporto di forza tra le classi; da questo punto di vista va riaffrontata l'intera questione, non tanta per scimmiottare il "populismo di destra", ma per esprimere un interesse materiale dei lavoratori. La semplice domanda 'a chi vanno, come sono impiegati i soldi trattenuti dalla busta paga' è di importanza fondamentale. Come è evidente abbiamo più domande che risposte: però, certamente, le forze dell'autorganizzazione devono cominciare a porsi questi problemi. Smascherare fino in fondo la vecchia illusione socialdemocratica secondo cui l'ampliamento della sfera statale avrebbe significato un passaggio graduale ad una società più giusta ed egualitaria. Oggi sviluppo economico non è più sinonimo di piena occupazione: al contrario, ogni innovazione ed aumento di produttività porta risparmio di lavoro.
Oggi stato sociale non è sinonimo di interesse pubblico generale e bene comune (se mai lo sia stato?!!) ma, al contrario, maschera del dominio di classe, dello sfruttamento, di prelievo di ricchezza dalla forza lavoro sociale in favore dell'innalzamento dei profitti e dell'accumulazione capitalistica. In realtà, tasse ed imposte servono per mantenere la macchina statale, i suoi apparati, le sue burocrazie, i suoi partiti e sindacati in maniera funzionale ai meccanismi della riproduzione capitalistica e dello sfruttamento del lavoro salariato.
Combattere contro l'imposizione fiscale sul lavoro dipendente e rispetto all'intera forza lavoro sociale, significa mettere radicalmente in discussione tutto ciò.

a cura dell' Associazione Difesa Lavoratori
federata SLAIcobas
Padova, gennaio 97.
http://ecn.org/lacorte/adl.htm



Associazione Difesa Lavoratori

adl@ecn.org.
35043 Monselice (Pd) via Marendole 7 Ph. +39 429 74459 FAX 783733

Riunione ogni mercoledi' alle 21.30. consulenza legale ogni giovedi' dalle 16.00 alle 18.00.


la corte ECN Home
 Page adl