Le stesse circostanze che hanno portato all'arresto a Roma di Claudio Cerica la dicono lunga sull'assurdita' della sua vicenda giudiziaria. Una vicenda iniziata con il suo arresto nel febbraio 1982, ben quindici anni fa, sulla base di accuse relative a fatti avvenuti oltre vent'anni fa.
Claudio e' stato inquisito e incarcerato, insieme a migliaia di altri, per la sua militanza politica nei movimenti degli anni '70: tra gli studenti medi e universitari, con gli inquilini di Mestre in lotta per il diritto alla casa, nel Comitato operaio del Petrolchimico di Porto Marghera. Ma per tutta una serie di circostanze, la sua vicenda si e' trasformata col passare degli anni in un caso paradigmatico, che puo' essere indicato come esemplare dell'efferatezza e dell'insensatezza della persecuzione politico-giudiziaria nei confronti della generazione protagonista di quella stagione di lotte sociali.
Sull'unica base delle dichiarazioni dell'assassino pentito di turno e nonostante l'evidente contraddizione con la sua identita' personale e la sua storia politica, Cerica era stato accusato di ''concorso morale'' nell'omicidio del direttore del Petrolchimico, Taliercio. Inutile dire che da questa accusa era stato poi assolto, ma solo dopo dieci mesi di carcerazione preventiva e dopo uno sciopero della fame che l'aveva ridotto in condizioni disperate. Claudio Cerica aveva dal giugno 1983 scelto, come molti altri, la strada dell'esilio in Francia: arrestato pochi mesi dopo il suo arrivo, la Magistratura francese respinse la richiesta di estradizione, riconoscendogli di fatto lo status di rifugiato politico. Nel 1986 e' diventato cittadino francese e, in questi anni, si era ricostruito un'esistenza normale a Parigi, dove lavorava come amministratore del settimanale Politis.
Ma la sua vicenda, dai contorni ormai kafkiani, non finisce qui: nell'estate dell'88, in violazione delle piu' elementari norme del diritto internazionale, viene arrestato mentre si trova in vacanza in Tunisia, consegnato dalla polizia tunisina direttamente nelle mani della Digos e trasferito in un carcere italiano. Scarcerato nuovamente ritorna in Francia, maturando pero' l'intenzione di chiudere definitivamente la sua vicenda giudiziaria e di poter quindi rientrare, libero, in Italia.
Affinche' si concretizzassero le condizioni del suo rientro, era necessario che la Corte d'Assise d'Appello del Tribunale di Trieste decidesse di applicare la disciplina sulla continuazione dei reati, portando la sua condanna definitiva sotto i tre anni e permettendo di conseguenza l'accesso ai benefici dell' ''affidamento sociale in prova''. In questo senso Claudio attendeva un pronunciamento della Corte di Cassazione, previsto per i prossimi mesi.
Vista la situazione creatasi in seguito al suo arresto, chiediamo che vengano immediatamente applicati a Claudio tutti i possibili benefici di legge che ne consentano la rapidissima scarcerazione.
Non solo, la vicenda di questo compagno ripropone - in coincidenza con l'esplosione del caso Sofri-Pietrostefani-Bompressi - la necessita' di arrivare al piu' presto ad un provvedimento di legge che chiuda definitivamente, con una soluzione politica, gli strascichi giudiziari e penali legati alla storia dei movimenti degli anni Settanta Tutti i compagni ancora detenuti devono essere liberati, quanti sono ancora costretti all'esilio devono poter tornare senza conseguenze, che questo provvedimento si chiami indulto o amnistia poco ci importa, l'importante e' che ci sia una soluzione politica collettiva, senza alcuna differenziazione, senza soluzioni personalizzate o individualizzate.
Per liberare Claudio e per liberare tutti gli altri, detenuti ed esiliati, saremo in piazza a Pisa il prossimo l5 febbraio.
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