SENTENZA EMESSA IN PRIMO GRADO IL 5.07.91

Prima di esporre i motivi della decisione appare necessario ricostruire il contesto in cui si volsero i fatti di cui in imputazione, e cio' alla stregua delle dichiarazioni dei testi, Chiodi, Esposito, Avezzano e Collu, e nei limiti in cui tale ricostruzione non e' contestata nemmeno dalla difesa degli imputati.

Orbene, il 1 maggio del corrente anno in Piazza Duomo a Milano, stava svolgendosi una manifestazione sindacale; da un palco posto sulla piazza medesima erano da poco iniziati i comizi, quando un gruppo di autonomi appartenenti al Circolo Leoncavallo diede luogo a vivaci contestazoni e si scontro' col servizio d'ordine dei sindacati che si trovava a mo' di recinzione intorno al palco medesimo.

Nel gruppo di autonomi vi erano persone armate di mazze, bastoni e biglie; alcuni erano travisati.

Intervenne a questo punto la Polizia con una "carica di alleggerimento" volta a disperdere i manifestanti che in effetti defluirono in varie direzioni; tra questi ultimi, peraltro, ne fu notato uno, poscia identificato per K., armato di bastone, che dopo essersi diretto verso Corso Vittorio Emanuele, fece ritorno verso il centro della piazza, attirando cosi' l'attenzione del Commissario Chiodi che, insieme con alcuni uomini della Digos, si trovava dal lato della piazza dove e' posto il Bar Motta.

Giusto quanto riferisce il predetto Commissario, egli stesso si avvio' allora in direzione del K. allo scopo di identificarlo; era seguito, nell'ordine, dall'agente Esposito, dall'Avezzano e dal Collu, che procedevano in fila indiana in mezzo alla folla. Tutti, ufficiali ed agenti, erano in borghese.

Giunto abbastanza vicino al K., il Chiodi si avvide che costui, a propria volta, lo aveva riconosciuto e che, repentinamente, aveva fatto un segnale di intesa ad altri che si trovavano intorno a lui (affermano il Collu e l'Esposito, che si trattava di una quindicina di persone), subito dopo il Chiodi, giunto quanto da egli stesso affermato, fu colpito al capo con una bastonata dal K.

Caduto al suolo a causa del colpo ricevuto, fu ulteriormente colpito con calci e pugni, la vittima, peraltro, non ha riconosciuto negli attuali imputati, i suoi aggressori.
Successivamente, nel faticoso tentativo di rialzarsi da terra, il Chiodi si aggrappo' a una persona che, nell'evidente intento di sottrarsi alla presa, "tirava" in direzione opposta, e che fu poi identificata per A.

Piu' o meno contestualmente anche l'agente Esposito, che seguiva dappresso il Chiodi, fu strattonato all'indietro e cadde al suolo; ivi venne colpito piu' volte con calci e insultato (cfr. dichiarazioni di Esposito f.26 trascriz.cit.).

Collu ricevette un calcio sul fianco ma riusci' a non cadere (cfr. dichiarazioni Collu f.31 trascriz.). L'Avezzano invece non fu colpito, probabilemnte perche' rimasto un po' indietro con l'incarico di raccogliere i bastoni abbandonati dai manifestanti.

A quel punto intervenne un'altra carica di celerini, che disperse in varie direzioni i protagonisti della vicenda.

La A., peraltro, fu immediatamente riconosciuta dal Collu quale una delle persone che partecipo' all'aggressione del Chiodi e venne arrestata sul posto.

Gli altri imputati furono fermati subito dopo i fatti nei pressi di P.zza del Duomo (e precisamente in Via Radegonda angolo S.Raffaele), e anch'essi riconosciuti dal Collu quali compartecipi dell'aggressione piu' volte menzionata.

Questi i fatti, sinteticamente descritti, dai quali ebbe origine il presente procedimento celebrato con rito direttissino.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Il teste d'accusa di questo processo e' Collu Lino, il quale, come si e' gia' anticipato in premessa, al momento del fatto si trovava vicino al Commissario Chiodi e dietro al predetto, insieme con l'Avezzana e l'Esposito.

Ha riferito il Collu al dibattimento odierno di avere visto un gruppo di autonomi, formato da circa una quindicina di persone (tra cui il K. che brandiva un bastone), le quali, alcune brandendo bastoni e molte altre travisate, indicavano il Chiodi e si avvicinavano verso di lui.

Giuntogli vicino, il K. colpi' il Chiodi al capo con una bastonata, e gli altri, dopo che il commissario cadde a terra, infierirono su di lui tirando calci, con la tecnica del mordi-e-fuggi. Ha poi precisato il teste di cui trattasi che l'azione fu molto rapida (duro' cioe' solo qualche minuto) e che in quel lasso di tempo egli fu tra l'altro colpito a sua volta con un calcio al fianco, a causa del quale si accascio' a terra riuscendo peraltro a non cadere.

Ha infine precisato di non ricordare se gli attuali imputati fossero tra quelli che brandivano bastoni, ma ha comunque dichiarato di averli riconosciuti tra coloro che colpirono il Chiodi con calci usando la gia' menzionata tecnica del mordi-e-fuggi.

Nessuno degli imputati ammette l'addebito, e alcuni hanno chiesto e ottenuto l'ammissione di testi a discarico; le deposizioni di tali testi tendono a dimostrare che D., M. e R. si trovavano, al momento del fatto, in compagnia dei testi predetti, o in luoghi diversi da quello dell'aggressione, e che pertanto sicuramente non vi presero parte. Si tratta dunque di valutare l'attendibilita' di tali testi, d'accusa e di difesa.

Si e' detto, da parte dei difensori degli imputati, che Collu e' teste assai poco attendibile per varie ragioni: in primo luogo perche' sarebbe caduto in contraddizione nel caso dell'esame dibattimentale in ordine alla circostanza se gli imputati fossero o no armati di bastoni; poi perche' avrebbe dilatato i tempi dell'aggressione oltre quelli riferiti dallo stesso Chiodi; infine perche' avrebbe dimostrato una eccessiva sicurezza nell'indicare, quali concorrenti nel reato, persone (e cioe' gli imputati) che ne' Chiodi ne' Avezzano riconobbero come tali, pur avendoli anch'essi visti da vicino.

Gli argomenti usati dalla difesa sono destituiti di fondamento; il Collu infatti non e' caduto in contraddizione poiche' a ben leggere le sue dichiarazioni, si rileva che egli ha parlato di un gruppo di persone che, insieme al K., si spingevano avanti verso il commissario Chiodi "brandendo dei bastoni, non solo lui (il K.) ma anche altri, e molti di loro travisati" (cfr. f.30); ha poi affermato di non ricordare se gli imputati erano armati di bastone (cfr. 44 e 45 in atti, trascr. udienza 12.06.91); dunque non vi e' contraddizione, poiche' il Collu si limita a dire di aver visto un gruppo di persone, molte delle quali armate di bastoni e molte travisate; non ricorda pero' se gli imputati fossero essi stessi armati.

Non pare possa dirsi nemmeno che vi sia contraddizione tra i tempi dell'azione quali indicati dal Chiodi e quali dal Collu; il primo ha parlato di 15 secondi, il secondo di alcuni minuti, premettendo, peraltro, che in circostanze quali quelle di cui trattasi, e' assai difficile indicare il tempo reale dell'azione (cfr. 31 e 32 in atti). Affermazione, quest'ultima, che appare molto sensata, ed e' dunque certamente condivisibile.

E' tra l'altro verosimile che il Chiodi, caduto a terra a seguito del colpo ricevuto in testa, abbia per qualche attimo perduto la cognizione del tempo, e che dunque la sua indicazione sulla durata del fatto sia piu' imprecisa di quella di Collu.

Piu' problematico appare invece, a aprima vista comprendere per quale ragione ne' Chiodi, ne' l'Esposito, ne' l'Avezzano riconobbero negli attuali imputati i correi del K., ma una attenta lettura degli atti, fornisce, anche sul punto, una risposta tranquillante.

Il Chiodi, lo afferma agli stesso, aveva concentrato la propria attenzione sul K. ("Io ho seguito con lo sguardo solo lui..." cfr. f.12 trascrizione udienza 12.06.91), l'Esposito riconobbe in un primo momento solo il K. e la D. ("quella li' che ricordo proprio bene..." cfr.23 in atti, e' verosimilmente la D., perche' diversamente non si saprebbe come intendere il senso di questa frase del teste) e successivamente la sua attenzione fu distolta dall'aggressione subita dal Chiodi, perche' egli stesso fu aggredito (cfr. f.25 trascriz.ud. 12.06.91, da cui risulta appunto che il teste vide il K. che si avvicinava al Chiodi brandendo un bastone di legno e, subito dopo, fu strattonato all'indietro, cadde a terra e fu colpito in varie parti del corpo a propria volta).

L'Avezzano, infine, non e' teste particolarmente significativo poiche' certamente perse di vista il Chiodi quando "rimase indietro perche' aveva avuto il compito di raccogliere dei bastoni" (cfr. f.46 trascriz.cit); l'Avezzano afferma egli stesso che non vide l'aggressione "chi l'ha colpito veramente proprio" (cfr. pg.49 trascr. cit.).

E' verosimile dunque che il Collu, spostato un po' piu' indietro rispetto alla posizione del Chiodi e senza alcun particolare incombente che potesse distoglierlo da quello che era il compito specifico che stava svolgendo, e cioe' l'identificazione delle persone che attorniavano il K. e che sembravano non avere intenzioni pacifiche, si sia trovato nella situazione piu' comoda per cogliere tutti i particolari e le modalita' del fatto.

E' ben vero che anche Collu fu colpito; ma non cadde a terra ne' perse i sensi, e qundi pote' seguire lo svoglimento degli eventi (cfr. f.31 in atti). Dunque le dichiarazioni del teste presentano un'intrinseca attendibilita'.

Si tratta ora di verificare se le dichiarazioni stesse siano contraddette da quanto affermato dai testi a discarico, e se questi ultimi siano intrinsecamente attendibili.

Sembra piu' corretto analizzare prima qust'ultimo punto; si puo' notare, in primo luogo, come gli stessi testi a discarico si contraddicano tra loro; il M., infatti, afferma di avere visto, subito dopo i fatti, il R. fermo in Piazza Duomo in compagnia del D. e del M. (cfr. f.66 in atti) mentre il teste A. afferma che il R. si allontano' con lui dopo i fatti, verso Corso Vittorio Emanuele, Via S.Raffaele, S.Radegonda, Piazza Scala (cfr. verbale dibattimento 05.07.91).

Deve evidenziarsi inoltre che nessuno dei testi medesimi pare essersi accorto dell'aggressione subita dal Chiodi (cfr. dichiarazioin dei testi al dibattimento) pur trovandosi tutti i testi stessi, per loro esplicita ammissione, nelle immediate vicinanze del luogo ove l'aggressione stessa avvenne. Cio' appare strano; come si e' visto, infatti, l'episodio di cui Chiodi fu sfortunato protagonista coinvolse non poche persone (quindici, venti, forse piu', giusto le affermazioni concordanti dei funzionari della Digos) e quindi non puo' essere sfuggito all'attenzione di chi si trovava sui luoghi e non aveva altra occupazione che quella di osservare quanto stava accadendo nella piazza, come appunto pare che stessero facendo i testi di cui trattasi.

E' evidente inoltre, la mancanza di spontaneita' nella deposizione, ad esempio, della teste B., la quale ha narrato i fatti con una tale dovizia di particolari (tra l'altro non richiestile specificamente) da far supporre che la teste sia stata debitamente "preparata" su quanto avrebbe dovuto dire.

Non pare inoltre che le dichiarazioni dei testi a discarico in ordine al tempo da essi stessi trascorso in compagnia con gli imputati possano contraddire, inficiandole, le affermazioni accusatorie del Collu, giacche' quanto affermato dai primi, anche se fosse vero, non e' incompatibile con quanto affermato dal secondo.

I testi della difesa infatti, sostanzialmente affermano che D., R. e M., dal momento della prima carica della polizia fino a circa 20 o 30 minuti dopo, si trovarono in loro compagnia, e dunque non poterono materialmente partecipare all'aggressione subita dal Chiodi che pare essere avvenuta subito dopo la prima carica della Polizia; tale ultimo assunto, peraltro, e' inesatto, o quanto meno e' indimostrato alla stregua delle risultanze processuali.

Infatti in proposito l'Esposito afferma che il Commissario Chiodi fu aggredito pochi minuti dopo la prima carica della Polizia, mentre l'Avezzano dichiara che tra i due episodi trascorse un quarto d'ora. Tale dato appare pertanto troppo incerto perche' su di esso possa fondarsi un solido argomento che valga a confutare le dichiarazioni del teste d'accusa. Dunque puo' ritenersi provato che i quattro imputati parteciparono all'aggressione di cui in imputazione colpendo con calci il Chiodi e verosimilmente senza fare uso di bastoni.


QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO

Si tratta ora di stabilire come sia qualificabile giuridicamente la condotta descritta sopra e posta in essere dai convenuti.

Orbene, certamente essi agirono in concorso col K. e in base a un previo accordo con costui; quale fosse l'oggetto preciso di tale accordo non e' dato evincere dagli atti di causa, ma certamente si trattava di un'azione violenta da porre in essere a seguito di un "ordine" del predetto K..

Tanto si puo' arguire con sufficiente certezza dalla ricostruzione dei fatti resa da Chiodi che si riassume nel modo che segue: egli vide il K. con un bastone, lo riconobbe, si avvio' con altri uomini della Digos verso di lui, si avvide che il K. lo riconobbe a propria volta e che fece segno ad altre persone che eranao li' con lui "in questo gruppo di persone" (f.15 in atti); subito dopo il Chiodi fu colpito.

Manca al contrario la prova della volonta' da parte degli aggressori, di opporsi al compimento d un atto d'ufficio da parte dei pubblici ufficiali; atto che nel caso di specie appare essere quello del'identificazione delle persone facenti parte del gruppo guidato dal K.; verosimilmente, infatti, gli aggressori non ebbero nemmeno il tempo e il modo di rendersi conto di quali fossero le intenzioni dei funzionari della Digos, giacche' l'azione aggressiva, come si e' gia' detto, viene rappresentata come fuminea ed estemporanea (cfr. ancora una volta le deposizioni di Chiodi Emilio), e dunque non puo' ravvisarsi in essa, alla stregua delle risultanze processuali, null'altro che la volonta' di aggredire determinati soggetti.

Pare verosimile, inoltre, che il Commissario Chiodi sia stato riconosciuto come funzionario della Digos oltre che dal K., anche dagli attuali imputati: la parte lesa, infatti, pur essendo in borghese, avamzava verso il centro della piazza con una radio portatile a tracolla, ed era seguita da altri agenti in borghese riconoscibili se non altro per la strana posizione in cui si trovavano rispetto allo stesso Commissario (procedevano in fila indiana, cfr. f.13 in atti) e dall'Avezzano che raccoglieva i bastoni e le mazze lasciate a terra dai manifestanti; infine, era persona ben nota tra i frequentatori delle piazze per aver svolto numerosissimi servizi di quello stesso tipo.

Dunque puo' fondatamente ritenersi che sia stato aggredito nella sua qualita', ben nota, di pubblico ufficiale a prescindere dalla natura dell'atto che in quel momento si accingeva a compiere e che, verosimilmente, gli imputati nemmeno avevano inteso. La condotta degli imputati, cosi' ricostruita, non integra pertanto il reato contestato, bensi' quello diverso di oltraggio a pubblico ufficiale, e di tale reato D., A., M. e R. devono ritenersi responsabili.

A tutti i predetti imputati vengono concesse le attenuanti generiche per la incensuratezza, formale o sostanziale, dei medesimi, da valutarsi, attesa la giovane eta' degli stessi, prevalente sull'aggravante ritenuta.

Pena equa stimasi, per ciascuno di essi, quella di mesi quattro di reclusione; segue la condanna in solido delle spese processuali.
Sussistendone i presupposti di legge si ordina che tale pena venga condizionalmente sospesa nei confronti di tutti gli imputati e che, parimenti per tutti, nonvenga fatta menzione della condanna nel certificato casellario...

La sospensione condizionale della pena impone la revoca della misura cautelare cui gli imputati sono soggetti.


PQM

Il Tribunale, visti gli artt. 521 comma 21, 533, 535 C.P.P.

dichiara

D., A., M. e R. colpevoli del reato di cui all'art. 341 C.P., cosi' modificato il capo di imputazione, e concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla ritenuta aggravante, condanna ciascuno alla pena di mesi 4 di reclusione, oltre al pagamento, in solido, delle spese processsuali.
Pena sospesa e non menzione per tutti.
Revoca l'obbligo di firma nei confronti degli imputati.