"Il dottor Ernesto Guevara de la Serna, per Cuba "el che", in Bolivia "Ramon", non era ottimista, ma certo non penso' che sarebbe finito da attaccapanni per i modesti sogni e ancor piu' modesti rischi di un paio di generazioni europee e statunitensi, che della sua immagine fanno vasto consumo senza attardarsi a sapere come realmente ando' ...
Tutto era andato peggio del previsto fin dal principio, i boliviani non avevano predisposto le condizioni logistiche minime, sul territorio i contadini parlavano un'altra lingua ed erano diffidenti.
A fine giugno, Guevara scrive e fa sapere che poteva contare in tutto su 22 uomini. Questa era la dimensione della forza guerrigliera intercontinentale in Bolivia. Della sua consistenza, della mancanza di mezzi e comunicazioni, delle ostilita' dei contadini, Fidel sapeva ...
Con la morte del Che l'idea finiva. Pochi mesi dopo Castro avrebbe sconfessato il maggio francese per non rompere con De Gaulle, poi appoggiato l'invasione di Praga per non rompere con Mosca ... qualcuno lascio' che la spedizione andasse alla rovina. Ma non e' un mistero che Guevara non fosse d'accordo con le scelte politiche ed economiche di Fidel, e per questo aveva lasciato il Ministero dell'industria; se ne andava ad aiutare, nella tradizione latinoamericana, le rivoluzioni nel mondo.
Quando, dopo altri tentativi, falli' l'esperienza piu' impegnativa come spiegamento di forze, quella nel Congo, neppure sarebbe voluto tornare a Cuba. Ma vi torno' e preparo' l'impresa boliviana forse gia' senza speranza, e vi gioco' la vita sua e altrui, con generosita' e prepotenza. Lui, come Fidel, come forse Camillo, sono uomini carismatici e soli. Chi va con loro e' in drammatica compagnia, accettare o piegarsi. Ma ne' l'uno ne' l'altro penserebbero di essersi reciprocamente traditi. Fra la torva stupidita' americana e la torva stupidita' sovietica, Cuba era incastrata e i suoi leader abbandonati al loro meglio e al loro peggio. Il socialismo in un'isola non si poteva fare. Poco dopo, neanche la rivoluzione in un'isola sola.
Questa e' una storia che merita di essere scritta senza diplomatismi, senza scandalismi, senza offuscamenti. A chi porta il Che sulle magliette dovrebbe essere detta tutta, con piu' verita' e pieta'."
(Rossana Rossanda, il manifesto, 6/9/1996)