IL MANIFESTO

E noi ci stiamo

VALENTINO PARLATO

Q uesto giornale è storicamente avaro nel sottoscrivere appelli e promuovere manifestazioni e cortei. Questa "avarizia selettiva" risponde a una sua natura, direi gobettian-gramsciana, contraria alla faciloneria retorica, al presenzialismo a tutti i costi, al gusto della "sagra di paese" come diceva Giacomo Matteotti.

Però questa "avarizia" è sempre dipesa dalla valutazione della serietà della causa e dell'impegno. E infatti "il manifesto", nella sua storia, ha fortemente sostenuto appelli e promosso convegni e manifestazioni. Vado a memoria, e quindi, per difetto della stessa, offenderò molti compagni, ma ricordo i convegni di Venezia sui paesi dell'Est e sul socialismo niente affatto realizzato. Ed erano anni nei quali parlar male dell'Urss non andava affatto bene al Pci e neppure all'emergente nuova sinistra. Ricordo un convegno sul lavoro a Milano. Ricordo la grande manifestazione del 25 aprile del 1994 a Milano. Ricordo i più recenti convegni di Venezia e di Torino, sulle nuove condizioni della lotta sociale e politica nel nord-est e nel nord-ovest. E' con questa stessa storica avarizia e con uno sforzo di determinazione di impegno che "il manifesto" è tra i promotori della manifestazione di Venezia, "Per l'Europa sociale, la giustizia e la libertà, contro il secessionismo e il razzismo".

Si tratta, e "il manifesto" ci si impegna, di una manifestazione importante e di segno positivo perché conferma quel risveglio delle coscienze civili che è stato già segnalato dall'annuncio della manifestazione sindacale del 20 settembre, una bella data che ci ricorda la Breccia di Porta Pia e la fine del potere temporale del Papa. E' importante perché dice che nonostante tutti gli sforzi (anche dell'attuale governo) di presentarci l'Europa come una camera di sacrifici, se non di tortura, e farci diventare tutti antieuropeisti, il nostro schieramento vuole l'Europa e rifiuta di farsi ingabbiare in un antieuropeismo autarchico. Ma vuole, come hanno già detto le presenze operaie a Bruxelles e Amsterdam, un'Europa che torni a coniugare libertà, eguaglianza e fraternità.

La globalizzazione che indebolisce le antiche case degli stati nazionali invece di produrre i cittadini del mondo (come molti di noi speravano nei primi giorni della fine della seconda guerra mondiale, poi le cose cambiarono di molto) sta producendo tribalismi regionali, fondamentalismi tragici o comici come i riti celtici di Bossi, secessionismi e razzismo. L'attuale globalizzazione sta producendo la morale del "branco" come nei giorni scorsi a Torino.

Di tutto questo cominciamo tutti ad avere una prima coscienza e i promotori della manifestazione del 13 settembre a Venezia, dei quali in questa pagina pubblichiamo l'appello e le firme, sono un primo, positivamente eteroclito, raggruppamento di forze. Non voglio usare l'espressione, forse troppo ottimistica di sinistra plurale. Forse non è ancora così, ma sicuramente sono tra i primi che cominciano a rendersi conto e che tentano di fare quel che la coscienza morale impone.


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