Esce a maggio il libro Lettera a una professoressa scritto da otto ragazzi della scuola di Barbiana. A Barbiana, uno sperduto paesino dell'Appennino toscano, prima dell'arrivo di don Milani non esistevano scuole. Lorenzo Milani ne organizzo' e diresse una privata molto speciale, a tempo pieno, per i figli dei poveri, con orari, programmi e attivita' particolari. Da questa esperienza nasce quello che diventera' uno dei testi fondamentali della contestazione studentesca e della rivolta antiautoritaria e l'elemento di saldatura tra coscienza cristiano-cattolica e idee di sinistra. Eccone alcuni brani:
"Cara signora,
"A Barbiana tutti i ragazzi andavano a scuola dal prete. Dalla mattina presto fino a buio, estate e inverno. Nessuno era «negato per gli studi» ...
Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. E' piu' facile che i dispettosi siate voi ..."
"Voi dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza, parla come voi. Appartiene alla ditta. Invece la lingua che parla e scrive Gianni e' quella del suo babbo. Quando Gianni era piccino chiamava la radio lalla. E il babbo serio: «Non si dice lalla, si dice aradio».
"Tema: "Parlano le carrozze ferroviarie". A Barbiana avevo imparato che le regole dello scrivere sono: aver qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non usiamo parlando. Non porsi limiti di tempo ... Ma davanti a quel tema che me ne facevo delle regole umili e sane dell'arte di tutti i tempi? Se volevo essere onesto dovevo lasciare la pagina in bianco. Oppure criticare il tema a chi me l'aveva dato.
lei di me non ricordera' nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell'istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che "respingete".
Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate ... Alle elementari lo Stato mi offri' una scuola di seconda categoria. Cinque classi in un'aula sola. Un quinto della scuola cui avevo diritto. E' il sistema che adoprano in America per creare le differenze tra bianchi e neri. Scuola peggiore ai poveri fin da piccini.
Finite le elementari avevo diritto a altri tre anni di scuola. Anzi la Costituzione dice che avevo l'obbligo di andarci. Ma a Vicchio non c'era ancora scuola media. Andare a Borgo era un'impresa. Chi ci s'era provato aveva speso un monte di soldi e poi era stato respinto come un cane.
Ai miei poi la maestra aveva detto che non sprecassero soldi: «Mandatelo nel campo. Non e' adatto per studiare».
Il babbo non le rispose. Dentro di se' pensava: "Se si stesse di casa a Barbiana sarebbe adatto"."
Non c'era ricreazione. Non era vacanza nemmeno la domenica.
Nessuno di noi se ne dava gran pensiero perche' il lavoro e' peggio. Ma ogni borghese che capitava a visitarci faceva una polemica su questo punto.
Dopo l'istituzione della scuola media a Vicchio arrivarono a Barbiana anche ragazzi di paese. Tutti bocciati, naturalmente.
Apparentemente il problema della timidezza per loro non esisteva. Ma erano contorti in altre cose.
Per esempio consideravano il gioco e le vacanze un diritto, la scuola un sacrificio. Non avevano mai sentito dire che a scuola si va per imparare e che andarci e' un privilegio.
Il maestro per loro era dall'altra parte della barricata e conveniva ingannarlo. Cercavano perfino di copiare. Gli ci volle del tempo per capire che non c'era registro.
Voi dite d'aver bocciato i cretini e gli svogliati.
Don Lorenzo Milani era un prete scomodo, sensibile ai problemi di carattere sociale e critico nei confronti delle scelte politiche della Chiesa ufficiale.
Dopo la pubblicazione delle sue Esperienze pastorali (1958) e della Lettera aperta (1965) entro' in conflitto con la gerarchia ecclesiastica, per aver difeso il diritto all'obiezione di coscienza (allora non riconosciuto) e per aver denunciato l'illegittimita' del militarismo e della guerra. Venne percio' accusato e processato dai cappellani militari, risultando alla fine condannato, nel 1968, dopo che era gia' morto.
Gli antichi mali della scuola italiana, discriminatoria e formalista, non vennero risolti dalla sospirata riforma della scuola media inferiore, realizzata nel 1964, che elevo' l'obbligo scolastico a 14 anni e introdusse la scuola media unica, per rispondere almeno in parte alle nuove esigenze produttive indotte dall'evoluzione economica del decennio. Essa infatti riversava una enorme massa di giovani verso l'istruzione superiore e l'universita', rimaste ancorate ai vecchi programmi e alle vecchie strutture, ed estranee a qualsiasi forma di rinnovamento culturale; e senza garantire il diritto al lavoro, cioe' uno sbocco professionale.
Ancora dal libro Lettera a una professoressa un'accorata e provocatoria denuncia.
Ora, se e' possibile, e' bene che Gianni impari a dire anche radio. La vostra lingua potrebbe fargli comodo. Ma intanto non potete cacciarlo dalla scuola.
«Tutti i cittadini sono eguali senza distinzione di lingua». L'ha detto la Costituzione pensando a lui.
Ma voi avete piu' in onore la grammatica che la Costituzione. E Gianni non e' piu' tornato neanche da noi.
Noi non ce ne diamo pace. Lo seguiamo di lontano. S'e' saputo che non va piu' in chiesa, ne' alla stazione di nessun partito. Va in officina e spazza. Nelle ore libere segue le mode come un burattino obbediente. Il sabato a ballare, la domenica allo stadio.
Voi di lui non sapete neanche che esiste."
Ma avevo quattordici anni e venivo dai monti. Per andare alle magistrali mi ci voleva la licenza. Quel fogliuccio era in mano a cinque o sei persone estranee alla mia vita e quasi tutto cio' che amavo e sapevo. Gente disattenta che teneva il coltello dalla parte del manico."
(Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967)