- ... Fummo fermati da una decina di candelotti e con il fumo non si vedeva niente. Il corteo procedeva dietro al Pam e cercava di entrare in via Zabarella. Ricordo alcuni personaggi storici della Digos ci dicevano di fermarci. Andarono avanti quelli che avevano questo compito e soltanto dopo un servizio fotografico fatto da un radicale, di cui alcune foto furono pubblicate sul settimanale "Nordest", ci accorgemmo che c'era soltanto una camionetta della Celere a difendere la sede di via Zabarella. Con tutto il fumo che c'era non ce ne eravamo accorti. Tiravano candelotti dappertutto: in via Cesare Battisti c'era un fumo incredibile e loro (in 4) erano tutti in macchina che sparavano candelotti dal retro della jeep pronti a scappare. I fascisti erano già scappati in fondo a via Zabarella, all'incrocio con via S.Francesco.
Partecipavo a titolo personale e mi ricordo che nel fumo mi sono trovato con alcune persone, tra cui una poi purtroppo è morta di overdose... Questo fu il primo scontro dopo il 1972 che c'è stato con le forze dell'ordine a Padova. Nel '72 c'era stata la manifestazione dove dopo arrivarono ad occupare la Fusinato. Poi alla Fusinato arrivai io e non l'occuparono mai finché ci sono stato io.
Quello fu l'inizio in cui alcune persone cominciarono a ragionare in termini nuovi: dovevamo affrontare uno scontro con la milizia. Quella volta, nel '74, la milizia ci ingannò: 4 di loro tirando 10 candelotti e facendo molto fumo ci bloccarono... abbiamo tirato 4 bottiglie ma nessuno aveva il coraggio di andare avanti quando loro erano solo 4 e pronti a scappare.
Se con il comizio di Covelli fu una cosa spontanea col comizio di Almirante gli antagonisti avevano cominciato a strutture determinati bisogni e organizzarsi in maniera più scientifica. Se poi gli anarchici abbiano continuato a tirare bottiglie da soli... beh, non serviva a nessuno quella volta, l'hanno fatto loro perché volevano farlo.
Senza contraddizione non c'è vita, dice il compagno Mao Tze Tung, proprio da questi scontri minimi si è formato un antifascismo militante e la conoscenza del reale l'abbiamo soltanto incidendo nel reale, altrimenti non abbiamo alcuna conoscenza. Da questi primi scontri, dai primi che si sono presi le catenate perché venivano a chiederci di pagargli da bere perché loro erano universitari, noi abbiamo cominciato a organizzarci su quelle cose.
La prima occupazione della Fusinato non è stata fatta per motivi politici, non è stata fatta per Cuba o il Vietnam. È stata fatta per l'alcova... perché le ragazze non potevano entrare alla Fusinato. Parliamoci chiaro: è su queste cose che si ha la maturazione politica, cioè sui propri bisogni materiali.
- Volevo parlare del '75 dalla condizione particolare in cui mi sono trovato a viverlo. Nel '75 stavo facendo il militare e come militare partecipavo alle cose da militare. In quel momento, col dibattito su golpe non golpe e la fascistizzazione dello Stato, i fascisti che mettevano le bombe, gli attentati, le morti, le uccisioni in piazza, tra i compagni girava il discorso che era importante fare il militare perché si imparava ad usare una strumentazione militare; inoltre era importante farlo anche perché se ce n'era bisogno era utile che ci fossero dei soldati che passavano dall'altra parte.
All'epoca all'interno delle truppe c'era un movimento abbastanza ampio che si chiamava Proletari in Divisa. C'erano anche altre versioni che precedentemente si erano chiamate Soldato Rosso o Soldati Democratici. Soldati Democratici era una specie di inter-gruppi mentre i P.i.D. era quasi una diretta affiliazione dei militanti, cioè un'organizzazione di soldati che erano militanti di Lotta Continua.
Tra i militari era forte il discorso della fascistizzazione dello Stato perché dalle caserme si vedeva che la polizia difendeva i fascisti e ammazzava i compagni, si vedeva che i fascisti si stavano dando un'organizzazione militare o paramilitare, si vedeva un discorso sul presidenzialismo fatto da partigiani bianchi come Edgardo Sogno o come lo stesso Licio Gelli; cioè tutto un circuito che faceva aleggiare un'aria di golpe bianco o qualcosa di simile. Questo tipo di discorso era radicato fortemente tra i militanti di Lotta Continua e tra i simpatizzanti della nuova area combattente che si stava formando; mi riferisco a quelli che erano i "tifosi" delle Br in formazione e formate e quelli che erano simpatizzanti del lavoro militare che facevano i NAP all'interno delle carceri.
Non ero molto d'accordo su questo discorso perché tra i compagni dei Collettivi, avendo approfondito e discusso la questione della fascistizzazione o meno dello Stato, si era arrivati alla conclusione che i fascisti erano organici a un progetto di controllo dei movimenti rivoluzionari, ma che non si poteva parlare di un ritorno a forme di fascismo, semmai a forme di gestione autoritaria del potere. Questo tipo di discorso lo si era gestito nella campagna per la liberazione di Achille Lollo. È stata una campagna portata avanti nel '74 e nel '75, il processo si conclude verso la fine del '75.
Come militare il problema era che mi trovavo ad essere organizzato all'interno delle strutture che operavano allora nella Brigata Julia (così si chiamava la struttura militare) assieme a molti compagni di Lotta Continua e a compagni che poi hanno fatto altre strade, delle Br per capirci. Uno di questi era il compagno Pichiura. Il dibattito era appunto fascistizzazione o meno e la parola d'ordine era partecipare come soldati in divisa a tutte le manifestazioni che si davano al tempo. Ci sono vecchie foto di militari intruppati che partecipavano alla manifestazione del 25 aprile, 1 maggio o alle manifestazioni di antifascismo militante in divisa. Ho partecipato alle manifestazioni contro Covelli e Almirante in divisa assieme a pochi altri, facilmente individuabili, come dei pollastri, con la divisa militare.
Ricordo molto bene la situazione degli scontri per Covelli anche perché in quella occasione fu ferito un mio compagno d'appartamento. Era stato colpito all'inguine da una pallottola; lo portammo via a braccia... lo portammo a casa facendo un percorso lungo e pericoloso per lui, portandolo a braccia fino al 4° piano; lì chiamammo un medico compagno, il dr. Pisani, che venne subito e si rese conto della situazione pericolosa per il ferito; riuscì ad individuare il percorso che aveva fatto il proiettile, consigliò di ricoverarlo in ospedale e così abbiamo fatto.
Questo compagno rimase in ospedale alcuni mesi; il proiettile, che era entrato dall'inguine e si era fermato appoggiandosi alla spina dorsale, fu estratto in autunno perché non se la sentirono di operarlo subito per paura di lesionare il midollo spinale e creare problemi di deambulazione. Essendo piuttosto calda la situazione a Padova, in quel periodo, preferirono soprassedere alla cosa perché non succedesse niente di particolare. Nel merito di questo fatto va detto anche che i compagni non ne fecero una grossa gestione politica perché fu una scelta della famiglia che non volle.
Nella manifestazione contro il comizio di Almirante fui molto più defilato e vidi gli scontri da Corso Milano: per ultimi dietro a tutti c'era una ventina di anarchici che facevano barricate e bruciavano macchine per i cazzi loro: un'azione di disturbo che comunque andava bene perché stava succedendo un po di tutto.
Il movimento dei soldati è una cosa che non ha interessato Padova in maniera particolare in quel periodo, però è stato un elemento con cui ci eravamo misurati gli anni precedenti, è stata un'esperienza interessante. Ha determinato alcuni passaggi e percorsi da parte di gruppi di soggetti che attorno al movimento dei militari ebbero a operare.
- Negli anni '74/'75 la Fusinato "base rossa" ha dato spazio anche al T.P.R. che ora si chiama Teatro Continuo e celebra il ventennale. Erano "4 pellegrini" che venivano all'ufficio studenti, aperto a tutte le esperienze e a tutto il movimento, a chiedere uno spazio per fare la pre-ginnastica e gli fu dato una stanza in cambio di uno spettacolo, purché non reazionario. E fecero uno spettacolino. Ora che il Teatro Continuo celebra i vent'anni potrebbe anche ricordarsi del Comitato di Agitazione della Fusinato che gli ha dato lo spazio dandogli la possibilità di partire e diventare famosi.
- Anch'io volevo raccontare qui la mia storia. Ho fatto per molti anni lo studente medio, un po per scelta un po perché non avevo voglia di studiare e ho vissuto questi anni da studente medio.
Le scuole a Padova si dividevano in due tronconi: gli intellettuali e i pratici. Io, ovviamente, facevo parte degli istituti tecnici, di quelli che praticavano. Siamo stati educati fin da giovani a praticare: a praticare l'autoriduzione, a praticare il prezzo politico, a praticare l'antifascismo e questa sera stiamo parlando di un tema praticato per anni sin dalla I/II superiore. Tutti i giorni andavamo a prenderci a scuola i nostri fascisti, ce li picchiavamo. Ogni anno avevamo le nostre ronde: dal mio istituto andavamo fino al Nievo... in fondo sembrava quasi un gioco. C'era questa solidarietà e questa pratica quotidiana che vivevamo sulla nostra pelle non solo dal punto di vista amichevole; erano scontri, botte, sassaiole. Erano giornate intense di emotività sia dal punto di vista personale sia dal punto di vista collettivo perché poi nella giornata tutto veniva riproposto nelle varie assemblee, anche a livello cittadino.
Quegli anni li ho vissuti in prima persona: come Comitato di Base del mio istituto e Comitato Interistituti (di cui facevo parte) praticavamo l'antifascismo perciò alle grosse scadenze di cui si parlava prima (Covelli e Almirante) abbiamo partecipato anche noi con spontaneità e organizzazione.
- Dell'anno 1975 tutti noi ricordiamo maggiormente questi aspetti che sono i più importanti dell'anno politico: cominciano questi omicidi, da quello di Varalli, poi le giornate di aprile con gli scontri in piazza e a Padova questa 1-2 di Covelli e Almirante.
Ero a Monselice, dove era nato il Collettivo Politico di Monselice. C'era anche il Collettivo Politico Padova Sud e nel frattempo erano nati anche i Collettivi Padova Nord e Padova Centro. Anche allora era un tipo di organizzazione che si muoveva in maniera organica: le mobilitazioni antifasciste erano mobilitazioni che già venivano organizzate in maniera centralizzata, soprattutto per quanto riguarda la mobilitazione contro Almirante ma anche quella contro Covelli. Alcuni compagni erano partiti per andare in piazza e là abbiamo partecipato agli scontri.
La cosa che ricordo molto bene dell'episodio Almirante è che (ed era impressionate) quando siamo partiti dalla Fusinato c'erano 250/300 compagni organizzati che si sono mossi dalla Fusinato per andare verso P.zza Insurrezione.
I Collettivi Politici sono cresciuti molto in questo periodo e sono diventati una forza politica reale, la più importante a Padova; ha scavalcato gli altri gruppi rispetto alle fasi precedenti dove era in atto il passaggio da P.O. ai Collettivi. La forza che si è espressa all'interno della realtà dei Collettivi non si è data esclusivamente sul terreno dell'antifascismo, ma andando a rileggere un po di materiali dell'epoca quello che si registra è un radicarsi di strutture territoriali su dati di fabbrica ma anche di territorio.
Nascono i Gruppi Sociali che hanno un ulteriore radicamento tra il nord e il sud padovano. Nelle fabbriche ci sono lotte, momenti di iniziative, viene fatto l'accordo sul punto unico di contingenza, uno degli obiettivi che si voleva raggiungere da tempo; viene siglato nel '75. Nonostante ciò si capisce che ci sono dei grossi limiti a mantenere la lotta all'interno della fabbrica. Si capisce che c'è la necessità di portare fuori la lotta facendo un discorso sui prezzi politici e sull'autoriduzione come elementi centrali per un programma di lotta che veda nella pratica dell'obiettivo la possibilità di conquistare qualcosa, non semplicemente il fatto di avere delle piattaforme megagalattiche per poi non avere la capacità di conquistare qualcosa di concreto. Questo è il terreno su cui nascono e si sviluppano i Collettivi a livello territoriale e questa è la caratteristica che si articola nel sud e nel nord padovano.
Un altro momento importante che abbiamo vissuto è stata la vicenda di Ponte di Brenta: l'arresto di Pichiura e Piero Despali e quello che era successo.
In quegli anni si cominciava a rendersi conto che una parte di compagni fa delle scelte, anche nel Veneto le Br diventano una realtà; si divaricano alcune scelte. In piazza la polizia e i fascisti cominciano a sparare, ci sono dei morti e quindi c'è una radicalizzazione dello scontro. Questo è l'altro aspetto importante: questa radicalizzazione in cui da una parte c'è una risposta delle Br con una fuga in avanti verso la costruzione del partito armato, dall'altra ci sono alcuni gruppi, la deriva opportunista, che non hanno la volontà di affrontare in termini di scontro quel momento politico-storico. In realtà c'è un'altra ipotesi che va avanti ed è quella che noi contribuiamo a costruire: l'ipotesi di costruire forza e movimento, movimento e forza in termini organizzati, in maniera articolata. Credo che questo passaggio del '75 con queste giornate, con questi momenti importanti, sia stato il primo passo verso quella che è stata poi un'articolazione ulteriore dei Collettivi Politici a Padova e nel Veneto.
- In quell'anno abbiamo un'articolazione concreta di intervento territoriale organizzato attorno a questa definizione dei Collettivi Politici, un'articolazione di lavoro e di ipotesi politica. Non è ancora una ipotesi organizzata omogenea e questo, in quell'anno, è anche la sua forza, nel senso che dà la possibilità a tutti di sviluppare un proprio specifico. Infatti non a caso c'è il Collettivo Padova Sud ed esiste il Collettivo Monselice, un collettivo che si definisce attorno ad un paese. Questo per scelta dei soggetti che intervenivano e anche perché in quel periodo c'erano disomogeneità di percorso anche dal punto di vista interpersonale (nel senso che c'erano dinamiche di omogeneità personale e differenti) che però si riconoscevano dentro a questa riarticolazione di lavoro politico dopo lo scioglimento di P.O.
Nell'anno 1975 c'è anche la ricchezza dell'intervento sociale che cominciamo a fare non solo a Padova ma anche in provincia. L'altra volta ricordavamo il Collettivo Padova Nord per le proprie articolazioni di lavoro ed è importante ricordarlo anche per l'anno '75 perché proprio da Padova Nord, dal territorio che va da Curtarolo, S.Giorgio delle Pertiche (un territorio assolutamente vergine per tutti in questo intervento) in poco tempo, un anno, viene fuori l'esperienza del Coordinamento Operaio che si rappresenta anche in piazza per la prima volta a Padova durante le manifestazioni sindacali e che aveva un terreno di aggregato operaio consistente. Chiaramente, come si diceva prima, attorno ad alcune parole d'ordine ben precise: dal punto di vista interno attorno al concetto dell'egualitarismo e contro i ritmi di lavoro e dall'altra parte col discorso di uscire dalla fabbrica, dei prezzi politici. In quel periodo gestivamo molto la questione dei prezzi politici che poi si articolava in autoriduzione o in battaglie, più in generale, sul terreno dei prezzi: intendevamo che il concetto del salario era sì il salario diretto ma anche quello indiretto. Il problema del salario politico diventava un elemento fondamentale, era un discorso di lotta sui propri bisogni e attorno alla battaglia sul salario si manifestava la battaglia sul potere operaio. Intorno alla battaglia sul salario c'era anche unidea di potere, il salario politico era una battaglia sulla riaffermazione di un potere operaio che dalla fabbrica si doveva estendere anche alla società.
- Volevo aggiungere che in quel periodo si riescono a creare i primi nuclei organizzati dei compagni nel territorio seguendo, praticamente, la lotta degli anni precedenti sui trasporti. Tutti quelli che avevano fatto agitazioni sulle linee di trasporto delle corriere della provincia vengono ritrovati organizzati nel paese, a fare lavoro politico nel paese e nelle fabbriche circostanti.
- C'è un'articolazione di lavoro politico attorno a punti precisi e attorno ad un radicamento che comincia a manifestarsi.
Per quanto riguarda l'aspetto più generale, credo sia in quell'anno che si apre il dibattito sulla violenza. Non è un problema poco importante: è la sostanza del concetto della prospettiva rivoluzionaria, si apre un dibattito sullo sbocco da dare al biennio '68/'69 e al triennio '71/'72/'73 con la consapevolezza che questa dinamica di lotta operaia - l'operaio massa - in realtà non poteva durare all'infinito. C'era già un processo di ristrutturazione in atto che aveva visto nella crisi petrolifera un primo attacco a quel tipo di composizione operaia utilizzando la crisi petrolifera rispetto ad un processo ristrutturativo in fabbrica. Attorno a questo si apre un discorso sullo sbocco.
Sul concetto dello sbocco ci sono vari punti di vista di carattere teorico e analitico. Ritengo che in quella fase il terreno della prospettiva strategica contasse molto meno dellipotesi dell'unità dei comunisti sullidea di lotta armata. In quell'anno la discriminante era tra gli opportunisti, cioè tra tutta l'esperienza gruppettara che aveva coinvolto anche P.O. in parte e che in realtà su questo discorso, su che sbocco dare e che dinamica e iniziativa dare a quel tipo di movimento... in realtà una discriminante tra chi riteneva che questo tipo di sbocco non era possibile e chi invece riteneva che quel passaggio era obbligato per poter fare una scelta di campo in quella fase. Attorno a questi ragionamenti comincia a venir fuori in maniera chiara un concetto di discriminante di unità di comunisti attorno alla dinamica della lotta armata. Lasciamo stare tutte le diversità che poi dentro questo discorso di parola d'ordine e di pratica sociale e di strategia si manifestano in quel periodo: sono importanti ma in realtà hanno un elemento di solidarietà comune. Per questo molti compagni si ritrovano a parlare con quelli delle Br; io in particolare con Carlo Pichiura. In quell'anno c'è un dibattito in corso, c'è un idea di unità rispetto a un terreno di battaglia sul discorso della lotta armata. Chiaramente c'è una diversità di ipotesi, di costruzione sia del partito sia del movimento comunista che aveva due nodi fondamentali.
Le Br sostenevano che il terreno della discriminate della lotta armata in realtà si manifestava attorno alla costruzione del Partito Comunista Clandestino e attorno a un terreno che già viveva dentro la dinamica di massa: il terreno dell'illegalità era un dato scontato. Questo è il problema nodale. Il concetto della legittimità, dell'egemonia della battaglia politica della costruzione degli organismi di massa era un meccanismo che si dava come terreno oggettivo.
Questo discorso, oggettivista da una parte soggettivista dall'altra, come dinamica di costruzione del partito era un meccanismo strategico che non mi vedeva d'accordo rispetto alla decisione delle Br. Mi trovava perfettamente d'accordo nel lavorare insieme ai compagni delle Br nella battaglia politica e militare in quel periodo rispetto alla discriminante della lotta armata contro tutti gli opportunisti e contro tutti quelli che attorno a battaglie per esempio sul Portogallo e sul Cile avevano devastato la coscienza politica in Italia con discorsi astratti, senza poi fare i conti con un terreno di scelta personale e politica conseguente.
Quindi credo che i Collettivi Politici in questa nuova articolazione, in quell'anno, vivono questo tipo di dibattito e vivono con tutti i rapporti diversificati che esistevano. Molti privilegiavano i rapporti con i futuri Co.Co.Ri., con l'espressione che stava uscendo da Lotta Continua (tutto il servizio d'ordine di Milano) che poi ha dato vita a Prima Linea. Altri come me ritenevano che l'esperienza combattente più significativa rimaneva le Br, per serietà e per ipotesi politica anche se non erano d'accordo col piano strategico. Ritenevo che tutto il resto, da Prima Linea in poi, fosse in realtà la parte più deviata della dinamica soggettivista del movimento che poteva portare solo disastri sul piano della prospettiva. C'era comunque un discorso di grande lavorio di rapporti e di ipotesi che però avevano questa centralità dell'unità dei comunisti attorno alla scelta della lotta armata. Per alcuni di noi significava la costruzione di una dinamica di contropotere, una dinamica complessa in cui il concetto di iniziativa soggettiva si doveva combinare con la capacità di costruire movimento reale, costruire organismi, costruire legittimità di un movimento anche sul terreno dell'illegalità. I concetti di illegalità e lotta armata vivevano una dinamica sinergica, non una dinamica separata e non comunicante se non dentro un discorso di teoria organizzativa.
Questo dibattito si avvia nel '75. I fatti di Ponte di Brenta sollecitano il dibattito tra i compagni. Al di là di quello che succede o non succede a livello personale ritengo che si pone questa questione: un compagno che veniva fuori dall'esperienza di P.O. ed era conosciuto come uno dei leader dei Collettivi Politici viene ritrovato con una macchina rubata nel luogo dove è stato ammazzato un poliziotto insieme ad uno delle Br. Al di là del dato giudiziario questo fatto caratterizzerà un dibattito sul pro e contro, sul perché di tante cose che continuerà nel '76.
L'esperienza di Padova Nord, combinata con l'esperienza che continua a Monselice, sarà un elemento fondamentale dell'ipotesi territoriale operaia e di zone per la formazione dei Collettivi negli anni futuri. Il Collettivo Padova Nord oltre al Coordinamento Operaio che diventa una realtà significativa che si manifesta e si rappresenta in piazza...
Volevo raccontare come nasce il termine di "Gruppo Sociale", che non è una scelta fatta a tavolino ma una cosa molto concreta, per far capire il pragmatismo che caratterizzava la nostra esperienza, un pragmatismo che ragionava nella definizione generale delle questioni. Dalle cose che succedevano c'era un ragionamento costante di vedere cosa si poteva tradurre in termini di ragionamento generale. Per esempio il termine "Gruppo Sociale" nasce a S.Giorgio delle Pertiche: era un'esperienza cattolica mista di questo paese fatta da cattolici, cislini. I compagni che lavoravano in quella zona si rapportano con questa esperienza, alcuni compagni diventano il punto di riferimento di questo Gruppo Sociale. Si nota che il termine "Gruppo Sociale" facilitava il rapporto nei paesi dove i termini comunista e autonomo non erano facili da far passare, dove l'approccio era più complicato. Il termine "Gruppo Sociale" permetteva questo tipo di fusione.
In seguito si determina il Gruppo Sociale Padova Nord e poi anche il Padova Sud. Con molta diffidenza di qualcuno che era convinto di meccanismi più espliciti dal punto di vista del nome; poi invece il terreno del Gruppo Sociale diventa talmente agito e diffuso che diventa la proposta non solo a Padova ma a tutta l'esperienza del Veneto, con un significato ben preciso.