E' un pessimo decreto quello che nel Veneto della micro- industria diffusa consente di bruciare rifiuti tossici in quaranta inceneritori. se l'8 luglio venisse reiterato, darebbe il colpo di grazia a un ambiente gia' devastato. Percio' forze politiche e associazioni protestano a voce alta. Il ministro dell'Ulivo Edo Ronchi promette: "Sara' eliminato"


[il manifesto] 2 Luglio 1996

Nord est col fiatone

Trenta comitati veneti in rivolta: "Il governo non deve reiterare la legge che consente di bruciare veleni nei cementifici"

MARIO DE QUARTO - ROMA

STIAMO studiando il modo di reiterare, per l'8 luglio, solo le parti del decreto che non autorizzano aggressioni all'ambiente". Il ministro dell'ambiente Edo Ronchi risponde così alle sollecitazioni che gli chiedono di eliminare un provvedimento che, varato nel 1993 e peggiorato negli anni seguenti, aveva "liberalizzato" l'uso e lo smaltimento dei rifiuti industriali tossici e nocivi. Tanto che ad esempio in Veneto decine di impianti costruiti per fabbricare cemento potrebbero diventare a breve inceneritori di pneumatici, solventi, o altri veleni.

Il decreto scade appunto l'8 luglio, e richiede da parte del ministro un intervento "transitorio". "Comunque - continua infatti Ronchi - entro pochi giorni, o al massimo settimane, emaneremo un decreto legislativo che recepirà le direttive comunitarie sui rifiuti". Un testo unico che farà piazza pulita del dedalo di leggi inefficaci e lacunose con cui i governi precedenti avevano favorito gli interessi più arretrati delle industrie.

La promessa del ministro dell'ambiente dovrebbe essere accolta con un certo sollievo da quella trentina di comitati che si sono riuniti domenica scorsa a Castelcucco (Treviso). Provenivano da piccoli centri di tutte le province venete. Gruppi di difesa ambientale nati magari contro la trasformazione di cave in discariche, o contro l'inquinamento elettromagnetico, o appunto contro il proliferare di inceneritori per i residui velenosi delle lavorazioni industriali. Sono riusciti dopo tanto tempo a trovare una sede e un metodo di confronto unitari. E hanno subito rivolto un appello-denuncia: alla regione Veneto chiedono di istituire l'Agenzia regionale di protezione ambientale (Arpa) e l'adozione di Piani che regolino l'uso del territorio; al presidente del consiglio Prodi si appellano perché non venga ulteriormente reiterato il decreto legge sui "residui tossico-nocivi" di cui si parlava all'inizio.

Le conseguenze nefaste dell'applicazione di quel decreto sono esemplificate a Monselice (PD), dove venerdì prossimo, alle 21, si terrà un'assemblea popolare contro il progetto dell'Italcementi, che vuole utilizzare pneumatici "esausti" (e in seguito solventi e altri rifiuti) come combustibile nei forni da cemento. Oppure a Pederobba (sempre in provincia di Treviso), dove esiste un progetto analogo.

Ma l'ampiezza del movimento implica anche un carattere politico, una difesa del territorio da parte delle popolazioni che lo abitano coniugata con una richiesta di "condivisione" democratica delle scelte di governo. "La gestione del territorio - spiega uno dei promotori del movimento, Maurizio Trevisan - deve essere contrattata tra popolazione, imprenditori, amministratori". Nessuna voglia indistinta di secessione, dunque. Al contrario, una sfida alla "spavalderia" delle classi dirigenti locali (la giunta regionale, la potente Unindustria, la Confindustria veneta) che ancora sponsorizzano progetti degli anni '80 come quello del Paretòn: una collina tra Asolo e Possagno che dovrebbe essere abbassata di 72 metri per fornire argilla alle fornaci e calcare ai cementifici.




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