- Vorrei aggiungere qualcosa... Come ho detto prima la verità è rivoluzionaria. Bisogna fare anche autocritica: è un discorso etico... non vorrei scendere sulla morale, sono un biologo e mi occupo di animali ma in quel periodo alcune persone che venivano a queste manifestazioni... Jean Paul Sartre ha detto che i comunisti hanno torto nel loro modo di aver ragione e hanno ragione nel loro modo di avere torto... c'era chi veniva con la borsa piena di bottiglie ma doveva tornare a casa con la borsa piena di autoradio. Questo non l'ho mai ammesso. Non è così che si è comunisti. D'accordo che sono le autoradio dei padroni, ma questo è come l'operaio che quando si mette in proprio diventa il padroncino più sfruttatore degli altri. Voglio dire che in quel periodo il movimento era anche inquinato da persone che usufruivano dello scontro sociale per fare i propri interessi. H sempre visto, invece, lo scontro sociale, lo scontro con la polizia, lo scontro con la milizia, andare contro i gerarchi che comandavano come un fatto più religioso ed etico. A me non è mai interessato sprangare un fascista per portargli via gli occhiali Raiban e mettermeli. Voglio dire che in quel periodo c'erano cani e porci dentro... forse dopo 20 anni chi resta e chi è ancora comunista può avere ancora un'etica, può avere un codice di comportamento. Quella volta nel movimento c'era un po’ di tutto. Infatti ci sono quelli che si son cagati sotto, che gli hanno fatto la finta esecuzione e hanno detto ciò che sapevano e anche quello che non sapevano. Quelli a cui hanno dato una sberla per farli parlare e 10 per farli tacere.

 

- Qui bisognerebbe ricordarsi quello che abbiamo detto del '74 per andare oltre ai fatti e tentare di capire un po’ gli stati d'animo: qualcosa si può tirar fuori da quella cronistoria che si leggeva all'inizio. Ora parlo a titolo personale però i fatti che sono avvenuti in quell'anno, i morti in piazza nelle città di Roma e Milano (morti colpiti dai fascisti con armi da sparo o uccisi dalla polizia, magari non con armi da fuoco ma in modo altrettanto deciso e determinato e truculento), la liberazione di Curcio dal carcere di Casale Monferrato... All’epoca cominciavamo a distinguere cosa poteva essere un carcere mandamentale da un carcere di sicurezza... per noi un carcere che fosse piccolo o grande ne sapevano, per fortuna all'epoca, ancora poco (poi abbiamo imparato molto sull'argomento) ma all'epoca, che un gruppo di compagni entri e liberi uno di loro ci sembrava una cosa di portata assolutamente stellare. Che poi nello stesso anno alla cascina Spiotta venisse ammazzata dai carabinieri, finita con il colpo di grazia dopo essere stata ferita, la donna di Curcio che era andata a liberarselo erano tutti fatti di una portata emotiva molto forte. Nelle piazze si gridava "Rosse rosse rosse Brigate Rosse" eppure nessuno di noi era delle Br o almeno se qualcuno lo era gli altri non dovevano saperlo... e qualcuno lo era comunque.

Quindi anche questo tema della violenza organizzata, il tema dell'uso della forza, dell'uso delle armi, dell'allusione alla lotta armata, alla guerra praticata, era molto forte. In questo senso l'antifascismo oltre a essere una tradizione da sempre interna al movimento degli studenti medi lo era anche per tutti i movimenti padovani, in qualche modo consentiva di indentificare un nemico preciso da colpire. Combinazione in quel periodo i fascisti rompevano molto i coglioni e, come si è detto, erano anche molto usati in questo senso. Perciò lo scontro col fascismo era uno scontro con un avversario chiaro, nitido contro il quale si poteva colpire pesantemente. Chiaramente anche la polizia era un avversario però era uno strumento, un esercito della parte opposta. Non era l'avversario diretto e quindi gli episodi di Covelli e Almirante sono stati importanti.

Scendendo nei particolari, direi che quel tipo di pratica antifascista all'inizio vedeva una partecipazione emotiva sempre più forte, in seguito si è data delle forme organizzative che fino a quel punto non si era mai data. Facendo un rapporto tra gli episodi di Covelli e Almirante: nel primo che è stato vincente, il livello di organizzazione messo in campo era stato abbastanza relativo. Soprattutto nella nostra area dei Collettivi c'era stato un gruppo di compagni che si era organizzato in maniera puntuale e precisa... Siamo andati in piazza contando sulle nostre forze, poi lì abbiamo trovato altri compagni, altre formazioni che erano semplicemente venute a partecipare senza nessuna organizzazione... e quando c'è stato da ballare molti di loro hanno ballato a mani nude... C'era un palco preparato per i concerti, era pieno di sedie e con queste si è fatto di tutto. Qualcun altro è salito sugli autobus per spostarli, c'era una grossa partecipazione da parte di tutti. Il tutto è durato poco, qualcuno è andato via malconcio a causa di qualche candelotto... alla fine una delle riflessioni che si faceva in mezzo a questo casino in cui aveva scoperto una forza imprevista qualcuno si è chiesto come mai non ci eravamo fatti l'armeria Bertocco visto che eravamo lì. Per la prima volta si è discusso sul fatto che c'era un'armeria a portata di mano, che avevamo gestito mezz'ora di scontri e che bastavano 7/8 persone, si andava dentro e o pigliavamo una fucilata oppure ci portavamo via tutto quello che c'era. Cose che poi accadranno negli anni successivi.

Per quando riguarda Almirante, l'esperienza di Covelli ci aveva indotto ad assumere un atteggiamento più organizzato, dal momento che tutte le persone di tutte le strutture erano attrezzate. Era la prima volta che succedeva. Cioè ogni persona che è partita dalla Fusinato aveva uno zainetto con 3 bottiglie molotov dentro e qualcuno, che aveva fatto il furbo, ne aveva di più. Poi c'erano svariate valigie piene di bottiglie che giravano e qualcos'altro che poteva servire nei momenti estremi. In questa situazione i gruppi ci sono tutti ed era una scommessa che si poteva vincere. Era la prima volta che tutti i gruppi (Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Centro Lenin, Lotta Comunista) si presentavano attrezzati e organizzati in piazza. Avanguardia Operaia aveva delle bottiglie che facevano paura a vederle. Lotta Comunista è stata 2 ore alla Fusinato a prepararsi... e poi sono stati i primi a scappare. In piazza la delusione è stata forte quando ci siamo accorti che eravamo sì tutti organizzati ma poi eravamo ancora solo noi...

(Vorrei segnalare che oltre alle "frombole" che dovevano volare oltre al palazzo della Ragione c'erano le micromolotov dal lancio lungo... delle bottiglie piccolissime di birra che arrivavano lontanissimo e facevano un fuoco velocissimo...)

Di questo comportamento in piazza si discusse, come Collettivi Politici ma anche con gli altri gruppi, e ci fu una riunione alla Fusinato (un'assemblea post-fattacci) disastrosa che mise in luce la corvaggine di questa gente.

Questo il dato: la misura immediata di come l'ipotesi di aver raggiunto un picco di unità sul terreno dell'uso della forza scendesse subito dopo. Anche durante l'incendio della sede del MSI, a novembre, c'è stata una nuova illusione... noi eravamo organizzatissimi e al momento di andare là invece di fare un altro giro per prendere la nostra roba questi hanno deciso di puntare direttamente alla sede del MSI dicendo che avevano loro ciò che occorreva. In effetti questi avevano le bottiglie, è stato dato fuoco e siamo tornati. Quest'ultimo fatto sembrava facesse alludere di nuovo a qualcosa del genere, ma è stata l'ultima volta che con i gruppi si è fatto qualcosa assieme e si è praticato un terreno dell'uso della forza. Negli anni seguenti, però, è stato peggio perché anche nei gruppi c'è stata una forma di delazione, magari non voluta ma oggettivamente tale... ma questo fa parte degli anni seguenti.

Del 1975 sono queste le cose forti unitamente al fatto che il PCI sembrava aumentare il suo radicamento, il suo potere sia a livello politico-istituzionale sia a livello di consenso. Quando siamo andati a volantinare alla festa dell'Unità sui fatti di Ponte di Brenta... non c'è andata molto bene come si supponeva... c'è stata una sottovalutazione di quello che questi riuscivano a mettere in campo però è stato, in qualche modo, l'inizio della fine da parte del PCI perché poi ha cominciato a calare... ha dovuto metterci in galera.

 

- Riprendendo quello che è stato detto fino adesso faccio un passo indietro. Vorrei tornare sul discorso dell'antifascismo con una ricostruzione un po’ personale della mia esperienza.

Sono diventato un compagno dopo un episodio che mi è accaduto una mattina davanti alla scuola. Studiavo all'Ippolito Nievo, non facevo politica anche se con mio fratello parlavo spesso di politica: mio fratello era già di sinistra... Una mattina arrivo a scuola e c'era un volantinaggio dei fascisti, un paio di ragazzi e una ragazza non hanno preso il volantino e sono stati bastonati... C'è stato un tentativo di reazione da parte di alcuni ma anche questi se le sono prese, anche perché non c'era nessuna organizzazione sul terreno dell'antifascismo. Sono rimasto allibito da questa scena.

Dopo c'è stata una serie di assemblee su questo fatto e ho cominciato a parlare con alcuni compagni del problema dell'antifascismo. In quel periodo al Nievo era molto forte il Centro Lenin e perciò ho cominciato a partecipare ad alcune riunioni e a frequentare la sede del Centro che in quel periodo era in via Trieste.

Quello che mi stupiva di quelle discussioni era una linea molto vicina al PCI: si parlava di antifascismo, si andava in piazza ad urlare di antifascismo ma a parte i volantini e varie iniziative quando arrivava il momento buono si era sempre gli ultimi o si andava a casa. A me questa cosa aveva cominciato a non andare bene perché o le cose si fanno oppure. Ho cominciato quindi a discutere con loro di questo (anche perché in quel periodo frequentavo alcuni amici di P.O.) subito alcuni mi hanno dato del provocatore e così mi sono staccato. Ci doveva essere un concentramento al Pedrocchi per impedire ai fascisti di volantinare e alla riunione in cui si decise di andare tutti io, timidamente, proposi di andare là almeno con le spranghe per difenderci in caso di attacco. Questa proposta ha sancito la mia espulsione dal Centro Lenin, dopo avermi dato dell'estremista e del militarista. Da quel momento non sono più entrato in sede e mi sono trovato ad essere un cane sciolto. In seguito, grazie ad amicizie varie, ho cominciato a trovarmi dentro una pratica militante di antifascismo.

Devo dire che ero anche un po’ sfigato perché il portone vicino a casa mia era l'abitazione dei fratelli Scattolin, ogni volta che andavo a casa dovevo andare accompagnato da qualcuno o evitare di tornare a casa (come ho fatto per molti anni) perché altrimenti era una rissa tutte le sere. Non solo: una volta, dentro al Liviano, ho incontrato la fidanzata di Baldan, un fascista, e passandole vicino l'ho apostrofata "brutta troia" o qualcosa del genere e solo per questa cosa hanno cominciato a telefonarmi a casa suo padre, sua madre, suo zio, hanno minacciato mio padre, volevano denunciarmi... tutto questo per una sola parola, figurarsi se alzavo una mano cosa sarebbe successo.

A questo punto, sempre in termini personali, ho cominciato a ragionare su una pratica di autodifesa e quindi a darmi degli strumenti di autodifesa. Sono stato costretto. Mica potevo dormire sempre fuori casa. In seguito parlando con i compagni scoprivo che questa pratica di autodifesa non era solo mia ma cominciava ad essere diffusa nel movimento: c'era chi usava la spranga per tornare a casa, chi aveva coltelli, ecc., insomma non ero più solo. Inoltre anche l'opinione che non era più sufficiente parlare di antifascismo e non fare altro diventava una cosa comune all'interno del nostro gruppo e in seguito all'interno dei Collettivi.

Ho dovuto mettere in atto alcune iniziative personali che mi hanno salvato da determinate situazioni: ho dovuto arrangiarmi sul punto di vista della sicurezza personale anche in maniera molto "artigianale".

Mi rifaccio a una cosa detta precedentemente: non solo la Fusinato era una "base rossa". Quello che in quel periodo era molto importante, secondo me, era una solidarietà che difficilmente possiamo trovare oggi. Era una solidarietà umana, una solidarietà tra compagni che è stata molto costruttiva e che ci ha insegnato molte cose, al di là del fatto che poi alcuni hanno fatto scelto altre strade, come quella di fare gli infami. Però è stato più in là nel tempo. Questa solidarietà è stata una cosa che mi ha avvicinato molto e mi ha insegnato molte cose.

Per quanto riguarda gli scontri per Covelli e Almirante, anche allora ci sono stati tanti bei discorsi. C'era stato un'inter-gruppi dove si era discusso e organizzato come andare in piazza, come si doveva essere strutturati. Con Covelli, quando avevamo la polizia di fronte e noi schierati (ero nelle prime file) la polizia ha lanciato il primo lacrimogeno: nel momento in cui ci siamo girati per non beccarci il lacrimogeno e per prepararci ad attaccare ho visto che Lotta Continua non c'era più, Avanguardia Operaia tirava le bottiglie e per poco non beccavano noi. Ho visto un livello di organizzazione alquanto strano. Anche in quell'occasione alla fine in piazza non c'erano tutti. Siamo rimasti solo noi. Gli altri hanno telato tutti.

Dell'episodio Covelli ricordo alcuni fatti anche molto folcloristici: mentre c'erano le bottiglie che volavano dappertutto e sedie gialle (mi sembravano gialle... qualcuno le ricorda arancione) che erano ormai colate sulla strada per la benzina e il fuoco, da un appartamento che c'era in piazza avevano messo fuori le casse del giradischi e suonavano "Bandiera Rossa" a tutto volume. Gli scontri sono stati abbastanza brevi.

Dell'episodio Almirante ricordo un grandissimo spiegamento di forze. Tempo fa sono andato a vedere in biblioteca i giornali di quei tempi e non ricordavo le scene che ho visto nelle varie foto e l'ampio spazio che questi fatti hanno avuto sui giornali dell'epoca. La nostra carica è stata una cosa che ci ha esaltato e ci ha permesso di riprenderci dopo la demoralizzazione dello scontro iniziale molto violento della carica della polizia. Ero uno di quelli imbucati dentro la stradina del cinema Quirinetta e lì ho visto ragazze con in lacrimogeni in testa, fumo dappertutto, gente per terra che veniva calpestata, insomma un casino. Quando siamo usciti in via Dante abbiamo iniziato a riorganizzarci e abbiamo tentato di fare resistenza finché siamo arrivati a Largo Europa e ci siamo trovati con l'altro gruppo per fare la carica e tornare indietro. Una parte divertente dell'armamento: oltre alle bottiglie, di cui non era rimasto più niente, avevamo delle fionde con delle biglie. Convinto che le fionde non sarebbero servite a molto mi sono reso conto che una biglia in testa ad un carabiniere anche se aveva il casco era abbastanza deterrente; prima di venirti sotto quando si vedeva una fionda davanti ci pensava quattro volte, soprattutto se rischiava di prendersi una biglia in testa... ricordo queste biglie volavano dappertutto.

Alla fine degli scontri, quando ormai ci stavamo sganciando, ero arrivato alla fine di Corso Milano con altri compagni di Venezia: li stavo accompagnando a prendere il treno e gli mostravo la strada migliore per evitare la polizia. Ormai eravamo tutti andati via ma in fondo a Corso Milano c'era ancora un gruppo che continuava con le macchine in mezzo alla strada a tenere ancora delle barricate: erano gli anarchici. Siamo andati ad avvisarli che eravamo andati via tutti, credo che a quel punto sia finito tutto e siano andati via anche loro.

La polizia ha sparato ad altezza d'uomo. Ho sentito i colpi di arma da fuoco e dopo la carica ho visto in P.zza Insurrezione dalla parte del Supercinema alcuni poliziotti (qualcuno era in borghese) che sparavano ad altezza d'uomo. È stata una fortuna che non abbiano colpito nessuno.

Un'altra cosa: era entrata in vigore la Legge Reale. Ciò ha permesso di condannare a 3 anni di carcere Spadafina che non ha avuto neanche la possibilità di usufruire della libertà provvisoria: infatti la bottiglia molotov che prima era considerata arma impropria è diventata un'arma da guerra. Con la Legge Reale non c'era solo il problema delle bottiglie molotov che diventavano armi da guerra, ma era anche proibito qualsiasi tipo di travisamento; non si poteva più girare con i caschi, né con i fazzoletti al volto, né con i passamontagna. Però quello stesso giorno, con tanto di foto sul giornale "Nordest" di quell'epoca a testimonianza, i fascisti che facevano servizio d'ordine attorno ad Almirante in P.zza delle Erbe avevano caschi, fazzoletti al volto, bandiere con bastoni molto grossi. Anche qui è molto chiaro come veniva usata questa nuova Legge Reale rispetto a noi che praticavamo l'antifascismo Questi, fascisti riconosciuti... mi ricordo addirittura Rambaldo Conte degli Azzoni (?) che teneva il microfono ad Almirante ed era bardato con il fazzoletto al volto e la spranga in mano.

I fascisti, di sera, spesso facevano alcune scorribande in P.zza dei Signori e attaccavano i compagni. Una sera...

Una sera è arrivato un piccolo gruppo a provocare gli siamo corsi dietro. Uno di questi fascisti, tal Romano, si era sganciato. Lo abbiamo rincorso e arrivati davanti al Supercinema l'abbiamo raggiunto. Lì si è visto circondato... Gli eravamo quasi addosso ed era uno che doveva farsi perdonare molte cose... Eravamo 4 davanti e 4 dietro; stavamo per prenderlo e questo si è girato, ha tirato fuori la pistola e ha sparato in testa a Rudi Cesaro che si è accasciato per terra. Abbiamo soccorso Rudi, l'abbiamo portato subito via... è successo un gran trambusto e questo ha permesso al fascio di scappare. La pistola era una pistola artigianale, forse una scacciacani modificata. Rudi è stato colpito da un calibro 22 ed è riuscito a salvarsi per pura fortuna perché se fosse stato mezzo metro più avanti probabilmente il proiettile sarebbe entrato nel cervello. Questo è quello che è successo quella volta. Poi ci sono altri fatti, varie scaramucce.

 

- Per quanto riguarda il Pedrocchi, forse vale la pena ricordare, per un sorriso in più, che la nostra abitudine era entrare da una parte del Pedrocchi e uscire dall'altra dopo aver distrutto il Pedrocchi medesimo. Si entrava dalla parte della piazzetta, si usciva fuori dall'altra parte con tutti i fasci in fuga dopo aver distrutto tutto... qualche fascio restava per terra.

 

- A parte le ricostruzioni degli episodi più clamorosi, gli scontri di Covelli e Almirante, volevo aggiungere un particolare secondo me importante. Anche se nei racconti del '74 questa "banda" poteva sembrare un gruppo di ragazzi giovani con accenti un po’ maschilisti in realtà questo non era vero nei fatti. Durante l'episodio Almirante anche le compagne che per la prima colta erano dentro le strutture di servizio d'ordine erano dotate come tutti gli altri del loro zainetto con le loro molotov. Per cui sulle cose importanti questo fatto era riconosciuto... non c'era l'angelo del ciclostile... insomma è stato molto importante anche dal punto di vista di noi compagne.

 

- Vorrei aggiungere una cosa: nella dinamica dell'organizzazione politico-militare rispetto all'antifascismo a Padova c'è un fatto che forse è stato dimenticato. Se il primo vero grosso scontro, anche un po’ spontaneista e meno organizzato, è stato con il comizio Covelli, nel '74 ci fu un tentativo di assalto alla sede del MSI in via Zabarella. Ci passò un corteo, alcune persone si distaccarono...