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DICHIARAZIONE COMUNE DEGLI IMPUTATI: A 3 anni di distanza dai fatti del 1 Maggio 1991, e dopo essere stati condannati a 4 mesi per oltraggio agravato a pubblico ufficiale, ci troviamo oggi in queste aule di tribunale per il II grado. Ci avvaliamo della facolta' di non rendere interrogatorio in aula, e neghiamo gli addebiti specifici supportati da un'accusa composta dai soliti elementi della Digos milanese, che utilizzano il metodo a loro usuale dei riconoscimenti visivi, in gergo tecnico "visualizzazioni", per supportare accuse prive di qualsiasi prova concreta, sia essa fotografia o filmato, a scapito, in questo caso come in altri, di poche persone "pescate" a caso tra la folla, piuttosto che di persone, sempre le solite, contro le quali mostrano un accanimento che sarebbe quantomeno sospetto, se non fosse piu' che evidente una precisa volonta' persecutoria nei confronti dei soggetti antagonisti. Come spesso avviene, anche in questo, come nel processo a carico di 29 imputati, sempre per i fatti del 1 Maggio, di fronte a legittime espressioni di dissenso da parte di un fronte dell'opposizione sociale sempre piu' ampio, in questi anni, si cercano i "capri espiatori" da punire esemplarmente, in modo che cio' serva da esempio a quanti si illudano di avere ancora diritto di espressione. Ma torniamo al maggio del '91. Ripercorrere quella giornata, le profonde motivazioni politiche e sociali che l'hanno segnata, e i protagonisti di quella vicenda, appare oggi estremamente attuale, nel senso di una analogia e di una continuita' di percorso e di intenti. Da una parte, sul palco di Piazza Duomo, prende la parola per il comizio finale, una minoranza di quello che era stato il corteo, i sindacati confederali CGIL-CISL-UIL , artefici, proprio nel 1991, della definitiva cancellazione del meccanismo della scala mobile, e della sua funzione di tenere "agganciati" i salari al valore reale dell'inflazione, quei sindacati che, reduci da anni di infami accordi sul costo del lavoro, stavano, e stanno consegnando fasce sociali sempre piu' ampie alla poverta', all'emarginazione al degrado, svendendo i risultati ottenuti in anni di dure lotte dai lavoratori. Era l'inizio, e questo e' ormai un dato acquisito, del progressivo smantellamento dello stato sociale, che vede oggi i tagli alle pensioni, alla sanita' pubblica, e privatizzazioni selvagge che stanno portando alla negazione dei piu' fondamentali diritti. Questi soggetti, dicevamo, prendono la parola dal palco, in nome proprio di quei lavoratori ai quali stanno togliendo tutto. Piazza Duomo e' gremita da migliaia di persone, lavoratori, disoccupati, studenti, precari, e numerose realta' autorganizzate sui luoghi di lavoro, che non avendo diritto di parola dal palco, esprimono verbalmente il loro dissenso verso la politica forcaiola di CGIL-CISL-UIL, unite alle persone che in tutta Italia, rifiutano di lasciarsi rappresentare dal peggior sindacalismo del nostro paese. E proprio per far tacere questo dissenso, parte verso i manifestanti una prima carica, quella del servizio d'ordine del sindacato, che ben munito di bastoni e spranghe carica la folla, seguiti immediatamente dai loro solerti colleghi in divisa. Parte cosi' una caccia all'uomo, e mentre il corteo cerca di garantirsi l'agibilita' fisica e politica della piazza, vengono compiuti i primi arbitrari arresti. Il resto e' storia processuale. Nel rivendicare la partecipazione a quel corteo, e la totale legittimita' di quelle espressioni di dissenso, denunciamo l'operato degli apparati istituzionali che ieri come oggi stanno persguitando un intero antagonismo sociale, portando nel chiuso delle aule di tribunale quelle tensioni sociali che nascono dalle piazze, e che oggi piu' che mai sono patrimonio e vissuto quotidiano di soggetti sociali sempre piu' ampi e vari. Ma le aule di tribunale, anche se asettiche e isolate dalla realta', non possono e non devono ignorare i diritti, le motivazioni, le pulsioni che nascono e vivono in quel sociale di cui, nonostante tutto, fanno parte. Cio' sarebbe pericoloso e irresponsabile. Chiediamo quindi che venga annullata, in questo processo, la sentenza del primo grado, e che gli imputati ottengano l'assoluzione totale per non aver commesso il fatto. I COMPAGNI IMPUTATI
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