Il Primo maggio e' un evento importante per braccianti, contadini, pastori, uomini e donne comuni
di Piana degli Albanesi e di S. Giuseppe Jato, fin dall'ultimo decennio dell'Ottocento;
e' occasione di grande festa popolare e di affermazione del movimento dei lavoratori.
Quel mattino del 1° maggio 1947, presto, come di consueto, tre partecipanti alla festa ne approfittavano
per condurre una battuta di caccia alle falde del monte Pizzuta, per poi ricongiungersi con il folto corteo
proveniente da Piana.
Quando la folla e' radunata per il comizio, i banditi escono dagli agguati e scendono dalla montagna
sparando con i mitra: 11 morti e 56 feriti.
Il bandito Giuliano ha operato dal 1944 in provincia di Palermo in stretto rapporto con le cosche mafiose
e il movimento separatista siciliano suscitato dai latifondisti che, timorosi del vento del nord,
ossia dell'iniziativa democratico-resistenziale, sognavano di far diventare l'isola una delle stelle
della bandiera americana.
Dopo 30 giorni dalla strage l'obiettivo e' pienamente raggiunto con la fine dei governi di unita' nazionale
e l'inizio dei governi organici di centro-destra.
I cortei si congiungono in una localita' a meta' strada circa dai due paesi, Portella della Ginestra,
una grande spianata tra due monti. Si ascolta il comizio e poi si mangia allegramente, condividendo
pane, formaggio, olive e vino.
Anche durante il fascismo, camuffata da festa campestre, la tradizione non si e' interrotta.
Uno dei tre, pastore e pertanto conoscitore come pochi dei luoghi, si muove con sicurezza nel buio che
precede l'alba.
E non si emoziona piu' di tanto quando sente una giovane voce che intima: "Unni vai (dove vai)?! Mani in alto!".
Allora le campagne della Sicilia erano insicure, anche in pieno giorno.
Ma subito si accorge che la cosa e' molto piu' seria del semplice fatto di mafia, di banditismo, di abigeato,
di disperati vaganti tra pagghiari e casolari.
Sono finiti sulle alture dove, la sera precedente, si era agguatata la banda di Salvatore Giuliano.
Certi di morire, solo il pastore non si mette a piangere e a pregare per la famiglia, per i figli.
A strage avvenuta, il pastore e i suoi due compagni sono rilasciati come gesto di magnanimita'
da parte del megalomane Giuliano affinche' riferiscano della potenza della banda e della poca speranza
per la "canea comunista".
Salvatore Giuliano e' insignito del grado di colonnello dell'esercito dei volontari di liberazione della Sicilia.
Nel 1947, alle prime elezioni regionali, i partiti della sinistra realizzano un significativo avanzamento.
La strage di Portella rientra in un piano di annientamento dei sindacati e dei partiti di sinistra a cui Giuliano,
con la copertura di ambienti della magistratura e della polizia, era stato addetto dalla fine della guerra.
Salvatore Giuliano ora e' divenuto un impaccio. Sa troppe cose e di uomini troppo importanti.
Il 5 luglio 1950, tradito da uno della sua banda, e' ucciso in circostanze mai chiarite.