Nel secondo dopoguerra, il petrolio sostituisce rapidamente il carbone come combustibile principale.
Prima della nascita dell'Opec - Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio - il commercio
internazionale del petrolio e' controllato dalle grandi imprese (per lo piu' europee) titolari di concessioni
di estrazione, per le quali devolvono delle royalty, ovvero una percentuale sulla quantita' estratta,
ai paesi proprietari dei giacimenti.
Vi sono poi le grandi compagnie petrolifere multinazionali (Esso, Shell ecc.), le famose
"sette sorelle", che acquistano il greggio dalle imprese estrattrici, lo trasformano nei
vari prodotti finali (cracking) e lo commercializzano in tutto il mondo.
A parte i paesi mediorientali (Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait ecc.) tra i principali
esportatori di petrolio ci sono anche Venezuela, Messico, Nigeria.
Sono invece grandi produttori l'Urss, che lo vende prevalentemente ai suoi alleati,
e gli Usa che, pur essendo energeticamente autosufficienti, continuano a importare petrolio
sia per i bassi prezzi internazionali sia per mantenere alte le scorte strategiche.
Nel 1960 il prezzo del greggio e' di 1,80 dollari al barile (un barile = 158,98 litri).
Lentamente i paesi esportatori si riappropriano delle risorse petrolifere non rinnovando le
concessioni di estrazione o addirittura nazionalizzandole.
L'Opec rafforza il suo potere, unico caso nel campo dei possessori di materie prime,
tramite la limitazione delle estrazioni per quote programmate e il conseguente rialzo dei prezzi.
E' durante la guerra del Kippur del 1973 che il prezzo del petrolio incomincia a salire,
raggiungendo nel 1975 gli 11,50 dollari e toccando successivamente i 30 dollari.
I paesi industriali, primi fra tutti quelli poveri di combustibili come l'Italia, devono rivedere i propri
piani economici e sottoporre le loro popolazioni a severi programmi di austerita'.
Lo shock petrolifero, infatti, coincide con l'inizio della grande ristrutturazione industriale
a livello internazionale. Ma la grande forza dell'Opec e' di breve durata, non riuscendo
a darsi un indirizzo comune.
Diversi paesi aderenti all'Opec utilizzano parte notevole degli introiti in dollari (che hanno sostituito
la sterlina come mezzo di pagamento internazionale) derivanti dal petrolio, in armamenti.
Altri fanno politiche di debiti internazionali che - per effetto della fine della convertibilita' tra
dollaro e oro e della conseguente svalutazione del dollaro - diventeranno delle voragini.
Debiti che inducono diversi paesi Opec ad estrarre petrolio in grandi quantita', abbassando i prezzi.
Negli anni Ottanta le crisi interne e la guerra tra Iran e Iraq, due tra i principali paesi
esportatori, ridurranno fortemente il ruolo dell'Opec.
I paesi industriali intanto, per ridurre la loro dipendenza dal petrolio Opec, introducono politiche nazionali
di diversificazione delle fonti energetiche (energia nucleare, come in Francia, ed energia idroelettrica
o gas metano).
Gli Usa, autosufficienti, hanno potuto sviluppare le loro fonti energetiche interne, come quelle dell'Alaska,
diventate competitive grazie all'aumento dei prezzi internazionali e per effetto della svalutazione.
Ma il ripristino definitivo del controllo sull'energia avviene con la guerra del Golfo nel 1991.