TUTTI A VENEZIA


DA MILANO A VENEZIA

Milano è sicuramente stata la città simbolo della trasformazione politica degli ultimi cinque anni. Il passaggio dalla prima alla seconda repubblica tante volte annunciato ha trovato nei processi di tangentopoli il suo vero volto. Una classe politica che aveva costruito con il patto consociativo le basi di gestione politica ed economica per tutti gli anni ottanta è stata spazzata via a colpi di avvisi di garanzia. Questo processo ricordiamolo ha seppellito la democrazia cristiana e ha decretato la fine dello strategico partito socialista di Craxi. Non siamo tanto ingenui da pensare che tutto ciò sia stato casuale o il risultato esclusivo dell'impegno eroico di un pool giudiziario. Le ragioni profonde vanno forse ricercate in quella lenta trasformazione economica e sociale che ha attraversato l'Italia negli anni ottanta e che ha determinato l'esaurimento di una certa politica di rappresentanza. Ma allo stesso tempo non siamo così deterministi dal non intravedere il complesso conflitto che in questo processo prendeva forma.

Conflitto giudiziario attraverso il quale, oggi possiamo dirlo, il giovane PDS ha costruito la propria ascesa al potere. Conflitto di interessi che hanno coinvolto le aziende FININVEST. Conflitto di potere che ha chiamato in causa in varie occasioni i cosiddetti apparati repressivi: polizia, carabinieri, finanza.

Dopo Milano il ruolo di città simbolo nella avviata, ma non conclusa, metamorfosi italiana sembra spettare a Venezia. Oggi che parzialmente si è risolto il conflitto per il primato alla gestione del processo di modernizzazione del nostro paese, conflitto che ha visto vincitore il centro sinistra di Prodi e D' Alema, molto della politica italiana si gioca intorno alla riforma degli assetti istituzionali e alla riforma del welfare-state. Sarà Venezia un luogo caldo per tale gioco, non solo per lo scontro partitico ma anche per la portata delle contraddizioni sociali che in questo territorio hanno preso forma e che si stanno imponendo all'attenzione della politica nazionale.

Il Nord-Est dalla fine degli anni settanta in poi ha vissuto un vero e proprio boom economico, da intendersi non solo con il banale aumento della ricchezza, ma piuttosto come processo di modernizzazione eclatante dell'economia italiana. Il processo di esternalizzazione delle funzioni produttive da parte delle grandi fabbriche ha garantito attraverso la formazione di una complessa rete di subfornitura lo sviluppo delle piccole e medie imprese, allo stesso tempo l'avvento della comunicazione e della tecnologia informatica nel processo produttivo ha definito nuove figure professionali esterne al vecchio statuto del lavoro salariato. La crescita di questo mondo imprenditoriale e del lavoro autonomo deve essere letto come un processo avanzatissimo dello sviluppo capitalistico del nostro paese. Non è un caso che dietro le questioni del federalismo, della riforma scolastica, delle riforme del welfare e della politica fiscale si nasconde il vero problema dell'Italia pre-europea: costruire le condizioni sociali economiche per lo sviluppo di questa modernizzazione e non una sua implosione.

Settembre 97 sarà un mese particolare per la serenissima e questa volta non per la mostra del cinema. Molti soggetti politici l'hanno scelta come terreno di confronto politico. Ci sarà il sindacato, ci sarà il governo, ci sarà la Lega e ci saremo noi!

Il sindacato nonostante le parole d'ordine desuete e arretrate incernierate intorno al concetto di unità nazionale, proprone una propria presenza che dal punto di vista politico non ha nulla di desueto. Prova a scendere in campo nel nord est dove da un lato non ha saputo entrare in contatto con le figure lavorative nuove, figure che paradossalmente nei loro tratti salienti vengono riconosciute come egemoni nel mercato del lavoro precario, flessibile, comunicativo; dall'altro dove la forza lavoro più tradizionalmente operaia, occultata nella piccola e media impresa ha vissuto un basso livello di sindacalizzazione, e spesso laddove il sindacato era presente faceva coesistere l'adesione sindacale alle simpatie per la lega. E' chiaro che tutti questi problemi sono arrivati ad un punto di rottura e meritano attenzione.

Inoltre se è vero che un nervo scoperto della politica attuale italiana è la questione del nord come non immaginare una scesa in campo del sindacato, visto che il sindacato stesso ha rappresentato un pilastro di coesione sociale durante le politiche di risanamento finanziario e che ha contribuito fattivamente all'affermazione dell'ipotesi politica del centro-sinistra.

La Lega da un anno a questa parte è riuscita a costruire uno spazio comunicativo-politico autonomo impressionante. Finito il clima favorevole che i processi di tangentopoli avevano creato, il partito di Bossi è riuscito a capitalizzare la propria radicalità autocentrando la propria politica. La scorsa estate la lega ha sperimentato una vittoria significativa, è infatti riuscita a far parlare di se per quaranta giorni, concentrando l'attenzione dei media e mobilitando una quantità enorme di simpatizzanti. Non era il "milione di padani" promesso da Bossi ma solo i ciechi si soffermano sul dato quantitativo cercando in esso un modo per esorcizzare la reale presenza sociale e politica della lega nel nord, e sopratutto nel non riconoscere i termini nuovi con cui la politica leghista si pone sul campo. La marcia sul Po ha avuto il netto risultato di aumentare il peso specifico della Lega in un parlamento nettamente sfavorevole. E così è stato per le elezioni padane a ridosso del voto in bicamerale. A settembre il partito di Bossi ritorna sul luogo del delitto, rafforzando il rapporto tra politica e società nel nome del secessionismo, con i martiri del campanile occupato difesi e tutelati da una fitta rete di solidarietà e con la scommessa di una riforma federalista da caratterizzare il più possibile.

Il governo non si tira indietro rispetto alla convergenza di attenzioni politiche su Venezia. E' in gioco l'assetto federale del paese e con esso la credibilità delle riforme, è in gioco l'ipotesi del sindaco Cacciari sulla quale nessuno a sinistra non può riflettere, è in gioco in assoluto la credibilità di un governo che se porta l'Italia in Europa senza aver costruito le condizioni di gestione della modernizzazione avvenuta nel nord-est e nel nord-ovest avrebbe fallito. I conti pubblici risanati senza un tessuto produttivo vitale sono carta straccia e questo Prodi, Ciampi e D'Alema lo sanno benissimo. E' inoltre, quello di Venezia, un terreno dove sono seminati i nuovi orizzonti della rappresentanza e quindi i futuri assetti organizzativi della politica. Da Venezia forse prenderanno il via nuovi percorsi politici e la dimensione federale imporrà a tutti di relazionarcisi.

Venezia oggi assume un importanza strategica sia perchè capitale simbolica del territorio più avanzato dal punto di vista economico sia per la tensione sociale che questo territorio vive. La risposta agli strappi leghisti sembra incentrarsi intorno alla figura di M.Cacciari e all'ipotesi di costruzione di un movimento federalista capace di avere al proprio interno sfumature sociali estremamente diverse. Un'ipotesi questa che ha trovato nelle recenti esperienze amministrative locali un laboratorio di sperimentazione e che da esse vuole ripartire nel tentativo di saldare le tre questioni fondamentali dell'Italia pre-europea: federalismo e politiche locali, risanamento finanziario e tutela dei settori produttivi avanzati, riforma del welfare-state e indirizzo di nuove politiche sociali.

Su queste questioni la sinistra antagonista ha il dovere di esprimere una posizione e ancor di più deve avere il coraggio di sperimentare un metodo politico nuovo che ne permetta una visibilità vincente.

LA NOSTRA VENEZIA

Le ragioni che ci spingono a partecipare all'appuntamento di Venezia sono molteplici. Innanzitutto andare a Venezia significa rafforzare un percorso di relazione che ha visto come soggetti protagonisti le realtà antagoniste più vive a livello nazionale. Percorso che è iniziato con l'appuntamento della manifestazione di Pisa in occasione della carcerazione di A. Sofri, che è proseguito con l'appuntamento di Napoli in occasione del Forum sulle droghe e che ha avuto come tappa significativa la manifestazione di Amsterdam. Ciascuno degli appuntamenti ricordati ha vissuto di elementi specifici contingenti, tuttavia può essere rintracciato un insieme di elementi comuni che possono caratterizzare quella politica nuova da noi ricercata. Il primo dato da sottolineare è l'avere preso confidenza con gli spazi comunicativi e con gli indotti che nell'immaginario collettivo prendono forma. Siamo cioè riusciti a sfruttare momenti (la figura di Sofri), tematiche (l'antiproibizionismo), forme di lotta (l'occupazione dei treni per Amsterdam) ad alta visibilità e sperimentare con essi la nostra identità. Come secondo dato è da sottolineare come questi appuntamenti siano stati conquistati entrando in relazione con delle realtà sociali-politiche spesso diverse e lontane dalla storia specifica dei centri sociali. Questo ha imposto un salto di qualità non solo analitico ma anche di trattativa. Andare a parlare con il comitato Liberi-Liberi, relazionarsi progettualmente con il forum droghe, cercare il contatto europeo con realtà eterogenee, necessitano l'affinamento di abilità specifiche, la cosiddetta arte della politica da non confondere stupiditamente con l'autonomia del politico rispetto al sociale. Infine abbiamo riscoperto il piacere di essere soggetti sociali vivi, capaci di comunicare e interagire (a livelli sicuramente diversissimi) con l'area sociale che partecipa in diversi modi alle esperienze dei centri sociali.

Consapevoli di essere un attrattore per l'attenzione, le necessità e i desideri di migliaia di giovani su di essi ricalibriamo le nostre progettualità: una nuova generazione è alla ricerca di un patto di solidarietà di fronte ai vuoti della trasformazione di fine secolo.

Tutto questo deve rappresentare l'architettura con cui costruire la politica della sinistra alternativa, un metodo di lavoro con cui ritrovare le fila in un quadro complessivamente difficile per le ipotesi di trasformazione sociale, e dove sbagliare significa rafforzare l'isolamento e la non visibilità.

Virtualmente il passaggio da Milano a Venezia non appartiene solo alla politica alta dei partiti e delle finanze, ma appartiene anche a noi soggetti sociali capaci di riscoprire, dopo gli scontri di Milano e con il coraggio dei compagni del Leoncavallo, una progettualità che tra territorio, città e spazi politici vari ha portato i centri sociali a confrontarsi con i tempi nuovi, e oggi è chiamata a Venezia a ricercare un'ulteriore discontinuità con la nostra storia.

TRA GLOBALE E LOCALE, EUROPA E FEDERALISMO

La rivolta indios avvenuta in Chiapas ha rappresentato uno stimolo per tutte le realtà della sinistra radicale. Ha rappresentato un vero e proprio richiamo alla politica e allo stesso tempo ha immesso nell'immaginario collettivo una gran dose di speranza. Ha inoltre posto davanti ai nostri occhi concretamente e forse per la prima volta la dimensione globale dello sfruttamento capitalistico. E' apparsa in tutta la sua potenza il mercato mondiale, capace di integrare prodotti, tecnologia e conoscenza, denaro e finanza in parti diverse del mondo e in tempi brevissimi. Le merci circolano fuori dai vecchi limiti e controlli dei mercati nazionali, la competizione globale spinge le imprese a costruire una rete di relazioni in tutto il mondo e modificare la fisionomia della produzione. Inoltre le risposte che le imprese danno ai problemi di mercato sono diametralmente opposte a quelle date in passato: alla crisi delle vendite si risponde con uno stimolo alla sovrapproduzione creando un vero e proprio vortice di competizione che amplifica lo sfruttamento della forza lavoro, che spinge ai limiti estremi la spendibilità della ricerca scientifica-tecnologica, che si combatte a livello comunicativo e finanziario. La globalizzazione si regge sulla produzione in rete, una nuova metodologia, un nuovo strumento, un nuovo paradigma. Non è infatti solo la rete informatica che garantisce integrazione di conoscenze e denaro. Assistiamo anche alla definizione di una rete materiale di imprese localizzate nello spazio che attraverso la vicinanza sfruttano infrastrutture comuni, diffusione tecnologica, abilità cooperative. Sono le cosiddette regioni produttive, i milieau tecnologici, che si pongono con produzioni specifiche nel mercato globale. Globale e locale mettono così in moto una dialettica che concorre a definire gli spazi della politica.

In questa dialettica si vanno a porre le due grosse questioni della politica italiana: da un lato l'entrata in Europa dall'altro il federalismo.

l'Europa di Maastricht rappresenta il tentativo di consolidare nel mercato mondiale la produzione continentale definendo uno strumento di competizione con le altre realtà mondiali. l'Europa delle finanze è divenuto inoltre uno strumento di pressione sulle politiche nazionali, imponendo il risanamento finanziario ha infatti funzionato come strumento ideologico finalizzato alla dismissione dello stato-sociale e l'abbattimento degli ammortizzatori sociali pubblici. Tuttavia anche nella definizione dello statuto europeo si confrontano due indirizzi spesso convergenti riguardo i grandi orizzonti della politica economica neoliberista, ma aperti a soluzioni di compromesso sociale lontane tra loro. l'ipotesi riformista, che sembra affermarsi almeno in termini di schieramenti di governo, sembra proiettare nello spazio europeo la costruzione di nuove politiche di tutela sociale. In qualche modo si cerca di trasferire, pur con le debite differenze, ad un ordine di grandezza maggiore quale quello dell'Europa il compromesso che aveva rappresentato lo stato sociale nazionale.

Noi ci schieriamo contro l'ipotesi dell'Europa delle finanze, delle banche, delle competizioni globali che ha imposto sacrifici, sofferenze, esclusione ai settori sociali più deboli. Siamo per un Europa del libero scambio delle idee, per la libera circolazione dei corpi da contrappore all'Europa mercantile e razzista. Siamo consapevoli che qualsiasi battaglia locale deve essere aggredita nel nuovo spazio politico europeo, che lo slogan "pensare globalmente e agire localmente" è ormai vecchio e va sostituito con "agire globalmente per vincere localmente".

L'ipotesi federale nel nostro paese fa i conti con un paese con grosse disomogeneità. E' un'ipotesi che nasce in un contesto definito quale quello del nord produttivo, un contesto dove le trasformazioni dell'ultimo decennio ha creato una grossa crisi di rappresentanza e una tensione sociale legata alle prospettive del futuro che ha trovato espressione nella rivolta fiscale e nel secessionismo. E' una ipotesi che poichè nata nel territorio strategico della produzione italiana si è imposta nel dibattito nazionale. Inoltre il processo di decentramento amministrativo e politico sembra un processo storicamente ineluttabile, figlio della crisi economica dello stato nazione e degli istituti giuridici ad esso legati. Non possiamo non prendere atto di questa trasformazione e le questioni nuove che pone sul tavolo come non possiamo eludere i nodi che questa trasformazione taglierà invece di sciogliere. Federalismo significa avvicinare la politica ai territori, ma non vogliamo concedere nulla all'ipotesi di un federalismo dei ricchi, egoista, autocentrato sulla ricchezza produttiva, discriminatorio, razzista come quello prefigurato dalla Lega. Una scelta politica che sospinta da una fittizia identità nazionalistica vuole configurare una nuova nazione nella Europa dei padroni. Ci piace l'idea di un decentramento politico e amministrativo sul quale far leva per la costruzione di una progettualità che faccia i conti con esclusione sociale, disoccupazione, diritto alla formazione permanente e diritto alle garanzie.

Uno spazio politico dove immaginare la sperimentazione concreta di una rinnovata tutela sociale, che trovi nelle esperienze vive dei centri sociali i fulcri per tale sperimentazione. E' quindi inevitabile intrecciare la discussione sugli effetti della dismissione dello stato sociale con la prefigurazione di questo spazio politico nuovo. Tuttavia se è vero che il motore di questa trasformazione risiede in un contesto definito e con delle peculiarità specifiche è vero che esistono delle realtà differenti che pagheranno con grossi scompensi una tale trasformazione se non verrà stimolata una politica adeguata. Il federalismo impone una grossa riflessione sulla rinnovata "questione meridionale", regioni e territori dove lo stato sociale non è mai giunto, dove la connivenza tra politica democristiana e criminalità organizzata ha rappresentato un elemento strutturale, dove le opportunità di costruzione di un'alternativa sono oggettivamente più difficili, dove la prospettiva di autonomia sociale devono fare i conti con forme di esclusione amplificate.

Presumibilmente nel percorso di trasformazione della politica italiana dopo Milano e Venezia saremo tutti chiamati a Roma o Napoli nel tentativo di mettere in campo una progettualità seria per i territori dell'esclusione sociale.

UNA PROPOSTA DI INDIRIZZO

Venezia e la tre giorni proposta dalle realtà del nord-est a cui abbiamo aderito con entusiasmo ci impongono livelli diversi di discussione. E' importante arrivare alla definizione di un indirizzo generale della proposta politica capace di relazionarsi alle novità del fine secolo italiano. Un grosso stimolo alla discussione è venuto qualche tempo fà dal documento dei 35. Quel documento nonostante le contraddizioni ovvie insite nella novità dell'approccio aveva il coraggio di porre sul terreno la relatività delle singole proposte, reddito di cittadinanza, diminuzione dell'orario di lavoro, costruzione di un settore solidale extramercantile, prese singolarmente. Tale relatività è inevitabile nel momento in cui lo sfruttamento capitalistico si dispiega in tutte le articolazioni sociali e le forme di pressione e comando spesso sfumano dal nostro controllo.

Tuttavia tale relatività deve esser considerata un patrimonio da arricchire in forme di partecipazione politica nuova. Le proposte avanzate devono essere allora prese come un pacchetto complessivo auto-sostenente, devono essere considerate conciliabili e modificabili reciprocamente nei termini.

Il reddito di cittadinanza è uno strumento importante per tentare dentro la crisi della società del lavoro un'alternativa antagonista. E' un modo per imporre la ridistribuzione della ricchezza enorme che l'innovazione tecnologica congiunta alle forme nuove dello sfruttamento hanno creato. E' una garanzia monetaria innanzi alla precarizzazione imperante, è un modo per garantire se accompagnato da una lotta per l'abbattimento delle tasse scolastiche l'accesso alla formazione permanente, è una garanzia per i lavoratori autonomi che spesso giocano al ribasso le proprie prestazioni lavorative per mantenere una permanenza nel mercato senza autosfruttarsi.

Può essere sviluppata in forme non monetarie per l'inalzamento della qualità della vita come investimento sui territori per la costruzione di reti di tutela socio-sanitaria, o come libero usufrutto dei trasporti e delle strutture ludico-ricreative. Il versante della costruzione di un welfare dal basso, della erogazione dei servizi, della costruzione di realtà autonome nuove che sappiano attraversare e valorizzare le realtà pubbliche funzionanti, diviene un terreno su cui molti centri sociali cercano di costruire una propria specificità. E' inoltre la forma politica sperimentale adeguata ai tempi. La fine del compromesso lavorista-statalista che ha dato vita al welfare-state e per il quale il risultato di molte lotte veniva capitalizzato nello spazio pubblico delle garanzie, perdendone tuttavia la gestione e delegandone la salvaguardia allo scellerato patto consociativo dei passati anni, ci impone la ricerca di un nuovo spazio dove capitalizzare energie e lotte. Non è più la presa del potere statale l'orizzonte nel quale muoversi, bensì quello di farlo funzionare in una direzione diversa da quello dirigista-socialista, non più reddito e servizi secondo lo schema welfarista, ma reddito e produzione di attività autorganizzate, nel tentativo di gestire e tutelare le proprie garanzie.

CONTRO LA LEGA, CONTRO IL SECESSIONISMO, CONTRO IL RAZZISMO
PER UN FEDERALISMO SOCIALE, PER IL DIRITTO AL LAVORO, ALLA FORMAZIONE PERMANENTE, PER LA COSTRUZIONE DI NUOVE TUTELE SOCIALI.

Centro Sociale Occupato Autogestito La Strada


[BACK]