RICONQUISTARE AUTONOMIA
Il linguaggio della politica.
Cosa
altro è la "politica" se non linguaggio che assume le forme e i contorni dei bisogni e dei desideri umani? Da questo la diversità tra "alta politica" e "politica dal basso".
L'una legata alla mistificazione e sofisticazione, strumentale alla classe dominante, dei bisogni, l'altra espressione diretta e creativa che si rinnova con il trasformarsi delle epoche.
Alla staticità della prima, si oppone la dinamicità della seconda, capace di creare immaginari che superano la contingenza della fase economica poichè ispirata dall'assoluta necessità di superare l'oppressione del presente.
Se la comunicazione è un nodo centrale attraverso cui il potere si giustifica e rinnova la sua esistenza, allora la nostra attenzione deve vigilare anche su un uso del linguaggio che rispecchi e contenga in sè la diversità irriducibile della sovversione dello stato di cose presenti. Fuori dalla retorica sloganistica, ormai incrostata anche nel ricordo, diventa sempre più urgente sottrarci all'impoverimento indotto del linguaggio e rafforzare la specificità che ci appartiene. Concetti e parole vengono rovesciati dagli slogan pubblicitari nei discorsi dei politici e dei politologi, nelle chiacchiere della massa di esperti di cui ormai le nostre società malate e dipendenti non possono più fare a meno.
Immagini e simboli travasano liberamente dalla cultura antagonista alla società dello spettacolo; segni e significati si sradicano per perdersi nei meandri della merce e del consumo.
Esempi di come la sussunzione della capacità rivoluzionaria di creare immagini per la trasformazione, sia diventata una prassi consolidata dal potere, possono essere rintracciati in ogni parte mercificata della società del consumo globale.
Ecco allora che la simulazione entro cui sopravvive la classe politica italiana è continuamente tenuta in vita grazie al complesso intreccio di vasi comunicanti tra le forze che si oppongono.
Ma ecco, soprattutto, che la cessione di termini, come il loro acquisto, spesso non indica modificazioni nelle reali condizioni di vita, ma appiattimento dello scontro.
Una delle tecniche comunicative attraverso cui la società mediatica conquista e convince è proprio quella di fornire in una quantità inverosimile di modelli diversi pochissime informazioni, dapprima distogliendo l'attenzione da tutto il resto, poi eliminandolo completamente dal mondo delle cose e delle idee.
La varietà dei temi e delle forme con cui esprimiamo i nostri pensieri è la forza più grande che possiamo opporre a questa organizzazione scientifica dell'esistente.
Trasformazione e originalità devono così tornare su quelle strade delle separatezza sulle quali il pensiero viaggia libero dalle forzature e dalle imposizioni dell'esterno, per ritrovare autonomia teorica e pratica, sciogliendo infine anche questa antica opposizione.
Elementi di pensiero che ci scaturiscono da una forte e motivata curiosità verso i linguaggi.
Il ruolo della contaminazione
La capacità quindi di ingabbiare attenzione e pensieri su temi e argomenti scelti per imposizione, abbassa notevolmente la capacità di opposizione reale. Scegliere tra un male e quello minore non è più una condizione momentanea ma una costante. La riduzione dicotomica del mondo trascina con sè la riduzione delle scelte degli esseri umani, intaccando la sfera della libera azione fino all'ingabbiamento. Questo è uno dei motivi per cui la nostra riflessione si sposta dubbiosa sulle dinamiche nelle quali oggi il movimento antagonista italiano si sta cimentando. Partiamo proprio dall'utilizzo di alcune parole e concetti cercando di indagarne la natura. Spesso ci richiamiamo, come anche in questa occasione, ad una "società civile" alla quale probabilmente non siamo riusciti ancora a dare una definizione. Da parte nostra si intende la necessità di liberazione radicale da un mondo legato ai consumi, allo sfruttamento permanente, una tensione verso la riappropriazione del tempo unica grandezza finita, partecipazione libera e la creatività. Ma questo termine è usato in molti modi. L'Italia è un paese democratico, si può votare il partito che si vuole, si possono formarne di nuovi, si può manifestare e protestare. Si può addirittura partecipare alla elaborazione di progetti politici per Rutelli sindaco...
Non possiamo infatti non ammettere che il Potere, cioè il sistema con cui si esprime, ha di fatto portato ad un appiattimento terminologico. "La parola civiltà è carica di vibrazioni etiche e morali retaggio cumulativo della nostra autostima. La contrapponiamo a barbarie, a ferocia, a bestialità addirittura, mentre significa niente più che vivere in città. La civiltà esige una gerarchia sociale ed economica stratificata e non c'è purtroppo alcun indizio che senza questa gerarchia essa sia capace di coesione." E' strano che proprio nel momento in cui la società dello spettacolo si appropria di termini da noi elaborati, (autoproduzione immateriale oltre che materiale), trasportandoli in merce, noi ci adeguiamo a quello che la società borghese ci ha sempre imposto. Come potremmo definire noi una società civile? Cosa sta a significare partecipazione democratica? Giustizia e verità in che senso? Non è un gioco alle interpretazioni, badate bene, ma un modo per riflettere intorno alle capacità e alle possibilità di autonomia del pensiero e dell'azione che a nostro parere sono andate scomparendo in questi ultimi anni all'interno della vasta galassia antagonista. Il richiamo alla società civile, viene fatto in più ambiti ma con diversi significati: la destra intende per "società civile" quella parte di mondo che lavora, che si sacrifica per la patria, per la famiglia, che dona le poche briciole cadute dalla tovaglia ai popoli in crisi; la sinistra quella che si incarna nel PDS, la intende più o meno allo stesso modo, con in più un notevole ed alto interesse per l'educazione civica e le regole. La legalità. La chiesa è inutile dirvi come la intende, visto che ha colonizzato mezzo mondo con la parolina "civiltà". "Diogene il cinico diceva che gli uomini presero ad affollarsi nelle città per sottrarsi alla furia di quelli di fuori. Chiusi entro le mura, si diedero a maltrattarsi in ogni modo l'un l'altro, come se questo fosse l'unico scopo del venire a stare insieme. L'anatema di Diogene contro la vita urbana è un esempio precoce di primitivismo culturale o di malcontento dei civilizzati verso la civiltà." I termini autorganizzazione, autogestione, autoproduzione, d'altra parte vengono spesso usati per le forme che soppiantano le carenze dello stato, assai lontane dal fondamento della partecipazione che in esso è contenuto. Lo stesso genere di confusione, si applica quindi all'uso di termini concettualmente diversissimi, che sottendono a visioni opposte e conflittuali del mondo. La stessa autogestione in 12 anni di esperienza dei csoa è stata interpretata a piacere e a seconda ( a prescindere come direbbe Totò). Spesso vissuta come meccanismo tecnico decisionale, in cui poi si riproponevano tutti i ruoli, la delega, il papà compagno (maschile) "anziano", le strutture, gli amici di, i compagni da, gli intellettuali...etc.etc. Oppure, almeno nelle origini, vista come elemento di rottura proprio con la vecchia metodologia politica della delega e dei ruoli, in cui proprio a partire dai propri bisogni, dalla collettivizzazione delle idee, delle pratiche, dalla socializzazione delle "esperienze" e delle capacità, si sviluppava partecipazione immateriale e materiale. Un' esperienza unica al mondo. Eppure anche qui non riusciamo ad essere chiari. Parliamo di partecipazione democratica e poi ci riproponiamo una serie di balletti infiniti e di serate alla Costanzo show. Certo è vero che ci sono uomini o donne che hanno capacità particolari, non perché siano dei, ma perché si sono addentrati più di altri su alcuni temi. Però è anche vero che il gioco dell' "invitato" rischia di lasciare poco spazio alla "partecipazione democratica" riproponendo ancora una volta l' "esperto", il "detentore di conoscenze" chi, in definitiva ha il "potere di".... Questi esempi danno più o meno le esatte coordinate del livello di invasione del dominio e di contaminazione o colonizzazione, alla quale ci stiamo mano a mano abituando. Una colonizzazione fatta di termini e concetti, ma anche di comportamenti e quindi di pratiche.
"...Riteniamo che il neoliberismo, pur nella complessità e diversificazione delle sue pratiche di dominio, sia effettivamente l'ideologia totale del modo di produzione capitalistico nell'epoca della sussunzione reale" ( dal documento Nord est laboratorio politico) Bisogna non solo quindi immaginare il neoliberismo come una banda di banchieri, qualche politicante, che decidono come alzare i tassi bancari, o come ristrutturare il mondo del lavoro, ma come una ideologia. Le pratiche di dominio, pur se complesse e diversificate, si esprimono nell'arco di una intera giornata. La società dello spettacolo contribuisce a creare l'industria del divertimento, nonché dell'opinione. Il dato che ci interessa stravolgere è che la società dello spettacolo è virtuale coma la politica, ma è realissima nella sua funzione di addomesticamento, colonizzazione delle autonomie o volontà autonome. La capacità di riconoscere le forme della colonozzazione del potere e di sovvertirle sta proprio nell'aumento della sfera autonoma del pensiero. Qualche mese fa qualcuno di noi ha fatto visita in Arizona alla riserva degli indiani Hopi, una delle popolazioni più antiche del Nord e Sud America. Terry, uno di loro, ci ha detto: "Noi facciamo alcune feste, alcuni riti, completamente isolandoci dal mondo. Non per fuggire, ma per riconquistare la visione del NOI. Sono momenti bellissimi che ci ridanno l'opportunità di riconoscerci, di incontrarci nell'intimità, nel discutere tra NOI di NOI, di ritrovare le NOSTRE tradizioni ed i NOSTRI sogni. Cioè, la NOSTRA forza. Non è una fuga dal mondo, ma è una riappropriazione di ciò che siamo. Siamo stati costretti a vivere in riserva. Nei ghetti, fisici e mentali, e riscoprire il NOI significa continuare a sognare, ad immaginare e a lottare per uscire, anzi rompere le riserve, i ghetti, imposti. La comunità quando si riconosce dentro se stessa è forte anche con chi impone la vita in riserva. Ed i sogni sono parte integrante della realtà" E' solo paura?
Crediamo che la portata di questo convegno non sia solo quella di cacciare Bossi o la Lega. Si parla di Lega nel contesto e nello sviluppo della ideologia neoliberista, capitalista, razzista. Non nel folklore secessionista. Se "destra e sinistra non sono che variabili dipendenti da un unica struttura dominante differenti mondi di gestire uno stesso modello di sfruttamento..." (nord est laboratorio politico) non è vero quindi che le differenze in un mondo omologante ed omologato sotto la dicitura "profitto", sono visibili. Le differenze vanno create, immaginate.
Se le destre, o i leghisti, o il mercato stesso, sussume le nostre ipotesi, pratiche, parole e termini, non è detto che per combatterli noi dobbiamo assumere le loro senza stravolgerle. Questo sarebbe oltre che uno scambio di ruoli, una follia catastrofista unica. Se è vero che "...sono state sussunte e cambiate di segni, innovazioni, forze, idee, principi nati dal fuoco della lotta rivoluzionaria" (nord est laboratorio politico) è altresì vero che numerose pratiche e terminologie sono state abbandonate proprio da chi alimentava il fuoco rivoluzionario per correre dietro ai loro temi e tempi. Il rischio, di una battaglia antisecessionista è quello di rilanciare la forma statalista, la Patria, il Governo centrale, la chiesa, i sindacati confederali, le sinistre capitaliste, le frontiere, nonchè facilitare la realizzazione compiuta del modello bipolarista. E' ormai circa un mese che il ministero della difesa italiano sta invadendo spiagge e piazze con l'operazione RAP. Cioè, una sorta di incontro tra le forze armate ed i cittadini. Le valutazioni fatte dall'esercito riscuotono un enorme successo di "pubblico", "questo significa che gli italiani stanno ritrovando il loro amore per la Patria, iniziando proprio dal riconoscimento dell'esercito come difensore primo della patria" (Andreatta). Ci spaventano alcune adesioni date da giovani del PDS, ma non solo purtroppo, all 'idea dell' "Italia unica e indivisibile" di Scalfariana memoria. Questo non per sottovalutare o sottostimare il nemico Bossi, ma per continuare a capire. Non possiamo non vedere il pericolo costante dello Stato d'emergenza e dell'ideologia dell'emergenza. Il terrore inteso come elemento psicologico di dominio. "Non permettiamo ai carcerieri di mettere le sbarre del terrore alle nostre menti". L'Italia dalla Sicilia a Napoli è invasa dall'esercito, l'emergenza mafia ha prodotto innumerevoli leggi discrezionali. La Polizia o gli stessi derisi carabinieri (per via delle barzellette) hanno un successo notevole all'interno di quello che è la scena del dominio, inteso proprio come il dominio delle paure. L'emergenza è uno dei cardini portanti del nuovo scenario di dominio e controllo del Neoliberismo. "Il terrore si radica nel quotidiano, il terrore del carcere, del lavoro, del manicomio, della disoccupazione, della famiglia, del sessismo." L'unica azienda che non licenzia, ma che anzi, assume, è proprio l'azienda del controllo e della repressione. Si rompe una fontana del Bernini a Piazza Navona e c'è chi chiama l'esercito a vigilare sui monumenti. Manca il lavoro, c'è la crisi, l'emergenza occupazione ed ecco che di soppiatto l'esaltazione del lavoro stesso crea e genera una miriade di figure lavorative al nero, sottopagate, senza diritti. Mancando il lavoro, in una società consumista siamo pronti a fare tutto ciò che ci si dice. Il lavoro nero come soluzione al ricatto della crisi del lavoro, inteso non solo quindi come "necessità" di sopravvivenza, ma proprio come forma mentale, ideologica del dominio.
Crediamo quindi che l'immaginario neoliberista intenda proprio produrre forme infinite di emergenza (zingari, immigrati, lavoro, casa, sassi dal cavalcavia, tuffi a piazza navona, stadio, ultrà, autonomi, sovversivi, terroristi...leghisti?). Tutto utile alla riaffermazione del Potere. Per questo il pericolo può essere proprio quello di ritrovarci ignara sponda per una riquadratura intorno all'ipotesi dello Stato forte, della Patria, del sindacato confederale, rischiando oltretutto di dimostrare l'incapacità di un antagonismo diffuso di sovvertire le battaglie chiuse a binario (destra o sinistra? Fini o Rutelli? Prodi o la secessione? La CGIL o il lavoro nero?...), e di uscire fuori dalla società dello spettacolo, inseguendola invece nella realizzazione dell'evento, spesso sempre più mediatico (la necessità del concerto dal nome altisonante e demomercantile anche in situazioni antagoniste).
Rilanciare l'autoproduzione di idee, ricercare autonomia di pensiero e di azione, riuscire a non essere coinvolti nelle loro trappole. Non essere noi a dire che con la questione degli anni '70 si chiude l'emergenza, ma altresì avvalorare proprio il fatto che con l'emergenza dei '70 inizia lo stato d'emergenza permanente. Per una ricerca di elementi economici capaci di creare una comunità a rete che sappia crescere interagendo. Una autovalorizzazione delle esperienze tendenti alla liberazione del tempo e dello spazio, soprattutto di quello mentale. Riteniamo necessario per questi motivi partecipare al meeting di Venezia, e con questo contributo, alimentare il flusso delle idee, della loro libera circolazione, dello sviluppo reale di movimenti autonomi di liberazione da ogni schiavitù.
"Essi, gli Sciti, hanno divisato che nessuno, se li attacca, possa sfuggirgli, e che nessuno li prenda se non vogliono essere trovati. infatti, uomini che non hanno città o fortezze stabili, ma portano la casa con se e sono tutti arcieri a cavallo, che vivono non già coltivando il suolo ma allevando bestiamo e portando le loro abitazioni su carri, è naturale che siano invincibili. Dario invase la Scizia nel 516 a.C. con un esercito tradizionale. Diede la caccia agli Sciti e mandò un messaggio al loro re: perchè fuggi sempre, perchè non ti fermi e combatti oppure ti sottometti? La risposta degli Sciti fu: non sono mai fuggito per timore di nessuno e non fuggo da te. Se vuoi davvero un combattimento trova le tombe dei nostri padri, e vedrai se ni combatteremo. Quanto al tuo vanto di essere il mio signore vai in malora!"