Il Leonka: trattati come bestie
Sono
rientrati in Italia nella notte: "Blindati per 16 ore". Il caso in Parlamento
Dall'Olanda a Milano, odissea per mille giovani
MILANO.
"Ci hanno trattati come bestie". Stanchi, sporchi, affamati: alle dieci meno un quarto di sera sbarcano dal primo treno i reduci della "marcia del lavoro" di Amsterdam. Sono i ragazzi dei centri sociali, che venerdì sera, non senza problemi, sono partiti alla volta dell'Europa per scoprire "che in realtà l'Unione europea esiste soltanto per le banche e le merci, ma non per le persone umane, tanto meno per noi". Arrivano alla stazione periferica di Lambrate, accolti da un nugolo di poliziotti e carabinieri. In questo l'Europa è già unita: è da quando è iniziato il viaggio che i duemila ragazzi dei centri sociali non fanno che vedere divise. In Olanda li hanno accolti a manganellate; in Germania li hanno scortati in assetto da guerra; solo in Svizzera, paese che non aderisce alla comunità, sul treno, anziché un agente, è salito un console per constatare che il convoglio, contrariamente a quanto sostenuto dagli agenti olandesi per muovere alla carica, non era affatto devastato. "Ao', zozzo è zozzo. Però c'hanno tenuti lì dentro in pratica per tre giorni, senza mai farci uscire. E non s'è mai visto nessuno fare le pulizie", dice Marco, del centro sociale di Forte Prenestino, Roma.
Iniziata male, continuata peggio, è finita nella fame e nella frustrazione generale, questa trasferta europea dei leonkavallini d'Italia. Il viaggio di ritorno è durato 16 ore: un incubo. Partiti alle 3 del mattino, sono stati fermati diverse ore nella campagna vicino a Utrech: "senza poter scendere, bere o mangiare, illuminati dalle fotocellule della polizia". Altri raccontano invece che "sì, qualcosa ci hanno dato: dei panini congelati duri come il marmo".
Perché qua sopra viaggiavano i 130 che, appena messo piede nella stazione centrale di Amsterdam, sono stati arrestati. Accusa: danneggiamento. "Ma de che? Guarda anche tu, e se trovi una carrozza rovinata ti pago una pizza". E in effetti, a prima vista, a parte cartacce e lattine, tutto sembra in ordine. In Olanda, prima li hanno caricati a manganellate. "Poi ci hanno messo le manette di ferro ai polsi e caricati su dei pullman. Ci hanno portati in una prigione: alcuni li hanno fatti scendere e mettere in ginocchio nel cortile per due o tre ore. Poi sono passati con un secchio d'acqua per farci bere". Alla fine li hanno rilasciati, messi di nuovo su un pullman e ricaricati sullo stesso treno dell'andata, in una stazione periferica della città olandese: della manifestazione per il lavoro, contro la disoccupazione, i 130 hanno visto solo i manganelli della polizia. Gli altri 1.000, 1.500, bene o male hanno marciato. Anche se non tutti sono tornati: 4 di loro sono rimasti nella prigione olandese in stato di arresto. Per intero si conosce soltanto il nome di uno: Sandro Sanso, di Imperia, che questa mattina verrà interrogato dal giudice. Degli altri si hanno solo i cognomi: Vampo, Ordignoni e Manni. L'accusa, inizialmente di ubriachezza, sarebbe stata trasformata in resistenza e danneggiamenti.
E dire che venerdì sera, alla stazione Centrale, avevano rischiato di non partire: nessuno, né tra il comitato organizzatore, nè tra i funzionari del ministero, li aveva avvertiti che era saltato l'accordo per l'allestimento di due treni speciali. Per far sì che le Ferrovie rimediassero due convogli ci sono volute proteste, sit-in, qualche sassaiola e una mediazione al cardiopalma del capogruppo di Rifondazione Comunista in Comune, Umberto Gay, che per far muover i treni ha dovuto firmare un "pagherò" da 400 milioni. "E vorrei sapere come mai è andata così - dice Gay - Qualcuno dovrà pur spiegarlo, se non a me, almeno al questore, che si è trovato migliaia di giovani incazzati nella stazione Centrale di Milano".
Protesta invece duramente il deputato verde Paolo Cento: "Quanto è successo ai circa duemila giovani che si trovavano sui treni di ritorno è stata una vera e propria vergogna europea, di cui le autorità politiche e di polizia di Olanda e Germania dovranno dare adeguate spiegazioni". La morale? "In fondo abbiamo potuto conoscere realtà giovanili di altri paesi - spiega Luca Casalini, dei centri sociali del Nord-Est - e paradossalmente questa storia ci ha dato più visibilità, dimostrando che per fare l'Europa unita, ci vuole ancora molto, perché i primi a non poter circolare liberamente per il momento sono proprio i suoi cittadini".