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Lettera al manifesto
pubblicata il 15 settembre 1994 Dopo il sabato milanese, vorrei riferirvi una mia osservazione dei fatti cosi' come li ho vissuti, perche' ho trovato in essi materiale di riflessione notevole per gli anni (non i mesi; tantomeno i giorni minacciati dal nuovo questore) a venire. Una prima constatazione: il "problema" Leoncavallo e' piu' sociale che mai. E' e sara' ancora anche problema d'ordine pubblico, di rottura con equilibri precedenti. Ma dipendera' sempre da quale "pubblico" sara' a governo dell'ordine. Sono molto preoccupato dai nuovi gestori del vecchio regime. Due squadrette di Ps, inventate dal neopromosso vice-capo della polizia Serra nei giorni dello sgombero della vecchia sede, si sono distinte per aver salutato romanamente i manifestanti e per essersi abbandonate, fin dal primo contatto col corteo, a minacce e insulti, spesso personali, al servizio d'ordine della manifestazione. Sono gli stessi distintisi nei pestaggi selvaggi contro cittadini inermi. Ma torniamo al punto: durante la lunga fuga verso la nuova sede occupata dal Leoncavallo, fuga sospinta da continue cariche poliziesche (una ventina) uno spezzone di corteo comprendente circa tremila persone da via Turati a Greco (quattro chilometri), e nella successiva segregazione nei capannoni di via Watteau circondata da tutti i lati da migliaia di militi, ho voluto chiedere a molti dei presenti da dove provenissero. Erano quasi tuttti ventenni. L'80 per cento di essi, ho scoperto, erano residenti nei comuni dell'hinterland milanese. Tengo a precisare che questi giovani del grande hinterland milanese per la maggioranza sono semplici, saltuari frequentatori del Leoncavallo, gente che l'hai incontrata una volta e te la sei subito dimenticata. Solo con alcuni di questi giovani, quelli milanesi del nord-est della citta' (nei pressi della vecchia via Leoncavallo), ho avuto scambi di opinioni nei mesi scorsi. Nel gran casino c'erano tuttti, e quasi tutti senza la tuta bianca del servizio d'ordine improvvisato. L'incazzatura di questi ventenni e' autentica, e non e' spinta da organizzazioni politiche. Ma sarebbe sbagliato ridurre a una semplice constatazione economico-sociale la loro voglia di resistere alla repressione, allargando contemporaneamente gli stretti spazi vitali. Parlandoci, li si trova estremamente intelligenti, capaci di una critica radicale quanto vissuta e razionalizzata. Questi ragazzi la tv la rifiutano dopo esserne stati grandi fruitori; la loro sete di conoscenza e di sapere e' palpabile. Cresciuti nelle piazze dell'eroina, hanno rifiutato, piu' che la droga in se', l'uso politico e sociale che ne fanno lo stato (con le sue leggi e la loro dis-applicazione) e la mafia. Rispetto a noi, ex-sessantottini, sono molto piu' lucidi e determinati. Non escono dagli oratori o dai circoli Fgci. Sono figli della brutta Milano dell'ultimo quindicennio, ne hanno incamerato sottopelle la violenza e la rapidita'. Eppure, proprio rispetto alla violenza, ho notato splendidi episodi non riferiti dalla stampa, che dov'ero io (relativamente al sicuro in mezzo al corteo in fuga) latitava, preferendo prendersi le manganellate della responsabilissima forza pubblica. Quando un ragazzo ha tirato una bastonata sulla fiancata di un'ambulanza in transito, gli sono saltati addosso in venti incazzati, cosi' come e' stato allontanato a calcioni nel sedere uno che aveva spaccato, senza motivo, i vetri di sei macchine in fila, per un gioco imbecille. E tutto cio' mentre la Ps caricava violentemente. Nel '77 questo senso di responsabilita' collettiva (e per di piu' disorganizzata) non c'era proprio. Per come la vedo io, questa gioventu' e la sua critica dell'esistente sono inossidabili, hanno valori di civilta' estranei ad altri movimenti, valori radicati in una zona della coscienza piu' profonda del freddo intelletto di molta sinistra che conosciamo. Non vedo come si possa pensare, sul piano politico, ad una pura e dura criminalizzazione di questi giovani senza scatenare contro di essi una violenza molto piu' crudele di quella di allora (che aveva la scusante di un terrorismo che oggi non c'e'). Solo un nuovo, lurido fascismo potrebbe fermarli. E' sensibile la loro frattura dalla gioventu' dei fiorelli e delle discoteche. Ma hanno anche una tremenda forza ideale. Votano Rifondazione o Verdi (ma con uno spirito che a dirlo critico gli si fa torto) o scheda nulla. La seconda comunicazione che voglio farvi sui miei lunghi dialoghi con loro riguarda infatti l'abisso esistente fra questi giovani e i partiti della sinistra, da cui si sentono piu' traditi che abbandonati, salvo rare eccezioni (Gay, Tinelli). L'assoluta impermeabilita' dei partiti alle loro istanze di autorganizzazione li colloca forzosamente in un'area che, con troppa facilita' e poco spirito d'osservazione, si vorrebbe tout court dell'"Autonomia organizzata".
Terza considerazione e' che la stampa non ha voluto
notare l'assoluta assenza di molotov negli scontri, che
quindi, piu' che organizzati, sono stati coralmente
voluti, e da entrambe le parti, pur con motivazioni
differenti. Non si possono annunciare apocalissi per un
anno intero senza che prima o poi non succeda un
patatrac. La tensione fra i manifestanti e le forze di
Ps era palpabile dai primi momenti della manifestazione
e posso assicurare che parecchi dei primi si sono
preoccupati di ridurre al minimo le conseguenze
dell'inevitabile impatto coi secondi. Carlo Ceccon, Milano |