DA MILANO, CON GIOIA E CON RABBIA
Centro sociale occupato Pedro - Padova

La giornata di sabato a Milano merita una lettura tutta politica. A partire da una chiarezza di fondo sulla composizione sociale del corteo dei ventimila, sulla sua novita', sui suoi limiti e sulla sua ricchezza. Sono scesi in piazza giovani e giovanissimi, per la stragrande maggioranza provenienti dalle periferie della metropoli, studenti medi e universitari, lavoratori precari ed intermittenti, soggetti che, magari soltanto il sabato sera, attraversano i momenti d'aggregazione negli spazi occupati portandosi dietro un carico di disagio e malessere, il peso dello sfruttamento e dell'alienazione che la moderna condizione proletaria in una citta' come Milano comporta. Molto piu' simili ai giovani beurs delle periferie parigine che ai loro genitori cassintegrati o prepensionati, una generazione nuova, fortunatamente senza mitologie nŠ memoria, neppure quella delle sconfitte subite dai propri padri.

Con una gran voglia di determinare la propria vita e il proprio futuro e soprattutto decisi a non subire l'ennesimo divieto a percorrere in corteo le strade del centro. Con quale diritto - dopo un'estate all'insegna degli sgomberi, della sopraffazione, della chiusura di ogni spazio di agibilita' politica per i soggetti non istituzionali - il sindaco Formentini, la Questura, il ministero degli Interni avevano dichiarato off limits palazzo Marino e piazza del Duomo?

Questa situazione, non a torto, e' stata vissuta come una inaccettabile provocazione. Fin dall'inizio il corteo e' stato attraversato da una forte tensione a rompere il divieto, come dimostrazione forte, visibile, di solidarieta' con l'occupazione del nuovo Leoncavallo nell'ex stamperia di via Watteau, e al tempo stesso come risposta ad un anno di gestione leghista della citta'. Cosi' migliaia di partecipanti alla manifestazione hanno deciso, spontaneamente deciso, di sfondare lo schieramento di polizia per proseguire il corteo.

Alle violente cariche che sono seguite migliaia hanno risposto con i sassi, con quanto capitava sotto mano, improvvisando barricate con auto messe di traverso o rovesciate: inventando in quei momenti forme possibili di autodifesa. Perche' nascondersi la realta'? PerchŠe' parlare di "festa rovinata"? Milano e' molto piu' brutta tutti i giorni per chi e' sfruttato, per chi e' sfrattato, per chi si fa le pere, per chi e' immigrato e discriminato ... sabato era un po' meno grigia del solito, l'immagine della "citta' europea", pacificata e senza contraddizioni, capitale del leghismo prima, del berlusconismo poi, finalmente incrinata.

Certo il dato repressivo - le botte della polizia, i feriti, i fermati - e' pesante e va denunciato con forza: ma perche' negare che per la prima volta noi, questa generazione nuova che vuole essere protagonista della trasformazione radicale dell'esistente, non siamo stati i "bravi ragazzi" dei centri sociali, simpatici e creativi ma un po' tonti e ingenui, sempre vittime sacrificali, aggrediti dai fascisti o pestati dalla polizia: per la prima volta non siamo piu' scappati!

La positivita' dell'ultima settimana milanese non cancella, questo e' ovvio, il dato sociale complessivo che vede le destre al governo come registrazione di rapporti di forza sociali, di classe per dirla "all'antica". Ben altro ci vuole per invertire la tendenza!
Ci spieghino pero' le cosiddette forze politiche della Sinistra, sempre pronte a prendere le distanze, a lanciare l'appello ad "isolare i violenti", come mai nel marzo scorso (non in qualche mitica era quaternaria della lotta di classe) la rivolta sociale, anche di piazza, ha bloccato in Francia il discriminatorio "salario d'ingresso" voluto dal governo di destra, mentre qui da noi, non da oggi, passano senza colpo ferire cose anche peggiori.

Noi abbiamo lucidamente scelto di ribellarci, molto semplicemente. Con noi molti altri e francamente siamo contenti di averlo fatto. E' questa la differenza tra "opposizione" e antagonismo, e lo stare insieme di quel corteo e' la differenza tra "alleanze" e ricomposizione sociale. Tutta da costruire, da inventare, da scoprire ma possibile e concreta.

Come fanno a stare insieme, a lottare insieme il pensionato e il giovane metropolitano, il cassaintegrato e lo studente...? Sono i luoghi delle identita' possibili, lo spazio pubblico del bene comune che vanno ricercati e costruiti, non certo la "forza politica", contenitore o fronte che li assomma a tavolino!

Per questo noi non candidiamo nessuno - tantomeno noi stessi - a rappresentante dell'opposizione sociale o politica.
Partiamo da cio' che siamo e da cio' che c'e' per raggiungere altro che dovra' esserci. Dalle pensioni al diritto alla casa, al reddito garantito. Ma senza il momento della rottura, del conflitto aperto non e' pensabile oggi alcuna "uscita dal ghetto", non puo' diventare praticabile neppure un terreno di progettualit…, costruzione, prefigurazione.

E se ci troveremo insieme ad una festa in uno spazio pubblico conquistato o se insieme ci riprenderemo, anche con la forza, il diritto a manifestare, e qualche anima bella della sinistra, istituzionale o anche vicina al movimento, si scandalizzera', poco male ... la gioia e la rabbia sono dei vivi, i piagnistei, il vittimismo, la rassegnazione sono di chi e' gia' morto.

Padova, 13 settembre 1994