AUTONOMIA ORGANIZZAZIONE:
"CONSTITUTIO LIBERTATIS"

 

Il '77 fu davvero un anno speciale: passaggio, ponte, crocevia tra passato e futuro. Compimento del grande ciclo di lotte degli anni '60 e del "biennio rosso" del '68, prefigurazione di nuovi orizzonti per l'antagonismo e la soggettività di classe. In questo tempo ora gli eventi si susseguono con una formidabile accelerazione, così come accade quando il tempo storico si condensa, diventa di "corta durata", acquista forma insurrezionale ed esplosiva. E tale fu: insorgenza massificata dei bisogni operai e proletari contro il capitale, emergenza sociale ed antagonista delle nuove figure e soggetti, prodotti dalla ristrutturazione produttiva avviata nella prima metà degli anni '70.

- Dalla fabbrica "fordista taylorista", alla fabbrica decentrata, sociale e diffusa nel territorio;

- dall'operaio massa all'operaio sociale;

- estensione dei meccanismi della valorizzazione capitalistica e dello sfruttamento oltre i muri della fabbrica, nella società, attorno al nesso sempre più stretto tra produzione/riproduzione

- possibilità di massima socializzazione ed estensione delle lotte e del conflitto di classe sull'intero arco della giornata lavorativa sociale: il tempo, la libertà collettiva, il reddito, la spesa sociale, la qualità della vita.

Questi, e molti altri "frammenti" di quell'esperienza straordinaria, erano già specchio del futuro!!

AUTONOMIA ORGANIZZAZIONE: "CONSTITUTIO LIBERTATIS"

Spesso, il '77 viene rivisitato in chiave sociologica, letteraria od estetizzante: lo spessore reale delle lotte e la loro qualità, le forme di organizzazione, i fondamenti costitutivi della soggettività rivoluzionaria vengono appiattiti in un tutto indistinto. Gli eventi sono così collocati in un luogo asettico, in uno spazio tempo vuoto ed omogeneo, dove le differenze si annullano e neutralizzano reciprocamente, cadendo nella più totale "indifferenza", cancellando il diverso peso politico, il ruolo dei soggetti protagonisti e delle loro esperienze materiali. In questo modo, vengono di volta in volta assolutizzati il mito della "spontaneità", la "fenomenologia della vita quotidiana", i rapporti molecolari e trasversali, le analisi comportamentali, le riduzioni "ideologiche", creative, e/o combattentistiche...

Ancor oggi, in genere, viene nascosta una verità elementare: fu, in primo luogo, l'anno di massima espressione dell'Autonomia Operaia organizzata... l'indipendenza di classe, operaia e proletaria, come condizione dell'organizzazione; l’organizzazione come garanzia di sviluppo dell'autonomia di classe... un "circolo virtuoso", un rapporto dialettico che poneva, materialmente, nella pratica sociale, il problema del partito, dell'organizzazione politico militare, del contropotere di massa, della guerra civile e dell'insurrezione.

Guerriglia e sabotaggio, nelle piazze, nelle strade, nelle fabbriche, l'uso ragionato della forza e la lotta politica di massa, l'azione diretta e la pratica dell'obiettivo... erano tutti strumenti variamente combinati ed articolati, di un programma comunista di liberazione... contro il lavoro salariato, lo sfruttamento in fabbrica e nel sociale, la macchina dello stato; per la critica radicale della forma merce, l'appropriazione collettiva del valore d'uso, la soddisfazione dei bisogni proletari, il reddito sociale sganciato dai meccanismi del profitto e della produttività.

Insomma, la prefigurazione forte, nel conflitto, di una sfera pubblica non statalista né lavorista, di una democrazia sostanziale, non delegata né "rappresentativa" di un nuovo spazio politico, in grado di costituire la "comunità libera di uomini liberi". Il comunismo!!

Non eravamo tutti un po' più liberi nell'intensità dello scontro e del conflitto? Ancor oggi, non è questa l'unica garanzia per l'allargamento della sfera dei diritti e la conquista di spazi reali di democrazia?

Non c'è forse un nesso indissolubile tra organizzazione autonoma e "constitutio libertatis"?

Si trattò anche, a ben vedere, di una critica pratica ante litteram a quello che successivamente si affermerà come forma egemone dello sfruttamento capitalistico su scala planetaria: il modello neo liberale.

Tracce, frammenti... appena abbozzati, svaniti dopo quella gloriosa stagione dell'antagonismo, ma tesori preziosi che, come il "pescatore di perle" di Walter Benjamin, possiamo ancora raccogliere in fondo al mare!

L'ESPERIENZA AUTONOMA IN VENETO

L'Autonomia Operaia organizzata non fu né una semplice sigla, né un partito in senso classico, né una struttura monolitica con un'unica direzione verticistica e piramidale, bensì una forma politico organizzativa complessa, articolata, diversificata, composta da una grande varietà di organismi, ma in grado di concentrarsi e coagularsi in tutta la sua capacità offensiva rispetto ad elementi comuni di programma e strategia. Anche questo fu, riguardo alla tradizione ML terzinternazionalista, un importante elemento di innovazione sul piano organizzativo e politico.

L'Autonomia Operaia a Padova e nel Veneto assunse una fisionomia e caratteristiche del tutto originali.

- In primo luogo, essa si sviluppò da un felice intreccio e combinazione tra "teoria rivoluzionaria", che aveva nell'istituto di Scienze Politiche e nel marxismo critico, eretico, creativo di matrice operaista i suoi referenti principali, e la pratica antagonista ed organizzata di una giovane generazione di militanti dopo lo scioglimento di Potere Operaio. Il nesso teoria pratica, la sua costante verifica e ridefinizione alla luce delle modificazioni strutturali, produttive, sociali e politiche, rappresenta ancora oggi un importante punto di forza di questa esperienza.

- La capacità di lettura della composizione di classe, le caratteristiche del territorio, le articolazioni della produzione diffusa

- La presenza fondamentale dell'Università e di "un'intellettualità di massa" fortemente proletarizzata.

- Nella provincia predominava la fabbrica medio piccola, i laboratori del lavoro nero, quasi una anticipazione, pur nelle sostanziali differenze, della moderna produzione in rete.

In questo contesto, l'autonomia Operaia organizzata si sviluppò e costituì in un modello fortemente radicato nel territorio, articolato su più piani ed a più livelli, fondato sui collettivi politici come forme ricompositive dell'azione politica territoriale, in grado di esprimere lotta ed organizzazione sull'intero arco delle contraddizioni sociali e dei bisogni proletari. La combinazione di tutte le forme di lotta, legali ed illegali, l'azione di massa e l'uso ragionato della forza, le capacità di direzione politica, costruirono 1’egemonia effettiva di questa esperienza in tutto il Veneto.

Cosa rimane di quel lontano '77 nella nostra esperienza attuale, quali "tesori" possono essere recuperati dall'oblio della storia? Intanto, diciamolo subito, pur nelle modificazioni, trasformazioni, nella discontinuita" temporale, siamo ancora qui!!

Dal punto di vista della soggettività antagonista organizzata, non è cosa di poco conto questo grande patrimonio di militanza, strutture, mezzi accumulati nel corso del tempo.

La straordinaria tenuta di un corpo collettivo di compagni e militanti, anche nei momenti più bui della repressione, del carcere, della latitanza, dell'esilio è forse il dato politico più significativo. E' sicuramente questa la condizione fondamentale che ha reso possibile la liberazione dal carcere di tutti i compagni dell'Autonomia Operaia padovana e veneta e lo smantellamento del teorema Calogero.

Tutti, tranne uno: il compagno Claudio Cerica, militante riconosciuto del comitato operaio del Petrolchimico, protagonista di un ciclo di lotte autonome... costretto alla latitanza da una assurda e tenace volontà persecutoria.

Arsenale Sherwood
Padova, 20.1.97


INDEX