- Sono Luciano Areghini, ben conosciuto nelle questure... ci sono fascicoli molto grossi su di me... non sono mai riusciti a mettermi le mani addosso anche se hanno tentato. Sono stato alla casa dello studente Fusinato, la "base rossa" in via Marzolo, dal 1972 al 1975. In quel periodo la Polizia non ha mai avuto il coraggio di entrare. Ci sono entrati solo dopo. Eravamo aperti ai movimenti, alle esperienze che nascevano, alle celebrazioni dei 20 anni del Teatro Continuo... forse qualcuno si è dimenticato che veniva a chiederci lo scantinato per fare preginnastica... Io, come studente, arrivato a Padova dal Veneto Orientale per studiare medicina in una università di rispetto, stavo in questa casa dello studente dove c'era questa assemblea che decideva sulle questioni. Il principio del Partito Leninista, di cui facevo parte, era piazzare un uomo in ogni comitato... e io ero l'uomo nel comitato della casa dello studente. Questa è la verità e la verità è rivoluzionaria. Pravda.
Quelli furono anni in cui avevamo sempre una bandiera rossa fuori la casa dello studente. Era la cosa che più stava sui coglioni ai borghesetti, ai socialistetti padovani e venivano a chiederci "per piacere, per pietà toglietela che ci salviamo la faccia!". Sul "Gazzettino" e su un giornale fascista "Lo specchio" venivano pubblicati articoli del tipo "si trovano feti di aborti dietro le porte della casa dello studente", "c'è un posto dove ci sono guardie armate la notte"... che poi era l'ufficio studenti dove ci si riuniva come studenti per discutere e decidere le nostre cose... ma sembrava che quello era il "sancta sanctorum del terrorismo" quando ancora non si usava questo vocabolo per paura ad usarlo... dopo gli anni '80 lo hanno usato...
Eravamo solo degli studenti che... in quegli anni, anche l'operaio voleva il figlio dottore... avevamo cercato (io sono fra questi) di modificare il proprio status sociale. Non fare più il figlio dell'operaio che continua a fare l'operaio. Bisognerebbe studiare la modificazione e la fine dello stato piano che Toni Negri aveva già descritto in un suo libro (consiglio di leggerlo). Stava cambiando la struttura... c'era una ristrutturazione del modello produttivo. Noi eravamo studenti che chiedevano libri, mense e dispense gratis, niente di più. Questo era il nostro programma politico. Abbiamo occupato la Fusinato nel '72 x un anno, nel '74 per un altro anno. I guardiani li facevamo filare quando si occupava la casa dello studente. Avevamo la maggioranza assoluta nell'assemblea (e questo va detto). Le mozioni venivano votate allunanimità. Non l'ho mai visto succedere in altre parti. Quando ci sono stati gli scontri... quando sono stati fatti fuori quei 2 fascistelli in via Zabarella, arrivò... mi pare si chiamasse Colucci, capo della Squadra Politica (si chiamava così, ora si chiama Digos) con la Celere e noi gli abbiamo detto "per favore spostatevi da qui, fino a qui a difenderci ci pensiamo noi". Lui fece spostare i suoi uomini.
Questo è ciò che è successo. C'era una persona, un giornalista, che può testimoniare.
Dico questo non per fare un revival, per dire "Ah! che bravi eravamo!", ma per dire che a quel tempo c'era una forma di organizzazione... forse sbagliata... può essere criticata, ma noi eravamo vivi nel fare le cose. Ci sentivamo parte del mondo che viveva. Studio la biologia e la farmacologia quindi sono un biologo e un farmacologo, anche se non ho lauree... Il nostro comportamento era molto più animale che sovrastrutturale... che non spettacolare, come invece ora, stanno fregando la gente... Ora uno guarda chi vive per lui. Noi vivevamo per noi. Erano solo libri, dispense e mense gratis ciò che chiedevamo? Non importa... Il primo anno vennero alla Fusinato alcuni coglioni con mantelli e cappelli da goliardi che ci chiesero la gabella perché dovevano ubriacarsi con i nostri soldi... beh! 4 riuscirono a saltare la rete gli altri si presero le catenate... Questa è la verità, la pravda. Da allora la Fusinato fu occupata sempre, con la bandiera rossa. Un certo signor Mercanzin veniva in ginocchio a chiedere che gestissimo tutto noi ma che per favore togliessimo la bandiera rossa perché il Comune gli rompeva la balle. Invece noi abbiamo fatto una scritta enorme (2m x 20m) che diceva "Fusinato Base Rossa". Quelli erano i tempi e i tempi erano questi.
- Nel 1975 a Padova l'antifascismo per noi, che stavamo formando i Collettivi, ha significato soprattutto la possibilità di esprimere in tutta la sua potenzialità un livello di conflittualità che non si vedeva da un po di anni. Non c'era mai stato invece un discorso sul MSI fuorilegge, nel senso che per noi non esisteva un approccio di quel genere, cosa che invece c'era in altri gruppi (Avanguardia Operaia e Lotta Continua). Noi non abbiamo mai partecipato alla raccolta firme per mettere fuorilegge lMSI perché per noi l'antifascismo militante è una pratica reale: attaccare i fascisti dove si trovavano. Non abbiamo mai fatto un ragionamento sulla fascistizzazione dello Stato, non credevamo che ci fosse un golpe imminente. Già nel '75, ma anche prima, noi che venivamo da Potere Operaio vedevamo nella socialdemocrazia, cioè nel PCI, la forma di governo del paese e la forma-stato aveva nel compromesso storico la sua base di articolazione. I fascisti vennero utilizzati per determinare destabilizzazione, per determinare elementi repressivi e per rompere le palle ai movimenti e ai soggetti che determinavano i movimenti. Tutto ciò era dentro una fase italiana che aveva un alto livello di conflittualità sia dentro le fabbriche sia nel sociale. Prima si ricordavano le cose che succedevano in quell'anno: in realtà a Padova non hanno visto elementi significativi come, per esempio, le battaglie sulla SIP e le tariffe ENEL che hanno avuto invece a Roma e a Milano gli elementi più grossi. A Padova la cosa è passata in sordina. Anche le occupazioni delle case soprattutto a Roma furono importanti per la formazione del Collettivo di via dei Volsci, che già nel '75 determinava un livello di scontro sia nelle occupazioni di case sia nel problema ENEL. A Padova l'antifascismo ha significato la capacità di uscire fuori come espressione organizzata e di esprime in quell'anno un livello di maggioranza politica in città. Alla fine dell'estate '75 c'è, infatti, un capovolgimento di situazione: da una situazione minoritaria in cui ci trovavamo dopo la fine di P.O. vissuta in tutto il '74 alla fine del '75 ci siamo trovati ad essere la forza più grossa che c'era a Padova. Questo passando attraverso scadenze fondamentali che per Padova sono stati i comizi di Covelli e Almirante. Durante il comizio di Covelli ci fu un livello di scontro di piazza che impedì il comizio per cui tutta la discussione che i gruppi facevano sul terreno provocatorio delle forme di lotta dure, attorno alla dinamica di Covelli si interrompe... tutti dicevano "il fascista non deve parlare" ma mentre con le raccolte di firme, petizioni popolari, manifestini non si è combinato niente con un livello di scontro quel giorno si impedì a Covelli di parlare. Da qui la gestione che le forme di lotta dure erano provocatorie non poteva più funzionare: questa cosa cominciò a rendere legittimo un certo tipo di forma sia di lotta sia d'organizzazione in termini vincenti e maggioritari.
Ricordo brevemente: Covelli doveva parlare in P.zza delle Erbe. Il presidio organizzato da tutti era in P.zza dei Signori. Un gruppo di noi prese la decisione di andare in piazza con la strumentazione adatta e lì si determina il livello di scontro. Partono le prime bottiglie e succede un casino... ci fu effettivamente una partecipazione della piazza e, per la prima volta, la cosa assume caratteristiche di massa. Questa cosa continua... in aprile, si ricordava prima, ci fu il fatto della CISNAL durante una manifestazione dopo vari assassinii di fascisti a Milano... anche qui... una manifestazione che per la prima volta dopo anni ci vede in testa al corteo, per la prima volta tutta l'articolazione dei Collettivi che non erano una organizzazione vera e propria ma strutture territoriali che si stavano formando ognuna con le propria autonomia, con diversità interne di valutazione e punti di riferimento... Ricordo le impressioni che ho avuto: ho visto lo striscione nostro in testa e dietro tanta gente organizzata attorno alla parola d'ordine "Antifascismo militante" e dentro la rivendicazione della violenza proletaria come elemento discriminante.
Questa manifestazione fa il giro della piazza, passa vicino alla sede CISNAL, un gruppo di compagni si stacca, entra nella sede CISNAL, la brucia ed esce, ritorna nel corteo, va via col corteo, andiamo in P.zza Capitaniato, facciamo rivendicazione dell'assalto in piazza e questo è linizio di una gestione pubblica e di massa di alcune questioni. Questo è un altro elemento che segna quell'anno.
In città questo fatto crea un dibattito che continuerà fino al 3 giugno, giorno in cui è a Padova Almirante.
Il 3 giugno il meccanismo è un po diverso. Eravamo abituati, in quell'anno, a rapportarci con la polizia in una forma specifica e particolare: la polizia interveniva quando tu determinavi qualcosa, Ci si concentrava, dal livello di manifestazione e dal dove si concentravano tutti i gruppi che non volevano solo fermarsi a concentrarsi, si potevano fare delle cose: lì c'era lo scontro con la polizia. Il 3 giugno in P.zza Insurrezione a Padova c'è, invece, un cambiamento di stile da parte delle forze dell'ordine.
Il comizio è sempre in P.zza delle Erbe e noi decidiamo di concentrarsi in P.zza Insurrezione perché P.zza dei Signori dopo Covelli è militarizzata: era impossibile rifare lo stesso meccanismo. Il gruppo più organizzato si ritrova alla Fusinato perché alla Fusinato noi avevamo una base rossa vera, un'agibilità completa per merito dei compagni che intervenivano... La Fusinato era una casa grande, con molte stanze, con tante possibilità: era una base rossa effettiva, non solo come discorso spettacolare. Da lì partivano e venivano cose di vario genere con agibilità totale perché la polizia non rompeva mai i coglioni; sapevano che succedevano certe cose ma non rompevano le palle.
Ci si trova alla Fusinato, si parte e si va verso P.zza Insurrezione con tutto l'armamentario dietro. Arriviamo in piazza già con tutto ciò che occorre. Per la prima volta c'è anche un armamento non solo di molotov in piazza, in previsione non solo della polizia ma in previsione dei fascisti. In quel momento anche i fascisti non erano soggetti passivi, in realtà sparavano: a Roma e a Milano c'erano stati vari morti per cui il rapporto e lo scontro coi fascisti non era uno scontro semplice ma soprattutto in quel periodo, dopo gli avvenimenti di Milano e Roma, c'era un meccanismo di autodifesa e di utilizzo di alcuni strumenti in rapporto allo scontro con i fascisti. Per cui noi andiamo in piazza con l'armamentario che era frutto di una dinamica artigianale ma anche di primi elementi di articolazione soggettiva che si appropriava delle armi. Poi diventerà un elemento decisivo, non solo a Padova, nel '77 col concetto della diffusione militante in tutti i suoi aspetti.
Arriviamo in P.zza Insurrezione, la parte organizzata, aspettando la parte di massa che doveva concentrarsi per poter poi (questa era l'intenzione) formare il corteo e dirigersi verso P.zza delle Erbe passando per P.zza della Frutta, dividendoci per tutte le stradine. Mi ricordo che c'era una cosa studiata per fare arrivare le molotov con fionde giganti per passare il Palazzo della Ragione... non so come potevano funzionare... c'era tutto uno studio balistico e alcuni sostenevano che applicando ai muri queste fionde... eravamo pronti ad inserire quelle fionde giganti se ci avessero impedito di arrivare in P.zza delle Erbe...
Tutto questo meccanismo non avviene perché appena ci siamo concentrati, per la prima volta la polizia decide di attaccarci subito... preventivamente.. e attacca il primo gruppo organizzato che arriva in P.zza Insurrezione, quello con l'armamento. Eravamo schierati sotto i portici dove ora c'è lINPS; la polizia si schiera... fino all'ultimo non credevamo che caricasse, nel senso che dicevamo "questi si posizionano ma aspettiamo"... c'è stata tutta una discussione "aspettiamo i compagni, aspettiamo..." e questi hanno iniziato la carica e viene fuori un casino totale.
- Le prime file hanno dovuto passare in mezzo alla polizia, gli altri sono stati imbucati tra il Quirinetta e via Dante... quelli davanti non avevano scelta e dovendo attraversare il piazzale sono finiti in bocca alla polizia. È lì che è stato preso Spadafina
- Alcuni riescono ad arrivare dalla stradina del Quirinetta, altri passano per la piazza e tornano indietro... insomma all'incrocio tra via Dante e Corso Milano (dove è stato preso il gruppo universitario) ci si concentra nuovamente e si comincia a fare tutta via Dante, si passa per la Standa, si fa Largo Europa sempre con la polizia dietro e una serie di scaramucce. Arriviamo nel piazzale, dopo una breve discussione, si riforma il gruppone e dal piazzale prendiamo la strada che va fino alla Standa, da qui si va in P.zza Insurrezione e con una carica micidiale riusciamo a sfondare la polizia che era schierata... Scappano tutti lasciando tutto per terra ed entriamo in P.zza Insurrezione. Da lì la polizia si organizza, ricarica e ci disperde in vari gruppi. Si continuano scontri per tutto il pomeriggio fino alla sera in tutte le zone del centro di Padova.
Un gruppo consistente di persone ritorna alla "base rossa" tutti molto stanchi. Ricordo che c'era la parte che non partecipava mai agli scontri, i corvi... questo per dire che i collettivi non erano mai una cosa omogenea; alcuni erano alla Fusinato e quando rientriamo e diciamo loro che ci sono state 3 persone arrestate l'unico commento da parte loro è "Ah... che disgrazia"... Qualcuno li manda affanculo... e inizia il dibattito che produrrà iniziative estive per la liberazione di Spadafina e gli altri compagni e darà vita ad un grosso movimento non solo a livello padovano ma anche veneto che continuerà anche a Settembre.