LIBERARSI DAGLI ANNI ‘70

Abbiamo aperto da alcuni mesi una campagna il cui scopo è di dichiarare definitivamente venuta meno la necessità di leggere gli accadimenti sociali e politici di questo Paese attraverso la semantica dell’"emergenza".

Perché invece, nei fatti, c’è un’emergenza che ancora permane: si tratta di quella che negli anni ‘70 ha ispirato le scelte del legislatore in materia penale e si e’ tradotta in uno smisurato inasprimento delle pene relative a "reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale".

Il portato residuale di quelle scelte è a tutt’oggi così riassumibile:

Davanti a questo quadro - verosimilmente non una rivelazione per nessuno- da anni i movimenti dell’antagonismo agitano la parola d’ordine della "libertà per i prigionieri politici".

Lo scenario che offre l’assetto reale delle modificazioni sul terreno penale sembra invece oggi orientato a inventare strumenti di libertà per i tangentari, i politici inquisiti, finanche i mafiosi (le proposte Flick e Folena viaggiano decise in questa direzione) lasciando marcire in galera chi, magari 20 anni or sono, ebbe a scegliere il terreno dell’antagonismo più radicale quando la scollatura tra paese legale e paese reale, tra legalità e legittimità sembrava alludesse ad una rottura rivoluzionaria.

Ma alcune questioni vanno preliminarmente chiarite.

Per noi questa scommessa si gioca in questi mesi: si vince o si perde, probabilmente definitivamente. Quindi tutto quello che costituisce pantano ideologico e inerziale non ci sta bene.

Materialmente: si tolga dai piedi chi ha voglia di sferrare attacchi "da sinistra" perché l’amnistia è politically correct e l’indulto no, perché il vero problema è l’estinzione del carcere, perché la libertà sta nella canna del fucile e tutto l’armamentario parolaio in uso soprattutto a chi non ha mai impugnato nemmeno una fionda.

NOI siamo per un provvedimento concreto e rapido: che si chiami amnistia, indulto, condono o liberatutti non ci interessa.

Sono almeno quattro le proposte di legge in questo senso giacenti da mesi in Parlamento, tutte in buona sostanza convergenti in termini di indicazione di "ripristino della normalità".

Si tratta di incentivare la loro discussione e l’approvazione di un istituto che tenga conto di tre fondamentali necessità:

Ottenuto questo siamo anche per tutto il resto.

Siamo per Claudio Cerica, che da anni lotta perché venga applicato alla sua posizione giuridica l’istituto della continuazione dei reati così come gli spetta per legge.

Per Silvia Baraldini, simbolo-ostaggio del "potere globale".

Per la liberalizzazione e depenalizzazione delle droghe. E, certamente, per l’estinzione del carcere in tutte le sue forme.

Siamo anche per la lotta armata. Degli Zapatisti, dei Tupac Amaru, di tutti i Movimenti di liberazione. Ma visto che qui da noi, ora, il fucile non lo imbraccia nessuno, ci sembra solo ideologia allo stato brado quella che attacca ancora chi senza delazione si è dissociato negli anni ‘80 o la piattaforma di San Vittore solo perché ne è portavoce Sergio Cusani.

NOI come sempre siamo per l’agire e agire oggi significa espropriare i Tribunali e Corti d’Assise dell’unica lettura dei fatti costitutivi la stagione delle lotte degli anni ‘70.

Significa dichiarare esaurita la stagione dell’emergenza in termini di sanzione formale, storica, politica, giudiziaria, ridefinendo coordinate nuove della "normalità" del diritto penale.

Significa avere il buon senso di adoperare strumenti concreti senza rifugiarsi in comode dietrologie ideologiche.

Significa darsi da fare.

Perché solo in questo modo si può sperare di riuscire a riconsegnare tutti alla libertà.

ARSENALE SHERWOOD - Padova


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