|
Testo dell'intervento di Luca Ghezzi alla serata di presentazione del video su Fausto & Jaio presso la Camera del Lavoro di Milano, il 5 maggio 1998.
Mi trovo ad intervenire a questo dibattito nella veste di Centro Sociale Leoncavallo, e fin qui niente di nuovo, e nello stesso tempo in quella, oltremodo insolita, di candidato del Centro Sociale Leoncavallo alle prossime elezioni per la Camera dei Deputati del Collegio 6 di Milano, previste per il prossimo 21 giugno. E questo, senza alcun dubbio, rappresenta una novità assoluta sia nella mia storia personale che in quella di questo centro sociale. E' palese ed evidente te che la mia candidatura rappresenta una palese provocazione. Non è infatti un caso che venga proposto un candidato appena condannato in primo grado s tre anni e mezzo di reclusione, che vuole rappresentare le decine di imputati che frequentano e militano all'interno del Centro Sociale Leoncavallo, cioè di quel luogo sottoposto in questi anni a ripetuti sgomberi, migliaia di denunce, decine di processi, centinaia di anni di carcere.
Nell'intenzione del centro sociale che mi ha candidato rappresento il simbolo più evidente di quella repressione strisciante e molte volte silenziosa, che come nella storia meno recente di questo paese utilizza lo strumento giudiziario in chiave esclusivamente politica, con il fine cioè di un forte attacco ad un corpo sociale ben preciso. Cioè quelle migliaia di uomini e donne che hanno raccolto l'eredità delle lotte degli anni '70 e quotidianamente le propongono nelle città e nei territori. Una provocazione, dicevo, che al di là della sua palese evidenza, contiene al suo interno tutte quelle battaglie che abbiamo voluto definire "di libertà" nelle quali rientra anche questa. Una provocazione che no è disgiunta da una storia, quella presente nostra e quella dei movimenti degli anni '70, dai suoi esiti, dai 200 detenuti poltici ancora in carcere, dal perdurare di una legislazione dell'emergenza che diventa tuttora la legislazione delle mille emergenze, processuali e non, a cui è sottoposto chi non si rassegna all'immobilismo e continua incessantemente, anche nel piccolo quotidiano quelle lotte di libertà per un futuro diverso e una società migliore. Liberare i detenuti politici significa restituirci parte di quella memoria che si vorrebbe cancellare, correggere, revisionare. Da anni progetti di soluzione generale (amnistia e indulto) vengono continuamente rimpallati da una legislatura all'altra, ma al di là dell'impegno singolo di alcuni parlamentari è palese che non c'è la volontà politica di risolvere radicalmente la questione. Spetta allora ad un movimento di massa, capace anche di dotarsi dei nuovi strumenti dell'agire politico, rivendicare e ottenere la liberazione di un'intera generazione, affermando la necessità di una soluzione politica radicale che si concretizzi in un provvedimento legislativo che intervenga sui reati in modo oggettivo e senza discriminazioni di sorta. Oggi deve essere possibile pensare ad un movimento che sappia animare le piazze, riempirle dei suoi contenuti e delle sue battaglie, perchè dalle strade alle oscure stanze del Palazzo il messaggio sia chiaro: dobbiamo andare verso una soluzione politica radicale indifferenziata, incondizionata indiscriminata. Tutto questo nella consapevolezza che liberare il nostro passato vuol dire impedire che le generazioni odierne subiscano analoga sorte. Solo i numeri della contabilità giudiziaria nella sola città di Milano dal 1993 a oggi sono impressionanti:
MILANO E' LA CITTA' PIU' LIBERA DEL MONDO
IL TUTTO PER I SEGUENTI REATI
Contro tutto questo, con ogni mezzo, la battaglia continua. |